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martedì 12 settembre 2006

La cura Ludovico

Ho mantenuto la promessa. Non ho guardato un minuto delle trasmissioni celebrative dell’11/9, anche se non ho potuto evitare il servizio del TG1 a riguardo, con il Dabliù in gramaglie che ha portato la coroncina a Ground Zero aggrappato a Laura.
Ho letto però qualche articolo di giornale e i post dedicati all’anniversario nella blogosfera e voglio fare qualche considerazione.

Ho notato tendenzialmente due approcci diversi nel ricordare l’avvenimento. Un certo fastidio, soprattutto a sinistra, giustificato dal ragionamento che i morti che ci sono stati dopo, proprio a causa delle guerre fatte dagli americani, sono stati molti di più, e un atteggiamento di “ricordiamo ma in silenzio, non c’è niente da dire”, prevalente nel centrodestra.
Io penso che entrambi i ragionamenti siano proprio ciò che gli organizzatori degli attentati volevano ottenere.

Quel giorno abbiamo avuto un grande shock iniziale, vissuto in diretta, un bombardamento di immagini, emozioni forti, impossibilità di non guardare.
Notate l’aspettativa creata tra l’attacco alla prima e alla seconda torre. Un aereo ha colpito un grattacielo di New York. Cosa succederà ora? L’ansia cresce, attentato o incidente? Comunque stiamo tranquilli, quegli edifici sono studiati per resistere a questi impatti.
Intanto si è dato modo a tutte le troupe televisive di piazzare le telecamere, di cercare ogni possibile inquadratura del teatro. Poi il secondo schianto, un altro aereo sulla seconda torre, a pochi metri di distanza. Cazzo, allora non è un incidente, è un attentato. Lo shock viene ripetuto e in tal modo amplificato affinché non sussistano dubbi sul fatto che quel giorno avremmo assistito a qualcosa che non avevamo mai visto prima, alla materializzazione dell’impossibile. Due eventi quasi improbabili si sono già verificati: due grattacieli di New York che vengono colpiti da due aerei a distanza di pochi minuti, ma ancora di più, uno dei grattacieli improvvisamente si sbriciola sotto i nostri occhi. E dopo ancora diversi minuti anche l’altro, nello stesso identico modo! Eventi altamente improbabili che dicono “tutto ciò sta avvenendo veramente, tutto è possibile”. In quel momento non si scuote solo emotivamente chi assiste ma si frantumano anche le sue certezze cognitive. Anche la logica, la statistica, la fisica vengono polverizzate assieme alle torri.

Da quella sera stessa il bombardamento si fece ideologico, l’evento avrebbe giustificato qualunque cosa, che vi piacesse o no. Erano stati gli islamici, i “nostri” nemici, (per buon peso vennero anche mostrate false immagini di palestinesi festanti), si speculò sul numero delle vittime: Vespa nello speciale Porta a Porta ipotizzò 20.000 morti nelle torri. Oltretutto c’era stato anche l’aereo del Pentagono (che nessuno ha mai visto, ma non importa, se hai visto crollare le torri in quel modo puoi credere a tutto), e l’aereo fantasma in Pennsylvania (qui non c’è nemmeno il buco, è puro atto di fede.)
Poi in ottobre venne l’antrace, della polvere bianca sparsa negli uffici del capo dell’opposizione democratica Tom Daschle nel Parlamento e in novembre il Patriot Act, una legge speciale che, invece di perseguire i terroristi arabi, limita fortemente le libertà civili degli americani ed è tuttora in vigore. Eventi che avrebbero meritato qualche approfondimento giornalistico in più e che invece sono caduti nel dimenticatoio molto presto. Meglio non farsi certe domande.

Le immagini della Cura Ludovico furono poi riproposte per settimane tutti i giorni ad ogni ora del giorno, l’impatto su una delle torri fu usato nella sigla del TG2 per molti mesi. Attenzione, le immagini televisive non più in diretta non rendevano ormai fino in fondo la tragedia vera (è molto diverso vedere la torre crollare e basta, magari con sottofondo musicale e montaggio d’ordinanza e sentire anche il boato, le urla della gente e il pianto disperato di un testimone) ma solo la sua componente spettacolare, cinematografica, televisiva, anche se continuavano ad essere fortemente ansiogene, ovviamente.

Qualcuno disse allora che la valenza mediatica di quelle immagini era più di “ciò che nessun action movie o film catastrofico aveva mai osato mostrare”. Se non suonasse irrispettoso per le vittime si potrebbe dire che sembrava anche un cartone animato, nel quale ti aspetti che Wile Coyote, dopo essere precipitato, si rialzi e ritorni ad inseguire Beep Beep. Oppure la più grande illusione di David Copperfield.
Voglio dire che la rappresentazione televisiva dell’Evento a quel punto era solo un rinforzo percettivo all’opera di propaganda verbale che doveva sostenere tutte le prossime guerre a venire.
Cosa ci hanno ripetuto per mesi, anche prima delle previsioni del tempo e della rubrica di cucina o i risultati della B: “dall’11 settembre tutto è cambiato”, “dopo l’11 settembre niente sarà più come prima”. Tutto ciò che accadeva era conseguenza dell’11 settembre e noi dovevamo accettarlo. Come per miracolo sparirono anche i no global che tanto casino avevano fatto fino a quel momento. Tutto il mondo aspettava in silenzio ciò che sarebbe avvenuto dopo, la grande vendetta del gigante ferito.

Oggi a distanza di cinque anni, abbiamo una reazione di nausea, di saturazione davanti alle immagini delle torri in fiamme. E anche un senso di paura, memoria del trauma. La versione ufficiale ci rassicura e tranquillizza come una bella pastiglia di Tavor. Si, è vero ci sono tante incongruenze ma, basta non voglio pensarci più, sto male.
E’ rimasta poca pietà per i quasi 3000 morti, quasi tutti operai, impiegati, inservienti, donne delle pulizie, gente appena assunta che non osava scappare perché temeva di perdere il posto, compagni che leggete!
Oppure si vuole ricordarli in silenzio, senza esporci, con un bigliettino di circostanza e una preghiera ma in fondo ci infastidiscono, come i parenti poveri. Ci ricordano cose spiacevoli.
Tranquilli, era tutto previsto. Una buona dose di ultraviolenza deve generare il desiderio di rimozione, di tranquillità, di non discutere, di accettare tutto, di leccare la scarpa volentieri al potere.
Sono rimasti quei rompicoglioni dei parenti delle vittime che fanno combutta con i fanatici delle cospirazioni e si fanno troppe domande. Purtroppo c’è sempre chi non riesci ad ipnotizzare, il pazzo che ha le porte della percezione spalancate e chi magari non ha visto tutto in diretta quel giorno e non ha fatto la cura completa.
Quel giorno terribile ci ha insegnato che tutto ciò che è accaduto a New York potrebbe accadere anche a noi, ma rifiutiamo di accettarlo, nonostante Madrid e Londra e tutto ciò che è venuto dopo.
A chi conosce un poco i meccanismi della mente umana ha insegnato che si può giocare con la percezione, che il dogma non appartiene solo alle sfere del sacro e che la mansuetudine del popolo, la rinuncia alla polemica e alla giustizia è la più grande vittoria dei terroristi.
"Più grande la bugia, più la gente la crederà".

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