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mercoledì 7 dicembre 2016

Guest post. La replica di Roberto Buffagni al FSI




Ricevo da Roberto Buffagni e volentieri pubblico, la sua risposta alle argomentazioni del FSI (Fronte Sovranista Italiano) apparse su Appello al Popolo.


Grazie della replica articolata e cortese. Dal vostro scritto scelgo per ora tre punti chiave. Pur prefiggendomi la massima semplificazione, come si conviene a un’analisi che è anzitutto formale e strategica, non è possibile rispondervi, come sarebbe desiderabile, con maggior brevità. Sul resto, se lo vorrete, si potrà continuare a dibattere in seguito.

I testi integrali del mio intervento e della replica di Stefano D’Andrea e Paolo Di Remigio del Fronte sovranista italiano si trovano qui: http://ilblogdilameduck.blogspot.it/2016/11/make-italy-great-again.html e qui: http://appelloalpopolo.it/?p=26256

1) “Buffagni non spiega perché la UE sia il nemico”

Designo l’UE come nemico perché l’UE è un progetto imperiale fallito sin dal suo concepimento, politicamente non vitale e non riformabile, gravemente dannoso per la nazione italiana, potenzialmente catastrofico per l’intera Europa. Nella grammatica politica, esistono soltanto gli Stati nazionali, che possono in varia forma e misura confederarsi, cioè unirsi in modo revocabile: v. il progetto gaulliano di “Europa delle nazioni”; e gli Imperi, in cui l’unità è federale, cioè irrevocabile: v. per antifrasi la guerra di secessione USA tra Nord federale e Sud confederale. 

L’Europa non può essere o diventare uno Stato nazionale, perché se esiste una civiltà europea, non esiste una nazione europea. L’UE non è una confederazione: se lo fosse, il quadro giuridico dei rispettivi poteri e competenze di Stati nazionali e istituzioni confederali sarebbe chiaro e politicamente legittimato, e l’unione revocabile. L’UE è un progetto imperiale federale. Per federare un insieme di Stati in un organismo istituzionale maggiore, Stato-nazione o Impero che sia, ci vuole un federatore (v. il ruolo di Piemonte e Prussia nelle unificazioni italiana, nazionale, e tedesca, imperiale, del XIX sec.). I requisiti essenziali del federatore sono l’indipendenza politica e la forza egemonica (senz’altro militare, nel caso migliore anche economica e culturale). Nel progetto di federazione imperiale UE non c’è un federatore: lo Stato più forte, la Germania, difetta di entrambi i requisiti (ospita sul proprio territorio basi militari non europee, è economicamente ma non culturalmente egemone). 

In realtà, il progetto federale imperiale UE ha due federatori a metà: un federatore politico (gli USA, che dispongono dell’indipendenza politica, della forza militare, e in certa misura dell’egemonia culturale in Europa) e un federatore economico (la Germania). Nessuno dei due “federatori a metà”, né il politico né l’economico, può/vuole portare a compimento la sua opera. Gli Stati europei non possono federarsi politicamente con gli USA, diventando il cinquantunesimo, cinquantaduesimo, settantottesimo, etc., Stato della federazione nordamericana. Né gli Stati europei possono federarsi intorno all’egemonia economica tedesca, perché il vantaggio economico del “federatore a metà” tedesco implica lo svantaggio economico senza contropartita politica della maggior parte dei federandi, che com’è logico prima o poi si ribellano politicamente: ma né gli USA per evidente assenza di legittimazione politica, né la Germania per evidente difetto di mezzi atti allo scopo, possono far uso della forza militare per ricondurli all’unità. 

Ora, nessun federatore agisce gratis et amore Dei nell’unica preoccupazione dell’interesse dei federati; ma perché l’operazione sia politicamente vitale, tra federatore e federati deve sempre avvenire uno scambio, più o meno equo e immediato, di reciproci vantaggi: anche quando la federazione avvenga per conquista sul campo di battaglia. Ad esempio, nell’unificazione italiana allo svantaggio economico patito dal Meridione – sconfitto con le armi in due campagne militari, la seconda delle quali, la “guerra al brigantaggio”, particolarmente feroce - corrispondono i vantaggi politici dell’accrescimento di potenza dello Stato, così liberato dalle ingerenze straniere, dell’integrazione tra territori culturalmente e linguisticamente affini, e, seppur tardivamente e imperfettamente, un riequilibrio/compensazione delle disparità economiche e sociali tra Nord e Sud, aggravate o almeno non appianate dall’unificazione. 

Nel caso dell’UE, invece, la federazione non può essere portata a compimento né dal “federatore a metà” politico, gli USA, né dal “federatore a metà” economico, la Germania. Ne risulta non solo una paralisi del processo di federazione, ma:

a) un grave danno politico per tutte le nazioni europee: l’UE risulta in un dispositivo di neutralizzazione politica dell’Europa nel suo complesso, del quale si avvantaggia il “federatore a metà” statunitense 

b) un grave danno economico per tutte le nazioni europee tranne la Germania e i suoi satelliti, che invece si avvantaggiano del danno altrui 

La contropartita di questi due danni, politico ed economico, è zero. Ripeto e sottolineo due volte: zero. 
Gli unici che traggono reale vantaggio, personale o di ceto/categoria, dal progetto UE, sono coloro che vogliono/possono subordinarsi e allinearsi all’uno, all’altro o per quanto possibile a entrambi i “federatori a metà”, USA e Germania. Tra costoro, in primo piano i ceti dirigenti politici pro UE e i ceti dirigenti economici e finanziari che traggono beneficio dalla globalizzazione e dall’UE, che della globalizzazione a guida USA è articolazione decisiva. 

Per l’Italia – Stato, nazione, popolo italiani – la contropartita di questi due danni, politico ed economico, è meglio esprimibile con valore algebrico negativo.
Quanto all’Europa in generale, lo squilibrio tra intenzioni (almeno esplicitamente dichiarate) e risultati effettuali dell’UE è talmente grande che minaccia di provocare, più prima che poi, una implosione/disgregazione totale del progetto UE, in modi e con effetti imprevedibili e potenzialmente catastrofici.
Morale: prima si esce dall’UE meglio è, se ne esce solo abbattendola, e la si abbatte solo se la si designa come nemico, anzi come nemico principale dell’attuale fase politica. Non si riforma dall’interno un ferro di legno, un’istituzione politica essenzialmente sbagliata.


2) “In un lungo commento … Roberto Buffagni si propone di mostrare l’impossibilità fattuale e l’indesiderabilità etica di un partito sovranista in Italia”.

Qui non leggete con attenzione. In apertura del mio testo ho scritto: “In linea di principio e in un mondo migliore, la strategia del superamento del clivage destra/sinistra e della costruzione di un’alleanza – o addirittura dell’integrazione in nuovo partito - tra forze politiche provenienti da sinistra e da destra, allo scopo di uscire dall'eurozona e di riappropriarsi della sovranità nazionale alienata alla UE, sarebbe la più adeguata alla fase politica. Peccato che secondo la mia valutazione - che può, beninteso, essere sbagliata – in Italia l’edificazione di questa alleanza è impossibile in tempi politici prevedibili (5-10 anni); non solo, ma il tentativo di crearla può rivelarsi gravemente controproducente.” Confermo. Detto per inciso, sarei ben lieto di scoprire che mi sbaglio.

3) “la sinistra non è affatto maggioritaria nell’opinione italiana: già ora i sondaggi danno i grillini in vantaggio ed è almeno probabile che in futuro gli effetti di una politica economica demenziale contribuiscano a eroderne ancora i consensi…La sinistra è morta da tempo….Cosa intendiamo col dire ‘la sinistra è morta’? Che cos’è la sinistra? La sinistra è l’alone politico e culturale creatosi intorno all’URSS, la fede, più o meno viva, che la rivoluzione creerà una società superiore all’attuale. Se questo è vero, la divisione profonda che ha colpito il popolo italiano non nasce dal 1943, come ritiene Buffagni, ma dal 1917, quando il trauma della Grande Guerra e la presenza di una nuova società battezzata da una rivoluzione creano da una parte l’aspettativa dall’altra il terrore di una prospettiva rivoluzionaria: questa aspettativa è la sinistra, questo terrore è l’alleanza volta a contrastarla – alleanza che in Italia è leggibile nei partiti del primo governo Mussolini”

Contesto la definizione di “sinistra” come “l’alone politico e culturale creatosi intorno all’URSS, la fede, più o meno viva, che la rivoluzione creerà una società superiore all’attuale.” 
C’è sicuramente anche questo, ma tra le varie forze che nascono dalla cultura politica di sinistra (ricordo che il liberalismo nasce a sinistra) c’è un minimo comun denominatore oggi molto più decisivo, che non è il SI’ alla rivoluzione. 
Il minimo comun denominatore della sinistra europea (e non solo) è l’universalismo politico. 

L’universalismo è una cosa sul piano delle idee, dei valori, della spiritualità: vi alludete voi stessi dicendo che “in fondo [i poteri mondialisti] hanno fatto propri ideali a cui noi stessi non potremo mai rinunciare: la condanna del razzismo, del sessismo, lo spirito di apertura culturale.”
Se tradotto sul piano politico, però, l’universalismo non può che incarnarsi in forze inevitabilmente particolaristiche: perché esistono solo quelle, nella realtà effettuale.

Volendo, chi se ne sente all’altezza può parlare in nome dell’umanità; ma non può agire politicamente in nome dell’umanità senza incorrere in una contraddizione insolubile, perché l’azione politica implica sempre il conflitto con un nemico/avversario. 

Senza conflitto, senza nemico/avversario non c’è alcun bisogno di politica, basta l’amministrazione: “la casalinga” può dirigere lo Stato, come Lenin diceva sarebbe accaduto nell’utopia comunista. A questa contraddizione insolubile si può (credere di) sfuggire solo postulando come certo e autoevidente l’accordo universale, se non presente almeno futuro, di tutta l’umanità: "Su, lottiamo! l'ideale/ nostro alfine sarà/l'Internazionale/ futura umanità!" (il "governo mondiale" è un surrogato o avatar della "futura umanità" dell'inno comunista). 
Lenin, e in generale il movimento comunista (o anarchico) rivoluzionario, vuole risolvere la contraddizione con la forza, imponendo la “volontà rivoluzionaria”, che “implica una volontà di violenza estrema” (corsivi vostri). Nella classificazione machiavelliana, Lenin è un “leone”. 

Le classi dirigenti UE, liberali, cattoliche, socialdemocratiche, eredi legittime delle potenze antifasciste che i fascismi sconfissero sul campo di battaglia (assente giustificata l’URSS comunista) sono “di sinistra” in quanto condividono l’universalismo politico che fu anche di Lenin (e di Bakunin, etc.). Esse però vogliono/devono risolvere la contraddizione con l’astuzia; Machiavelli le definirebbe “volpi”. Scrivo “devono”, perché a prescindere dalle intenzioni soggettive, non potrebbero essere altro che “volpi”: entrambi i “federatori a metà” non possono portare a compimento con la forza la loro opera (v. punto 1). 

Anche l’UE postula l’accordo universale, se non presente almeno futuro: accordo anzitutto in merito a se medesima, e in secondo luogo in merito al governo mondiale legittimato dall’umanità intera che ne costituisce lo sviluppo logico, e giustifica eticamente sin d’ora l’obbligo di accogliere un numero indeterminato di stranieri, da dovunque provenienti, sul suolo europeo. Il passaggio tra il momento t1 in cui l’accordo universale è soltanto virtuale, e il momento t2 in cui l’accordo universale sarà effettuale, non avviene con il ferro e il fuoco della “volontà rivoluzionaria”. Le volpi oligarchiche UE introducono invece nel corpo degli Stati europei, il più possibile surrettiziamente, dispositivi economici e amministrativi, anzitutto la moneta unica. Questi “piloti automatici” provocano crisi politiche e sociali, previste e premeditate, all'interno degli Stati e delle nazioni, ai quali rendono necessario e inevitabile o reagire con un conflitto aperto e distruggere la UE, o addivenire a un accordo universale in merito al “sogno europeo”: per il bene degli europei e dell’umanità, naturalmente, come per il bene dei russi e dell’umanità Lenin ricorreva al terrore di Stato, alle condanne degli oppositori per via amministrativa, etc. 

A questa opera va associata, inevitabilmente, una manipolazione pedagogica minuziosa e su vasta scala, in altri termini una lunghissima campagna di guerra psicologica. La dirigenza UE conduce questa campagna di guerra psicologica da una posizione di ipocrisia strutturale formalmente identica a quella della dirigenza sovietica, perché non è bene e vero quel che è bene e vero, è bene e vero quel che serve alla UE o alla rivoluzione comunista: in quanto Bene e Verità = accordo dell’intera umanità, fine dei conflitti, pace e concordia universali. (Le élites, necessariamente ristrette, di “spirituali” o “psichici” che conoscono questo arcano della Storia, hanno il diritto e anzi il dovere morale di ingannare e manipolare, per il loro bene, le masse di “carnali” che invece non lo conoscono).

Il leone Lenin accetta solo provvisoriamente il conflitto politico, e anzi lo spinge a terrificanti estremi di violenza, in vista dell’accordo universale futuro: dopo la “fine della preistoria”, quando diventerà reale il “sogno di una cosa” comunista e ogni conflitto cesserà nella concordia, prima in URSS poi nel mondo intero. Le volpi UE celano l’esistenza effettuale del conflitto (in linguaggio lacaniano “lo forcludono”), e da parte loro lo conducono provvisoriamente con mezzi il più possibile clandestini, in vista dell’accordo universale futuro, quando diventerà reale il “sogno europeo” e ogni conflitto cesserà nella concordia, prima in Europa poi nel mondo intero.

In questo grande affresco romantico proposto alla nostra ammirazione con la colonna sonora dell’ Inno alla Gioia (forse non è un caso che il Beethoven delle grandi sinfonie fosse anche il compositore preferito di Lenin) c’è solo una scrostatura, solo un piccolo difetto d’acustica: che nella realtà, l’accordo universale di tutta l’umanità non si dà effettualmente mai. Ripeto e sottolineo due volte: mai, never, jamais, niemals, jamàs, etc.

Questo chiarimento (lungo ma necessario) in merito al concetto di “sinistra” per spiegare come mai io dica che “la sinistra è maggioritaria in Italia”. La sinistra è maggioritaria nella cultura e nell’opinione degli italiani, perché maggioritario nella cultura e nell’opinione degli italiani è l’universalismo politico. 

Il M5S è anzi un caso esemplare di universalismo politico spinto fino alle estreme conseguenze dell’assurdità e del ridicolo. La scelta di non allearsi con alcuna forza politica se non su singoli provvedimenti definiti “tecnici” o “concreti” consegue, infatti, direttamente dal rifiuto pregiudiziale e preliminare del conflitto politico: dire che tutti sono avversari o nemici è identico a dire che nessuno lo è; dall’individuazione del nemico/avversario, infatti, consegue quali siano gli amici politici, che non si scelgono in base alla comunanza dei valori o all’affinità intellettuale e sentimentale, ma ci vengono imposti dalla comune inimicizia. 

Il M5S rinvia l’azione politica vera e propria al momento magico in cui, da solo, prenderà il 51% dei voti, metterà in opera un progetto di democrazia diretta elettronica totale, e gradualmente persuaderà tutti della bontà e verità della propria azione, che non si caratterizza per la rispondenza a interessi ben definiti di ceti, classi, etc., ma per qualità d’ordine prepolitico come l’onestà, la trasparenza, etc.: qualità che tutti sono costretti a riconoscere come buone e vere, se non vogliono autodefinirsi cattivi, corrotti, bugiardi, etc. Una posizione simile condurrebbe, per sua logica interna, al Terrore giacobino; se non fosse che a) il M5S è sprovvisto dei mezzi per metterlo in opera b) il M5S agisce in un quadro di sovranità nazionale limitata (dalla UE). 

In un certo senso, il M5S è un microcosmo che rispecchia il macrocosmo UE. E’ un organismo politico affatto disfunzionale, ispirato a un universalismo politico che non ha la forza di imporre; il contenuto delle sue proposte politiche si autodefinisce come “la miglior soluzione possibile a problemi concreti”; inoltre, è (probabilmente) eterodiretto da centrali USA com’è politicamente eterodiretta l’UE dal “federatore a metà” statunitense. Come l’UE in grande, così il M5S in piccolo sortisce principalmente due effetti: neutralizza politicamente l’Italia, che a causa dell’ “elefante nel salotto” M5S non riesce a schierarsi sul clivage del conflitto politico principale (UE sì/no); gioca e fa giocare agli italiani un incessante ping- pong mentale tra la UE realmente esistente (falsa e cattiva) e la UE possibile in futuro (vera e buona).

E’ dunque la sinistra in quanto vettore dell’universalismo politico che va battuta, se si vuole battere la UE.

Prova a contrario della precedente affermazione: le uniche due forze politiche che si sono sinora apertamente schierate contro l’UE sono la Lega, e Fd’I. Qual è il minimo comun denominatore tra una forza politica che nasce antinazionale e addirittura secessionista, e una forza politica che sin dal nome si definisce nazionalista? 

Il minimo comun denominatore tra Lega e Fd’I è l’opposizione frontale all’universalismo politico. 

La Lega nasce come espressione dell’interesse, inteso spesso nella sua forma più immediata e rozza, di comunità territoriali del Settentrione d’Italia. Fd’I nasce da una rielaborazione della tradizione nazionalista di destra e fascista, con l’intento dichiarato di rappresentare l’interesse nazionale. Il minimo comun denominatore tra queste due forze apparentemente incompatibili - e che lo sono effettivamente state sinché il quadro in cui operavano era quello dello Stato nazione italiano – è che entrambe assumono, come principio ordinatore della loro azione, un interesse parziale. 

La comunità territoriale rappresentata dalla Lega può ricondursi all’interesse nazionale quando senta il proprio interesse minacciato, anzitutto, da un organismo sovrannazionale come la UE, che dunque essa designa come proprio nemico principale. L’interesse della nazione italiana, che in un quadro di sovranità nazionale dovrebbe essere sovraordinato all’interesse di tutte le forze politiche, può generare una forza politica correttamente posizionata quando essa individui come nemico principale un nemico esterno alla nazione (l’UE) col quale altre forze politiche nazionali sono invece alleate.

Le piccole dimensioni di Lega e Fd’I sono la migliore illustrazione di quanto sia diffusa ed egemone la cultura politica “di sinistra”, cioè politicamente universalista, in Italia. Proprio per questo sarebbe importante che dalla cultura politica di sinistra nascesse una formazione che, criticando coerentemente l’universalismo politico e il progressismo che vi si accompagna, designasse senza esitazioni e compromessi l’UE e il mondialismo come nemico principale: perché praticare una breccia nel muro ideologico del campo avverso è un risultato la cui importanza è impossibile sopravvalutare. 


Roberto Buffagni @BuffagniRoberto

29 commenti:

  1. Ringrazio Roberto e sottoscrivo dalla prima all'ultima parola.

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  2. Grazie mille a te, Barbara, per la generosa ospitalità.

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  3. Per ora farei un ardito paragone con Spinoza: Per smontare la struttura concettuale di Buffagni bisognerebbe smontarne gli assiomi -- altrimenti ci toccherà indicare ipotetiche "ciurlature nel manico", semplice trollaggio.

    Inviterei a non confondere i piani di lettura tra Real Politic e Aspirazioni di Politic.

    (credo comunque che il FSI intendesse dire, o farti dire, che l'UE è il nemico in quanto disattende la Costituzione, ma la mia per ora è una lettura veloce, tanto quanto la velocità è diventata croce e delizia dei più, volenti o, come me, nolenti)

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    1. @ Stefano Ceccato

      Grazie. Veramente MOLTO ardito il paragone con Spinoza. Il mio scritto dà l'impressione (solo l'impressione) di essere una tesi more geometrico demonstrata solo perchè per essere breve e chiaro sintetizzo molto e concateno strettamente gli argomenti. Ma c'è tanta, tanta strada per avvicinarsi a Spinoza. Quanto agli intenti di FSI lascio parlare loro.

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  4. Anonimo14:21

    Analisi ineccepibile ma irrealistica nelle conclusioni. Una "sinistra nazionale" non esisterà mai in quanto "nazione"è concetto inconcilabile con "sinista".
    Toynbee spiego' che quando si arriva,come in questo caso, alle antinomie culturali l' unica via di uscita è " tornare indietro alla svolta sbagliata cioè a quando 160 anni fa il "socialismo" svoltò da prhoudon a marx, ed e' li che questo recupero di "neosovranismo" incontrerebbe la "destra sociale"( concetti questi non antinomici) anchessa tornata parecchio indietro dal vicolo cieco del "nazionalismo borghese" .
    E comunque restando nel campo delle utopie ,la UE meno disfunzionale sarebbe una "europa grande svizzera" comunque egemonizzata anchessa ( e direi meritatamente comunque) da l' elemento tedesco, se questo pero' si purgasse definitivamente da quello spirito di conquista "sassone" che pero' e' l' inespurgabile DNA della attuale germanesimo.

    quindi TINA ( per ora ), ne riparleremmo concretamente solo se e quando sopravvivessimo come popoli dell' europa
    ws

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    1. ""Analisi ineccepibile ma irrealistica nelle conclusioni. Una "sinistra nazionale" non esisterà mai in quanto "nazione"è concetto inconcilabile con "sinista". ""

      Scusa, ma non stai ripetendo esattamente quello che ha detto Roberto?


      ""quindi TINA ( per ora ), ne riparleremmo concretamente solo se e quando sopravvivessimo come popoli dell' europa ""

      Non confondiamo i piani di lettura....

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    2. Assolutamente condivisibile.

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    3. Anonimo10:53

      Non c'è bisogno di andare a rispolverare un infame bigotto come Proudhon.
      Ci basta Pisacane, che invitava ad essere al contempo socialisti e patrioti, e spiegava anche bene cosa ciò volesse dire.


      Matteo

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    4. @ ws

      Grazie. Condivido la tesi di Toynbee, del quale sono anche io un tifoso. Facessi il bookmaker, certo non darei alla pari la possibilità che la sinistra ritrovi la nazione. Però, vista l'importanza della posta in gioco, e il fatto che il giocatore (la sinistra che vuole continuare a rappresentare il Lavoro) è a fine corsa, e o muore o dice la parolina magica "nazione", non la darei neanche a 1:1000. C'è una possibilità, secondo me. Vedremo.

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  5. Grazie a tutti dei commenti. Sono in viaggio, risponderò appena possibile.

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  6. Anonimo00:42

    I soliti gattopardi che si affiancano a vecchie forze politiche per screditare il movimento, come la resurrezione della lega dopo scandali, ruberie e promesse disattese per avere un'opposizione utile al sistema partitico italiano.
    Nomen Omen


    John Doe

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    1. Anonimo08:11

      a proposito delle "ruberie della lega" come e' andato il processo al suo tesoriere belsito ? Come? Niente processo? Ah questa magggistratura leghista ...😎

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  7. Rispondo alla replica di Vincenzo Cucinotta [qui: https://ilblogdilameduck.blogspot.it/2016/11/make-italy-great-again.html] e per comodità di lettura lo ripubblico qui:

    La questione che volevo porre a Buffagni è che si direbbe che il rimeloscamento di destra e sinistra che egli propone, lo spostamento dell'asse politico verso sovranismo/globalismo appare come un espediente tattico.
    Dire che tutto passa attraverso una sconfitta netta della sinistra che faccia emergere in quell'area nuove egemonie corrisponde a confermare l'asse destra/sinistra, non a scompaginarlo.
    Il discorso diventa quindi quello di un'alleanza tattica tra frange selezionate dei due schieramenti considerati come una cartteristica permanente dello schieramento politico.
    Uno schema di questo tipo tuttavia non spiega la stessa esigenza di questa augurata alleanza immagino a questo punto del tutto temporanea, ma soprattutto un'alleanza per compiere una missione così delicata richiede ben altro, richiede un cambiamento nelle stesse categorie fondamentali lungo cui leggiamo la politica. Insomma, io penso che non potrà funzionare e non funzionerà.
    Nel corso di una crisi così profonda e prolungata del capitalismo, sulla soglia dello scoppio di una nuova e ben più disastrosa bolla finanziaria, non abbiamo dunque di meglio da proporre un'alleanza tra Salvini, Grillo e una parte indeterminata dell'attuale sinistra?
    A mio parere sarebbe il classico parto del topolino. Il dibattito politico richiede credo livelli di immaginazione ben più ampii.
    Per il momento, incrociamo le dita e speriamo di riaprire gli occhi la notte tra domenica e lunedì e scoprire che saremo ancora nelle condizioni di dibattere perchè il NO ha stravinto.

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    1. @ V. Cucinotta

      Non ci siamo intesi bene; forse, dopo questo secondo intervento mi hai inteso meglio. Io sono persuaso che il conflitto globalismo/nazionalismo sia il conflitto fondamentale in corso oggi nel mondo e non solo in Italia. Ritengo anche che in linea di principio, sarebbe più che opportuno che TUTTE le forze nazionaliste, che provengano dalla cultura politica di destra o di sinistra, si alleassero contro il comune nemico, come richiederebbe la situazione reale del conflitto (per poi eventualmente separarsi e confliggere anche duramente quando il clivage dello scontro non fosse più quello, come può avvenire in un futuro non prevedibile). Credo però che questa alleanza sia NEI FATTI impossibile ora, in Italia almeno, per le ragioni che ho cercato di esporre e che sostanzialmente si riassumono nell'effetto d'inerzia delle appartenenze politiche e culturali.
      Mi rendo poi conto eccome che il problema, teorico e politico, è di un'ordine di grandezza himalayano. Con la seconda invasione dell'Irak, gli Stati Uniti d'America hanno posto termine definitivo all'ordine scaturito dal trattato di Westfalia, e hanno riaperto la stagione e il contenzioso delle guerre di religione; hanno insomma aperto il primo sigillo dell'apocalisse, e dalla porta socchiusa viene uno spiffero veramente gelido. Stanno arrivando al pettine i nodi dell'illuminismo, non solo della sinistra; in Oriente si sta riformando una cristianità imperiale, etc. Il topolino politico che nasce dalla montagna filosofica è piccolo e brutto, ma questo è un' "epoca di transizione e di trapasso". Arriveranno altri animali più nobili e più grandi, ma non so se allora non rimpiangeremo il topolino, che ha il pregio di essere abbastanza innocuo.

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  8. Rispondo al commento di Massimo Morigi [qui:https://ilblogdilameduck.blogspot.it/2016/11/make-italy-great-again.html] , e
    per comodità di lettura lo ripubblico qui:
    5 dicembre 2016: commento postato originariamente sul sito "Italia e il Mondo" il 3 dicembre 2016 – Nell’ottima – e per molti versi condivisibile – analisi dell’amico Roberto Buffagni ne ” Le probabilità (scarse) di affermazione di un fronte nazionale in Italia” si rileva un soggetto che brilla per assenza, il movimento cinque stelle. Oltre che per le rilevate ragioni da Buffagni che ostacolano in Italia l’affermazione di qualcosa di simile a un fronte nazionale modello francese (e anche al di là della sacrosanta necessità di disintegrare la sinistra italiana), è da rilevare che, allo stato attuale, il principale ostacolo in Italia per innestare un reale ed efficace movimento sovranista è il movimento cinque stelle che ha fatto dell’assenza assoluta di un qualsiasi programma con un minimo di intelliggibilità la sua formula vincente (non dell’ ambiguità e/o della scarsa credibilità: questa è roba da vecchi arnesi della politica: onestà, onestà è il suo grido di battaglia. Ergo si è in presenza – come fra l’altro è stato ampiamente dimostrato – di un movimento che può assumere tutte e nessuna posizione politica e che proprio per questa sua aurea caratteristica, oltre a far man bassa di voti fra le fasce di elettori la cui educazione è solo quella di tipo informatico, è lo strumento ideale per eterodirezioni di ogni tipo e provenienza). In presenza di questa tragica immaturità dello scenario politico italiano, temo fortemente che i rimedi proposti dall’amico Buffagni ( legarsi a movimenti antisinistra e all’interno di questi condurre una battaglia culturale oltre che politica) sconti con eccessivo ottimismo questa ulteriore degenerazione politico-culturale rappresentata dal movimento cinque stelle. Giudico pertanto unica soluzione razionalmente possibile non tanto associarsi a stanchi movimenti e partiti che, sfibrati eredi della destra della prima repubblica – o eredi delle disillusioni di questa – dell’ambiguità e del gabbare il povero elettore han fatto bandiera (mi vien da ridere pensare che costoro non solo dovrebbero combattere con efficacia la sinistra ma dovrebbero anche contrapporsi al vivacissimo e – letale per le sorti d’Italia – movimento cinque stelle) ma al contrario, impegnarsi per la costruzione ab imis di un movimento politico-culturale che sulla scorta, fra l’altro, dell’inquadramento teorico (ma anche pratico, molto pratico, anche se non di facile implemetazione: a questo proposito si rimanda al Vom Kriege di Von Clausewitz e alle sue considerazioni sulla semplicità teorica e complessità applicativa dell’ arte della guerra …) di Gianfranco La Grassa possa veramente generare quel previano riorientamento gestaltico che investa in una indissolubile e al tempo stesso dinamica unità dialettica il momento culturale e quello politico. Oltre a Gianfranco La Grassa e a Costanzo Preve, riaffiorano così certe presenze che ci sono state sempre care: un certo Machiavelli, un certo Gramsci, un certo principe rinascimentale, un certo principe moderno. Se ne può parlare , se ne deve parlare (e, ovviamente, si deve anche agire) … Massimo Morigi
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    1. @ Massimo Morigi

      Penso di averti già risposto, in parte, con questo secondo intervento. Concordo, in buona sostanza, con la tua idea che si sia necessaria la costruzione ab imis di un movimento politico adeguato ai tempi. Il repubblicanesimo politico che so esserti caro ha le spalle teoriche forse abbastanza larghe; sconta una soluzione di continuità storica importante. Come dicevo più sopra a Cucinotta, lo so che dopo aver presentato, sul piano teorico, una cartolina dell'Himalaya, dal pdv operativo propongo un topolino. Io cerco di vedere quello che c'è, e non quello che vorrei ci fosse, e di trarne le conseguenze. Poi c'è il possibile, che mi guardo bene dallo scartare o dal deridere. Un nuovo movimento politico all'altezza dei tempi è possibile. Se fa capolino, lo si vedrà e lo saluterò con gioia.

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  9. Caro Roberto, se il problema fosse la tua ottima analisi e le mie pignole controdeduzioni che, allo scopo di suscitare qualche reazione e non per tua debolezza teorica, si appuntavano sul fatto che nel tuo intervento non aveva menzionato il mio (e sicuramente anche il tuo) giudizio negativo sul movimento cinque stelle, il problema non sarebbe un problema ma riguarderebbe solo la nostra guicciardiana sospettosità ed indolenza per un nostro più marcato e diretto intervento nella vita pubblica del nostro paese. Il punto, molto deprimente per la verità, è che la tua idea di lavorare a livello politico e culturale all'interno dei movimenti di destra è molto debole, ma che, purtroppo, la mia di creazione ex novo di un'edita formazione politica sovranista che faccia piazza pulita degli idola fori del Novecento se, dal punto di vita di un'estetica politica, è sicuramente affascinante, all'atto pratico non incontra certo minori difficoltà (anzi!) della tua. Per farla breve. Penso che siamo sulla stessa linea e penso quindi che il tuo ed il mio progetto possono essere considerati come due fasi di una stessa strategia. L'unica avvertenza (non fatta a te che ne sei pienamente consapevole ma a coloro che si illudono che l'onestà sia la ricetta per drizzare le gambe al mondo), è non cedere alle lusinghe della demagogia stracciona (e per demagogia stracciona, se ci riferiamo al caso Italia, mi riferisco in specifico al movimento cinque stelle: anche altri sono demagoghi, Renzi docet, ma la loro demagogia contiene germi reali di dissoluzione/evoluzione del sistema, quella dei cinque stelle, invece, siccome si basa solo sul mito dell'onestà, dopo gli eventuali festini e baccanali del popolo, può consegnarci direttamente nelle mani di una ferrea e totalitaria tecnocrazia). Per concludere, mi complimento quindi per la tua analisi unendo il mio apprezzamento con un suggerimento che a mio giudizio deve costituire la mossa indispensabile per far nascere un movimento radicalmente innovatore. Molto semplicemente questo movimento deve avere come ragione sociale non solo la disgregazione culturale prima che politica della sinistra ma anche la disgregazione politica e culturale della destra e questo non in nome di un nullismo postmoderno di fine alla delle metanarrazioni alla Lyotard ma in nome di una riscrittura ab imis delle categorie del politico. Compito difficile se non impossibile ma ancor più impossibile è credo (e penso che sia d’accordo) incidere nella situazione presente non cercando di destrutturare in senso rivoluzionario la presente palude politica e culturale – Massimo Morigi – 9 dicembre 2016

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  10. Lapsus calami: guicciardiniana non guicciardiana

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  11. Caro Massimo,
    ho poco, anzi niente da aggiungere a quel che dici. Mi preme soprattutto sottolineare la tua ultima raccomandazione, di lavorare per l'ordine e non per il disordine, per strutturare e non per destrutturare. Il vero nemico, anzi il Nemico con la maiuscola, è proprio il Disordine e la Dissoluzione. Grazie, un caro saluto.

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  12. A chi fosse interessato, in particolare a Roberto che evidentemente è il fulcro della discussione, un bell'intervento di Alessandro Visalli sul tema nazione/sinistra:

    http://tempofertile.blogspot.it/2016/12/un-dibattito-sulla-nazione-e-la.html

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  13. grazie Roberto Buffagni
    ogni piccolo gesto libero mi commuove
    ho apprezzato il suo venirmi in soccorso :)
    grazie
    io la benedico lo faccia anche lei se può
    https://www.youtube.com/watch?v=B6oGL80-_KM
    la funambola
    Il tuo commento è in attesa di moderazione

    lo posto anche qui sperando che le arrivi :)

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  14. Certo che mi arriva. Mi stia bene!

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  15. Questo video di Solange Manfredi è interessante perché, citando "documenti desecretati" vengono elencati gli step della guerra psicologica tipica della guerra fredda che, assai curiosamente, sembra essere ancora in atto proprio qui ed ora in Europa. La teoria che definirei, parafrasando Trotski, della "operazione in nero permanente".
    Il titolo del video è leggermente fuorviante, perché si parla di USA più che di UK.

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  16. Scusate, mi chiedo perché sui commenti appaia solo l'orario e non la data? Grazie

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  17. Scusate, mi chiedo perché sui commenti appaia solo l'orario e non la data? Grazie

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  18. Caro Roberto, la discussione si è certamente fatta interessante, e quindi non mi ritrarrò dal dire la mia in proposito.

    Risponderò schematicamente per tentare di essere più sintetico, eventualmente sono a disposizione per ulteriori delucidazioni.

    1. Bisognerebbe mettersi preliminarmente d'accordo su cosa sia la sinistra, e mi pare che tale accordo non ci sia (non dico tra noi, dico in generale). La sinistra come noto era alle origini costituita dai liberali, e così è stata per molto tempo. L'universalismo a cui tu dedichi l'attenzione centrale, è della sinistra se la si intende appunto come movimento liberale, non della sinistra socialista e marxista (tra l'altro i marxisti si sono riconosciuti nella sinistra abbastanza recentemente). E l'illuminismo che è universalista e di conseguenza l'ideologia liberale che ne è la controparte in politica. E' solo nel '68 che i marxisti si scoprono libertari ed a mio parere diventano senza accorgersene liberali, seppure con un'ispirazione anche egualitaria, ma sempre più in una dimensione messianica, cioè oggi si lotta per i diritti civili, in un futuro indeterminato si fa la rivoluzione socialista che porterà l'egualitarismo. E' ovvio per tutti che quando si sceglie la logica dei due tempi, conta solo il primo di tempo, il secondo diventa al più una bandiera, addirittura un pietoso alibi.

    2. Vista come delineavo nel primo punto, non è che abbia molto senso parlare di sinistra. L'unica sua caratteristica specifica, l'egualitarismo, non è propugnato se non su un piano del tutto teorico. Quindi, coloro che si definiscono di sinistra dovrebbero per coerenza dirsi liberali. Esiste in effetti anche il liberalismo sedicente di destra, e non è un caso che nella UE sia oggi impossibile trovare un chiaro spartiacque tra socialdemcoratici e popolari, si tratta di modi differenti di chiamarsi di partiti entrambi a pieno titolo liberali.

    3. Personalmente, non ho dubbi, il mio nemico è l'ideologia liberale, e l'universalismo è soltanto uno dei suoi aspetti. Possiamo davvero tacere sulla società di mercato, considerare l'aspetto più specificamente economico come secondario? Non lo credo.

    4. Sull'universalismo in ogni caso, dovremmo meglio intenderci. Come chiarito sull'altro blog, qui si parla di universalismo politico, cioè quando si ritiene che la propria verità, di per sè inevitabilemnte universale (sennò che verità sarebbe?), debba essere imposta con la forza a tutti gli uomini ed a tutti i popoli. (continua)

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  19. (continua dal precedente commento)

    5. Secondo me, sul nemico comune si possono costruire le alleanze politiche, ma nessun partito politico, esso non costituisce elemento sufficiente. In effetti, una volta sconfitto questo nemico unificante, è logico attendersi uno sciogliersi di qualsiasi aggregazione, visto che la sua missione è stata portata a termine. Malgrado Schmitt, io continuo a credere che i partiti, cioè le vere aggregazioni politiche, si costruiscono su visioni comuni che potremmo chiamare ideologie, e sugli obiettivi in cui queste si articolano, anche se non sottovaluto la funzione unificante, ma a un livello minore e meno duraturo.

    6. Io vedo il globalismo soprattutto come una strategia capitalista, in funzione della creazione della società di mercato nel senso in cui ne parla Polanyi. Sconfiggere il globalismo significa secondo me indebolire fortemente il capitalismo, e sconfiggere il capitalismo porterebbe al fallimento totale del globalismo per come si è caratterizzato finora. Trovo del tutto fuori luogo le discussioni su una globalizzazione alternativa e roba analoga, e quindi la lotta alla società di mercato è per me la priorità assoluta, anche se del tutto compatibile con la lotta alla globalizzazione.



    Come conseguenza di questi punti che ho elencato, ribadisco ciò che tentavo di esprimere nel primo e succinto intervento, non trovo conseguenzialità tra le tue analisi politiche complessive e le scelte politiche dell'oggi, non nel senso che ci sia contraddizione, ma che le scelte di alleanza politica di oggi non richiedono un retroterra così approfondito, tant'è che io che, come spero di avere illustrato, non le condivido, posso poi convergere senza difficoltà alcuna su questo tipo di alleanze che tuttavia concepisco come tattiche.

    Per essere più espliciti, se domani dovessimo riprendere la nostra piena sovranità monetaria e quindi la possibilità di darci una autonoma politica economica, mi troverei a scontrarmi frontalmente con l'ipotesi della flat tax di Borghi e della Lega, visto che riconosco al contrario che la funzione centrale della tassazione non sia l'equlibrio di bilancio, quanto la redistribuzione del reddito. Come capisci, non si tratta di una questione secondaria, dimostra come tra forze liberiste seppure non neoliberiste e sovranisti veri e propri ci può essere soltanto una allenza tattica.

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  20. Anonimo08:01

    Soltanto per segnalare che io e Paolo Di Remigio abbiamo proseguito il dialogo con Roberto Buffagni, scrivendo un lungo articolo: http://appelloalpopolo.it/?p=26545
    Stefano D'Andrea

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