"[...] A Natale del 1942, Stangl ordinò la costruzione di una falsa stazione ferroviaria: un orologio con numeri dipinti ed indicante sempre le 6.00, sportelli per i biglietti, diversi tabelloni degli orari e frecce (incluse alcune indicanti le coincidenze dei treni "Per Varsavia", "Per Wolkowice" e "Per Bialystok") erano dipinti sulla facciata delle baracche di smistamento. Lo scopo era di tranquillizzare le vittime in arrivo, facendo loro credere di essere veramente arrivate in un campo di transito. Per rendere la zona di residenza delle SS il più possibile piacevole, furono anche costruiti uno zoo e un giardino dove bere birra". (tratto da Treblinka, storia del campo)
Voglio ricordare Treblinka, un lager altrettanto spaventoso e forse ancor di più, se possibile, di Auschwitz per lo scopo quasi esclusivamente eliminatorio che lo contraddistingueva.
Ricordo di aver partecipato molti anni fa, in preparazione alla mia tesi, ad un convegno sulla Shoah organizzato da diverse associazioni ebraiche, nel corso del quale parlarono alcuni sopravvissuti.
La testimonianza che in assoluto mi sconvolse di più fu quella di un anziano signore polacco che, con tono pacato e quasi temendo di disturbare, ricordò ad una platea già distratta dall'imminente buffet di mezzogiorno e dalla presenza di papaveri più o meno alti di governo, istituzioni e media l'orrore assoluto di Treblinka. Un campo dove il treno ti scaricava direttamente nella fossa comune. Un colpo alla nuca e giù assieme agli altri cadaveri. Migliaia e migliaia.
Mentre le parole del signore polacco stavano imprimendomi nella memoria come un marchio indelebile l'immagine del binario che termina sull'orlo della fossa comune, dalla fila dietro, dove sedevano alcune signore impellicciate mi giunse il seguente commento, vomitato sottovoce ma con stizza: "Si, però questi polacchi sono sempre deprimenti con queste storie".
Le damazze dell'aneddoto non sono una teratologia, rappresentano il modo di pensare comune del sistema dal quale una cellula apparentemente normale diede origine alla neoplasia nazista; il sistema della borghesia che è abituata a suddividere ogni cosa e soprattuto gli esseri umani in classi. Nemmeno appartenendo allo stesso popolo di cui si sta parlando si riesce a superare il fastidio verso il parente povero. Nemmeno la Shoah che mise assieme nello stesso forno, fianco a fianco, l'ebreo ricco e quello povero riesce a scardinare l'idea che, se le vittime sono povere, valgono meno punti-carrarmato.
I polacchi che finirono a Treblinka erano per la maggior parte poveri, i classici poveri ebrei che provenivano dagli shtetl, i villaggi dell'Est Europa la cui cultura fu quasi completamente cancellata e i cui abitanti, in fondo, nessuno avrebbe rimpianto veramente, nemmeno nella Palestina da colonizzare con immigrati di prima scelta e possibilmente danarosi.
E' triste dirlo ma esiste evidentemente una gerarchia anche tra i sopravvissuti dell'orrore: di serie A e serie B, da campi di prima classe e di seconda scelta, da lager facilmente trangugiabile anche dalle bocche più sofistiche perchè omogeneizzato dai media in una serie infinita di film, serie tv e libri, a quello indigeribile, che non riesci a mandar giù neanche con un bicchier d'acqua e che non hanno nemmeno il coraggio di renderti appetibile. Perchè ti deprimeresti troppo.
Nonostante si parli tanto di Shoah, ho l'impressione che la memoria di quell'abominio venga sempre più gestita in modo quasi mitologico e sempre meno aderente alla realtà che fu. Arriviamo al paradosso che Auschwitz è perfetto come paradigma dell'Olocausto perchè non è orrendo come Treblinka e nemmeno come le migliaia e migliaia di esecuzioni sommarie degli squadroni della morte Einsatzgruppen, incaricati di ripulire l'Est Europa dalle razze inferiori, ebrei, zingari e slavi. Manifestazioni dell'orrore nazista delle quali si parla molto meno, anzi per niente. Al punto che, parlando solo di Auschwitz dal quale tanti portano testimonianza , inevitabilmente salta fuori il cretino che mette in dubbio fosse poi così tremendo. Auschwitz oscura gli altri campi, come ad esempio il primo in assoluto, Dachau, inaugurato nel marzo del 1933. Un campo ancora di concentramento e non di sterminio ma già esemplificativo di ciò che sarebbe diventato il nazismo.
Io non penso si debba raccontare la Shoah per mitologie e in versione edulcorata da fascia protetta. Sono per raccontarla e ricordarla per intero, con i dettagli più crudi, comprese le camere a gas non a Zyklon B ma armate con il meno compassionevole monossido di carbonio di Treblinka da venti-trenta minuti di agonia e me ne sbatto se le damazze si deprimono. Che buttino giù il solito Tavor.
Consiglio la lettura dell'intero articolo che ho linkato alla fine della citazione per guardare bene fino in fondo all'abisso. Lo so, vengono le vertigini ma è necessario, vista la brutta aria che tira nel nostro paese.
Ne consiglierei la lettura anche ai pezzi di merda che compongono la filiera che parte dal committente e va al creativo, al grafico, allo stampatore, al distributore ed all'utilizzatore delle bustine di zucchero con la "battuta" sugli ebrei. Vorrei tanto fosse una bufala ma temo, respirando l'idiozia razzista che c'è in giro, che non lo sia.
L'insegnamento della Shoah dovrebbe essere quello che, anche se non lo crediamo, c'è sempre un treno pronto alla partenza sul binario per Treblinka. Bisognerebbe mettere una placca con una freccia indicativa in ogni stazione. Un cartello grande e tremendo. "Per Treblinka".