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martedì 24 aprile 2007

La difficile memoria del Metz Yeghern, il genocidio degli armeni


Oggi è il giorno dedicato dalla memoria storica al Metz Yeghern, il “grande male”, il genocidio degli armeni, che iniziò proprio il 24 aprile 1915 con l’arresto in massa e la deportazione dei membri dell’intellighenzia armena residente in Turchia da parte del governo ultranazionalista dei Giovani Turchi che governava allora il paese della mezzaluna. Un massacro che, attraverso deportazioni, marce della morte e assassinio sistematico, provocherà la morte di almeno 1.500.000 persone.

Eppure, nonostante l’entità del massacro, solo di recente, dopo le vibrate proteste della più numerosa comunità della diaspora armena, quella francese, i vari musei dell’olocausto hanno cominciato a ricordare la tragedia di questo popolo, da sempre oggetto di colpevole dimenticanza ai limiti della rimozione.

Immaginate un mondo in cui la Germania non ha mai ammesso la responsabilità nazista nella Shoah e il negazionismo è non solo permesso ma incoraggiato da una legge dello Stato. Inammissibile, vero? Eppure è ciò che ancora oggi accade in Turchia riguardo al genocidio degli armeni. Esiste una legge turca che vieta il riconoscimento del genocidio e in pratica rende obbligatorio il negazionismo.
Il giornalista di origine armena Hrant Dink, assassinato il 19 gennaio scorso da alcuni nazionalisti, si batteva proprio per il riconoscimento del genocidio ed aveva subito diversi processi per aver infranto la suddetta legge.
E’ evidente che se la Turchia vorrà considerarsi pienamente europea dovrà ammettere la sua responsabilità in quello che fu il primo genocidio pianificato e scientificamente perpetrato durante una guerra del secolo scorso e il cui misconoscimento fece dire a Hitler “Chi si ricorda del genocidio degli armeni?”, insinuando che se nessuno ne avesse parlato anche il genocidio degli ebrei che stava per cominciare sarebbe stato presto dimenticato.
Paradossalmente, sarà proprio un tedesco a documentare e denunciare gli orrori sia del Metz Yeghern che della Shoah.

Sullo sfondo della prima guerra mondiale e del concomitante genocidio armeno, si muove infatti la figura straordinaria di Armin T. Wegner (nella foto), soldato, scrittore, e in seguito feroce oppositore della dittatura nazista e strenuo difensore dei diritti civili dei perseguitati.
Nato a Elberfeld nel 1886, si arruolò come infermiere volontario in Polonia. Come attendente del Maresciallo von der Goltz ebbe modo di viaggiare lungo le linee ferroviarie in Mesopotamia, dove fu testimone oculare del genocidio degli armeni.
La Germania era a quei tempi alleata della Turchia. Disobbedendo gli ordini che vietavano di parlare dei massacri compiuti dall’alleato, Armin raccolse informazioni, documenti, lettere dei deportati e soprattutto documentò fotograficamente l’orrore delle marce forzate, delle morti per inedia, per malattia e la ferocia torturatrice degli aguzzini su uomini, donne, vecchi e bambini.
Arrestato su richiesta del comando turco fu rispedito in Germania. Nonostante le fotografie gli fossero state confiscate e distrutte, riuscì a salvare alcuni negativi nascondendoli in una cintura.

Nel 1919 Wegner scrisse una lettera aperta al presidente americano Wilson per denunciare il genocidio armeno e chiedere la creazione di uno stato indipendente per questo popolo.
Dopo aver raggiunto la popolarità come scrittore di successo e co-fondatore del movimento espressionista tedesco, Wegner si trovò a dover lottare ancora una volta per i diritti civili di una minoranza perseguitata, questa volta gli ebrei in Germania. Arrestato dalla Gestapo nel 1933 fu incarcerato in sette campi di concentramento e prigioni, prima di riuscire a fuggire in Italia.
Nel dopoguerra, nel 1956, il governo tedesco gli conferì un’alta onorificenza per i suoi meriti umanitari. Fu nominato tra i Giusti dallo Yad Vashem in Israele e ricevette tutti i massimi onori dalle autorità della Repubblica Armena.
Morì a Roma a 92 anni, dopo una vita dedicata alla difesa della verità e della giustizia, contro i soprusi delle dittature.

Il libro più noto sul Metz Yeghern è “I 40 giorni del Mussa Dagh” dello scrittore austriaco Franz Werfel.
Sul genocidio armeno non esiste una filmografia paragonabile a quella sulla Shoah. Oltre all’ultima opera dei fratelli Taviani, “La masseria delle allodole”, personalmente conosco solo altri due film che affrontano indirettamente l’argomento: “Ararat” di Atom Egoyan e “Mayrig” di Henri Verneuil, una saga familiare sullo sfondo della diaspora armena a Marsiglia.

P.S. Fino a ieri c'era su YouTube un interessante filmato con la testimonianza diretta di Armin Wegner ma oggi non c'è più. Peccato.

5 commenti:

  1. Beh, anche molti occidentali negano oppure ignorano questo genocidio, magari non con una legge, però di fatto non solo "non esiste una filmografia paragonabile a quella sulla Shoah" ma anche la giornata del ricordo è abbastanza dimenticata.

    Ottimo post e grazie di avercelo ricordato.

    Un caro saluto alla papera guerriera e passa una buona vacanza ;-)

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  2. Anonimo09:04

    Anni fa lessi un libro che raccontava l'esodo forzato del popolo armeno da parte dei turchi.
    Non ricordo il titolo, ma ricordo che ho pianto di dolore e compassione per quella povera gente che, durante questo massiccio esodo, veniva sistematicamente uccisa o, semplicemente, fatta sparire.
    Mi ricordo che, per parecchio tempo, ne parlai con altra gente che, come me fino a quel momento, non sapeva nulla di quanto era successo a quello sfortunato popolo.
    Purtroppo ci sono troppe lacune in quanto raccontato dai libri di storia mondiale.
    Grazie Lame per aver ricordato e pensato, con la tua solita sensibilita`, a quello sfortunato popolo.

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  3. Papera guerriera buon riposo
    e grazie per questo bell'articolo...

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  4. Anonimo00:17

    Grande... ritorno dopo mesi di assenza e it trovo più in forma che prima..
    Grazie per la lezione...

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  5. Anonimo14:58

    Bravo, complimenti per i tuoi articoli, tratti di questioni che forse non tutti conoscono...anch'io ho un blog,se ti va..(gia83.blogspot.com)

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