e vuota,
tu ruota che giri,
funesto stato,
futile benessere
sempre dissolubile,
oscura
e velata
e su di me chi più si appoggerà;
ora che per un gioco
il dorso nudo
porto per la tua cattiveria?
Non avrei mai voluto scrivere di un'altra adolescente ridotta volutamente all'impotenza per ore da droghe e farmaci solo per poterne disporre come oggetto sessuale inerte ed incapace di reagire, alla stregua di una bambola gonfiabile, fino alla morte, tanto la vita di una "ragazzina bianca venuta per la droga" non vale uno zero. L'aggravante razziale della "bianca da stuprare", già notata nel caso Pamela, che nessun giudice con il cuore troppo vicino a un certo orifizio avrà mai il coraggio di applicare alla sentenza contro gli aguzzini di queste povere bambine. Perché, nel mondo fluido, governato dall'indeterminazione e dall'interpretazione a proprio piacimento delle leggi cosmiche, l'unico fenomeno perfettamente monodirezionale e meccanicistico è il razzismo, inteso come razzismo dei bianchi verso i neri. La connotazione razzista opposta proprio non viene notata, non fa scattare i magnetotermici mentali dei sacerdoti del progressismo maligno.
Parlando di Desirée avrei al massimo espresso la mia indignazione per il fatto che queste nostre figlie possono ormai letteralmente sparire per giorni in qualunque luogo noto di spaccio del nostro territorio come se la cosa fosse accettabile. Luoghi ove ormai conta, come in altri settori di mercato, non più la fidelizzazione del cliente ma la sua cattura, sfruttamento e poi abbandono al proprio destino, tanto ne troveremo altri ed altri ancora. Ani mundi dove la droga sembra l'esca grazie alla quale attirare i più deboli da far cadere in una trappola mortale e dove soprattutto le ragazze possono venire stuprate, torturate, fatte a pezzi e persino forse mangiate da una nuova specie di spacciatore spietato e tribale, per riemergerne solo quando non si può proprio più nascondere il fattaccio accaduto e i giornali sono costretti a raccontarne, come in questo caso e in quello di Pamela, la cronaca.
Desirée scomparve mercoledì 17 ottobre, morì nella notte tra venerdì e sabato ma la notizia del suo scempio è giunta sui giornali solo martedì 23 ottobre. Cosa aspettavano quelli sempre sul pezzo (non dico di che cosa) a parlare di un efferato delitto compiuto nel centro di Roma? Aspettavano che non fossero stati loro, a quanto pare; i protetti dalla Carta di Roma, il Crimen Sollicitationis dell'ortodossia globalista.
Non avrei voluto parlarne ma mi sono resa conto che Desirée è l'ennesima figlia oltraggiata da sacrificare sull'altare dell'ideologia quadrata che pretende di sostituire le leggi che governano un mondo sferico. La sua è una morte che ha implicazioni che devono essere negate per pregiudizio ideologico dai nuovi negazionisti con licenza di negare. Sopra tutte il fatto che questi uomini clandestini, stranieri, che non dovrebbero essere qui, si permettono di considerarsi un esercito regolare invasore con il diritto di preda sulle donne del nemico. Ogni mancata reazione dello Stato di fronte a questi delitti, nel senso di far capire agli aggressori che, se tocchi una donna o un bambino dei nostri, per te si spalancheranno le porte dell'Inferno e il giorno più brutto della tua vita sarà stato quello in cui decidesti di venire in Europa, equivale ad una tacita conferma del diritto di preda.
Per non parlare della tutela che donne e bambini migranti dovrebbero ricevere nei centri di cosiddetta accoglienza dove invece troppo spesso vengono abusati dalle medesime canaglie. Perché perfino quando la donna stuprata è anch'essa straniera, quelli dal cuore dislocato sono incomprensibilmente propensi ad avere un occhio di riguardo e perfino a lasciare a piede libero il suo torturatore, per una forma di sudditanza psicologica verso il criminale esotico che un giorno o l'altro dovrà essere seriamente studiata dagli specialisti.
Mi sarei limitata a queste considerazioni ma è accaduto che, incapaci di tacere perché punte sul vivo, toccate negli affetti più cari, con il trigemino dell'accoglienza fallimentare che ha preso a pulsare dolorosamente, le iene hanno parlato, si sono autoconvocate in assemblea del collettivo sul luogo del delitto e, terminata la fila degli stupratori, si sono accalcate sul corpo della ragazzina, praticandole il test dell'appartenenza, per vedere se non fosse per caso loro dovere provare pena e solidarietà per questa ennesima vittima di guerra. Vistolo negativo, con grande sollievo si sono autoinvestiti del diritto di praticare l'autopsia morale sulla vittima, come fanno di solito con i morti non loro, completandone lo scempio.
Era una drogata.
Dov'era la famiglia?
E allora Cucchi?
E allora l'odio razziale?
Era predestinata, sarebbe comunque finita così.
Colpa di Salvini che non li ha espulsi.
Non avrei voluto nemmeno scrivere di questo frullato di marasma pubblicato su Facebook di cui si sta parlando immeritatamente troppo, se non che qui siamo di fronte non già al negazionismo modello base di chi ha creato per anni in piena coscienza e capacità di intendere e volere il fenomeno che qualcun'altro (i suoi avversari politici) dovrebbe ora risolvere, secondo lui, in pochi mesi; e nemmeno al raglio d'ordinanza del vip o intellettualoide accreditato presso la Santa Sede Globalista, ma alla nota sindrome del partecipante al funerale che vuole rubare la scena al morto. Una sindrome molto spesso femminile, va detto.
Che cosa sostiene la gestora della Rete Antirazzista Iblea ripresa da Potere al Polipo? Il suo ragionamento, o presunto tale, è alquanto contorto e risulta aberrante per chiunque non sia accecato dalla follia che vuol costringere un gigante a vestire gli abiti di un nano ma, se glielo fai notare, ti rispondono che è una chiarissima provocazione e sei tu che non capisci, e chi non capisce è perché è fascista, naturalmente.
Secondo Rosa, le "migliaia di donne abusate e vessate da uomini italiani" (l'Entità astratta collettiva che ad Esse piace tanto evocare) non otterrebbero la stessa considerazione che ha avuto Desirée (Soggetto invece reale in quanto vittima del delitto, corpo e sangue di martire) solo perché ella è stata stuprata e uccisa da migranti.
Dato che il problema non sono gli stupratori stranieri, anche eventualmente vogliosi di stuprare una bianca in quanto tale (tanto un ampio caravanserraglio di difensori dei diritti umani di chi di dimostra invece disumano li proteggerà sempre negando il loro razzismo), ma i razzisti nostrani (che devono essere, immagino, i mariti delle migliaia di cui sopra), ecco che l'esposizione mediatica dovuta allo scandalo suscitato da questo orrore, scandalo nel senso di skàndalon, di qualcosa che ha impedito che si tacitasse la notizia del delitto come si sarebbe voluto), ha permesso a Desirée di potersi considerare fortunata.
Si, ha detto proprio fortunata. Perché le femministe, a furia di combattere la società dello spettacolo e il corpodelledonnismo, hanno finito per identificarsi con l'aggressore, fino al paradosso demenziale di considerare una ragazza morta dopo essere stata ridotta a puro involucro per una vagina da riempire a forza, qualcuna che ruba indegnamente la scena alle loro amiche. Una squinzia fortunata e fortunella (e chissà perché non hanno detto anche privilegiata, in fondo come bianca ci stava), che ha rubato i loro miserandi quindici minuti di notorietà da corteo assieme ai loro cicisbei, tutti con i berretti frigi in rosa sorca in testa ad urlare contro l'uomo bianco, e che inoltre si permette di ricordarci che tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più bestie degli altri.
Cosa rende Rosa così convinta che un omicidio talmente brutale, se fosse stato commesso da italiani, non avrebbe causato altrettanta indignazione ed orrore? Nulla, è una sua supposizione fallace viziata dal pregiudizio autorazzista, la cui licenza viene consegnata, assieme al kit del perfetto antifascista, ad ogni progressista che voglia far parte del meraviglioso mondo delle Amélie no border.
Cosa ha impedito piuttosto a Rosa di fare semplicemente ciò che tutte noi abbiamo fatto, femmine ma non femministe, perché il femminismo ormai è malattia mentale, leggendo il resoconto di ciò che ha subìto quella povera creatura, e cioè immedesimarci con terrore in quel corpo incapace di opporsi, in quel dolore bruciante di carne viva, in quell'angoscia, in quel ribrezzo, in quella nausea, in quel voglio morire pur volendo disperatamente vivere? Ha mai sognato di essere paralizzata e di non poter sfuggire ad una minaccia perché le gambe non riescono a muoversi?
Cosa ha impedito piuttosto a Rosa di fare semplicemente ciò che tutte noi abbiamo fatto, femmine ma non femministe, perché il femminismo ormai è malattia mentale, leggendo il resoconto di ciò che ha subìto quella povera creatura, e cioè immedesimarci con terrore in quel corpo incapace di opporsi, in quel dolore bruciante di carne viva, in quell'angoscia, in quel ribrezzo, in quella nausea, in quel voglio morire pur volendo disperatamente vivere? Ha mai sognato di essere paralizzata e di non poter sfuggire ad una minaccia perché le gambe non riescono a muoversi?
Quale freno inibitorio non permette a Rosa di solidarizzare e basta con quella bambina? Lo sa che il suo ottuso contorsionismo ideologico non riesce a nascondere l'eterna miseria donnesca dell'invidia automatica verso qualunque altro essere femminile che occupa lo spazio che dovrebbe essere tuo, perfino se è una delle più sfortunate figlie di questo tempo nel momento peggiore della sua vita?
Come ha scritto Alceste in un post su Desirée che è un lampo nucleare:
"Desirèe è stata lasciata morire nel fango dell’amoralità, sbandata, senza una direzione, senza nemmeno un punto fermo a cui poter aspirare, pur nel naufragio.
Equivocare il deserto come libertà, decantare l’inversione e la sovversione in nome di una rivoluzione da barzelletta: ecco l’utopia strumentale del potere."
Mi dispiace, ma l'unica "Fortuna" che mi sento di associare a Desirée è questo canto lugubre come colonna sonora di un incubo di impotenza.
O Fortuna,
velut Luna
statu variabilis,
semper crescis
aut decrescis;
vita detestabilis
nunc obdurat
et tunc curat
ludo mentis aciem,
egestatem
potestatem
dissolvit ut glaciem.
Sors immanis
et inanis
rota tu volubilis
status malus
vana salus
semper dissolubilis,
obumbrata
et velata
mihi quoque niteris;
nunc per ludum
dorsum nudum
fero tui sceleris.
Sors salutis
et virtutis
mihi nunc contraria
est affectus
et defectus
semper in angaria.
Hac in hora
sine mora
cordum pulsum tangite;
quod per sortem
sternit fortem
mecum omnes plangite!