Pagine

sabato 17 febbraio 2007

Etiopia 1937: i crimini italiani dimenticati, da Addis Abeba a Debra Libanos

Lunedì ricorrerà, molto probabilmente nel silenzio e nell'amnesia generali, il 70° anniversario di una delle pagine più nere della storia coloniale italiana e di uno degli episodi più vergognosi, il massacro di civili etiopi che seguì come rappresaglia all’attentato al Vicerè d'Etiopia Rodolfo Graziani, avvenuto il 19 febbraio 1937.

Graziani, prima del suo incarico in Africa Orientale al fianco del Maresciallo Badoglio, aveva già condotto con ferocia la repressione contro i ribelli di Omar el-Mukhtar in Libia nel 1921, come narra anche un film americano del 1981 con Anthony Quinn e Oliver Reed, “Il leone del deserto”, censurato e mai distribuito nel nostro paese.

Durante la Seconda guerra italo-abissina, il generale si distinse per la spregiudicatezza con la quale irrorava di gas come l’iprite le popolazioni “ribelli”, con il pieno beneplacito di Mussolini, che in diversi telegrammi ai suoi generali autorizzava lui e Badoglio all’uso sistematico delle armi chimiche: “Dati sistemi nemico di cui a suo dispaccio n.630 autorizzo V.E. all'impiego anche su vasta scala di qualunque gas et dei lanciafiamme”.

Sull’utilizzo dei gas da parte dell’esercito italiano in Etiopia vi fu una lunga diatriba molti anni fa tra Indro Montanelli e lo storico Angelo Del Boca. Montanelli negava che questi crimini fossero stati compiuti. Quando poi Del Boca, uno dei massimi esperti di colonialismo italiano, produsse documenti inoppugnabili che dimostravano la realtà dei fatti, Montanelli ebbe la signorilità di ammettere il suo errore.

Il 19 febbraio 1937 Graziani, per festeggiare la nascita a Napoli dell’erede al trono Vittorio Emanuele, il nostro principe dei casinò, convocò nel suo palazzo di Addis Abeba un bel po’ di notabili locali e qualche centinaio di poveri, ciechi e storpi ai quali annuncia che farà l’elemosina di due talleri d’argento. Mentre è in corso la sfilata dei reietti, alle 12,20 degli etiopi che si erano mescolati tra la folla lanciano alcune granate all’indirizzo del palco delle autorità. Pur non essendo le deflagrazioni di enorme potenza, il bilancio delle vittime sarà di sette morti e circa cinquanta feriti tra i quali, in modo non grave, lo stesso Graziani.

La rappresaglia, condotta dal federale Cortese ed eseguita per massima parte da civili italiani, la cosiddetta gente comune, fu spietata e colpì alla cieca nei tre giorni che seguirono. Per primi coloro che si trovavano all’interno del cortile dove era avvenuto l’attentato, non ebbero scampo. L’inviato speciale del Corriere della Sera Ciro Poggiali così scrisse: "Tutti i civili che si trovano ad Addis Abeba hanno assunto il compito della vendetta, condotta fulmineamente coi sistemi del più autentico squadrismo fascista. Girano armati di manganelli e di sbarre di ferro, accoppando quanti indigeni si trovano ancora in strada... Vedo un autista che, dopo aver abbattuto un vecchio negro con un colpo di mazza, gli trapassa la testa da parte a parte con una baionetta. Inutile dire che lo scempio si abbatte contro gente ignara e innocente".

Tra le testimonianze straniere della ferocia scatenata dagli italiani sulla popolazione locale quella dell’ambasciatore USA che per descrivere l’accaduto fece riferimento agli orrori del genocidio turco degli Armeni del 1917. Ma anche testimoni italiani si dissero sconvolti da quanto videro con i propri occhi.

Graziani, dal letto d’ospedale, ordina ai governatori delle altre regioni di agire con il massimo rigore. Si incendiano i tucul, le chiese copte, i raccolti, i terreni coltivati. Si uccide il bestiame e si inquinano i terreni con aggressivi chimici. Gli inglesi denunciano al proprio Parlamento l’uccisione di 700 etiopi che si erano in un primo tempo rifugiati nell’ambasciata del Regno Unito ad Addis Abeba. Vengono uccise migliaia di persone.
Il bilancio di tre giorni di massacro è stimabile, secondo le fonti più attendibili inglesi, francesi e americane, in circa 6.000 vittime, anche se fonti etiopi arrivano a contarne 30.000.

Graziani ordina quindi la fucilazione di esponenti della intelligencija etiopica e perfino di decine di indovini e cantastorie, colpevoli solo di aver predetto il crollo del regime coloniale.
Le esecuzioni sommarie di presunti colpevoli e fiancheggiatori degli attentatori proseguiranno nelle settimane e nei mesi successivi, fino al massacro di Debra Libanos.

Questa città conventuale era uno dei luoghi più sacri al cristianesimo copto.
Convinto che nel monastero avessero trovato rifugio i responsabili dell’attentato, nel mese di maggio Graziani ordina al generale Maletti di spazzar via ”tutti i monaci compreso il vicepriore". A queste prime vittime passate sommariamente per le armi con le mitragliatrici pesanti sull'orlo della stretta gola di Zega Waden, si aggiungeranno poco dopo anche i diaconi, poco più che ragazzini. Il bilancio di questa carneficina, compiuta su religiosi cristiani con l’aiuto dei 1.500 armati musulmani della banda di Mohamed Sultan, secondo studi e scavi recenti va da un minimo di 1.600 ad un massimo di 2.200 vittime. Martiri dimenticati dal calendario.

Durante l’estate scoppiano altre rivolte e continua la repressione, che culmina con l’esecuzione di Hailù Chebbedè, considerato il capo dei ribelli, la cui testa mozzata portata come trofeo in giro per l'Etiopia (si dice in una scatola di latta per biscotti) fu issata su un palo e mostrata nelle piazze dei mercati.
Altri massacri ed episodi efferati vedranno gli italiani protagonisti negli anni successivi, come nel 1939 a Debra Brehan, dove più di mille tra uomini, donne, vecchi e bambini saranno gasati con l’iprite nelle grotte dove si erano rifugiati.

Il dominio coloniale italiano in Etiopia finirà solo con la sconfitta del 1941 ad opera dei britannici e con il ritorno sul trono dell’imperatore Hailè Selassiè.
Arresosi alle truppe anglo-americane nel 1945, Graziani fu processato nel 1948 e condannato a 19 anni di carcere, 17 dei quali gli furono condonati. Nel 1953 divenne presidente onorario del MSI ma in contrasto con alcuni camerati preferì ritirarsi a vita privata. Morì nel 1955 nella sua casa di Roma.

Immagine tratta da "Fascist Legacy" di Ken Kirby, produzione BBC.

21 commenti:

  1. Anonimo00:37

    credo che di giorni della memoria ce ne saranno ancora molti, siamo solo a metà febbraio... ottimo ed illuminante post, lo giro a tutti i miei coblogger di newbrainframes!

    RispondiElimina
  2. Brava Lame! Speriamo che nipotine del truce e nipotini di Pippetto lo leggano (ma loro conoscono benissimo le puttanate dei mort... loro!) Siamo proprio dei fessi noi di sinistra che ci facciamo mettere all'angolo da sub umani come Guzzanti (padre) e buttiglioni al metanolo.

    RispondiElimina
  3. Anonimo08:57

    @raqqash
    La Chiesa Di Roma ha benedetto guerre, sterminio e colonialismo. Però mi mette egualmente tristezza che non abbia trovato un papa migliore di questo demente. Spero che dalla decadenza possa rinascere il vero Cristianesimo, senza Stato e senza Papa... Non oso dire senza preti.
    @Lameduck
    propongo di tumulare le vittime della sozzura fascista nelle foibe

    RispondiElimina
  4. Visto quanta civiltà che abbiamo portato in Etiopia ?

    brava come sempre

    Pensatoio

    p.s a parziale discolpa della cultura fascista, il settimanale "Gente" di Edilio Rusconi ha fatto un sacco di servizi fotografici ad Hailè Selassiè.
    Un po' ci siamo riscattati...

    Pensatoio

    RispondiElimina
  5. Anonimo11:10

    La cosa che più colpisce del massacro di migliaia di etiopici in seguito all'attentato a Graziani è la ferocia con cui civili, non solo militari, italiani organizzarono la caccia al negro.
    Italiani brava gente...

    Grazie per avermi ricordato questa ricorrenza; domani se riesco la ricordo anche nel mio blog citando ovviamente il tuo bel post.

    RispondiElimina
  6. Anonimo11:55

    C'è da dire che tutti i nazionalismi tendono a cancellare certe pagine del proprio passato. Chiedi alla Turchia che accadde agli armeni, o chiedo a francesi, inglesi, spagnoli etc. del loro passato coloniale. Quasi sempre le loro risposte non coincideranno con la verità storica, ma al più ne saranno una versione "addolcita".
    Noi italiani non siamo mica così "brava gente" da costituire un'eccezione in questo.

    Bellissimo post in ogni caso, di quelli che bisogna fermarcisi sopra più del solito ;)

    RispondiElimina
  7. La natura ha dotato l'essere umano di una grande arma per salvagurdarlo dai sensi di colpa: la memoria selettiva ;-)

    RispondiElimina
  8. L'Italia è uno strano paese, basta un diario fornito da una "persona" di dubbia onestà per mettere in discussione gli orrori del fascismo. Credo che l'Italia stia pagando (e pagherà ancora) a caro prezzo il fatto di non avere compiuto un processo al fascismo. Si dimentica l'Etiopia, i campi di concentramento in Libia, il fatto che in Italia ogni rappresaglia e ogni deportazione nei campi di concentramento avveniva con il consenso dei fascisti e tante altre vigliaccate.

    Ciao.

    RispondiElimina
  9. OT: passi mai da basecamp? ...

    RispondiElimina
  10. Anonimo23:00

    Che motivo c' è di gridare al complotto? Le società di distribuzione non sono enti di beneficenza, semplicemente non prendono in carico un film se non per massimizzare i profitti riempendo le sale. E' evidente che di questa storia non gliene frega niente a nessuno a parte una sparuta minoranza ed i botteghini farebbero la fame. Il libro ed il film in DVD sono liberamente disponibili su prenotazione in qualunque libreria degna di tale nome ed anche questo la dice lunga sull' interesse del pubblico comune e di quello colto, visto che non li tengono a stock per paura che finiscano invenduti.
    Salutoni! @}->--

    RispondiElimina
  11. Anonimo01:36

    @ Rudolf:

    se segui il link riguardo la censura, troverai chiaramente scritto:

    "Il leone del deserto" viene presentato a Cannes con un buon successo ma non sarà mai ufficialmente proiettato in Italia. "Il film è sgradito", dirà il sottosegretario agli esteri Costa nel 1981 e nel 1987 una proiezione a Trento verrà proibita dalla Digos.


    Quindi di censura vera e propria si tratta, altrimenti un passaggio al cinema ci sarebbe stato, come sono passate nelle sale porcate inguardabili, finanziate persino con i contributi statali, e visti in sala giusto dal regista e da parenti ed amici ( ci fu una memorabile puntata di Report a riguardo ).

    RispondiElimina
  12. @ rudolf
    ma davvero, tra tutto ciò che ho raccontato, ti è rimasta impressa solo la faccenda de " Il leone del deserto"?

    RispondiElimina
  13. Anonimo10:28

    @rudolf
    SI TRATTA DI CENSURA
    @alle persone per bene del blog
    mi fa riflettere che ovunque uno stato cosiddetto avanzato (forse sarebbe meglio precisare con un secondo aggettivo: economicamente, tecnologicamente, militarmente) abbia deciso di costruire ai barbari stranieri strade, ferrovie e scuole di cultura patria, ci sono stati puntualmente degli ingrati che hanno fatto la resistenza. E se oggi la smettessimo di esportare democrazia?

    RispondiElimina
  14. Anonimo12:18

    La cosa più assurda è che c'è chi ancora crede nella buonafede di questi esportatori di democrazia... come si fa ad essere così ciechi? Mi manda fuori di testa...

    RispondiElimina
  15. Anonimo12:52

    un post che condivido, ovviamente. Questo post non significa "ricordare", significa fare cultura, perchè di queste cose mai e poi mai si è parlato, fino a pochi anni fa in cui un debole disgelo c'è stato. Ma molto resta ancora da fare.
    Un processo al fascismo non fu mai fatto, con la scusa che avevamo in casa il più forte PC dell'Europa. Così ci ritroviamo pieni di nipotini del truce e via discorrendo.....

    RispondiElimina
  16. Anonimo01:01

    Ottimo post, Lame. Tu e Pensatoio siete oramai dei riferimenti per ripassi di storia e filosofia della politica...

    A.I.U.T.O.

    P.S. e se facessimo una sorta di Sussidiario-blog? Già me lo vedo: Lame-storia/cinema/arte, Pensatoio-filosofia/politica, Gidibao-tecnologia, Alex-cronaca ...
    E a me un bel sommario non me lo leva nessuno... :-)

    P.P.S. non male come idea (me lo dico da solo, non mi sono ancora ripreso... ;-))

    RispondiElimina
  17. Anonimo13:10

    Ho visto il documentario "Fascist Legacy" e sono rimasto di sasso, nemmeno io sapevo che i fascisti fossero arrivati ad un tale livello di brutalità nelle colonie africane e nei balcani... e non mi sorprende che la Rai non abbia mai avuto il coraggio di trasmetterlo.

    Vorrei caricarlo su Google Video e mostrarlo sul blog, ma temo problemi col copyright... Ma, come si dice, LA GENTE DEVE SAPERE ( e vedere ), perchè c'è sempre più gente che fa passare Mussolini come un simpatico dittatorello ed il fascismo come una goliardata...

    RispondiElimina
  18. Anonimo21:14

    Brava Lameduck! Post come questo lasciano il segno, in un paese dove 600 incartamenti relativi ad altrettante stragi nazi-fasciste possono rimanere indisturbatamente chiusi in un armadio per cinquant'anni. Comunque, mi piace il tuo quartier generale. E poi ho visto che sei pianista. Anch'io. Però adesso studio canto lirico, da un anno e mezzo; e andando dal mio maestro, che è di vicino Lucca - ho scoperto questa meravigliosa città. Beh, ti saluto, fammi sapere qualcosa di te. Un abbraccio a presto! Frexo

    RispondiElimina
  19. ciao Frexo!
    ho appena dato un'occhiata al tuo blog - bello il post su Ute ;-)
    Voglio visitarti di nuovo con più calma. A presto.

    RispondiElimina
  20. Anonimo16:56

    grazie per il commento e l'icoraggiamento. leggendo il tuo articolo ho scoperto l'esistenza della strage avvenuta nel 1939 che fin ora ignorova...dunque il mio lavoro ora si allunga...grazie e passa quando vuoi....

    RispondiElimina
  21. Anonimo08:58

    Mio nonno era proprio lì...trascinava la babilonia mussoliniana impassibile, carichi di fucili rotti e cinture in cuoio che fungevano da mangime nei momenti più magri. La memoria non è tutto, c'è l'occuparsi in prima linea di questo genocidio costringendo chiunque ci stia attorno a riflettere e cominciare ad usare la testa; se ne andassero i potenti sul campo con le armi, facessero loro il gioco del soldatino...lasciassero in pace chi col cuore è disposto a tutto

    Trincea-Senna

    RispondiElimina

SI PREGA DI NON LASCIARE COMMENTI ANONIMI MA DI FIRMARSI (anche con un nome di fantasia).