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giovedì 13 dicembre 2018

Churchill o Bolsonaro (per tacer di Cottarelli)? Ovvero del tuttosubitismo acuto.

Quando da incendiari, invecchiando, si diventa pompieri, per non dire monaci zen, si impara ad riconoscere ed apprezzare la regola che le cose migliori non arrivano subito appena le desideriamo e qualcuno ce ne prospetta la realizzazione, ma occorre attenderle per un tempo che pare non passare mai e quasi sempre è il tempo necessario, direi fisiologico, affiché si realizzino. Ciò vale sia per gli eventi positivi che per quelli negativi, per le conquiste personali della propria esistenza e per quelle che riguardano la collettività e, ho fatto notare giorni fa che, a maggior ragione, i cambiamenti storici epocali non sono mai avvenuti nel giro di pochi giorni o mesi e che anche gli eventi più apparentemente improvvisi furono il risultato di una lunga preparazione, di un sapiente lavorìo più di cesello che di clava, condotto possibilmente nel back office e al riparo dalla luce accecante dei riflettori.  

Purtroppo, nella società delle meteore e dei meteorismi, il pensiero magico sul quale si fonda la sua propaganda, somministrato continuamente per anni per infusione lenta, ha infine creato una platea di infanti che strepitano se non li si gratifica subito con il premio, e che pretenderebbe l'uscita dall'incantesimo malvagio con la semplice roteazione in aria della bacchetta e il pronunciamento della formula magica. 
Agli infanti che non ottengono subito il bubbolino sale la delusione, il rammarico, il senso di tradimento, che poi è solo un sospetto non una certezza, il che la dice lunga sul loro concetto di fedeltà e fiducia, e si riversano in massa a piangere e a dichiarare il loro pentimento per essere stati costretti ad attendere ben sette mesi prima di poter finalmente gettare la spugna.

Mi riferisco, nello specifico, all'epidemia di tuttosubitismo acuto che ha colpito molti tra coloro che parevano i più sinceri sostenitori non del governo ma dell'idea che sottende all'operazione gialloverde, vero e proprio governo di emergenza messo in piedi mentre fischiavano le bombe provenienti da ogni parte; matrimonio che ricorda quello celebrato nei primi due minuti de "Il matrimonio di Maria Braun" 
Nozze abbastanza imprevedibili e sicuramente di convenienza che però non s'avevano da fare, sulle quali un canuto Don Rodrigo si affrettava a porre il veto per conto dei tanti Innominati suoi mentori e vari bravacci erano già pronti a proporsi al miglior offerente come esecutori finali del saccheggio dell'Italia. 
Paiono aver dimenticato, Idelusi, l'atmosfera di quei giorni, i veti incrociati sulle persone, i piedini pestati per terra da chi si sentì imperatore per un giorno e infine la resa, l'offerta che evidentemente non si poteva rifiutare e il via libera a qualcosa che era e continua ad essere, che vi piaccia o no, l'unica alternativa alla CATASTROFE. 
Perché, se vi fossero stati quegli altri, per non parlare di una Clinton alla Casa Bianca, oggi non solo vi avrebbero firmato contro il Global Compact, o per meglio dire Compost, visto che il punto d'arrivo è il Soylent Green fatto di persone; avrebbero spinto lo ius soli a forza in parlamento, stretto ancora la garrota attorno al collo dell'economia e compiuto altre operazioni di pulizia tecnica senza alcuna remora, ma avrebbero ceduto anche qualche altro braccio di mare alle prime sei telefonate dall'Estonia, oltre a fottervi per sempre e con gusto perché, è ufficiale, vi odiano e vi vogliono morti.

Nonostante questa prospettiva, ahimé, l'idea che eravamo in guerra e lo siamo ancora, lo siamo da una ventina d'anni almeno, non attecchisce in chi è disposto a capire che c'è la guerra solo se vede le divise, i fucili, i carri armati e i crateri delle bombe. I settant'anni di pace che ci ha dato l'Europa sono stati nient'altro che una lenta disabituazione alla capacità di combattere e difendersi. Un lungo decadimento nella pavida ed emasculata illusione che la guerra fosse stata esorcizzata per sempre. Un mondo di signorine che ora invece si stanno svegliando in prima linea e non non hanno niente da mettersi.

Vai a spiegar loro che in sette mesi abbiamo avuto qualcosa che pare nulla ma è tanto, che quando sei paralizzato e riesci infine a muovere un dito è un'enorme conquista, se c'è chi ti vuole ancora più impotente,  ma a Idelusi non basta perché loro volevano la magia, il prestigio, il "ma come hanno fatto, dov'è il trucco?" Quando i seguaci fanno "oh". 
Tutto questo festival della disillusione sta accadendo su quello strano palcoscenico che sono i social, luogo ove ormai pare abbiano riaperto quei manicomi che furono chiusi in nome della negazione della follia e dove invece questa volta si dispiega in tutta la sua devastante potenza, la nevrosi.

In fondo capisco chi è depresso e vuole lasciarsi andare giù nell'acqua gelida, Quando ti affezioni alla tua depressione - e loro sono bravissimi ad indurla su popolazioni intere, come abbiamo visto, con quelli che ripetono il mantra del "è tutto finito" a dimostrarlo - diventa angosciante pensare di uscirne. D'altro canto, più è forte la resistenza alla guarigione, più essa diviene possibile, come sa chi ha affrontato lunghi anni di analisi dove i passi avanti avvenivano non prima che il conflitto fosse stato individuato, visualizzato, combattuto e infine metabolizzato.

Non sto dicendo che l'operazione gialloverde sia perfetta, insindacabile e messa in pratica da entità soprannaturali infallibili. Lascio volentieri "il partito ha sempre ragione" a coloro ai quali purtroppo appartenni da incendiaria. In politica la delusione è una probabilità come lo è la soddisfazione. Entrambe sono variabili in gioco con la medesima valenza.
Mi pare tuttavia paradossale che, come ha detto Luigi Pecchioli nell'intervista ad Antonello Zedda, "ci si lamenti della partigianeria dei media e poi si creda alla loro versione dei fatti riguardo agli atti governativi". Con ciò intendendo anche le "voci" che nascono sui social, le interviste malignette, le calunnie che da venticelli diventano uragani.
La vicenda del 2,04 che pare aver scatenato la disiscrizione in massa dal movimento sovranista (per andare dove e con chi non si sa, questo è il bello) è talmente freudiana e chiaramente una sorta di effetto collettivo "sole roteante di Fatima" che meriterebbe un post monografico a parte.

Sui media, certo, si poteva tentare di interrrompere il monoscopio a reti unificate e imporre un minimo di informazione non ostile all'operato del governo. Personalmente avrei cercato di mettere la cosa tra le assolute priorità, perché il morale delle truppe passa anche dalla sua messa in sicurezza rispetto all'esposizione alla propaganda nemica, ma se ciò non è stato fatto vuol dire che si sono preferite altre strade o si è stati costretti a non intraprendere quella via specifica. Temo anche che si sottovaluti il significato di un'egemonia culturale costruita pietra su pietra per un secolo e di cosa significhi smantellarla pretendendo di farlo per giunta in quattro e quattr'otto. Non tutte le costruzioni crollano in caduta libera in pochi secondi.
Grave non aver rimandato l'odiosa fattura elettronica voluta dai fattucchieri di prima, così come altri provvedimenti che avevamo supplicato fossero presi in considerazione riguardo alla loro abolizione.
Anche la vicenda, ancora più grave, della gestione della questione libertà di scelta sui trattamenti sanitari obbligatori, è fonte di irritazione e delusione, non lo si può negare. 
Ciò non significa però che si debba mollare adesso quando si ha coscienza di chi si deve combattere e in quante forme diverse ci stia attaccando. Lo ripeto: non ci sono le divise ma i soldati, si. Le bombe scoppiano,  ci sono i morti e le distruzioni. Loro, nel qui ed ora, sono l'unica chance che abbiamo.

A chi oggi si dice deluso, dice che non voterà più, che, in sostanza, fascisticamente, se ne fregherà, chiedo cosa prevede in prospettiva e in alternativa a questa opzione. A parte il solito tecnico sociopatico, chi potrebbe arrivare, dopo Salvini e Di Maio, in caso di loro fallimento? 
Detto che nella vita reale, non sui social dove siamo troppo impegnati a fare la ceretta brasiliana alle formiche, la gente ha chiaro in mente chi fino ad oggi l'ha vessata ed oppressa ed ha aperto gli occhi in modo forse irreversibile sulla sinistra, la mia paura è che, approfittando delle difficoltà incontrate da questo governo, qualcuno tra i simpatizzanti colga il pretesto per rifugiarsi nella sindrome di Stoccolma dalla quale era parso voler fuggire. Insomma, non riuscendo a fare a meno della droga che rappresenta la sinistra, la pera che ti fa sentire buono e giusto, restare umano e soprattutto non fascista, e non sopportando più di sentirsi un traditore per essersi "buttato a destra", si metta in testa di salvarla per l'ennesima volta. Sarebbe un errore fatale, che ci riporterebbe alla casella di partenza per un nuovo giro, stavolta l'ultimo.

In secondo luogo, esauritesi le pile di fratel coniglietto Berlusconi, non escluderei l'ipotesi simil-Bolsonaro, ovvero il tanto peggio tanto meglio. Diciamo la chemio quella tosta, quella che quasi ti ammazza prima del cancro. Con i colonnelli o senza.

Io preferirei un Churchill come quello del famoso discorso: 
"Siamo nella fase preliminare di una delle più grandi battaglie della storia.[...] Che ci troviamo in azione in molti punti – in Norvegia e in Olanda – , che dobbiamo essere preparati nel Mediterraneo. Che la battaglia aerea è continua, e che molte preparazioni devono essere fatte qui in patria.
Dirò alla Camera quello che ho detto a coloro che hanno aderito a questo governo: Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo davanti a noi un calvario del tipo più grave. Abbiamo davanti a noi molti, molti lunghi mesi di lotta e di sofferenza.
Voi domandate, qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una sola parola: la vittoria. La vittoria a tutti i costi – La vittoria nonostante tutto il terrore – La vittoria, per quanto lunga e difficile la strada possa essere, perché senza la vittoria non c'è sopravvivenza.
(Trascrizione del testo come originariamente letto da Churchill.)
I nostri devono soltanto entrare in questa mentalità. Una mentalità (purtroppo) da guerra. Qualcuno lo fa e continua a farlo da anni. Forse ci vorrebbe qualche "capannello" in più, per spiegare cosa si sta facendo. A volte possono essere l'assenza e il silenzio a creare sgomento. 
Noi dobbiamo supportarli, stringendo i denti, pensando a Monti e Cottarelli e ai piddini in agguato. Come l'orologio rotto, due volte al giorno anche la Tina ha ragione: non vi è alternativa.

Odiatemi ma un giorno direte: "Quella stronza aveva ragione".

venerdì 7 dicembre 2018

Paura e disgusto a Eurolandia




"Eravamo dalle parti di Ravenna, ai confini della Piddinia, quando le droghe cominciarono a fare effetto." (semicit.)


I cambiamenti climatici, ah! Al plurale come i mercati, così il popolo se li sente tutti attorno a sé, come i cerchi magici bancari. Le povere cimici, insetti tutto sommato assai discreti che causano fastidio solo quando emanano quel forte odore caratteristico nel momento in cui le termini, ma che si lasciano catturare molto facilmente e quindi puoi liberare in via amichevole, divenute "insetti alieni" in questo poster involontariamente comico. Perché alieni, parola resa minacciosa da quintali di B-movie di fantascienza su insettoni, baccelloni e rettili giganti? Non vengono da Urano o da Proxima Centauri ma molto probabilmente da quei container pieni di carabattole cinesi che girano il mondo in nome della globalizzazione. Le cimici non sono quindi una normale conseguenza della libera circolazione delle merci, le piattole della licenziosa promiscuità del mercato, ma sono conseguenza dei cambiamenti climatici.

Il climate change è la parola magica, il nuovo passepartout per l'apertura di tutti gli scenari catastrofici possibili, naturalmente al servizio della bulimia degli economisti dei disastri. Giustificazione maxima, ad esempio, per migrazioni alluvionali da continenti grandi cento volte il nostro paese, nei quali però, su 30 milioni di chilometri quadrati, non vi sarebbe un posticino per spostare anche temporaneamente qualche milionata di individui, allo stesso modo in cui invece li si sposta tranquillamente da un continente all'altro. E guai a chiamarli alieni! 
Quando qualcosa non ha senso vuol dire che un senso ce l'ha per qualcun altro, come dice Il Pedante.

I cambiamenti climatici hanno anch'essi quel carattere di innominabilità e inevitabilità che condividono con tutti gli altri spauracchi generati dalla shock economy. Sono un castigo divino in un mondo ateo e materialista e sono tanto cari al progressismo regressivo. Anche i cambiamenti climatici, come La Crisi, sono una scusa per infliggere il penitenziagite e, anche in questo caso, la colpa per la quale si viene divinamente puniti è più proteiforme che chiaramente identificata nello specifico. O meglio, la colpa consiste meramente nell'esistere, nel respirare, nell'insubordinazione del rifiuto alla volontaria e rapida estinzione dell'uomo bianco, il cui sviluppo e benessere raggiunto nell'ultimo secolo sarebbe la conseguenza non già della sua abilità ma di un peccato aquisito la cui espiazione non è più rimandabile. Il presunto peccato di vivere alle spalle, in modo parassitario, di altre popolazioni che, per evolversi, sembra abbiano prima bisogno che noi spariamo. 
Nonostante i cinesi, ad esempio, con il loro capitalcomunismo sfrenato inquinino in maniera assai maggiore di noi, siamo noi che consumiamo troppo, mangiamo troppo, ci laviamo troppo, usiamo troppo la macchina. L'invito alla penitenza a volte si spinge fino alla presunta necessità di cibarsi in futuro di insetti (ma non di cimici, forse), in nome di un pianeta divenuto improvvisamente delicatuccio di palato e cagionevole di salute, in un certo senso emasculatosi anch'esso, e delle troppe bocche da sfamare al mondo, per le quali la limitazione delle nascite non è evidentemente una soluzione come lo è stata negli ultimi decenni per noi. 
La condanna a questa ennesima forma di austerità e compressione dei consumi è comminata dal tribunale dell'Inquisizione ecologista, braccio verde del progetto genocidario che vorrebbe un mondo ridotto ad un piccolo ghetto elitario circondato da una subumanità sub-bestiale il cui inevitabile sterminio fino all'ultimo individuo non causerebbe ai pochi eletti più senso di colpa di quello ai danni di una immonda colonia di scarafaggi in cantina. 

Carlo Rubbia l'ha spiegato in una interrogazione parlamentare che i cambiamenti climatici spontanei, naturali, esistono da sempre nel quadro della ciclicità delle ere terrestri, nell'alternanza tra ere glaciali ed ere a temperature simili o superiori a quelle attuali, e che l'inquinamento antropogenico, rappresentato soprattutto dall'aumento esponenziale di CO2 nell'atmosfera è un'emergenza che può essere contenuta con lo sviluppo della tecnologia basata, a suo parere, sul gas naturale. 
Non è quindi necessario far regredire l'umanità all'età del bronzo e gettare il mondo nelle tenebre oscurando il sole, come delirano oggi gli ineffabili giornali fotoromanzati, nell'ennesimo articolo sul figlio scemo dei cambiamenti climatici, il riscandamento globale, per gli amici Globbaluormin. 

Siccome il pianeta si riscalda (e questa è una fake news perchè il pianeta si riscalda e si raffredda ciclicamente, e la temperatura è negli ultimi anni addirittura in diminuzione) Gliscienziati dicono: spariamo del carbonato di calcio nella stratosfera così da creare un tendone parasole, naturalmente illudendoci che ciò non abbia alcuna conseguenza sugli equilibri dell'organismo terrestre. Vacciniamo la Terra, insomma, tanto è per il suo bene, che male vuoi che le faccia? Ma figurati, nulla. Aridatece il progetto Manhattan. 
La vera notizia, la polpetta nascosta nel supersize mac è che allora è vero che si possono irrorare sostanze chimiche nell'atmosfera per scopi geoingegneristici, come del resto è noto al Congresso Americano fin dal 1978 e a chiunque abbia un ricordo anche vago dei cieli com'erano, cioè non a strisce.

Qui subentra un interessante fenomeno psicologico che ha a che fare con il concetto di tabu. Si esce di casa e si nota quasi ogni giorno, tipicamente dopo un paio di giorni di cielo limpido, quello si ormai quasi anomalo, qualcosa di strano: un gigantesco quaderno a quadretti oppure una strana nuvolaglia increspata come le dune del deserto che ci sovrastano, di cui però non bisogna parlare, come non puoi dire cosa pensi realmente di certi gruppi di persone, ad esempio. Si sa ma non si dice perchè se no ti prendono in giro. E' un addestramento in piena regola alla negazione psicotica della realtà. Se neghi il cielo a quadretti, un giorno sarà normale dire che i prati sono fucsia e che esistono i settant'anni di pace portati dalla UE. La psichedelia senza allucinogeni. Veramente notevole.

Il gioco funziona perché il tabu ha una radice profonda nell'inconscio. Esso in questo caso consiste nell'incapacità di attribuire all'Uomo la responsabilità di ciò che si vede nei cieli, perché ciò che si vede lassù può averlo fatto solo la Divinità e non puoi attribuirlo all'Uomo, soprattutto se è una cosa potenzialmente dannosa, per il quale si innesta anche il "non possono farlo davvero" che rappresenta l'incredulità di fronte alla criminalità del Potere. 
Ecco quindi che non potendo essere stato l'Uomo e, in questo caso, non essendo chiamata in causa la Divinità, perché siamo moderni e non crediamo più a queste superstizioni da antichi, non è stato Nessuno. Lo stesso Nessuno che accecò Polifemo, sempre lui. Chi traccia i quadrettoni in cielo? Nessuno.

martedì 4 dicembre 2018

I Macronfagi e la reazione immunitaria della Francia


La rivolta dei "gilet gialli" in Francia prosegue ormai pressoché ininterrotta dal 17 novembre, dal primo blocco stradale di protesta contro il caro carburante fino agli scontri di piazza degli ultimi giorni sugli Champs Elysées, ma la nostra pudibonda stampa legiondonoraria continua bellamente ad ignorarne non solo le ragioni ma perfino l'esistenza. Immersi in un isolazionismo ideologico che richiama quello dell'Albania di Enver Hoxha e nell'assoluta cecità percettiva alla prima rivoluzione fluo, ciò che resta dei tamburini di latta del giornalismo di regime evita in tutti i modi di anche solo nominare un fenomeno che mette in discussione la bontà assoluta di uno dei suoi fantocci di riferimento: il nostro Lolitò, il Manu che aveva detto agli amici, il Napoleoncino con un piede già sul predellino della carrozza per Varennes.

Se le notizie sui gilets jaunes vengono quasi sempre relegate ad uno spazietto stretto tra le paturnie di Asia Argento e il resto dell'inutile pluriball giornalistico, le solite non notizie da far scoppiare una ad una per noia solo per sentire il rumore vuoto che fanno, ogni tanto si decide di portarle in primo piano ma per destrutturarne il senso e tentare di dirigerlo sul binario morto della vacuità o della delegittimazione.
Il procedimento, dal nome un po' lungo, si chiama: "C'è un nostro amichetto in difficoltà con quei brutti ceffi dei suoi connazionali. Come possiamo parlarne senza parlarne? Come possiamo raccontare la storia in maniera che questi altri brutti ceffi nostrani non capiscano i veri motivi della protesta?"
A volte viene anche chiamato "trasformare la merda in Nutella e far dire al popolaccio che è una bontà".

Un esempio di articolo di questo tipo, da falsa prima pagina, è questo. Io consiglierei di salvarlo, perché se i libri di storia dovessero un giorno diventare seri, nella ricostruzione di questo fottuto inizio di millennio, sezione studi sulla propaganda della dittatura globalista, esso non potrà mancare. 
Per evitare di dire che i gilets jaunes hanno ragione da vendere e potrebbero essere quel famoso popolo che, essendosi destato, rischia di avere Dio alla sua testa, i legionari del disonore la buttano sull'ecologia, che si porta sempre su tutto. Perdindirindina, se il primo blocage è stato contro l'aumento del carburante, facciamo finta che questi ausiliari del traffico esagitati siano degli ecologisti un po' su di giri e cristallizziamo il movimento e le sue ragioni lì, immobili, come Han Solo nella grafite.
Un articolo, quello di Repubblica, psichedelico a dir poco. Roba da paura e delirio sulla Cristoforo Colombo. Psilocibina e via andare.
"Capisco le proteste ma non cedo alla violenza. Abbiamo fatto troppo poco sul clima, dobbiamo andare avanti", ha detto il presidente francese presentando il piano per l'energia. Che prevede la chiusura di tutte le centrali a carbone entro il 2022 e di 14 reattori nucleari entro il 2035." 
Un cazzocentra cosmico perché, peccato per Essi, questi francesi ai quali Manu & i suoi Isterismi hanno rotto i coglioni, hanno riempito il loro cahier de doléances con ben altre rivendicazioni. 
Gilberto Trombetta, che ringrazio, ha tradotto su Twitter il manifesto messo in rete dai Gilets Jaunes (qui il documento originale) che le contiene. E' difficile non dichiararsi d'accordo con tante se non tutte queste richieste ed è assai arduo considerarle rivendicazioni vacue, mondane o bagattelle da borghesi piccoli piccoli. Se hanno fame che si dedichino all'ecologia non è risposta credibile, ammettetelo, e suona assai più strafottente del presunto consiglio di Marie Antoinette sulle briosche.



traduzione di Gilberto Trombetta
L'aumento del carburante è stato solo il loro tè di Boston. La goccia di benzina che, caduta sul braciere, ha fatto incendiare la protesta. 

Il gran tamburo maggiore scalfariano che picchia sulla pelle di somaro per sviare l'attenzione da les enfants de la patrie è solo l'espressione del livore della sinistra di fronte alla caduta dell'ennesima tegola dal tetto di quella costruzione abusiva in attesa di ordinanza di demolizione che è la UE. Stamattina ho ascoltato questo video e ne ho colto alcuni spunti per descrivere il fastidio fisico che l'intellighenzia o wannabe tale di sinistra prova nel vedere il popolo sfuggirle e che bene si intona con il discorso sui gilet gialli e il neglect percettivo che, nonostante il giubbetto ad alta visibilità, ha colpito tanto clamorosamente una certa parte di osservatori italiani. La solita parte, per altro.

Nel video, Lorenzo Vitelli de "L'Intellettuale dissidente" proclama un curioso assunto, ossia quello che "il populismo ha consenso ma non è legittimo perché non si è ancora dotato di un intellighenzia culturale, di  intellettuali, giornali, case editrici." Ohibò, sarà mica quell'egemonia culturale dalla quale stiamo appunto cercando disperatamente di liberarci e che è espressione dell'invasività dell'ultima nefasta ideologia novecentesca che si aggira per l'Europa trascinando le catene da rimettere ai lavoratori che le sono sfuggiti?
Certo, dice Vitelli girando la chiavetta dell'accensione, le categorie della Vecchiapolitica, la destra e la sinistra, sono superate (uno dei più triti e nefasti luogocomunismi). Però... vrum, vrum, il populismo è pericolosamente inclinato a destra (te pareva). Infatti esprime un voto di protesta, di vendetta. Gode nel vedere i traditori messi alla berlina (e lui inconsciamente soffre del dover assistere a tale sanguinario snuff movie perché i protagonisti li conosce bene). 
Il populismo (sempre pronunciato con una punta di sgomento) non è altro che l'ennesima élite che vuole arraffare il potere, il popolo non c'entra (il popolo non può preferire quel buzzurro volgare al meraviglioso Lintellettuale). Esso non è legittimo perché non è riuscito a fondare un sistema ideologico, a creare un progetto" (e chi lo ha detto? Cercare di salvare il mondo dalla furia genocida globalista ti pare poco?) 

Traduco per i bambini piccoli: se non ha marchiato in fronte il numero della bestia progressista, il popolo è fascista. L'unico progetto legittimo è il solito velleitario tentativo di distruggere il capitalismo in quanto tale (casualmente lo stesso identico scopo dei banchieri non di Dio ma di Essi stessi, che fa tanto affinità elettiva)  per sostituirlo con Ilprogetto dell'egualitarismo petaloso immaginario. La destra e la sinistra sono concetti superati, si, ma noi vogliamo rimanere di sinistra. La democrazia è democrazia solo se la gestiamo noi. (NdA: quanto avete rotto i coglioni...)

Non manca la nota negazionista sul prato che non è verde. Vitelli non crede, anzi, rifiuta di credere, che il successo del populismo nel caso italiano abbia a che fare con la questione migratoria. "A nessuno importano le percentuali bassissime di immigrati nel paese dell'accoglienza per eccellenza". Permettetemi un accenno di stupore pre-estatico. Il distacco dal reale è un problema sul quale evitano accuratamente di lavorare da sempre. 
Dopodiché Vitelli, ormai sul rettilineo, sgomma.
"Il populismo non è un modello politico, per diventarlo deve dotarsi di una struttura. (Ricordate il discorso iniziale sulla Vecchiapolitica che è morta?) "L'élite populista è illegittima perché "il basso", il popolo ha una sua creatività folkoloristica che però non è culturale."
"Il populismo è la vittoria del trash sulla sofisticazione intellettuale (chissà perché penso subito al metanolo). Il popolo vuole essere volgare. Le vittorie populista sono un rigurgito popolare (meglio quello antifascista, immagino). Bisogna elevare il dibattito". (Qui di solito sguaino sempre la katana).
Poi l'apoteosi: "Non possiamo reputarli legittimi [Salvini e Di Maio] perché non sono un'élite."
Ovvero, dopo il giro di pista ritorniamo ai box. I populisti non ci piacciono perché non sono piddini, non infestano ogni ganglio della società, non okkupano. Non sono l'Egemonia Kulturista che è la nostra spezia, l'elisir che ci rende immortali come certe cellule che richiedono una pronta risposta immunitaria altrimenti ti ammazzano.
Non è un problema del Vitelli, lui è solo un esempio preso a caso calando le reti per la pesca. Se ne prendi un altro ugualmente a caso ti farà gli stessi ragionamenti. L'egemonia culturale è soprattutto monopensiero stereotipato. La zeppa nell'ingranaggio.

A proposito di popolacci e ribellioni. Avendo nominato prima il té di Boston inevitabilmente ritornano in mente le parole della Dichiarazione di Indipendenza americana. Se un governo agisce contro il suo popolo, il popolo ha il diritto di rovesciare questo governo e darsene un altro che sia portatore delle sue istanze e sia degno di rappresentarlo. Non si rovesciano governi tanto per fare, come ultimamente si è fatto in Europa per forzare il regime unico, limitare la democrazia locale, assassinare le sovranità, depredare le ricchezze ed imporre l'agenda novordineglobalista per mano dei volonterosi progressisti elitari tanto pieni di sé da doversi ancorare per non volare via. 
Le motivazioni delle proteste di popolo, di quel popolo che considerano merda puzzolente se non si fa da loro docilmente manipolare, sono sempre drammaticamente concrete e serie. Tra i cartelli visti a Parigi ve ne sono alcuni sul diritto alla libera scelta terapeutica e contro i TSO sponsorizzati dai lupi farmaceutici travestiti da pecore benefattrici che in Italia conosciamo altrettanto bene.
Chi da lacchè sminuisce le lotte di popolo rischia di fungere da lubrificante alle lame delle ghigliottine prima che vi si appoggino i colli dei membri delle élite che ha servito. Le ghigliottine metaforiche degli elettori, che entrano in funzione nelle cabine elettorali e, in alcuni casi estremi, quelle vere nelle piazze.

martedì 6 novembre 2018

L'antivirus come metafora del "loro"

Michela Murgia, la nuova autoproclamatasi gramscia della sinistra, in una delle innumerevoli ultime interviste che sta rilasciando, ha detto che la parola che le fa più paura è "nostro". Indovinate perché. Perché forse pronunciandola in modo solenne, tutti in cerchio, con la musica al contrario e durante la notte di Valpurga, essa sarebbe in grado di aprire un portale che conDuce a Ilfascismo. 
Strano perché nostro è concetto assai collettivista e dovrebbe piacere a chi è voglioso di scambiare le mutande con chiunque non gli ricordi il suo prossimo di sangue ed è bramoso di superare il losco individualismo, fratello separato alla nascita della libertà; come piace a chi, come Leuropa padrona, sottende materialisticamente nei suoi intenti che "ciò che è vostro dovrebbe essere prima di tutto nostro". 
Forse, a compungere la scrittora e psicometrista per caso è il conflitto interiore tra librerie con l'individualismo femminista de "la topina è mia e me la gestisco io" che può mandare in crash il sistema? No, è solo il problema del nostro che non è loro. La fottuta appartenenza. Nel mondo quantico di Kelledda, esistono due nostri: il nostro fascista e il nostro nostro. Prevedo presto un collasso dell'intera Galassia a causa di questo paradosso spazio-concettuale.

De  Ilfascismo come psicoma che oramai affligge questi poveri disperati; sul loro corral interiore che delimita lo psicoma dal resto della psiche nel tentativo di conservarne l'integrità dalle frecce della tradizione e la fobia dei confini esterni che è metafora dell'angoscia della dissoluzione del sé, contrappasso del "faccio ciò che mi pare", vi puntualizzerò prossimamente. 
Ad ogni modo, se siamo costretti a parlare di una cosa discutibile come la pericolosità delle parole, piuttosto che delle azioni di chi pragmaticamente si attiene ai fatti, io, dovessi dirlo, tra le parole temo mesotelioma pleurico ma ancor di più filantropo.
No, non mi riferisco a quel filantropo, al nostro Jabba, ma ad un altro, meno frontman e sfacciatamente esposto ma proprio per questo più pericoloso. Perché il pericolo viene dagli individui che concepiscono progetti e programmi e si mettono in testa di applicarli al mondo costi quel che costi, non importa quanti moriranno, più che dalle parole che ne sono solo lo spot pubblicitario affidato a semplici comprimari e famigli.

Faccio un breve inciso. In ufficio ho un computer che è stato dichiarato ufficialmente obsoleto dal signor William Henry Gates III. Il suo cervello, quello del terminale in stato terminale, denominato Windows Vista, non è più aggiornabile con i richiami dei service-pack, quindi non è più possibile difenderlo dalle aggressioni esterne e nemmeno migliorarlo nelle prestazioni richieste da un utilizzo sempre più massivo della rete. L'antivirus, dal canto suo, avvisa continuamente che sarebbero necessari nuovi "vaccini" contro sempre nuove minacce ma il problema è che, ad ogni riavvio, la povera macchina di silicio gratta, gratta, esita sempre più a lungo per trovare le sue appendici ("sono la tua vecchia stampante, non mi riconosci più?") e ogni mattina impiega più tempo ad avviarsi, ricomporsi, connettere ed accingersi alla nuova pesante giornata di lavoro su testi, calcoli ed immagini. 
Da quando ne è stata decretata l'obsolescenza, con tanto di "ci dispiace ma Vista non è più supportato" da parte del socio portinaio pettegolo e compagno di merende Google, il mio computer non è più un hardware ma sembra assomigliare più ad un wetware, ad un cervello umano afflitto da una senescenza indotta o, più propriamente, da una malattia degenerativa progressiva. 
Tutti mi dicono che è colpa della famigerata obsolescenza programmata, il male oscuro sapientemente inoculato che ha reso di fatto le macchine mortali per obbligarti a consumarne sempre di nuove, rottamando forzatamente quelle vecchiotte ma ancora funzionanti. E, comunque, nel caso specifico dei computer sarebbe un problema solo dei sistemi Microsoft, ché quelli Linux o Apple se ne fregano di driver e upgrade ricattatori e vanno sempre, anche sui vecchi 486 o Mac del nonno. In effetti, ciò di cui si vantano maggiormente i loro possessori, è che le loro macchine non hanno bisogno di quella invenzione sospetta che è l'antivirus.

Orbene. Mi è capitato di recente di dover disattivare momentaneamente l'antivirus per reinstallarlo. In quei pochi minuti di libertà di manovra, la macchina pareva essersi di nuovo disumanizzata: era scattante, veloce, quasi un Linux. Al che mi sono chiesta: ma non sarà proprio l'antivirus a provocare il problema della lentezza? A proposito: è nato prima il virus informatico o l'antivirus? E perché solo i sistemi operativi Microsoft hanno creato questa necessità di dotarsi di un altro software invasivo, che interrompe il tuo lavoro perchè deve scaricare aggiornamenti, che piano piano prende sempre più possesso del computer, ne controlla le porte di accesso verso l'esterno e ogni modifica, irrompe durante le tue navigazioni avvertendoti che ti stai avventurando in territori sconosciuti e perigliosi (magari sgraditi al Regime) e  ti insinua quella sottile paura di essere spiato che è in realtà esso a praticare, possiamo scommetterlo. L'antivirus proclama solennemente di difenderti da quelle infernali righe di programma chiamate backdoor e trojan horse, questi morbilli informatici che potrebbero far morire il tuo computer ma in realtà non c'è peggior porta di servizio dal quale far entrare i cavalli di Troia di esso.

Veniamo quindi alla metafora. Il signor William Henry Gates III, per tutti Bill, pare avesse l'abitudine di memorizzare le targhe delle auto dei suoi dipendenti per poter, con uno sguardo sul parcheggio, sapere chi fosse già al lavoro e chi in ritardo o assente. Questa mania un po' da idiot savant viene definita il suo "lato oscuro".
Così come il fatto che da giovane sia stato arrestato per guida senza patente. Se fosse tutto qui, io stessa potrei vantarmi, in confronto, di essere una specie di Darth Vader.
Il padrone maniaco, in questo caso un ex nerd ora miliardario con la sua dose di ubbìe alla Howard Hughes, è sempre esistito e la sua è la patologia denominata delirio di onnipotenza che affligge inevitabilmente chi mette assieme, con più o meno merito, un 40 miliarducci di dollari di patrimonio.  Si potrebbe notare a questo punto che nessuno ha mai attribuito a Dio il possesso di ricchezza materiale, nessuno l'ha mai immaginato come un grasso capitalista maialone alla Grosz, e ciò perché la ricchezza spropositata viene percepita come qualcosa che rende superiori all'Ente Supremo e spinge a mettersi in competizione con lui e non può che essere appannaggio di esseri assai terreni o persino sotterranei.

Se la sfida alla divinità si esaurisce nell'accumulo compulsivo ed autistico della moneta, è un conto. Quando però l'uomo con i miliardi incontra il sé stesso filantropo, orientato al "vostro bene", o meglio al nostro non al loro, l'umanità è potenzialmente un'umanità morta.
In un capitolo del libro "Immunità di legge" de Il Pedante e Pier Paolo Dal Monte viene raccontata l'incredibile commistione tra interesse collettivo e interesse privato e ossessione personale che è il rapporto tra Bill Gates e il governo mondiale della sanità.
Non tutti sanno infatti che l'OMS, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, braccio sanitario dell'ONU, è finanziata, per la fetta più grossa generata da un unico soggetto privato, si parla di 350 milioni di dollari, proprio dal signor Bill Gates, attraverso la Gavi Alliance (Global Alliance for Vaccines and Immunization) e la Fondazione filantropica che gestisce assieme a sua moglie Melinda.
La Gavi è stata creata da Gates proprio per applicare su scala mondiale una strategia vaccinale a tappeto che nasce, dicono, da una personale ossessione di Bill per i vaccini. Chissà se generata dallo stesso psicoma che l'ha costretto ad inventare un sistema operativo vulnerabile ai "virus" e quindi dipendente da un somministratore continuo e cumulativo di "vaccini" che alla fine rende la macchina simile ad un povero essere umano malato.  Una lotta tra virus e antivirus che sembra una lotta tra il bene e il male, l'Uomo e Dio. Forse solo una coincidenza da deformazione professionale, quella tra virus informatici e biologici dei coniugi Macbeth, o forse no. Come lo è, per aggiungere un'ulteriore metafora, l'"influenza" che il privato detiene sul governo mondiale della sanità.
Se il vaccino, attraverso l'obbligo,  diventa uno strumento del Potere, il suo tallone di ferro, è giusto chiedersi se il filantropo lo sia veramente, un amante sincero dell'umanità, oppure noi siamo solo il cibo umano, il soylent green per la sua ossessione.

Come scrive Il Pedante nel libro citato:

"I coniugi Gates sono naturalmente liberi di concepire la popolazione mondiale come una rete di calcolatori su cui installare gli antivirus più aggiornati. Il problema sollevato da alcuni analisti è che, una volta insediatisi a suon di miliardi nelle cabine di controllo delle autorità sanitarie internazionali e dei centri di produzionescientifica, la loro visione, le loro priorità e le loro soluzioni sono diventate la visione, le priorità e le soluzioni di tutti." (pag. 89)

La pericolosità del filantropo consiste quindi nel suo poter imporre, attraverso la fenomenale leva del denaro, il loro sul nostro. Il nostro, a questo punto, checché ne dicano le medium evocatrici di fascismi morti, può essere solo l'espressione della democrazia e della libertà di scelta. La vera immunità, non di gregge ma di comunità di esseri liberi e consapevoli. Liberi dagli antivirus generati dalle streghe di Seattle.



"È un pugnale ch'io vedo innanzi a me

col manico rivolto alla mia mano?...

Qua, ch'io t'afferri!...No, non t'ho afferrato...

Eppure tu sei qui, mi stai davanti...

O non sei percettibile alla presa

come alla vista, immagine fatale?

O sei solo un pugnale immaginario,

un'allucinazione della mente,

d'un cervello sconvolto dalla febbre?

Ma io ti vedo, ed in forma palpabile,

quanto questo ch'ho in pugno, sguainato.

E tu mi guidi lungo quella strada

che avevo già imboccato da me stesso,

pronto ad usare un analogo arnese...

O gli occhi miei si son fatti zimbello

di tutti gli altri sensi,

o la lor percezione è così intensa

che a questo punto li soverchia tutti:

perch'io t'ho qui, dinnanzi alla mia vista,

e sulla lama e sull'impugnatura

vedo del sangue che prima non c'era....

Ma no, che una tal cosa non esiste!

È solo la mia impresa sanguinaria

che prende una tal forma agli occhi miei.

A quest'ora, su una metà del mondo

la natura par quasi che sia morta,

ed empi sogni vanno ad ingannare

il sonno chiuso dietro le cortine(30).

Le streghe celebran le loro ridde

ad Ecate la pallida;(31) svegliato

dall'allarme della sua sentinella

l'ululato del lupo - l'assassinio

s'avvia furtivamente alla sua impresa,

come un fantasma, a passo lungo e lieve,

come il lascivo andare di Tarquinio.(32)

Tu, però, solida e sicura terra,

non seguire i miei con l'ascolto,

che le tue stesse pietre

non denuncino il luogo ov'io m'aggiro

e tolgano al silenzio di quest'ora

l'orrore che sì bene gli si addice.

Ma io minaccio, e lui continua a vivere.

Le parole, sul fuoco dell'azione

soffiano un'aria troppo raggelante."


W. Shakespeare, "Macbeth", atto II.

martedì 30 ottobre 2018

O Fortuna (Desirée)

La sorte immane
e vuota,
tu ruota che giri,
funesto stato,
futile benessere
sempre dissolubile,
oscura
e velata
e su di me chi più si appoggerà;
ora che per un gioco
il dorso nudo
porto per la tua cattiveria?


Non avrei mai voluto scrivere di un'altra adolescente ridotta volutamente all'impotenza per ore da droghe e farmaci solo per poterne disporre come oggetto sessuale inerte ed incapace di reagire, alla stregua di una bambola gonfiabile, fino alla morte, tanto la vita di una "ragazzina bianca venuta per la droga" non vale uno zero. L'aggravante razziale della "bianca da stuprare", già notata nel caso Pamela, che nessun giudice con il cuore troppo vicino a un certo orifizio avrà mai il coraggio di applicare alla sentenza contro gli aguzzini di queste povere bambine. Perché, nel mondo fluido, governato dall'indeterminazione e dall'interpretazione a proprio piacimento delle leggi cosmiche, l'unico fenomeno perfettamente monodirezionale e meccanicistico è il razzismo, inteso come razzismo dei bianchi verso i neri. La connotazione razzista opposta proprio non viene notata, non fa scattare i magnetotermici mentali dei sacerdoti del progressismo maligno.

Parlando di Desirée avrei al massimo espresso la mia indignazione per il fatto che queste nostre figlie possono ormai letteralmente sparire per giorni in qualunque luogo noto di spaccio del nostro territorio come se la cosa fosse accettabile. Luoghi ove ormai conta, come in altri settori di mercato, non più la fidelizzazione del cliente ma la sua cattura, sfruttamento e poi abbandono al proprio destino, tanto ne troveremo altri ed altri ancora. Ani mundi dove la droga sembra l'esca grazie alla quale attirare i più deboli da far cadere in una trappola mortale e dove soprattutto le ragazze possono venire stuprate, torturate, fatte a pezzi e persino forse mangiate da una nuova specie di spacciatore spietato e tribale, per riemergerne solo quando non si può proprio più nascondere il fattaccio accaduto e i giornali sono costretti a raccontarne, come in questo caso e in quello di Pamela, la cronaca.
Desirée scomparve mercoledì 17 ottobre, morì nella notte tra venerdì e sabato ma la notizia del suo scempio è giunta sui giornali solo martedì 23 ottobre. Cosa aspettavano quelli sempre sul pezzo (non dico di che cosa) a parlare di un efferato delitto compiuto nel centro di Roma? Aspettavano che non fossero stati loro, a quanto pare; i protetti dalla Carta di Roma, il Crimen Sollicitationis dell'ortodossia globalista.

Non avrei voluto parlarne ma mi sono resa conto che Desirée è l'ennesima figlia oltraggiata da sacrificare sull'altare dell'ideologia quadrata che pretende di sostituire le leggi che governano un mondo sferico. La sua è una morte che ha implicazioni che devono essere negate per pregiudizio ideologico dai nuovi negazionisti con licenza di negare. Sopra tutte il fatto che questi uomini clandestini, stranieri, che non dovrebbero essere qui, si permettono di considerarsi un esercito regolare invasore con il diritto di preda sulle donne del nemico. Ogni mancata reazione dello Stato di fronte a questi delitti, nel senso di far capire agli aggressori che, se tocchi una donna o un bambino dei nostri, per te si spalancheranno le porte dell'Inferno e il giorno più brutto della tua vita sarà stato quello in cui decidesti di venire in Europa, equivale ad una tacita conferma del diritto di preda. 
Per non parlare della tutela che donne e bambini migranti dovrebbero ricevere nei centri di cosiddetta accoglienza dove invece troppo spesso vengono abusati dalle medesime canaglie. Perché perfino quando la donna stuprata è anch'essa straniera, quelli dal cuore dislocato sono incomprensibilmente propensi ad avere un occhio di riguardo e perfino a lasciare a piede libero il suo torturatore, per una forma di sudditanza psicologica verso il criminale esotico che un giorno o l'altro dovrà essere seriamente studiata dagli specialisti. 

Mi sarei limitata a queste considerazioni ma è accaduto che, incapaci di tacere perché punte sul vivo, toccate negli affetti più cari, con il trigemino dell'accoglienza fallimentare che ha preso a pulsare dolorosamente, le iene hanno parlato, si sono autoconvocate in assemblea del collettivo sul luogo del delitto e, terminata la fila degli stupratori, si sono accalcate sul corpo della ragazzina, praticandole il test dell'appartenenza, per vedere se non fosse per caso loro dovere provare pena e solidarietà per questa ennesima vittima di guerra. Vistolo negativo, con grande sollievo si sono autoinvestiti del diritto di praticare l'autopsia morale sulla vittima, come fanno di solito con i morti non loro, completandone lo scempio.

Era una drogata. 

Dov'era la famiglia?

E allora Cucchi?

E allora l'odio razziale?

Era predestinata, sarebbe comunque finita così.

Colpa di Salvini che non li ha espulsi.



Non avrei voluto nemmeno scrivere di questo frullato di marasma pubblicato su Facebook di cui si sta parlando immeritatamente troppo, se non che qui siamo di fronte non già al negazionismo modello base di chi ha creato per anni in piena coscienza e capacità di intendere e volere il fenomeno che qualcun'altro (i suoi avversari politici) dovrebbe ora risolvere, secondo lui, in pochi mesi; e nemmeno al raglio d'ordinanza del vip o intellettualoide accreditato presso la Santa Sede Globalista, ma alla nota sindrome del partecipante al funerale che vuole rubare la scena al morto. Una sindrome molto spesso femminile, va detto.

Che cosa sostiene la gestora della Rete Antirazzista Iblea ripresa da Potere al Polipo? Il suo ragionamento, o presunto tale, è alquanto contorto e risulta aberrante per chiunque non sia accecato dalla follia che vuol costringere un gigante a vestire gli abiti di un nano ma, se glielo fai notare, ti rispondono che è una chiarissima provocazione e sei tu che non capisci, e chi non capisce è perché è fascista, naturalmente. 

Secondo Rosa, le "migliaia di donne abusate e vessate da uomini italiani" (l'Entità astratta collettiva che ad Esse piace tanto evocare) non otterrebbero la stessa considerazione che ha avuto Desirée (Soggetto invece reale in quanto vittima del delitto, corpo e sangue di martire) solo perché ella è stata stuprata e uccisa da migranti. 
Dato che il problema non sono gli stupratori stranieri, anche eventualmente vogliosi di stuprare una bianca in quanto tale (tanto un ampio caravanserraglio di difensori dei diritti umani di chi di dimostra invece disumano li proteggerà sempre negando il loro razzismo), ma i razzisti nostrani (che devono essere, immagino, i mariti delle migliaia di cui sopra), ecco che l'esposizione mediatica dovuta allo scandalo suscitato da questo orrore, scandalo nel senso di skàndalon, di qualcosa che ha impedito che si tacitasse la notizia del delitto come si sarebbe voluto), ha permesso a Desirée di potersi considerare fortunata. 
Si, ha detto proprio fortunata. Perché le femministe, a furia di combattere la società dello spettacolo e il corpodelledonnismo, hanno finito per identificarsi con l'aggressore, fino al paradosso demenziale di considerare una ragazza morta dopo essere stata ridotta a puro involucro per una vagina da riempire a forza, qualcuna che ruba indegnamente la scena alle loro amiche. Una squinzia fortunata e fortunella (e chissà perché non hanno detto anche privilegiata, in fondo come bianca ci stava), che ha rubato i loro miserandi quindici minuti di notorietà da corteo assieme ai loro cicisbei, tutti con i berretti frigi in rosa sorca in testa ad urlare contro l'uomo bianco, e che inoltre si permette di ricordarci che tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più bestie degli altri.

Cosa rende Rosa così convinta che un omicidio talmente brutale, se fosse stato commesso da italiani, non avrebbe causato altrettanta  indignazione ed orrore? Nulla, è una sua supposizione fallace viziata dal pregiudizio autorazzista, la cui licenza viene consegnata, assieme al kit del perfetto antifascista, ad ogni progressista che voglia far parte del meraviglioso mondo delle Amélie no border.
Cosa ha impedito piuttosto a Rosa di fare semplicemente ciò che tutte noi abbiamo fatto, femmine ma non femministe, perché il femminismo ormai è malattia mentale, leggendo il resoconto di ciò che ha subìto quella povera creatura, e cioè immedesimarci con terrore in quel corpo incapace di opporsi, in quel dolore bruciante di carne viva, in quell'angoscia, in quel ribrezzo, in quella nausea, in quel voglio morire pur volendo disperatamente vivere? Ha mai sognato di essere paralizzata e di non poter sfuggire ad una minaccia perché le gambe non riescono a muoversi? 
Quale freno inibitorio non permette a Rosa di solidarizzare e basta con quella bambina? Lo sa che il suo ottuso contorsionismo ideologico non riesce a nascondere l'eterna miseria donnesca dell'invidia automatica verso qualunque altro essere femminile che occupa lo spazio che dovrebbe essere tuo, perfino se è una delle più sfortunate figlie di questo tempo nel momento peggiore della sua vita?

Come ha scritto Alceste in un post su Desirée che è un lampo nucleare:

"Desirèe è stata lasciata morire nel fango dell’amoralità, sbandata, senza una direzione, senza nemmeno un punto fermo a cui poter aspirare, pur nel naufragio.
Equivocare il deserto come libertà, decantare l’inversione e la sovversione in nome di una rivoluzione da barzelletta: ecco l’utopia strumentale del potere."


Mi dispiace, ma l'unica "Fortuna" che mi sento di associare a Desirée è questo canto lugubre come colonna sonora di un incubo di impotenza.

O Fortuna,
velut Luna
statu variabilis,
semper crescis
aut decrescis;
vita detestabilis
nunc obdurat
et tunc curat
ludo mentis aciem,
egestatem
potestatem
dissolvit ut glaciem.

Sors immanis
et inanis
rota tu volubilis
status malus
vana salus
semper dissolubilis,
obumbrata
et velata
mihi quoque niteris;
nunc per ludum
dorsum nudum
fero tui sceleris.

Sors salutis
et virtutis
mihi nunc contraria
est affectus
et defectus
semper in angaria.
Hac in hora
sine mora
cordum pulsum tangite;
quod per sortem
sternit fortem
mecum omnes plangite!



martedì 23 ottobre 2018

La forza dell'ottimismo



Domani sera, in diretta YouTube su Megliodiniente Radio, alle ore 21.30 andrà in onda una mia chiacchierata con l'amico Antonello Zedda, medico e psicoterapeuta, su vari argomenti che spero incontreranno il vostro interesse. Abbiamo deciso di intitolarla "La forza dell'ottimismo", per comunicare il valore della visione positiva della vita, anche in mezzo alle avversità, e dell'atteggiamento proattivo che, se condiviso tra tante persone tutte motivate dallo stesso scopo, sono capaci di smuovere le montagne e sconfiggere tutti gli spiriti maligni.
Grazie a tutti coloro che vorranno seguirci.





mercoledì 10 ottobre 2018

Figli non conformi di genitori a razionalità limitata




Questa circolare del Presidente della Provincia di Trento è stata postata su Twitter alla fine di agosto e mi colpì a suo tempo per il suo particolare utilizzo del linguaggio, per l'appellativo "non conformi" riservato a dei bambini. Non conformi, come le merci quando non corrispondono all'ordine effettuato del cliente. Oggi, a meno di un mese e mezzo di distanza, siamo già arrivati alle persone a "razionalità limitata", che sarebbero poi i genitori dei non conformi.  Viaggiamo alla velocità della luce verso il buco nero del Kali Yuga ma, per chi avrebbe la possibilità di fare ciò che è impossibile ma necessario, le bambole da pettinare sembra abbiano ancora la priorità sulle emergenze democratiche.


Quando le persone non vengono più chiamate con i termini consueti che competono all'essere umano ma con aggettivi di tipo asettico e depersonalizzante, direi disumano, di solito occorre iniziare a preoccuparsene assai. Le parole sono sempre pietre e questi sono tempi in cui, non potendo essere fisicamente eliminati in massa, mancando la provvidenziale guerra mondiale guerreggiata di copertura, veniamo lapidati di continuo con appellativi-macigno che sono già di per sé un tentativo di pre-espulsione dal contesto umano.

I “bambini non conformi” del testo della circolare trentina sono coloro i quali non hanno completato il ciclo di dieci vaccinazioni rese obbligatorie dalla legge n. 119 del 31 luglio 2017, ovvero il Decreto Lorenzin; che conformi non lo sono per vari motivi, inclusa la libera scelta dei genitori di non sottoporre i propri figli a quello che fino a qualche tempo fa, perfino secondo l'OMS, non certo indifferente alle voglie dell'industria farmaceutica, era da doversi considerare un atto consensuale e non un trattamento sanitario obbligatorio. Si parla, per intenderci, dei tempi in cui perfino Burioni dichiarava di non essere favorevole all'obbligo vaccinale, dovendosi preferire, secondo lui, l'arma della persuasione da usare contro gli eretici. Poi il convincimento è stato in effetti praticato ma non sui riottosi somarelli come previsto ma sul direttore del circo di Pinocchio, i pagliacci, i saltimbanchi i giocolieri e le foche ammaestrate.

In regime di obbligo, non essendo stati vaccinati e quindi non essendo “conformi” (anche se manca il complemento "a che cosa"), i bambini non devono più per legge essere ammessi nell'ambiente principe ove essi devono trascorrere la maggior parte del loro tempo proprio a scopo formativo culturale, sociale e personale.
Addirittura, la circolare trentina evoca l'intervento repressivo delle forze dell'ordine, si suppone per impedire fisicamente ai piccoli di entrare nelle aule perché, evidentemente, l'essere vaccinati o no si configura oramai come problema di ordine pubblico. Questo mentre i poliziotti vengono assaliti da grandi, grossi e non vaccinati, con l'ordine di non opporre resistenza, ma questo è un altro discorso.

Che situazioni come quella configurata nella circolare trentina fossero prevedibili, alla riapertura delle scuole, era scontato, non avendo avuto il nuovo governo il coraggio di bloccare l'ukase Lorenzin.
Sarebbe stato necessario un atto che rimuovesse la violazione, da parte del decreto, del diritto costituzionale allo studio per tutti i bambini. La scelta di operare solo sulle modalità di presentazione alle istituzioni scolastiche dei certificati di avvenute vaccinazioni, contentino assolutamente inadeguato alla gravità della violazione non ha di fatto modificato la sostanza di un TSO generalizzato.
Non solo ma, tanto per far piovere sul bagnato, esiste la bozza di un DDL, il 770, "Disposizioni in materia di prevenzione vaccinale" presentato in Senato dai partiti di governo, che addirittura estenderebbe i termini dell'obbligo vaccinale agli adulti. Per inciso, per una pura coincidenza, ieri si è tenuta, sempre in Senato, una conferenza internazionale sul ruolo chiave dell'Italia nelle politiche vaccinali globali, organizzata da Glaxo Smith-Kline, ovvero dal maggior produttore mondiale di vaccini.

Con la solita scusa delle pandemie in arrivo (nonostante l'esperienza passata dei tanti falsi procurati allarmi impuniti costati milioni allo stato) e dell'insostenibilità del welfare (messo a rischio per altro da politiche economiche recessive applicate senza un'apparente motivazione logica e, ancora,  prosciugato dalle esigenze di migliaia di migranti da assistere dalla culla alla tomba a spese dei paesi ospiti), si introducono scelleratamente provvedimenti che aprirebbero la strada, in quanto precedente, alle proposte tipo quella di introdurre per gli anziani la vaccinazione antinfluenzale obbligatoria in cambio del diritto ad usufruire del Servizio Sanitario Nazionale (finora considerato diritto acquisito pressoché gratuito); una delle più aberranti proposte di ingegneria sociale che spero chi di dovere avrà la decenza di non far mai passare. Dopo il tentativo di penalizzare chi beve, fuma e in generale ha comportamenti non conformi al modello di salubrità scritto sulle tavole della legge della prevenzione, si passa ad una vera e propria selezione mediante ricatto economico. "Il reddito rende liberi", scriveranno all'entrata degli ospedali.

Si sta affermando, nel silenzio complice delle (in)coscienze e senza l'indignazione che sarebbe necessaria per risvegliare quelle dormienti da troppo tempo, il principio della negazione della libertà individuale, senza la quale non vi è e non vi può essere libertà né stato democratico. Per questo stesso principio, ossia la negazione della libertà individuale, un domani potranno somministrarvi qualunque sostanza, potranno microchipparvi come i cani per controllare quanti secondi effettivi avete lavorato e trattenervi il salario per i minuti secondi mancanti, e non potrete rifiutare i trattamenti sanitari obbligatori perché, non solo in quel caso non potrete più curarvi gratuitamente, ma potrebbero decidere che la vostra casa è diventata un lusso che non potete più permettervi e che dovrete cedere a qualcun'altro per ritirarvi in un parcheggio per pre-morituri.
Ah, naturalmente, siccome godrete purtuttavia di lussuosi diritti civili cosmetici grazie all'infinita bontà dei partiti progressisti, potrete sempre in qualunque momento decidere di darvi una morte volontaria dignitosa, facendovi fare un'iniezione letale da un amico.
Per il bene della collettività, ovvero di un'entità astratta, viene stabilita la liceità di fare potenzialmente il male - o comunque di non dover impedirlo ad ogni costi - di ogni singolo individuo di carne e ossa, come si è sempre fatto in tutte le dittature. Questa è la dittatura dell'élite e forse solo di una parte di essa, certo, ma il collettivismo ovino è il mezzo con il quale essa è riuscita, per affinità elettive, a far innamorare perdutamente le sinistre mondiali e ad asservirle, in modalità cinquanta sfumature, ai suoi voleri. Basta sentire i loro figuri come squittiscono di gioia quando viene paventata l'ennesima esclusione punitiva e rieducativa dei dissidenti dal novero della massa magmatica omologata del gregge. Il totalitarismo a fin di bene che sta devastando questo sciagurato inizio millennio.

Come si fa a non capire, e mi rivolgo chi di dovere, che quando si viene considerati non conformi fin da bambini ciò che viene brutalmente posto in gioco è il principio della personalità, dell'essere soggetti unici ed irripetibili delimitati da confini corporei e mentali, distrutti i quali vi è solo l'anomia dell'individuo magmatico indifferenziato come la monnezza tanto caro agli ingegneri folli del globalismo? E perché non capire che quando si vorrebbe stabilire che, diventati non conformi, i bambini possono essere tolti ai loro genitori - come paventava una prima versione del decreto Lorenzin - ed affidati a non si sa chi (ai Forteti?) in nome della collettività, le porte dell'inferno sono pronte a spalancarsi?
A nessuno che fosse sinceramente e profondamente rispettoso della libertà e personalità individuale potrebbe mai venire in mente di togliere i figli ai genitori a causa di un loro atto di libero arbitrio. A chi volesse invece perseguire un disegno totalitario, parrebbe non solo normale ma auspicabile e comincerebbe sicuramente considerando i dissidenti come individui a razionalità limitata; limitata proprio come la sovranità. I due concetti sono intrinsecamente collegati, infatti, e i Ricciardi lo sanno benissimo.

I bambini sono da sempre il bersaglio preferito delle dittature, perché il pensiero magico che periodicamente illude gli stregoni di poter plasmare gli individui secondo i desiderata del momento, per renderli docili burattini, trova in essi i soggetti ideali per la creazione dell'Uomo Nuovo. Ecco quindi la necessità di limitare al minimo o possibilmente eliminare l'influenza della famiglia di origine sul bambino. I bimbi non sono più tuoi e mentre un tempo erano del Fuhrer o del Partito, ora non lo fo per piacer mio ma per dare un bimbo ai Mercati.
Se vuoi accaparrarti i piccoli al fine di creare futuri domestici fedeli e discreti, sempre all'occorrenza intercambiabili con sempre nuovi modelli, devi allontanarli da coloro che potrebbero proteggerli. Devi colpevolizzare le madri rispolverando la teoria della "mamma frigorifero" per spiegare i casi sempre più frequenti di autismo, devi castrare e disarmare il padre, renderlo inoffensivo. 
Se la mamma è cattiva lo sarà anche il babbo (anzi di più in quanto ex maschio sciovinista, sessista e misogino) e quindi sarà giusto in ogni circostanza che paia al regime affidare ad altri questi piccoli. Magari a quello stato minimo concesso ai propri collaborazionisti per coprire al minimo le vergogne e salvare le apparenze. Uno stato svuotato della sua democraticità, un puro guscio di di vuota burocrazia.

La salvezza di questo paese, lungi dall'essere un fatto unicamente economico, passa soprattutto dal ristabilimento di un senso democratico profondo che consideri i cittadini non più i capi di un gregge, individui a sovranità personale limitata ma individui liberi di scegliere ciò che essi considerano il bene proprio e dei propri figli. La battaglia non contro i vaccini ma contro l'obbligo vaccinale sarà decisiva. Io sono pronta a combatterla.

venerdì 5 ottobre 2018

La vaccinazione antinfluencer



Siamo lo spettro che si aggira per l'Europa, siamo la talpa infetta che scava nella storia. Noi non lo avremmo voluto, ma hanno fatto tutto loro e ormai ci tocca.Con una mossa infantile e assai bucapallonista che svela il marasma nel quale ormai è precipitata la Mente Unica Piddina, essa sta bloccando su Twitter tutti coloro che non sono conformi al suo frame. 
Questo grande bla-bla-bla con le mani sulle orecchie ha colpito anche chi non seguiva direttamente e polemicamente i tweet del PD tanto che si segnalano perfino casi di fuoco amico tra i Conformi.
Premesso che il blocco mi onora, datosi che tra i bloccati sono annoverate alcune tra le più interessanti voci critiche del Dissenso, chiamiamolo genericamente così per evitare le solite etichette limitative, mi viene da pensare che questa non sia altro che la campagna autunnale di vaccinazione contro il più temibile dei virus: quello che ti fa cambiare idea.

Gli spettri e le talpe infatti praticano la tecnica sopraffina del pensiero critico autoprodotto e non riprodotto, riescono ad esprimere un concetto e un'opinione con parole proprie e perfino a generare parole nuove con le quali comporre nuove idee. Soprattutto si influenzano a vicenda, mettono in condivisione contenuti, si scambiano insight, giungono assieme a conclusioni e danno alla luce inferenze. Cercano sempre nuovi nodi per ampliare la propria rete neuronale. Se apprendono strade nuove modificano le proprie strutture mentali e alcune di esse le demoliscono senza pietà. Soprattutto siamo, noi spettri e talpe, menti originali ed irripetibili, ognuna con la propria personalità.
E' evidente che le nostre idee pericolosamente estranee e non conformi ma soprattutto il modo in cui le generiamo potrebbero intaccare le difese delle ultime pecorelle rimaste, superarne le barriere immunitarie d'appartenenza ed infettarle con il morbo del dubbio, il germe del sospetto, generando infine la febbre della consapevolezza del tradimento; aprendo infine vie di fuga e suggerendo strategie di salvataggio. 

Siamo evidentemente contagiosi e potenzialmente letali, quindi, per preservare l'immunità del gregge, concetto tra i più pervasivi della Mente Unica Piddina e a lei più cari, gli ormai paranoici gestori del baraccone della comunicazione dem hanno pensato bene di isolarla in una campana di vetro dentro la quale risuonerà solo il suo unico pensiero, in un delirio autoreferenziale autistico. Il tentativo di conservazione sotto formalina dell'appartenenza ormai putrefatta.
Immunizzata contro la percezione del reale, la Mente Unica Piddina, fotocopiata in ognuno dei suoi  fedeli e passivi ripetitori Conformi, dovrebbe poter continuare a masticare e rivomitare slogan, non idee; fallacie invece che logica, ottusangolarità invece che  singolarità.
Io te lo auguro, cretinetta, ma ho l'impressione che questo delirio da dittatura agli sgoccioli sarà il preludio alla tua fine.

P.S. Per le cose serie, c'è da leggere l'ultimo del Pedante. Ci blocchino pure. Abbiamo altri problemi da risolvere, noi.

sabato 29 settembre 2018

"Immunità di legge" e l'eroismo della conoscenza


Non capita tutti i giorni di finire di leggere un libro e ricominciarlo subito da capo per cercarvi, riuscendoci, ancora ulteriori spunti di riflessione ed altri ancora. A me è capitato pochissime volte e l'ultima è stata con questo libro scritto a quattro mani da "Il Pedante" e Pier Paolo Dal Monte, "Immunità di legge", uscito martedì scorso e che ho avuto il piacere e l'onore di poter leggere, in prima lettura, in anteprima. 
Questo volume è un altro passo avanti verso quella riappropriazione del proprio destino attraverso la rivendicazione del puro e una volta scontato principio di realtà, ora divenuto eversivo anche se solo nominato, che persone diverse per formazione e provenienza culturale stanno perseguendo con una tenacia e dedizione che non si può far altro che definire eroica. L'eroismo della rivendicazione della conoscenza come salvezza, dell'unica luce che illumina queste tenebre della depressione indotta, della premeditata e scientifica, in senso mengeliano, privazione di un futuro per i viventi questi tempi mummificati.

Il nuovo secolo, incistato nel pensiero a senso unico inverso, lungi dal vergognarsene,  si vanta di voler divenire per la scienza o, più semplicemente, per la Conoscenza, ciò che il Seicento fu per la letteratura italiana. Un secolo in standby, oppresso dalla cappa della censura, in attesa di chissà quale rivoluzione culturale che lo scuota dal torpore e lo liberi dalle catene troppo spesso autoimposte. Mala tempora currunt.
Il progresso, imboccata la via della regressione maligna verso l'a-civiltà autodistruttiva e teso alla mera ricerca del profitto attraverso il suo braccio politico, sta implodendo su sé stesso, lentamente ma inesorabilmente. Il pensiero in tutte le sue declinazioni è imprigionato in una sorta di incantesimo malvagio, langue nel torpore da fumeria d'oppio di tempi dove l'omologazione al nulla e la conseguente tendenza all'autoannichilimento sono ormai la norma. 

Da quanto tempo non si contano più scoperte scientifiche, non si inventa più nulla e non ci si evolve che dalla versione 2.0 alla 3.0, 4.0 e così  via, fino a limitarsi a riciclare idee del passato o a stravolgerle in senso opportunistico, secondo le esigenze di mercato del momento? 
La tetraplegia della scienza, la sua impotenza di fronte ai tribunali dell'Inquisizione del tardo capitalismo è forse l'aspetto più inquietante e inedito di quest'epoca che sembrava essere, appena qualche decennio fa, inarrestabile nella sua corsa verso la conoscenza di ogni cosa. Purtroppo invece la tecnologia è mutata in tecnocrazia, la quale può anche decidere che il progresso scientifico al servizio del miglioramento delle condizioni di vita delle persone, non è necessario o vantaggioso. Magari perchè "costa" e "non ci sono i soldi". 
Pensiamo al destino della ricerca per le malattie rare, alla quale si preferisce la moltiplicazione delle malattie inesistenti, dei falsi positivi e in definitiva la cronicizzazione della malattia e la fidelizzazione a vita del malato. Life without parole. Ergastolo senza condizionale. La "pillola per la pressione" a vita.

In alcuni casi, per disturbi psichiatrici come la depressione, si può scoprire che essa è funzionale a spegnere i bollori di popolazioni sempre più insoddisfatte dallo status quo e decidere di rendere inaccessibili i farmaci che dovrebbero curarla e magari una volta la curavano davvero e sostituirli con altri inefficaci o perfino dannosi.
Il farmaco scartato come antidepressivo, magari perché induceva al suicidio qualche paziente di troppo, può essere riciclato ora come pillola antifumo o "per dimagrire" ma anche malattie oramai quasi scomparse possono diventare di punto in bianco l'utile e perfetto spauracchio per imporre politiche di sanità pubbliche tese al controllo della società, naturalmente vendute, dal Grande Fratello, come "a fin di bene". Che il Bene sia il nuovo Male, ormai è evidente.

"Immunità di legge" non è un libro sui vaccini né tantomeno contro i vaccini. Utilizza la metafora vaccinale come chiave per offrirci la visione quasi intollerabile dell'attuale asservimento della scienza a scopi tutt'altro che scientifici. Perché il decreto Lorenzin, appunto, non riguarda i vaccini ma il concetto di trattamento sanitario obbligatorio. Quello che, in ambito psichiatrico, si riserva, come estrema ratio e con mille precauzioni di ordine morale e sociale, ai più riottosi e pericolosi malati di mente.
Come fanno notare giustamente gli autori, se l'introduzione del decreto aveva carattere emergenziale,  dovendo far fronte a chissà quale rischio pandemico mortale, l'unico motivo per il quale sarebbe, in linea di principio, giustificato il T.S.O. perché, di fronte alle rimostranze ed alle perplessità di opinione pubblica e medici, è stato poi ridotto il numero dei vaccini obbligatori da dodici a dieci? Forse perché non vi era alcuna emergenza pandemica? E perché minacciare, dichiarandolo apertamente, di voler togliere addirittura la patria potestà ai genitori che non vaccinassero i figli secondo i sacri protocolli? Una mostruosità e i cui autori si guardano bene dal rispondere alla domanda che ne scaturisce: "Toglierli ai genitori per affidarli a chi, a qualche Forteto"?

Se nessun bambino, nonostante lo zelo ideologico di alcune realtà locali, è stato finora allontanato dalla famiglia (e ci mancherebbe!) dall'inizio dell'anno scolastico il decreto Lorenzin sta di fatto impedendo a bambini sani di frequentare la scuola perché privi, per svariati motivi, della certificazione vaccinale prevista. Questa situazione più che incresciosa finora non ha trovato una vera volontà di soluzione da parte del governo in carica e in specie del ministro della Sanità Grillo,  la quale, nonostante i proclami pre-elettorali a riguardo, tergiversa, pasticcia e confonde le idee. Questo è un punto, gentile ministra, sul quale chi ha sostenuto quella coalizione, essendo la posta in gioco non quattro vaccini ma la conservazione della propria sovranitò corporea e mentale,  credo non sia disposto a transigere ancora per molto. 

Leggendo il libro, del resto, si può capire come dietro ai vaccini vi sia un combinato Totem e Tabù che coinvolge poteri e interessi al di là del raggio di azione del ministro di una lontana autoproclamatasi, grazie ad una serie di governi fantoccio, colonia dell'impero.
Il decreto Lorenzin è, tra l'altro, quasi la fotocopia della legge SB 277 della California, la più restrittiva degli Stati Uniti in ambito vaccinale, che anch'essa impedisce ai bambini di accedere alla scuola se privi di certificazione, che rende obbligatori una decina di vaccini e che fu varata nel 2015 sull'onda più emozionale che emergenziale di una epidemia di morbillo scoppiata a Disneyland l'anno prima. La solita politica del Patriot Act. E' l'emergenza che causa il provvedimento o viceversa? 
Chissà inoltre se il Bill Gates padrone di Microsoft che risulta essere, con i suoi 350 milioni di dollari, il maggiore finanziatore privato dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) attualmente concentrata come non mai sull'industria dei vaccini è lo stesso Bill Gates che ogni tanto paventa pandemie in grado di decimare la popolazione mondiale, invitando l'industria a mettere a punto sempre nuovi vaccini? Quella del creatore dell'unico sistema operativo vulnerabile ai virus e quindi dipendente dall'esistenza dei programmi antivirus, è una metafora sorprendente della sublimazione nevrotica; anche di coloro che, non essendo egli medico e quindi non titolato, secondo il primo postulato di Burioni, a parlare di cose mediche, non si sognano di dargli del somaro e di invitarlo ad andare a studiare.

Infine, non dimentichiamo che il decreto Lorenzin nasce dall'investitura dell'Italia ancora politicamente docile e passiva, sempre nel 2014, a guida per i successivi cinque anni delle strategie e campagne vaccinali nel mondo, su indicazione del Global Health Security Agenda(GHSA) svoltosi alla Casa Bianca. Nel comunicato successivo dell'AIFA compare la quasi ammissione della vera motivazione che potremmo definire “bellica” di queste politiche di vaccinazione di massa:

“Sul tema della salute dobbiamo rafforzare la cooperazione internazionale - ha affermato il Ministro Lorenzin - Il tema dei vaccini sarà una delle priorità durante il semestre italiano di Presidenza Europea. Il nostro Paese si trova al centro dell’area mediterranea e le molte crisi internazionali hanno portato a nuovi imponenti flussi migratori. È necessario rafforzare i controlli nei confronti di malattie endemiche riemergenti come polio, tubercolosi, meningite o morbillo. Se vogliamo evitare il collasso dei sistemi sanitari del Vecchio Continente dobbiamo rafforzare i processi di vaccinazione verso tutte le persone che vivono in Europa. L’Italia, attraverso l’operazione Mare Nostrum, ha svolto oltre 80.000 controlli sanitari negli ultimi mesi. Abbiamo già sufficiente esperienza per coordinare campagne di prevenzione contro nuove possibili epidemie”.
Ricordiamo sempre che Essi non potrebbero mai farlo senza i media che ci raccontano che "i migranti non portano malattie, casomai le prendono da noi", trasmutando il principio scientifico di precauzione della quarantena in pregiudizio razzista, ovvero in una questione morale, rovesciando il senso come è oramai prassi consolidata di questo regime tecnocratico.

E' quando però si addentra nella palude delle fallacie che sottendono ai provvedimenti liberticidi camuffati da periltuobenismo, che questo libro ti prende la testa, te la ficca sotto l'acqua gelida e ti fa passare qualsiasi residuo di sbornia indotta dalla propaganda. 
Ecco la Scienza sacrificata sull'altare del profitto dal furore inquisitorio di chi si arroga il diritto di dichiarare superato il metodo scientifico, ovvero l'insieme dei principi metodologici che rendono una ricerca valida fino a che non verrà dimostrato, da chiunque sia in grado di farlo, il contrario delle sue conclusioni. Quel principio democratico intrinseco all'esercizio della curiosità che è esattamente l'opposto, ancora in perfetto stile inversione del senso, del celebre assunto "la scienza non è democratica", proferito da chi si è autoeletto classificatore arbitrario dei propri colleghi selezionandoli brutalmente: di qua gli esperti, di là i somari. Questi ultimi destinati a far pelle di tamburo, ovviamente. 

Il metodo scientifico è ormai superato e sostituito dall'appartenenza non solo al clero accademico ma al sistema politeistico degli dei e semidei unti dalla Sacra Intuizione. Quella che "i vaccini sono assolutamente sicuri", ad esempio. L'autorevolezza sostituita dall'autoritarismo ad auctoritate. Il tribunale dell'Inquisizione si occupa degli eretici e dei nemici della Fede. Una ricerca scientifica non deve dimostrare qualcosa, deve solo assoggettarsi al sistema di valori ed alle priorità prestabiliti. Chi la redige deve appartenere al clan, utilizzare le parole d'ordine, dimostrare la propria indiscussa fedeltà al dogma. 

Come tutto ciò rappresenti la morte della Scienza e la spiegazione del suo stato di attuale immobilità è evidente, ma il libro lo dimostra rendendoci democraticamente gli strumenti cognitivi senza i quali potevamo perfino andare ancora avanti per anni non accorgendoci che qualcosa non funzionava e pensando che stesse andando tutto va bene.
Per riappropriarvi della conoscenza, tutto ciò che dovete fare è accendervi e sintonizzarvi su questo libro.