Pagine

sabato 10 gennaio 2015

Apocalypse Tomorrow


Non è il Vietnam ma la periferia di Parigi. Sono i momenti della caccia all'uomo ingaggiata grazie ad un impressionate dispiegamento di mezzi e di uomini (chi dice 80.000, chi 200.000) per la cattura dei terroristi che, poche ore prima, avevano assaltato la redazione di Charlie Hebdo e un supermercato kosher provocando numerose vittime e feriti.
In serata, un sondaggio mediante televoto su Sky chiedeva agli italiani :


Ecco, questo è il punto. Il centro di tutto. Questa domanda rivolta ad un enorme platea di potenziali vittime è rivelatrice di cosa può nascondere questo attacco al cuore dell'Europa. Niente di misterioso in quanto trattasi di puro business, quanto di più prosaico si possa immaginare. 
E' che voi, lasciandovi suggestionare dalla mitologia del terrorismo islamico, quando perfino Hamas ha preso le distanze dai fratelli Kouachi, non riuscite nemmeno ad intravvedere il colossale affare che si nasconde dietro alla guerra al terrorismo.
Come dicevo nel post precedente, chi è stato conta fino ad un certo punto. Terroristi esperti o tagliagole poco professionali da sacrificare, come suggeriscono esperti militari, non importa. Il tocco da fotoromanzo della coppia di Bonnie & Clyde versione interracial è solo fuffa per i Fuffington Post, come il momento pythoniano involontariamente esilarante dei reparti speciali francesi che hanno problemi con le collinette erbose (c'è ancora molto da lavorarci, mes amis.) 
Quella che è documentata dalle immagini a corredo di questo post è stata in un certo senso una gigantesca esercitazione, atta soprattutto ad épater les bourgeois, a stupire ma anche a terrorizzare e scioccare la popolazione. Francese in questo caso ma prossimamente anche italiana o tedesca o europea in generale. Eurogendfor is coming to town.

Il nostro futuro sarà un mix tra Elysium e Minority report. Cittadelle iperprotette, zone rosse all'insegna del segregazionismo al contrario per i ricchi, che saranno sempre più ricchi e bianchi meno numerosi ed enormi circondari in preda alla micro e macro criminalità, sovrappopolati da un meticciato forzoso di cittadini terrorizzati, dove se vorrai essere difeso dovrai pagare una vigilanza privata. Se mentre si delegittima e depotenzia lo Stato come istituzione primaria di controllo, si depotenziano o smantellano le polizie nazionali e statali, ciò può solo significare che le si vuole sostituire con milizie private formate da contractors superaddestrati. I quali, nei confronti della delinquenza che affligge i clienti, dovranno avere mano libera, per poter offrire un servizio al top. I delinquenti li faranno semplicemente sparire, come facevano gli squadroni della morte in Sudamerica, e noi saremo tanto contenti di poter lasciare di nuovo la porta aperta. Non che dovremo considerarci comunque al sicuro. Queste polizie sovranazionali saranno preposte anche alla repressione delle ribellioni che la divaricazione tra immensamente ricchi e disperatamente poveri ed impoveriti renderà ad un certo punto inevitabili. Sapete come va: prima vennero a prendere gli zingari, poi vennero a prendere noi che avevamo osato criticare questo meraviglioso mondo dell'iperliberismo. Non vi ricorda qualcosa tutto questo? Il film, o meglio il trailer, l'avete già visto infatti in un caldo luglio del 2001 a Genova, l'anno in cui cominciò questa guerra.

Ricordate "Robocop" a Genova 2001? Non gli assomiglia questo agente francese?
Così, e solo per colpa dei fratelli terroristi (o di chi per essi), la Francia si è trovata militarizzata di tutto punto, con migliaia di Robocop sguinzagliati per le strade, scesi dal cielo da elicotteri neri ad evacuare i bambini dalle scuole? Ripeto, nulla avviene per caso. Coltivando il seme della guerra e della catastrofe e trovando il modo di prosperare da essi, il terrorismo prima o poi si manifesta anche senza bisogno di particolari cospirazioni. Ciò che conviene al potere prima o poi accade. E se c'est la guerre qui fait l'argent, è ancora più probabile.



Tranquilli bambini, questi sono i buoni.


Ricordavo di aver letto qualcosa circa l'importanza strategica futura dell'industria della sicurezza. Infatti l'ultimo case study di "Shock Economy" di Naomi Klein intitolato "Perdere l'incentivo alla pace" è dedicato ad Israele e della sua personale implementazione dell'economia dei disastri. Una lettura interessantissima che vi propongo quasi integralmente.

"[Dopo il crollo dell'economia dot.com nel 2000, le principali aziende israeliane, soprattutto le trecento prossime alla bancarotta, dovettero trovare una nuova nicchia nel mercato globale.]
Il governo israeliano però intervenne tempestivamente con un sostanzioso aumento del 10,7 per cento nella spesa militare, parzialmente finanziato attraverso tagli ai servizi sociali. Il governo, inoltre, incoraggiò il settore tecnologico a spostarsi dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione verso la sicurezza e la sorveglianza. In questo periodo, le Forze di difesa israeliane svolsero il ruolo di incubatore di imprese. I giovani soldati israeliani sperimentarono sistemi di network e apparecchiature di sorveglianza mentre svolgevano il servizio militare obbligatorio, per poi trasformare le loro scoperte in piani di business quando tornavano alla vita civile. Furono avviate molte nuove imprese, specializzate in qualsiasi cosa, dal data mining alle telecamere di sorveglianza, al profiling dei terroristi. Quando il mercato per questi servizi e apparecchi esplose, negli anni successivi all'11 settembre, lo Stato israeliano adottò apertamente una nuova ideologia economica nazionale: la crescita generata dalla bolla delle dot.com sarebbe stata rimpiazzata da un boom della sicurezza interna. Era un'unione perfetta tra i falchi del partito Likud, con la sua radicale fedeltà all'economia della Scuola di Chicago, incarnata dal ministro delle Finanze di Sharon, Benjamin Netanyahu, e il nuovo capo della banca centrale israeliana, Stanley Fischer, artefice delle avventure di shockterapia del FMI in Russia e Asia.
Nel 2003, Israele stava già recuperando a gran velocità, e nel 2004 il Paese sembrava aver compiuto un miracolo: dopo il drammatico crollo, stava ottenendo risultati migliori di quasi ogni altra economia occidentale. La crescita era dovuta in gran parte all'accorto posizionamento di Israele come una sorta di centro commerciale per le tecnologie di sicurezza interna. Il tempismo era perfetto. I governi di tutto il mondo avevano improvviso e disperato bisogno di strumenti per dare la caccia ai terroristi, oltre che di conoscenze esperte per l'intelligence nel mondo arabo. Sotto la guida del partito Likud, lo Stato israeliano si presentò come uno showroom per gli ultimi ritrovati in fatto di sicurezza nazionale, dall'alto dei propri decenni di esperienza nella lotta alle minacce arabe e musulmane. Lo slogan che Israele declamava al Nordamerica e all'Europa era semplice: la Guerra al Terrore nella quale vi state imbarcando è una guerra che noi combattiamo da sempre. Le nostre aziende high-tech e agenzie di spionaggio private vi mostreranno come si fa.
Da un giorno all'altro, Israele divenne, nelle parole della rivista "Forbes", "il Paese a cui rivolgersi per le tecnologie antiterrorismo". Ogni anno a partire dal 2002 Israele è stato sede di almeno mezza dozzina di grossi convegni sulla sicurezza interna, con la partecipazione di legislatori, capi della polizia, sceriffi e amministratori delegati provenienti da tutto il mondo, e in continua crescita anno dopo anno. Mentre il turismo tradizionale risentiva dei rischi per la sicurezza, questa specie di turismo controterroristico ufficiale riuscì in parte a colmare la lacuna.
Durante uno di questi convegni, nel febbraio 2006, pubblicizzato come "un tour dietro le quinte della battaglia [di Israele] contro il terrorismo", delegati dell'Fbi, della Microsoft e dell'agenzia per i trasporti pubblici di Singapore (tra gli altri) visitarono le più popolari attrazioni turistiche di Israele: il Knesset, il Monte del Tempio, il Muro del pianto. In ciascuno di questi luoghi, i visitatori esaminarono e ammirarono i sofisticati sistemi di sicurezza per capire come avrebbero potuto implementarli in patria. Nel maggio 2007 Israele ospitò i direttori di parecchi grandi aeroporti americani, che frequentarono seminari su come riconoscere i passeggeri aggressivi e sulle tecniche di screening usate all'aeroporto internazionale Ben Gurion vicino a Tel Aviv. Steven Grossman, capo dell'aviazione all'aeroporto internazionale di Oakland, in California, spiegò di essere lì perché "la sicurezza degli israeliani è leggendaria". Alcuni degli eventi furono macabri e teatrali. Alla Conferenza internazionale sulla sicurezza interna del 2006, per esempio, l'esercito israeliano mise in scena un'elaborata "simulazione di un disastro con molte vittime, originatosi nella città di Ness Ziona e conclusosi nell'ospedale di Asaf Harofeh", stando agli organizzatori.
Queste non sono conferenze di alta politica, ma fiere di settore estremamente redditizie, progettate per dimostrare la bravura delle aziende israeliane nel settore della sicurezza. Di conseguenza, le esportazioni israeliane di prodotti e servizi antiterrorismo aumentarono del 15 per cento nel 2006 e fu prevista una crescita del 20 per cento nel 2007, per un totale di 1,2 miliardi di dollari all'anno. Le esportazioni per la difesa del Paese nel 2006 raggiunsero il record di 3,4 miliardi di dollari (rispetto agli 1,6 del 1992) rendendo Israele il quarto più grande venditore d'armi al mondo, superando anche il Regno Unito. Israele ha più titoli azionari tecnologici sul Nasdaq - la maggior parte dei quali è legata alla sicurezza - di qualsiasi altro Paese, e ha registrato negli Stati Uniti più brevetti in questo settore di Cina e India messe insieme. Il suo settore tecnologico, in gran parte legato alla sicurezza, ora ammonta al 60 per cento di tutte le esportazioni.
Len Rosen, un importante banchiere d'investimento israeliano, disse alla rivista "Fortune": "La sicurezza è più importante della pace". Nel periodo di Oslo, "la gente cercava la pace perché la pace portasse crescita. Ora cercano la sicurezza così che la violenza non freni la crescita". Avrebbe potuto spingersi ben oltre: il business della fornitura di "sicurezza" - in Israele e in tutto il mondo - è direttamente responsabile di gran parte della vertiginosa crescita economica di Israele in anni recenti. Non è esagerato affermare che l'industria della Guerra al Terrore ha salvato la traballante economia israeliana, così come il complesso del capitalismo dei disastri aveva contribuito a risanare i mercati azionari mondiali.
Ecco un piccolo campionario dell'estensione di questa industria:
• Una telefonata al dipartimento di polizia di New York sarà registrata e analizzata con tecnologie create dalla Nice Systems, un'azienda israeliana. La Nice monitora anche le comunicazioni per la polizia di Los Angeles e per la Time Warner, oltre a fornire telecamere per videosorveglianza al Ronald Reagan National Airport di Washington, e a dozzine di altri clienti di spicco.
• Le immagini riprese nella metropolitana di Londra sono registrate su telecamere a circuito chiuso Verint, di proprietà del gigante israeliano della tecnologia Comverse. Le apparecchiature di sorveglianza Verint sono usate anche dal dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, dal Dulles International Airport di Washington, al Campidoglio e nella metropolitana di Montreal. L'azienda può vantare clienti in oltre 50 Paesi, e inoltre collabora con giganti come Home Depot e Target, per tenere d'occhio i loro dipendenti.
• Gli impiegati comunali di Los Angeles e Columbus (Ohio) portano con sé delle "smart card"
elettroniche per l'identificazione personale, realizzate dall'israeliana SuperCom, che può vantare come presidente del proprio comitato consultivo l'ex direttore della Cia James Woolsey, Un Paese europeo (rimasto anonimo) ha scelto la SuperCom per un programma nazionale di documenti d'identità; un altro ha commissionato un progetto pilota per i "passaporti biometrici": due iniziative estremamente controverse.
• I firewalls delle reti informatiche di alcune tra le principali compagnie elettriche negli Stati Uniti sono opera del gigante israeliano Check Point, anche se le società hanno preferito mantenere l'anonimato. Secondo l'azienda, "l'89 per cento delle imprese nella classifica Fortune 500 usa soluzioni Check Point per la sicurezza".
• In occasione del Super Bowl 2007, tutti i dipendenti dell'aeroporto internazionale di Miami furono addestrati a identificare "persone cattive, non solo cose cattive" con una tecnica psicologica detta
"riconoscimento degli schemi comportamentali", sviluppata dall'azienda israeliana New Age Security Solutions.L'amministratore delegato della società è l'ex capo della sicurezza all'aeroporto Ben-Gurion di Israele. Altri aeroporti che in anni recenti hanno appaltato alla New Age l'addestramento dei dipendenti nel profiling dei passeggeri sono quello di Boston, San Francisco, Glasgow, Atene, Heathrow a Londra e molti altri. I lavoratori portuali nel delta del Niger, martoriato dalla guerra, sono stati addestrati dalla New Age, così come gli impiegati del ministero della Giustizia dei Paesi Bassi, gli uomini di guardia alla Statua della Libertà e gli agenti dell'Ufficio antiterrorismo del dipartimento di polizia di New York.' '
• Quando il ricco quartiere Audubon Place, a New Orleans, stabilì di aver bisogno di una propria forza di polizia, dopo l'uragano Katrina, assunse la società privata israeliana Instinctive Shooting International.
• Gli agenti in servizio presso le forze dell'ordine federali canadesi, la Royal Canadian Mounted Police, sono stati addestrati dall'International Security Instructors, un'azienda con sede in Virginia specializzata nell'addestramento di militari e forze dell'ordine. La società pubblicizza la sua
"esperienza acquisita sul campo in Israele", i suoi istruttori sono "veterani delle task force speciali israeliane, come [...] le Forze di difesa israeliane, le unità della polizia nazionale israeliana per l'antiterrorismo e i Servizi generali di sicurezza (GSS o "Shin Beit")". L'elenco di clienti prestigiosi comprende l'Fbi, l'esercito americano, il corpo dei Marines, i reparti speciali della marina americana e la polizia metropolitana di Londra.
• Nell'aprile 2007, agenti speciali per l'immigrazione che lavoravano per il dipartimento della Sicurezza interna americano presso il confine con il Messico si sottoposero a un addestramento intensivo della durata di otto giorni organizzato dal gruppo Golan. Il gruppo è stato fondato da ex ufficiali delle forze speciali israeliane, e vanta più di 3500 dipendenti in sette Paesi.
"Essenzialmente, uniformiamo le nostre procedure al modello di sicurezza israeliano" spiegò Thomas Pearson, capo delle operazioni dell'azienda; il corso verteva su tutti gli aspetti: dal combattimento corpo a corpo al tiro al bersaglio a "essere davvero intraprendenti con il proprio Suv". Il gruppo Golan, che oggi ha sede in Florida ma sfrutta ancora le origini israeliane per il proprio marketing, produce anche macchine per i raggi X, metal detector e fucili. Oltre a molti governi e celebrità, tra i suoi clienti ci sono la ExxonMobil, la Shell, la Texaco, la Levi's, la Sony, la Citigroup e la Pizza Hut.
• Quando a Buckingham Palace ci fu bisogno di un nuovo sistema di sicurezza, fu scelto un progetto della Magai, una delle due aziende israeliane più attive nella costruzione della "barriera di sicurezza" in Israele.
• Quando la Boeing avvierà la costruzione degli "steccati virtuali" da 2,5 miliardi di dollari progettati per i confini degli Stati Uniti con il Messico e il Canada - comprensivi di sensori elettronici, aerei radiocomandati, videosorveglianza e 1800 torri uno dei suoi partner principali sarà la Elbit. La Èlbit è l'altra azienda israeliana coinvolta nella costruzione del controverso muro di Israele, "il più grande progetto edilizio nella storia di Israele", anch'esso costato 2 miliardi di dollari. 
 Mentre sempre più Paesi si trasformano in fortezze (mura e recinzioni ipertecnologiche sono in costruzione sul confine tra India e Kashmir, Arabia Saudita e Iraq, Afghanistan e Pakistan), le "barriere di sicurezza" potrebbero rivelarsi il più grande di tutti i mercati dei disastri. È per questo che la Elbit e la Magai non temono la propaganda negativa che il muro di Israele attrae in tutto il mondo: anzi, la ritengono pubblicità gratuita. "La gente crede che noi siamo i soli ad avere esperienza nell'uso di queste attrezzature in situazioni reali" spiegò l'amministratore della Magai, Jacob Even-Ezra. La Elbit e la Magai hanno visto i propri titoli azionari più che raddoppiare di valore dopo l'11 settembre, un risultato comune a tutti i titoli della sicurezza interna israeliana. La Verint detta "l'antenata di tutti i sistemi di videosorveglianza" non realizzava alcun profitto prima dell'11 settembre, ma tra il 2002 e il 2006 il suo valore azionario è più che triplicato, grazie al boom della sorveglianza."
Gli straordinari risultati ottenuti dalle aziende israeliane nel settore della sicurezza interna sono ben noti a chi segue i mercati azionari; ma raramente se ne parla come di un fattore rilevante per la situazione politica della regione. Invece bisognerebbe parlarne. Non è un caso che la decisione dello Stato israeliano di mettere "l'antiterrorismo" al centro delle sue esportazioni abbia coinciso esattamente con il suo abbandono dei negoziati di pace, oltre a mostrare una chiara strategia di reinterpretazione del conflitto con i palestinesi non come battaglia contro un movimento nazionalista con obiettivi specifici (terra e diritti), ma piuttosto come parte di una Guerra al Terrore su scala globale: una guerra contro forze irragionevoli e fanatiche, votate solo alla distruzione.
L'economia non è affatto la motivazione primaria dell'escalation di brutalità nella regione dopo il 2001. Naturalmente, da ambo le parti non mancano le spinte alla violenza. Eppure, entro questo contesto così ostile alla pace, l'economia, in certi momenti, è stata una forza uguale e opposta, che ha spinto leader politici riluttanti a partecipare ai negoziati, com'è accaduto nei primi anni Novanta.
Il boom della sicurezza interna è riuscito a cambiare la direzione di quella pressione, creando un altro potente settore impegnato in continui atti di violenza.
Come è accaduto in altre frontiere della Scuola di Chicago, la rapida crescita di Israele dopo l'11 settembre è stata segnata da una repentina stratificazione della società, tra ricchi e poveri, all'interno dello Stato. L'intensificazione della sicurezza è stata accompagnata da un'ondata di privatizzazioni e tagli ai fondi per i programmi sociali che ha praticamente annichilito l'eredità economica del sionismo laburista, creando un'epidemia di diseguaglianze che Israele non aveva mai conosciuto.
Nel 2007, il 24,4 per cento degli israeliani viveva sotto la soglia di povertà, ed era povero il 35,2 per cento dei bambini: vent'anni prima era l'8 per cento. Sebbene i benefici derivanti dal boom non siano stati equamente distribuiti, sono stati così redditizi per una piccola fetta di israeliani, in particolare il potente segmento che è perfettamente integrato sia nell'esercito sia nel governo (con tutti i ben noti scandali di corruzione corporativista), che un incentivo cruciale per la pace è stato cancellato.
La svolta politica del settore economico israeliano è stata brusca. La prospettiva che attrae oggi la Borsa di Tel Aviv non è più quella di Israele come snodo regionale del commercio, ma piuttosto come una fortezza futuristica, in grado di sopravvivere anche in mezzo a nemici accaniti. Il nuovo atteggiamento era particolarmente evidente nell'estate del 2006, quando il governo israeliano trasformò quella che sarebbe dovuta essere un negoziato per lo scambio di prigionieri con Hezbollah in una guerra aperta. Le più grandi aziende di Israele non solo appoggiarono la guerra: la sponsorizzarono. Bank Leumi, la megabanca israeliana appena privatizzata, distribuì adesivi da attaccare al parafango delle auto con gli slogan "Saremo vittoriosi" e "Noi siamo forti", mentre, come scrisse all'epoca il giornalista Yitzhak Laof, "la guerra in corso è la prima a diventare un'opportunità di marketing per una delle nostre maggiori compagnie telefoniche, che la sta usando per un'enorme campagna promozionale".
Chiaramente, l'industria israeliana non ha più motivo di temere la guerra. A differenza del 1993, quando il conflitto era visto come ostacolo alla crescita, la Borsa di Tel Aviv era in rialzo nell'agosto 2006, durante la devastante guerra con il Libano. Nell'ultimo trimestre dell'anno, durante il quale si era verificata anche la sanguinosa escalation di violenza in Cisgiordania e a Gaza in seguito alle elezioni vinte da Hamas, l'economia complessiva di Israele crebbe addirittura dell'8 per cento: più di tre volte il tasso di crescita dell'economia degli Stati Uniti nello stesso periodo.
L'economia palestinese, intanto, subì nel 2006 una contrazione tra il 10 e il 15 per cento, con tassi di povertà vicini al 70 per cento.
Un mese dodo la dichiarazione da parte delle Nazioni Unite del cessate il fuoco tra Israele e gli Hezbollah, la Borsa di New York ospitò una conferenza speciale sugli investimenti in Israele. Più di duecento aziende israeliane, molte delle quali attive nel settore della sicurezza interna, parteciparono all'evento. In quel momento, in Libano, ogni attività economica si era praticamente fermata, e circa 140 fabbriche - produttrici di ogni genere di merce, dalle case prefabbricate ai farmaci al latte - erano state ridotte in macerie da bombe e missili israeliani. Incuranti dell'impatto della guerra, gli incontri di New York trasmettevano un messaggio di ottimismo: "Israele è aperto al pubblico,, lo è sempre stato" annunciò l'ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Dan Gillerman, accogliendo i delegati al convegno.
Appena un decennio prima, questo genere di esuberanza guerrafondaia sarebbe stata inimmaginabile. Era stato Gillerman, in quanto direttore della Federazione delle camere di commercio israeliane, a spronare il Paese a cogliere la straordinaria opportunità di diventare "una Singapore del Medioriente". Ora era uno dei falchi più agguerriti di Israele, e spingeva per un'ulteriore escalation. Sulla Cnn, Gillerman disse che "sebbene possa essere politicamente scorretto, e forse anche falso, dire che tutti i musulmani sono terroristi, si dà il caso che sia verissimo che quasi tutti i terroristi sono musulmani. Dunque, questa non è solo la guerra di Israele. Questa è la guerra di tutto il mondo".
La ricetta per la guerra mondiale infinita è la stessa che l'amministrazione Bush aveva offerto come prospettiva di business al nascente complesso del capitalismo dei disastri dopo l'11 settembre. Non è una guerra che possa essere vinta da alcun Paese, ma il punto non è vincerla. Il punto è creare "sicurezza" all'interno di Stati-fortezze, e supportarla con eterne scaramucce al di fuori delle loro mura. In un certo senso, è lo stesso obiettivo che le agenzie di sicurezza private perseguono in Iraq: rendere sicuro il perimetro, proteggere il capo. Baghdad, New Orleans e Sandy Springs ci mostrano in anteprima un futuro fatto di recinzioni, costruito e gestito dal complesso del capitalismo dei disastri. È in Israele, però, che questo processo è allo stadio più avanzato: un intero Paese si è trasformato in una comunità recintata e fortificata, intorno alla quale gravitano gli esclusi, costretti per sempre a vivere nelle zone rosse. Questo è l'aspetto che assume una società quando ha perso l'incentivo economico alla pace ed è fortemente impegnata nel combattere e trarre profitto da una Guerra al Terrore infinita, che non può vincere. Una parte somiglia a Israele, l'altra somiglia a Gaza.
Il caso di Israele è estremo, ma il tipo di società che sta creando può non essere unico nel suo genere. Il complesso del capitalismo dei disastri si nutre di condizioni di conflitto logorante, di bassa intensità. Sembra essere questo l'esito ultimo in tutte le zone colpite dai disastri, da New Orleans all'Iraq. Nell'aprile 2007, i soldati americani iniziarono a implementare un piano per trasformare alcuni quartieri difficili di Baghdad in "comunità recintate", circondate da checkpoint e mura di cemento, e dove gli iracheni sarebbero stati controllati con tecnologie biometriche. "Saremo come i palestinesi" predisse un residente di Adhamiya, mentre il suo quartiere veniva chiuso dalla barriera. Quando sarà chiaro che Baghdad non diventerà mai Dubai, e New Orleans non sarà Disneyland, il piano B consiste nell'assestarsi su un'altra Colombia o Nigeria: una guerra senza fine, combattuta quasi solo da soldati e paramilitari privati, arginata quanto basta a tirar via dal suolo le risorse naturali, con l'aiuto di mercenari a guardia degli oleodotti, delle piattaforme petrolifere e delle riserve idriche.
È diventata un'abitudine paragonare i ghetti militarizzati di Gaza e della Cisgiordania, con i loro muri di cemento, il filo di ferro elettrificato e i checkpoint, al sistema dei hantustan in Sudafrica, per cui i neri erano tenuti nei ghetti e si chiedeva loro di mostrare un pass quando volevano uscirne. "Le leggi e le pratiche di Israele nei territori occupati palestinesi somigliano decisamente a certi aspetti dell'apartheid" dichiarò nel febbraio 2007 John Dugard, l'avvocato sudafricano che è il referente delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi. Le analogie sono inquietanti, ma ci sono anche differenze. I hantustan sudafricani erano essenzialmente campi di lavoro, un modo per tenere i lavoratori africani sotto stretta sorveglianza e controllo, così che lavorassero per pochi soldi nelle miniere. Ciò che Israele ha costruito è un sistema progettato per fare l'opposto: impedire alla gente di lavorare, una rete di stalle per milioni di persone etichettate come umanità in sovrappiù.
I palestinesi non sono l'unico popolo al mondo così etichettato: anche milioni di russi divennero di troppo nel loro stesso Paese, ed è per questo che così tanti di loro lasciarono le proprie case nella speranza di trovare un lavoro e una vita decente in Israele. Anche se i hantustan sono stati smantellati in Sudafrica, il 25 per cento della popolazione che vive in capanne nelle bidonville in rapida espansione costituisce comunque un surplus di popolazione per il nuovo Sudafrica neoliberista. Questo sbarazzarsi di una percentuale della popolazione compresa tra il 25 e il 60 per cento porta il marchio di fabbrica della crociata della Scuola di Chicago mi da quando i "villaggi della miseria" iniziarono a spuntare come funghi in tutto il Cono del Sud, negli anni Settanta. In Sudafrica, in Russia e a New Orleans, i ricchi innalzano mura intorno a sé. Israele ha fatto un passo avanti in questo processo di smaltimento: ha costruito mura attorno ai poveri pericolosi."
(Naomi Klein, "Shock Economy - L'ascesa del capitalismo dei disastri". 2007, pag. 497-506)


9 commenti:

  1. Anonimo23:13

    Non trovo nessun link al pezzo in cui Blondet (che solitamente ci azzecca, comunque...) dice che il giornalista era a Parigi. Potresti postarlo? Grazie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' tutto qui il problema, un link mancante? Si trova facilmente con google.

      Elimina
    2. Anonimo19:23

      Ho cercato su Google.
      impostando come chiavi di ricerca "Maurizio Blondet" AND "Amichai Stein" esce fuori solo questo post.

      https://www.google.it/?gfe_rd=cr&ei=076yVIqgAaWs8wftg4LABQ#q=%22Amichai+Stein%22+AND+%22maurizio+blondet%22

      Ciao,
      Poldo S.

      Elimina
    3. Segui Blondet e non sai che il suo sito si chiama Effedieffe? Che pazienza ci vuole...http://www.effedieffe.com/index.php?option=com_jcs&view=jcs&layout=form&Itemid=133&aid=311719

      Elimina
    4. ma proprio tanta...

      Elimina
    5. Anonimo09:35

      Seguo (a tratti) Blondet, ne ho comprato diversi libri. L'articolo linkato è disponibile solo agli abbonati e a quanto pare non è indicizzato da Google. Tralascio il pippone per cui quando si attribuisce una certa paternità è sempre bene mettere riferimenti espliciti. Comunque grazie per il paziente chiarimento.

      Elimina
  2. Anonimo23:14

    Firma al commento precedente: Poldo S.
    Chiedo venia per la dimenticanza.

    RispondiElimina
  3. Occhio alle imprese europee di tecnologia di sicurezza è le loro lobby's nella commissione europea.

    Si cercerà di introdurre nuove leggi è norme di sicurezza OBLIGATORIE in tutta l'EZ. E' qui naturalmente in prima fila ci sarà il solito paese

    Le nuove norme saranno naturalmente esclusivamente "ad impresam"

    I pirla italiani a brüssel, quelli del PD con il loro delirio del "c'è lo chiede l'europa" è del "piu Europa" in primis naturalmente capiranno un cazzo di niente è si faranno completamente asfaltare.



    RispondiElimina
  4. Anonimo02:25

    Anche a Fukyshima la security firm era israeliana.

    Giorgio Olindo Yanuvich

    RispondiElimina

SI PREGA DI NON LASCIARE COMMENTI ANONIMI MA DI FIRMARSI (anche con un nome di fantasia).