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domenica 17 maggio 2015

Uscire dall'incantesimo


Per 35 anni alcune false convinzioni, ad esempio quella, divenuta dogma principale del pensiero economico mainstream, che i mercati non abbiano alcun bisogno di regole perché in grado di regolarsi perfettamente da soli, hanno portato all'attuale recessione economica nella quale, ad ogni crisi sistemica sempre più ricorrente, l'1% della popolazione finisce per detenere sempre maggiori ricchezze, per giunta erodendole dal patrimonio del restante 99%, formato non più solo dal classico proletariato ma da fasce sempre più ampie di classe media, una volta protagoniste del sogno americano. Ed anche un po' nostro, aggiungerei.

Secondo questo rapporto del Roosevelt Institute, firmato in prima persona dal Premio Nobel Joseph Stiglitz, di cui vi propongo il riassunto delle premesse, invitandovi poi a proseguirne la lettura integrale, è necessario riequilibrare una serie di rapporti, come quello tra pubblico e privato, attraverso la reintroduzione o riscrizione di regole. Quelle che la pratica e l'esperienza drammatica degli ultimi sette anni, caratterizzati dalla peggiore crisi globale dal 1929, hanno dimostrato essere indispensabili per ovviare ad un'ineguaglianza crescente che, scrive Stiglitz, non è casuale, ma provocata dalle regole che abbiamo scelto di applicare al governo dell'economia. Come la regola che non devono esserci regole, appunto.
Riequilibrare è il verbo chiave dell'intero rapporto e questa scelta semantica, oltre al suo significato più profondo, mi offre lo spunto per una riflessione personale che farò alla fine.

Per riscrivere le regole, Stiglitz e i suoi collaboratori individuano alcuni punti chiave sui quali agire. Ad esempio nel settore finanziario, attraverso il superamento del concetto del "too big to fail", che obbliga la finanza pubblica a riparare ai danni provocati da quella privata speculativa, con una ricaduta pesantissima sull'interesse della collettività. Poi affrontando il problema della trasparenza dei mercati finanziari e della loro accountability; la mancanza di controllo sui vari settori "oscuri" e sommersi delle transazioni finanziarie, anch'esse degenerazione del principio di libera circolazione dei capitali, secondo dogma neoliberista. Le nuove regole da applicare al settore finanziario dovranno comprendere inoltre maggiore severità nell'individuazione di eventuali conflitti di interessi e maggior rigore nella punizione dei reati connessi.
Un altro obiettivo che si propone "Rewriting the Rules of the American Economy" è quello di favorire una crescita sul lungo termine, attualmente ostacolata dai mercati finanziari che prediligono le transazioni a breve o brevissimo termine rispetto agli investimenti produttivi che daranno frutti nel lungo periodo.
Rendere effettivamente competitivi i mercati, oggi soffocati da regole - le uniche stranamente non osteggiate dal pensiero mainstream (nota mia) - che favoriscono la posizione dominante piuttosto che la libera concorrenza. Oltre alla necessità di limitare il concetto di proprietà intellettuale (perché c'è chi vorrebbe applicare il copyright anche al DNA umano!), il rapporto parla anche dei sempre più ambiti , dalla corporation, trattati di scambio internazionali. Cito integralmente il passaggio:
"Restore balance to global trade agreements by ensuring investor protections are not prioritized above protections on the environment and labor, and increasing transparency in the negotiation process."
"Riequilibrare i trattati di scambio commerciale globale assicurando che la protezione dell'interesse degli investitori non travalichi la protezione dell'ambiente e dei lavoratori, e incrementando la trasparenza del processo di negoziazione di tali trattati." 
Ci si riferisce evidentemente al TTIP, il famigerato trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti sul quale Stiglitz ebbe già modo di pronunciarsi assai criticamente. TTIP che invece, tanto per dire, Renzi non vedrebbe l'ora di firmare.

Riguardo alla tassazione, il rapporto ritiene necessario: un ritocco alle aliquote delle fasce più alte convertendo gli sgravi in crediti e limitando questi ultimi e aumentare le tasse su dividendi, capital gains e sull'attività finanziaria a breve termine.

Nella sezione del rapporto intitolata "Growing the middle", ovvero far crescere la (classe) media, si parte con quella che oramai è considerata, da questa parte dell'Atlantico votata alla padoaschioppiana riscoperta della durezza del vivere, una sonora bestemmia: la piena occupazione.
Viene delineato un piano decennale di investimenti pubblici non solo per giungere alla piena occupazione, ma per rendere gli Stati Uniti il leader mondiale nell'innovazione, nella produzione e nell'offerta di lavoro. Tra gli strumenti di questa crescita: l'espansione del trasporto pubblico per favorire parità di accesso al lavoro ed alle opportunità. Dare maggior potere ai lavoratori attraverso, ad esempio, la repressione della condotta antisindacale. Il governo inoltre dovrebbe stabilire gli standard per i contratti e i sussidi allo sviluppo, orientandoli  verso l'interesse dei lavoratori. Si dovrebbe legiferare inoltre per: aumentare il salario minimo e gli straordinari. Introdurre il congedo familiare e il pagamento della malattia. Fornire alle lavoratrici sussidi per gli asili e promuovere equità di salario. Infine, espandere il welfare ed investire sulla formazione dei giovani, rendere il Medicare (l'assistenza sanitaria pubblica) accessibile a tutti ed aumentare il reddito da pensione.

Qualcuno ha presente il Jobs Act? Ecco, per dire. 
Ora, che questo insieme di proponimenti sia più a sinistra del programma di SEL e di tutti i vari partitucoli e sindacatucci della nostra sinistra è indubbio. Che però esso rappresenti una vera inversione di tendenza rispetto all'attuale status quo neoliberista - dimostrando che gli americani sono comunque sempre avanti - ed abbia possibilità di tradursi in vero e proprio programma di governo del prossimo presidente americano ho più di qualche dubbio. Voglio dire, se questo fosse davvero il manifesto della riscossa di un Nuovo New Deal, espressione di una inversione ad U del pensiero economico, di un ritorno a Keynes, ci sarebbe da andare ad accendere un cero alla Madonna.
Purtroppo all'orizzonte c'è Jeb e non possiamo dimenticare che chi firmò la cancellazione del Glass-Steagall Act fu Bill Clinton, un democratico. 

Avevo promesso all'inizio un commento sulla parola RIEQUILIBRIO, scelta da Stiglitz come parola chiave del report. Orbene, gli ultimi 35 anni di neoliberismo di cui parla - ma forse bisognerebbe contare anche gli anni di sperimentazione latinoamericana di shock economy - hanno creato il feticcio della STABILITA', un concetto che non può essere applicato ad alcuna attività umana, tanto meno all'economia, non governandone neppure la biologia, dato che si potrebbe discutere perfino sulla stabilità delle pietre. 
Se tutto è mutevole e in movimento, ed essendo perfino la morte una condizione altamente instabile, come processo che tende al ritorno all'origine, ed anche abbastanza rapidamente, la stabilità sbandierata come valore assoluto è una vera e propria aberrazione antinaturale. 
Ciò che in natura, dall'atomo al corpo umano, sembra stabile è invece in equilibrio od omeostasi, ovvero in uno stato in cui forze contrapposte si controbilanciano, governate allo scopo da regole e leggi.  L'equilibrio è armonia e non impedisce il mutamento e lo sviluppo, anzi, li favorisce. Per questo il concetto di equilibrio è assai pertinente al significato profondo di questo report.

Pretendere invece di forzare organismi e fenomeni dinamici in una condizione di stabilità è non solo innaturale ma non è altro che pensiero magico, ed il risultato un vero e proprio incantesimo, innescato dalla nota formula magica "There Is No Alternative". 
Gli eventi che sono seguiti alla caduta del muro di Berlino stanno infine disvelandoci il vero carattere delle leggi e regole - vere e proprie antileggi ed antiregole - che ci governano. La contrapposizione dei due blocchi USA-URSS non era quella tra due ideologie ma tra due ALTERNATIVE. L'esistenza dell'URSS rendeva evidente la possibilità per il mondo di qua di scegliere un'altra prospettiva dal quale essere osservati. A questo livello di lettura è chiaro che non esiste il concetto di prospettiva  giusta o sbagliata e di giudizio di valore sulla bontà o cattiveria di Capitalismo e Comunismo, ma di mera possibilità di scelta, di alternativa. 
Il 1989 ha segnato la fine della possibilità di guardare il mondo da un diverso punto di osservazione. L'alternativa è stata sostituita dall'ALTERNANZA, dal simulacro di democrazia rappresentato da governi formati da agenti perfettamente intercambiabili, solo abbigliati con casacche di colore diverso, e da partiti fintamente opposti che continuano l'illusione della lotta nell'agone politico ma che in pratica perseguono tutti il principio del "non c'è alternativa". Anche la storia è stata dichiarata finita, giunta al termine, mentre invece era solo in procinto di venire costretta in un INCANTESIMO.
Incantesimo che nasce dall'illusione che il privilegio acquisito da un'élite impegnata ad invertire il senso della Storia e a tarparne la naturale tendenza al progresso, sia immutabile e possa essere fissato in eterno; che l'unico dinamismo ammesso sia quello di espandere la propria ricchezza mentre il resto del mondo giace in quella stabilità incarnata dalla Bella non morta nella teca di cristallo, caduta in un sonno profondo in attesa di un principe che la liberi, ed assieme a lei tutti coloro che sono prigionieri dell'incanto.
E' forse Joe Stiglitz il principe?

"La Germania è stabilità. Fatene parte." Ora vi è più chiaro il concetto, vero?

3 commenti:

  1. Il Glass-Steagall Act fu cancellato (nella realtà) dal presidente "democratico" Bill Clinton (di cui proprio Stiglitz era consigliere economico...) come la Social Security è stata cancellata (nella finzione, almeno per ora...) dal presidente "democratico" Francis Underwood, proprio dopo una visita al Roosevelt Memorial della foto.

    Il capitalismo (nella sua forma prevalente, ossia quella non keynesiana) è in realtà l'antitesi del progresso, se con progresso si intende sviluppo democratico, economico e sociale delle masse, e non mero progresso tecnologico.

    Come aveva ben capito il vecchio Marx, per la stragrande maggioranza della popolazione, capitalismo=crisi.
    Se riusciremo a capirlo pure noi esseri umani del XXI secolo, forse potremo tornare a sperare in un vero progresso.

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    1. Anonimo18:33

      Sostiene Von Mises
      Sinceramente mi piacerebbe capire, al di là degli aspetti morali cosa si intenda per capitalismo, forse alla concezione macroaggregata tipica di Marx o Keynes (non faccio un paragone coi due, ma su questo punto il metodo è molto simile).
      Io sono dell'idea che il capitalismo sia morto nel 2008 dopo un lungo periodo di travaso e che il modello attuale sia assolutamente nuovo: MEP, acronimo di Economia Monetaria Pianificata.

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  2. Anonimo16:22

    Bel pezzo.

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