Prima di far ripartire il blog dopo le vacanze, vi propongo l'articolo che ho scritto per la rivista "Puntozero", che trovate ancora in edicola. Un ringraziamento a Tom Bosco per l'ospitalità.
L'afflusso sempre più massiccio ed incontrollato in Europa di persone provenienti da diverse realtà culturali, in particolar modo uomini musulmani portatori di una visione del mondo il cui impatto con le conquiste dell'emancipazione femminile è potenzialmente devastante, rappresenta o no una minaccia per le donne di questo continente?
Perché alcune delle maggiori
organizzazioni hindu e sikh in Gran Bretagna hanno avvertito le autorità della possibilità di “assalti sessuali pianificati di massa in stile Colonia” ai danni delle donne bianche e asiatiche non musulmane?
Perché chi gestisce la cosiddetta politica dell'accoglienza, soprattutto dal punto di vista mediatico, non gradisce che si riferiscano all'opinione pubblica i dati sempre più allarmanti su una vera e propria epidemia di stupri da parte di stranieri in paesi come la Svezia, che sono anche quelli maggiormente coinvolti dai flussi migratori?
Perché i movimenti femministi e tutto il mondo progressista, così attenti alla difesa dei diritti civili, non protestano contro queste violenze sulle donne e contro i segnali sempre più preoccupanti che provengono da una realtà che non parla affatto di integrazione dello straniero nel nostro mondo ma di sopraffazione da parte di culture esterne sempre più aggressive nei confronti del modello di vita occidentale, non privo di difetti e storture ma sicuramente il migliore possibile in quanto a offerta di libertà alle donne?
La scelta del neo sindaco di Londra (musulmano) di
vietare i manifesti pubblicitari con corpi femminili troppo perfetti e scoperti è difesa del “corpo delle donne” o un antipasto della sharia che verrà?
Ripartire da Colonia.
Per rispondere a queste domande è bene ricordare ciò che accadde il 31 dicembre 2015.
Il primo gennaio la Polizia di Colonia rilasciò questo comunicato:
“Tutto si è svolto in tranquillità questa notte” ma non era vero. Quella notte di festeggiamenti per San Silvestro era acccaduto di tutto e qualcosa di mai visto prima né per le strade della civile capitale del Nord-Reno Westfalia e neppure nell'intera Germania ed Europa ed occorsero diversi giorni prima che i media mainstream ne raccontassero, rompendo un'inspiegabile congiura del silenzio a livello mondiale che arrivò a comprendere le principali
reti televisive statunitensi.
Incredibilmente, quello che ormai possiamo considerare un attacco terroristico condotto secondo la tecnica del swarm attack (attacco a sciame) avvenuto in contemporanea in diversi paesi europei: Germania, soprattutto, ma anche Svizzera, Austria, Svezia e Finlandia, fu tenuto nascosto all'opinione pubblica, nell'era della comunicazione immediata globale, per una settimana.
Dopo le cronache della stampa locale, fu il sito inglese indipendente Breitbart London a raccontare
per primo al mondo, il 4 gennaio, delle aggressioni a sfondo sessuale perpetrate ai danni delle donne europee da gruppi di uomini organizzati dall'aspetto nordafricano e mediorientale, avvenute in maniera sistematica a Colonia la sera di Capodanno.
Queste aggressioni, come confermato dai racconti delle vittime, risultarono condotte attraverso la modalità del
taharrush gamea. Un'usanza di intimidazione e predazione sessuale di gruppo utilizzata in alcuni paesi islamici ai danni di donne troppo emancipate secondo i canoni culturali locali, oppure trovate sole per strada o isolate in mezzo a manifestazioni di piazza. Un gioco crudele dove le donne vengono circondate, spogliate, toccate in ogni parte del corpo e violate nelle parti intime con le dita da gruppi di decine di uomini e che, durante le recenti “rivoluzioni colorate” nel mondo islamico, prese di mira anche donne occidentali, come nel caso della giornalista americana
Lara Logan, aggredita sessualmente e quasi linciata in Piazza Tahrir al Cairo nel 2011 durante un reportage per la tramissione “60 Minutes” della CBS.
Nel
rapporto ufficiale su quelli che erano ormai divenuti “i fatti di Colonia”, presentato dal ministro degli interni del Nord-Reno Westfalia Ralf Jäger e pubblicato sulla “Bild” il 21 gennaio, erano elencate le 821 denunce sporte solo nella città renana - ma il numero totale delle vittime ammonta a più di mille – per furto, aggressione a scopo sessuale (ben 359 casi) fino allo stupro di gruppo.
Il rapporto prova che l'aggressione andò avanti per tutta la notte e che i primi episodi avvennero alle ore venti, proprio mentre la cancelliera Angela Merkel indirizzava il suo augurio televisivo di fine anno ai concittadini, esortandoli all'ineluttabile accoglienza nei confronti dei migranti e facendosi per la prima volta sottotitolare in arabo in segno di buona volontà di integrazione. Sottomissione, direbbe piuttosto qualcun'altro.
Nei giorni successivi alla rivelazione dei crimini perpetrati a Colonia e nel resto d'Europa, l'opinione pubblica di chiedeva il perché dell'assoluta inadeguatezza della risposta delle autorità e delle forze dell'ordine a questo atto che riuscì a terrorizzare e a lasciare un marchio indelebile e in stato di shock l'opinione pubblica europea come e forse più di altri attacchi condotti con metodi più, diremmo, convenzionali di terrorismo.
Le testimonianze raccontano di come gli assalitori avessero preso possesso della piazza attraverso il lancio di petardi a scopo diversivo e le donne si fossero trovate, nella confusione, circondate e sospinte nello spazio compreso tra il Duomo e la Stazione (chiusa, quindi senza possibilità di offrire loro una via di fuga) in quella che assomigliava proprio ad una tattica di accerchiamento.
Per il fatto che i perpetratori poterono agire per ore indisturbati la polizia di Colonia si giustificò dicendo che si era trovata a fronteggiare qualcosa di “totalmente inatteso”.
Le autorità seppero subito che si trattava di aggressori nordafricani o mediorientali, tuttavia il riflesso condizionato del politicamente corretto e della ragion di stato – il non poter sconfessare la politica delle porte aperte della cancelliera Merkel – le indussero a minimizzare e addirittura a negare gli eventi, accusando al contempo di razzismo chi osasse tirare in ballo i migranti.
E' probabile che il quadro completo di ciò che avvenne a Colonia debba ancora essere delineato ma ogni giorno, ancora a distanza di sei mesi dall'accaduto, si aggiungono tasselli ad una trama che diventa sempre più inquietante, torbida e vergognosa per le autorità tedesche e non solo.
Dalla rivelazione di un memorandum interno della Polizia di Colonia, secondo
“Die Welt”, si apprende che essa fu preavvertita della possibilità di azioni criminali da parte di nordafricani, durante le celebrazioni di fine anno. La nota, del 29 dicembre, diceva: “in concomitanza con i festeggiamenti ed il consumo di alcool è ragionevole attendersi situazioni a rischio in aree affollate, come un aumento dei borseggi e delle aggressioni fisiche, soprattutto da parte di NAFRI (nome convenzionale per nordafricani, n.d.r.) che potrebbero avvantaggiarsene”.
Non solo. Il problema della mancanza di forze di polizia sufficienti a fronteggiare l'emergenza fu dovuto alla decisione del ministro renano Ralf Jäger di negare al
capo della polizia Wolfgang Abers i rinforzi richiesti, in numero di almeno 100 uomini. Uno dei documenti inviati dal ministro alla polizia il primo gennaio dimostra che il governo della Renania-Westfalia sapeva perfettamente cosa fosse accaduto. Vi erano stati “stupri, abusi sessuali, rapine, scippi, compiuti da stranieri e, in particolare, un gruppo di 40-50 persone aveva assalito giovani donne nella zona antistante la stazione ferroviaria.” Ricordate invece cosa aveva twittato la polizia? “Tutto tranquillo”.
E' assai probabile inoltre che i servizi segreti di diversi paesi sapessero. C'è infatti anche
una strana storia che riguarderebbe la trasmissione, nei giorni precedenti al 31 dicembre, dalla polizia tedesca a quella finlandese, di informazioni riservate sull'allerta per possibili atti di violenza da parte di immigrati da effettuarsi in concomitanza dei festeggiamenti di fine anno. Questa preconoscenza avrebbe permesso alle autorità finlandesi di eseguire perfino alcuni arresti preventivi. La notizia si basa su un'intervista radiofonica con
il ministro degli Interni finlandese Petteri Orpo, che però non ha rivelato la fonte dell'intelligence. L'ennesimo caso in cui qualcosa è stato lasciato accadere? E a quale scopo?
Fu atto di guerra?
Come per tutti i crimini, anche per le aggressioni di Colonia abbiamo evidenti prove circa gli esecutori materiali (immigrati nordafricani e mediorientali anche di seconda e terza generazione, oltre a migranti dell'ultima ora) ma solo indizi sui mandanti. Gli esecutori furono probabilmente arruolati tramite il passa parola, gli SMS e il denaro, dimostrando che, con la giusta parola d'ordine, si possono slatentizzare e attivare migliaia di cellule dormienti già presenti sul nostro territorio.
Chi organizzò quindi
il swarm attack di terrorismo sessuale, invitando i maschi islamici al gioco dello stupro in un assalto di stampo razzista (anti-autoctono, anti-bianco e, perché no, anti-cristiano nonché misogino), che ebbe come obiettivo le donne europee, scelte accuratamente in mezzo alla folla dei festanti e colpite nel momento in cui si trovavano fuori casa, in luoghi aperti, sole o in compagnia di altre donne, insomma indifese? “Andavano a caccia delle donne", "sembravano un vero esercito", riportano le numerose testimonianze, tra le tante, di
un portiere d'albergo, di uomini della polizia e delle stesse ragazze vittime delle violenze:
“A decine formavano un cerchio e assalivano le donne, chiudendo loro ogni via di fuga, impedendo fisicamente di uscire. Poi stringevano il cerchio e passavano alle vie di fatto, urlando. Sono state storie d'inferno, come fosse una guerra ma noi eravamo vittime civili. E ora nella nostra città non ci sentiamo più sicure.” (fonte)
C'è un'intervista ad un
“profugo siriano” in Germania su YouTube dove egli, alla domanda “qual è il suo rapporto con i tedeschi in questa cittadina?” risponde, e lo ripete anche in altre parti dell'intervista: “Beh, abbiamo problemi con i civili”.
Conosco una sola categoria di persone che si riferirebbero agli abitanti di una città come a “civili”, ovvero un soldato.
La ricerca di Greenhill analizza, senza filtri emotivi e political correctness ma in modo scientifico, il fenomeno delle migrazioni di massa dal punto di vista strategico. Ovvero gli spostamenti sempre più frequenti e sospetti, perché sembrano provocati ad arte, di masse di persone verso quei paesi che, ecco la stranezza, in vari modi sono sottoposti alle pressioni economiche e politiche che provengono da specifici interessi nazionali e sovranazionali. Secondo la Greenhill, che analizza una cinquantina di esempi tratti dalla storia recente, siamo di fronte ad una nuova arma non convenzionale.
Se l'arma di migrazione di massa appartiene anch'essa all'arsenale della “terapia dello shock” (teorizzata da Naomi Klein nel suo celebre libro), è facile capire come l'attacco alle donne europee possa essere parte di una strategia di sottomissione, di un tentativo di colonizzazione da parte dell' Islam utilizzato come cavallo di Troia, che sarebbe funzionale a sua volta ad un più ampio progetto di feudalizzazione globale che prevede una ristretta e ricchissima élite che governa una moltitudine di schiavi.
Se la popolazione in generale può essere terrorizzata e sottomessa con la minaccia dell'austerità, per le donne non vi sarebbe di meglio che terrorizzarle con lo spettro dello stupro e di quello peggiore, per giunta, quello di guerra.
Sul ruolo dell'Islam, nel novembre scorso
Monica Crowley sul Washington Time scriveva che una parte fondamentale del jihad è la hijra, ovvero la conquista del territorio infedele mediante migrazione. Si mandano avanti gli uomini, poi, tramite i ricongiungimenti famigliari e l'alta fertilità, si diventa maggioranza sul territorio. Pensare che, a quel punto, possa ancora essere possibile il "rispetto delle nostre leggi" e l'integrazione degli ospiti nel tessuto sociale democratico, come affermano gli utopisti dell'accoglienza, e non piuttosto l'applicazione della sharia agli infedeli, è pia illusione.
Tuttavia le autorità europee e gli esponenti delle organizzazioni non governative internazionali e sovranazionali ormai più potenti ed influenti, nel disegnare i destini dei popoli, dei governi eletti democraticamente, insistono nell'obbligarci all'inevitabilità dell'accoglienza, alla necessità improrogabile del mescolamento delle etnie, razze e religioni, adducendo motivazioni di carattere demografico che nascondono un progetto che in realtà è solo politico e di tipo totalitario.
Un fenomeno che non riguarda, ad esempio la Cina, alla quale nessuno va a rimproverare di essere troppo poco “diversa” ma, in specie, il primo mondo più democraticamente avanzato. Operazione supportata da una colossale macchina propagandistica pronta a censurare l'informazione e a marchiare ogni dissenso, come abbiamo visto, con lo stigma del razzismo.
Perché il negazionismo femminista, globalista e di sinistra?
In questo contesto, l'atteggiamento negazionista di gran parte del mondo femminista e di sinistra riguardo alle responsabilità degli uomini stranieri per le sempre più frequenti violenze sulle donne europee, culminate nel clamoroso sex mob di Colonia, risulta francamente disgustoso.
Se Alice Schwarzer denunciò fin da subito la censura ventennale delle autorità tedesche nei confronti degli stupri commessi dagli immigrati ed il loro carattere “bellico” (ancora un riferimento alla guerra), dimostrando di non aver cancellato la memoria del prezzo altissimo pagato nel dopoguerra dalle donne tedesche, e se una delle pochissime giornaliste in Italia a prendere sul serio la minaccia di Colonia fu Lucia Annunziata, in Europa l'argomento appare uno dei più forti tabù difesi della retorica di quella rivendicazione dei diritti della Donna che non è più femminismo ma femminesimo. Il negazionismo su Colonia si è espresso in ogni sfumatura della solita neolingua che, attraverso poche parole chiave, unifica il pensiero triturandolo nel verbalismo.
Meglio stuprate che razziste. Negare, negare,
negare.
Perché per nessuna delle vittime degli stupri di gruppo con le dita è stato evocato lo spettro del femminicidio, che invece può benissimo definire – anche a sproposito - qualsiasi approccio compiuto da un maschio bianco occidentale sulle sue simili, e perfino prestarsi a diventare frame riempitivo dominante sui media quando ci sono da coprire gli insuccessi bellici imperiali?
Se siamo arrivati al bizzarro giustificazionismo dell'esemplare peggiore di predatore, ovvero lo stupratore di guerra è perché egli è stato sovrapposto, attraverso una vera e propria character sanctification, al Buon Selvaggio inesistente, del cui giudizio
le femministe e i loro femmicicisbei, la controparte emasculata della diade politicamente corretta, hanno il terrore.
Eppure sono convinta che, nel profondo, la scoperta che il maschio stupratore non è quello ormai castrato ed asessuato che si trascina al loro fianco senza più aver la forza di reagire ma arriva dal futuro dell'Eurabia multietnica deve averle scioccate.
Il cortocircuito del femminismo è del resto lo stesso del '68: uccidere il padre e, in più, senza aver fatto i conti con la madre che, in tutto il mondo, ha la responsabilità del preservare e tramandare un tipo di educazione dei maschi al non rispetto se non all'aperta sopraffazione delle donne. Gli uomini li fanno le donne ad ogni latitudine, quindi anche nel mondo islamico, dove sono sempre le donne a trattare i maschi come principi fin da bambini e in quello africano, dove sono le donne a tenere ferme le bambine che devono subire l'atroce tortura dell'infibulazione.
Quindi, per risolvere il conflitto, invece di una sana autocritica che affronti finalmente l'arretratezza reazionaria e fascistoide dell'educazione dei maschi affidata alle femmine, è auspicabile la scomparsa in blocco della propria etnia o addirittura razza. Solo un grande desiderio di autodistruzione può spiegare infatti questi tempi di kali yuga.
Perché Colonia?
I leader europei, dal canto loro, per bocca del primo vice-presidente della Commissione,
Frans Timmermans, hanno perfino affermato che le violenze sessuali di Colonia furono solo un problema di ordine pubblico e che non ebbero nulla a che fare con la crisi dei rifugiati. “Allo scopo di far risuonare la voce della ragione e contrastare la retorica populista e le reazioni xenofobe provocate dagli eventi”, recitava una pomposa nota della commissione, “si invita a respingere incondizionatamente le false associazioni tra certi atti criminali, come gli attacchi alle donne durante il capodanno di Colonia e l'afflusso di migranti."
Una così sfacciata negazione ha quasi il sapore della sfida.
Comunque, chi ha organizzato il swarm attack, chiunque sia, ora ha ottenuto importanti informazioni sul nemico.
Sa che quella del terrorismo sessuale è un'ottima tattica che potrà essere messa in pratica altrove e in maniera ancora più audace, tanto i media taceranno per obbedienza e gli emasculati e succubi maschi europei si prenderanno la colpa al posto dei veri stupratori, come è avvenuto dopo Colonia.
Sa che i progressisti europei preferiscono offrire le proprie donne, ovvero ciò che dovrebbero avere di più caro al mondo, in pasto all'invasore, piuttosto che rischiare l'accusa di razzismo.
Soprattutto sa che, in generale, l'immagine dell'Europa in questo frangente è stata quella di un continente di vigliacchi senza nerbo, in balia di governanti totalmente incapaci e soprattutto senza la volontà di difendere i propri cittadini. Addirittura ben disposti eventualmente a "lasciar accadere" le peggiori violenze ai danni delle loro cittadine. Soprattutto lo sarebbero le donne politiche, talmente uguali ai loro colleghi maschi da essere senz'altro capaci di scatenare guerre e compiere genocidi al loro pari.
Direi che l'esperimento, dal punto di vista di chi vuole conquistarci, chiunque egli sia, è perfettamente riuscito. Purtroppo per noi.
Questo a meno che, invece, l'attacco sia stato organizzato, sempre grazie alla manipolazione di manovalanza islamica, da una mano “amica”, allo scopo di avvertire gli europei dei pericoli insiti nell'immigrazione incontrollata e tentare di scuotere l'opinione pubblica e spingerla a ribellarsi prima che sia troppo tardi. E' un'ipotesi che ad Angela Merkel deve essere passata, anche solo per un attimo, per la mente.