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sabato 31 agosto 2024

RICEVO DA DAN BROWN E VOLENTIERI PUBBLICO






La stolida ripetitività degli slogan dello Stige della propaganda orwelliana nel quale siamo immersi cercando ogni giorno di non dover bere il suo veleno, deve essere rigettata senza pietà. Devono essere sbeffeggiati soprattutto coloro che invece ne trangugiano a boccali, convincendosi che sia acqua di sorgente, perché vogliono ingraziarsi il Potere. E' come se dicessero: "Vedi, siamo dalla tua parte, siamo innocui, trovaci uno strapuntino nell'arca, quando sarà il momento. Non sporchiamo e mangiamo pochissimo. Stiamo lì, buoni buoni, non ci sentirai nemmeno."  
Ecco quindi un divertissement per l'amico Andrea sulla questione "Dan Brown", ma anche una satira contro quei volonterosi antipapalini che praticando l'inerzia attiva stanno agevolando il Precursore e preparano il doppio antipapato turbomodernista.  
"Stefa', l'hai voluto tu."


                                                                                                                          Rye, NH      31 agosto 2024

Egregio Mr. Cionci,

lei si starà domandando il perché di questa mia lettera ma quando avrà terminato di leggerla capirà perché ho sentito il bisogno di contattarla per esprimerle tutta la mia più sincera riconoscenza.

Grazie a lei ho potuto infatti capire da dove provenisse, e finalmente liberarmene, quel fastidioso acufene che mi tormentava da almeno tre anni o forse più, causandomi le pene dell’Inferno di Dante - mi scusi se mi autocito, ma sa, ogni royalty lasciata è persa.

Accenno brevemente all’antefatto per non annoiarla. Da parecchio tempo, le dicevo, ogni mattina mi svegliavo con il fischio di un treno in corsa che mi urlava all’orecchio il mio nome. Questo fenomeno si ripeteva molte volte al giorno e la cosa divenne sempre più insopportabile perché non sentivo più solo il mio nome ma un coro di tante voci piuttosto sguaiate che, oltre a chiamarmi “Daaan! DaanBrown!!”, irridevano i miei libri definendoli “romanzetti”.

Oltre al tormento dell’acufene, iniziai anche ad avere un sogno ricorrente, un incubo piuttosto angoscioso. Ero nell’aula di un tribunale che sembrava quello dell’Inquisizione e c’erano queste figure incappucciate di bianco con delle grandi spade rosse ricamate sul petto che stavano giudicando qualcuno che non riuscivo mai a vedere in volto ma che era accusato di eresia e ingombedenza – non so che significhi, non parlo italiano - mentre io non capivo perché fossi lì come testimone dell’accusa. Il sogno finiva sempre con questo giudice – si chiamava Matteo, o Maffei, non ricordo bene, che intimava all’imputato di confessare di aver scritto “un romanzetto alla Dan Brown” - cosa che mi irritava parecchio, devo dire - e un altro identico all’inquisitore del “Nome della Rosa” del vostro Umberto Eco che, indicandomi, mi gridava in faccia, pieno di rabbia, che se io avevo scritto i miei libri era colpa del concilio, quindi dovevo essere condannato anch’io assieme all’altro imputato. La sentenza di condanna era sempre pronunciata da due eminenze, una vestita di bianco e l’altra di rosso, che tutti riverivano e che chiamavano rispettivamente antipapa e papa ombra, dei quali sembravano avere un sincero terrore. Per fortuna, mentre iniziavano ad accendere la pira per me e quell’altro, riuscivo finalmente a svegliarmi.

Cominciai a credere di aver evocato qualche entità a furia di scrivere di misteri e, diciamolo, di frequentare certi ambientini. Che diamine, pensavo, non sono mica il mio amico Stephen King che sguazza tra clown assassini, hotel infestati e ragazzine possedute; io scrivo di cose serie, di simbologia, di trame sofisticate, ho venduto 200 milioni di copie, mica si scherza.

Orbene, il mio tormento è improvvisamente cessato quando Mary, una mia collaboratrice di origini italiane e avida lettrice dei giornali del suo paese, nonché devota cattolica, un giorno mi fa:

“Mr. Brown, ha letto di questo scrittore italiano che copia i suoi libri? Guardi qui. In questo articolo di un giornale cattolico si parla di una strana storia, di un complotto ai danni di Benedetto XVI, del papa emerito che parlava con un codice criptato e di un giornalista che scopre che papa Francesco non è papa perché riesce a decifrare il codice del vero papa. Lo sa come si intitola il libro di cui parlano? “Codice Ratzinger”.

Perbacco, pensai, allora è vero, come si dice, che quando ti fischiano le orecchie è perché stanno parlando di te. Pensai anche che l’idea del complotto papale non era affatto male ma che se qualcuno mi stava copiando avrei fatto valere i miei diritti. Contattai lo studio Benson, Milton & Morgenstern di New York pregustando una bella causa per violazione di copyright ma il giorno dopo mi chiama Jack Milton e mi dice: “Dan, non ci sarà alcuna causa. C’è effettivamente un giornalista italiano che ha scritto un libro intitolato “Codice Ratzinger” ma non è un romanzo, è un libro di inchiesta giornalistica, è saggistica. Sembra tutto regolare, parla perfino di diritto canonico e come avvocato l’ho trovato molto interessante. Infatti è un best-seller. Te ne sto mandando una copia. Leggilo e fammi sapere.”

Così grazie ad un incubo ed al fischio di un treno ho letto il tuo libro – permettimi di darti del tu, a questo punto. Devo ammettere che sono un po’ invidioso perché la storia che racconti avrebbe potuto effettivamente fare la sua bella figura in un mio romanzo. Peccato però che sia come dice il mio avvocato, una bella inchiesta giornalistica con un bel congegno logico – che dobbiamo a Ratzinger, che racconta la storia di un’usurpazione papale. Mentre lo leggevo riflettevo che la realtà offre sempre spunti migliori di quelli di qualsiasi fantasia di romanziere.

A questo punto devo farti una confessione. E’ già da un bel po’ che sono in pieno crampo dello scrittore; ho pochi stimoli, pochissime idee e stavo perfino pensando, al diavolo i romanzetti alla me stesso, di darmi alla saggistica, pubblicando uno studio su un bell’argomento serio, un saggio corposo e documentato: scientifico insomma. Magari quel progetto che tengo nel cassetto dai tempi dei miei studi seri di crittografia. Penso che lo scriverò davvero. Te lo dedicherò. così potrai avere la tua vendetta e dire che stavolta “Dan Brown ha scritto un saggio all’Andrea Cionci”.

Capisci quindi da dove derivi la mia riconoscenza nei tuoi confronti. Ah, se hai bisogno di un testimone, fammi un fischio (si fa per dire).

Con i miei più cordiali saluti,

tuo

Dan Brown

P.S. Dottor Cionci, sono Mary, la collaboratrice di Mr. Brown. In realtà lui non riesce ad iniziare il nuovo saggio sulla crittografia e quando si arrabbia dice che è colpa di quelli che, per darle addosso, si sono inventati la storia del “romanzo alla Dan Brown”, e che sta pensando di citare per danni.

Però almeno ha ricominciato a lavorare ed è un bene perché, da quando gli era preso il crampo dello scrittore, non lo si sopportava più, sempre tra i piedi in cucina. Di qui le giunga anche la mia di riconoscenza. Ossequi, Mary.

martedì 20 agosto 2024

LA COMPAGNIA DELL'ANELLIDE, I DUE PAPI E IL RITORNO DEL PAPA RE

 


Siamo in attesa che il Cielo entri nell'istanza sulla magna quaestio derivata dal "sacro golpe contro Benedetto XVI"; quaestio che è ancora vexata perché chi per competenza canonica potrebbe e soprattutto dovrebbe risolverla tace paralizzato dal terrore, in barba al "non abbiate paura" che ripeteva sempre S. Giovanni Paolo II; oppure sta illudendosi di poter mediare tra mondi e visioni che sono in radice inconciliabili tra di loro perché teologicamente opposti. 
Mentre attendiamo parliamo intanto di un fenomeno imbarazzante e tristissimo, nonché disgustoso, che si è venuto a creare nel mondo cattolico e che sta determinando un'evidente degenerazione nella discussione sulla questione dell'impedimento di Papa Benedetto. 

Mi scuso preventivamente se in questo articolo non riuscirò ad essere moderata, controllata, ricreando quel "personaggio di donna signorile, gentile, intelligente" che ero prima che rivelassi "a chi non è del tutto cieco" chi sono io veramente, ovvero "un asino che si finge un cavallo e poi raglia",  come mi ha galantemente scritto su Facebook un campione del tradizionalismo cattolico. Quel tradizionalismo che ha deciso di passare alla storia come il più fenomenale puntello che Bergoglio potesse mai sperare di trovare.

Negli ultimi tempi sui miei social sono stata oggetto anch'io di un crescente bullismo da parte di quel mondo a causa dei miei post sulla questione della sede impedita di Papa Benedetto della quale mi sto occupando molto perché la trovo di fondamentale importanza da tutti i punti di vista. Se l'aver hackerato la Chiesa Cattolica vi sembra cosa priva di conseguenze per il mondo intero allora, ha ragione Andrea Cionci, sappiate che possono di nuovo farci di tutto.

Tuttavia le offese alla mia persona, le svalutazioni manipolatorie tipo "non ti riconosco più", "come ti sei ridotta", "mi fai pena", ecc., finché non si rendesse necessario difendere la mia reputazione personale nelle sedi appropriate, non mi toccano più di tanto perché qualificano solo chi le proferisce. Io sono niente rispetto alla persona e al simbolo che in realtà vogliono colpire.

Ciò che che mi sta facendo bollire il sangue è questo loro prendersela con Papa Benedetto, questo tormentarlo continuamente con la più infame delle accuse per un uomo di Chiesa, quella dell'eresia. Il tacciarlo di vigliaccheria, di essere scappato, di essere "modernista", che per loro è il peggiore degli insulti, ancora più di quello di essere poco virili. Insultano per giunta un morto, imbrattando la sua lapide con le loro sconcezze verbali chissà da chi ispirate, e schiamazzando come ubriachi sulla sua tomba. Perché lo fate? Perché non lo facevate quando Joseph Ratzinger era in vita, era Papa e perdonava i lefebvriani compreso il famoso Williamson di mons. Viganò, revocando loro le scomuniche?  Tutta gente che oggi fa le gare di freccette con il suo santino?

Stanno mettendo in scena una riedizione inversiva e francamente al limite della pura psichedelia del capolavoro di J.R.R. Tolkien dove questa imbarazzante Compagnia dell'Anellide è passata totalmente dalla parte di Sauron perché re Aragorn era a favore della repubblica e si è ritirato dagli Elfi per fare la bella vita. Quella che dovrebbe combattere nel Fosso di Helm contro Satana come tropa da elite è una compagine di monelli armati di fionde e cerbottane fatte con le penne bic riempite di palline di carta e di ceffi lanciatori di bombette puzzolenti, pur tuttvia animata dalla maschia convinzione che ne uccida più la radio che la spada.

Come tutti gli eserciti allo sbando si mandano all'assalto vecchi e bambini, come L'IMPLUME CATTO-CICAPPINO, il giovane stagista con il piglio del grande divulgatore armato di tutto il campionario delle fallacie del debunker e che usa controargomentazioni del tipo: "Ora smonterò pezzo per pezzo la teoria della sede impedita, che del resto è già stata autorevolmente smentita dato che si tratta di un mucchio di sciocchezze." Abbondantemente farcito della sicumera dell'assistente prediletto al quale il professore permette di vessare gli studenti all'esame, e imbeccato da chi di dovere, si permette di definire "mandria di pifferai" i ricercatori della sede impedita. Il debunker per definizione difende la versione approvata dal potere mondano di qualunque evento storico, quindi è in pratica un gatekeeper. In questo caso un difensore di Bergoglio e dei poteri che hanno detronizzato papa Benedetto e che mons. Viganò conosce assai bene da anni, fin da quando era protoQanonista. 

Per altro, se li analizzate, nessuno degli argomenti di questi confutatori maledictis regge sul piano del logos ma sembra ispirato più da una sorta di furia da difensore dell'ortodossia, però non religiosa ma politica, ideologica contro i nemici del popolo. Sono quanto di più simile vi sia oggi alle guardie rosse della rivoluzione culturale cinese e non se ne rendono conto. Anche se il compagno Chang è un bravo insegnante, deve essere rieducato in quanto insegnante. Se la realtà non rispecchia l'ideologia, tanto peggio per la realtà. E la realtà è che Benedetto è stato usurpato da un antipapa ma è lo stesso un nemico del popolo.

C'è anche un aspetto inquietante in questo furore anti-Benedetto. Visto che i loro attacchi sono letteralmente esplosi dopo che sui miei social ho pubblicato immagini della Santa Vergine e ho rilanciato il bel video di mons. Bamonte, esorcista, non vorrei che in loro albergasse qualche forma di possessione. Davvero, ragazzi, sono quei segni preoccupanti ed inequivocabili di cui parlava padre Amorth.

Appena un gradino evolutivo sopra gli UNA-KAI di Saruman e i RAHNERIANI GRIGI provenienti dal mondo della Luna-Cum, solitamente i molestatori e denigratori di Papa Benedetto più primitivi e feroci,  vi sono i CATTOCAVERNICOLI.
Sono quelli che vivono rinchiusi nella caverna di Platonia assieme ai Qanonisti a guardarsi piangendo i cinegiornali del Conclave del 1958, quello del papa mancato che sicuramente, nel loro delirio psicostorico, avrebbe impedito il Concilio Vaticano II affrontando virilmente a petto nudo il modernismo e sconfiggendo, indovinate chi? Joseph Ratzinger, il Darth Fener passato al lato oscuro della Fede.
Curiosamente essi ricordano solo Siri, mentre il povero Agagianian di Cilicia degli Armeni evidentemente non è abbastanza cool per la versione LifeSiteNews international. 
Inseguendo le ombre del Concilio, i cattocavernicoli prendono a colpi di pastorale chiunque cerchi di uscire o di entrare dalla caverna per testimoniare loro che là fuori c'è vita e c'è discussione su un fatto di vitale importanza: c'è un usurpatore sul trono di Pietro e bisogna capire come ristabilire la legalità. 

Poi ci sono i giornalisti americani che, mentre viene loro chiesto di informarsi sull'usurpazione del trono petrino e Bergoglio se la ride, sondaggiano su Twitter se i sacerdoti debbano ritornare a portare la tonsura a chierica. Quindi si collegano in DAD con l'Anti-contropapa di Platonia per intervistarlo e fargli raccontare quanto fosse modernista ed eretico Joseph Ratzinger. Lo stesso che perdonò colui che lo ha riconsacrato, per altro. Fatto mai smentito dall'interessato. Qui siamo veramente al top. 
Tutta la pastorale degli ANTICONTROPAPISTI può essere riassunta nel mantra: "Grazie mons. Viganò per tutto quello che sta facendoh." 
I fan club si preparino al vero doppio papato modernista, se non addirittura all'antipapessa Giovanna Ventiquattresima, il trionfo dell'androgino neognostico intersex per l* quale, in nome della privacy, non potranno più richiedere la prova della sedia gestatoria. 

Se ho dimenticato qualcuno della bella compagnia si consideri citato nei vari ed eventuali, come i vari TeleViganiani della controinformazione di rito nuovo e accettato. 

In conclusione, ogni cattolico dovrebbe rallegrarsi del fatto che dopo nove anni vi sia la volontà di far luce sul golpe contro Papa Benedetto che fu già chiaro allora a credenti e non, prima che questa verità venisse sepolta da tonnellate di cemento come se fosse stata radioattiva.
Ogni cattolico dovrebbe rallegrarsi che la questione possa essere discussa in una sede legale appropriata e ricevere finalmente attenzione mediatica. Ogni laico dovrebbe auspicare un chiarimento definitivo su una questione di geopolitica che sta condizionando guerre e progetti di dominio assoluto sull'Umanità.
Di cosa avete paura esattamente, compañeros dell'anellide? Che Sauron venga sconfitto davvero? Che Saruman vi sculacci? Avete il terrore che ritorni un vero Papa, stavolta legittimo e di nuovo Vicario di Cristo Re? Chi ha paura della giustizia e della verità in grado di sconfiggere una realtà corrotta e mendace, non può definirsi cristiano. Non offendetevi. Dovete starci, perché chi si pone a difesa del potere contro i propri simili, e di un potere antiumano, può e deve essere accomunato alle più basse forme di vita.

Ero indecisa se scrivere questo post. Trattando di coloro che visser sanza 'nfamia e sanza lodo, mi sarei volentieri limitata a citare Dante: «Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa». Però poi, tra l'asino e il cavallo, ha prevalso il segno dell'Ariete. Purtroppo, quando vedo il portone del palazzo del nemico da sfondare, io mi ci butto contro a testa bassa.

sabato 17 agosto 2024

Di titoli, papi, re, abdicazioni, volpi, leoni e cani


E' noto che è il titolo a fare la notizia ed è l'unico che passerà alla storia. Tanto che il titolista è quella figura specifica in redazione incaricata di trovare un titolo che al tempo stesso acchiappi l'attenzione e sintetizzi il succo dell'articolo che in alcuni casi, vista la volubile e volatile attenzione del lettore, non verrà da egli neppure letto. Scorrendo i titoli di una prima pagina ci si può fare un'idea precisa non solo di come la pensi quel giornale - ed oggi si tratta solo di capire a quante tacche di fedeltà al pensiero unico esso arrivi, ma in quale ordine di priorità le notizie debbano arrivare all'opinione pubblica e quali messaggi precisi debbano veicolare.

Tempo fa andai a ricercare le prime pagine dei giornali italiani che il 12 febbraio 2013 riportavano come notizia principale quella delle dimissioni di Papa Benedetto XVI, annunciate con la famosa declaratio da lui pronunciata in latino il giorno prima davanti ad alcuni cardinali in concistoro e che era stata lanciata  come notizia bomba dall'Ansa alle 11.46 di quell'11 febbraio, che qui riproduco.


E' interessante perché quel flash rimandava inevitabilmente al celebre papa abdicatario Celestino V di cui è andato perso l'atto ufficiale di abdicazione, ovvero la relativa bolla pontificia, ma che lo storico domenicano del Cinquecento Alfonso Chacón, un autore per altro non considerato sempre attendibile, nel suo "Vitae et res gestae Pontificum Romanorum" ricostruì come segue:
"Ego Coelestinus Papa V, motus ex legitimis causis, idest causa humilitatis, et melioris vitae, et conscientiae illaesae, debilitate corporis, defectu scientiae, et malignitate plebis, et infirmitate personae, et ut praeteritae consolationis vitae possim reparare quietem, sponte ac libere cedo Papatui, et expresse renuncio loco, et Dignitati onere, et honori, dans plenam et liberam facultatem ex nunc sacro Coetui Cardinalium eligendi et providendi dumtaxat canonice universali Ecclesiae de Pastore". 
Prendendo per buona la versione di Ciacconio, è chiaro che Celestino, da quel momento in avanti ritornato Pietro Angelerio, con questo atto cedeva il Papato per intero, con effetto immediato, rinunciando altresì a tutti i titoli, oneri e onori che competono al Pontefice e che lo faceva liberamente di sua sponte.
Ciò nonostante pare che, quando fu riacciuffato dagli sgherri di Bonifacio VIII che lo inseguivano nel suo tentativo di fuga, mentre lo conducevano alla sua prigionia, Celestino abbia rivolto questa frase al suo "sucesor":
«Otterrai il Papato come una volpe, regnerai come un leone, morirai come un cane».
Tornando ai giorni nostri ed ai titoli di quel 12 febbraio 2013, detto che alcuni parlano di rinuncia, come da diritto canonico che predilige questo termine a quello di abdicazione, e che altri invece utilizzano il "lascia il Pontificato", ciò che però ha attirato la mia attenzione durante la recente  rilettura di quelle pagine, è il commento di Massimo Gramellini su "La Stampa" dal titolo "Che tu sia Benedetta". L'autore,  commentando il gesto di Benedetto XVI, si rivolgeva idealmente ad Elisabetta II, regina del Regno Unito, invitandola, prendendo spunto da Benedetto XVI, ad abdicare in favore del figlio Carlo. What?! Un attacco di albionite acuta o una di quelle straordinarie libere associazioni mentali che tanto libere poi non sono e che a posteriori acquisiscono un certo retrogusto rivelatorio?
Che c'entra l'abdicazione di un re con quella, fin da allora dai contorni non chiari, di un Papa?

Sappiamo che ad un Papa, secondo ciò che ci ha raccontato ufficialmente la storia degli ultimi nove anni, basta leggere una dichiarazione ad un gruppo di cardinali, annunciando che sgombrerà l'appartamento pontificio a fine mese come se avesse ricevuto un avviso di sfratto per morosità. Non deve specificare causa e motivazione precise della sua decisione né è tenuto ad fornirne, anche in seguito, un'interpretazione autentica, e soprattutto non deve firmare alcun atto ufficiale pubblico successivo che sia disponibile alla consultazione. 

Così, grazie alla pulce fuggita all'ammaestratore, finita su Gramellini e infine nel mio orecchio, mi sono chiesta: come funziona l'abdicazione di un re? Come comunica egli la decisione al suo popolo e quale tipo di documento certifica la sua rinuncia al trono? E' tenuto a giustificare il suo gesto e a fornirne le motivazioni o basta che comunichi la sua decisione verbalmente al gran ciambellano o all'erede al trono designato?

Visto che nel secolo scorso tra gli altri proprio un re inglese rinunciò al trono in maniera piuttosto clamorosa, anche se per motivi di certo imparagonabili a quelli di un Papa, sono andata a cercare un po' di materiale sull'abdicazione di Edoardo VIII, zio di Elisabetta II, tentando di capire perché al Gramellini fosse scattata quell'associazione.  

La vicenda precedente all'abdicazione del re Edoardo è piuttosto nota ed è stata rappresentata in vari film, da "Il discorso del re" alla serie Netflix "The Crown". Edoardo era succeduto al trono al padre Giorgio V ma sembrava aver sempre prediletto più la bella vita che i doveri di un futuro regnante. Quando fu chiaro che il divemtare re accettandone oneri e doveri sarebbe stato incompatibile con la sua volontà di sposare la sua amante Wallis Simpson, una spregiudicata americana divorziata, anche perché con quel matrimonio si sarebbe rischiato lo scisma all'interno dei paesi componenti l'Impero Britannico, oltre ad altri problemucci di geopolitca, Edoardo, avendo perso la testa, scelse il cuore e abdicò ancor prima dell'incoronazione ufficiale. 

Il 10 dicembre lesse e firmò il seguente "Strumento di abdicazione":

"Io, Edoardo VIII, di Gran Bretagna, Irlanda e dei domini al di là del mare, Re, Imperatore d'India,

qui dichiaro la mia volontà irrevocabile di rinunciare al Trono per me ed i miei discendenti, e il mio desiderio che questo strumento d'abdicazione abbia effetto immediato. In pegno di ciò ho apposto la Mia mano questo dieci dicembre millenovecentotrentasei, alla presenza dei testimoni le cui firme sono sottoscritte."

Firmato a Forte Belvedere alla presenza di Albert, Henry e George [i fratelli di Edoardo, NdA]. 




In queste poche righe il Re, dopo aver dichiarato le proprie generalità e qualifiche, comunicava la volontà irrevocabile di rinunciare al Trono con effetto immediato e non procrastinabile come richiede un atto puro come l'abdicazione. A questo atto era allegata una dichiarazione nella quale Edoardo, senza entrare nei dettagli dei suoi sentimenti personali,  spiegava quanto fosse stato difficile giungere alla decisione e quanto fossero state tenute in conto le conseguenze del suo gesto. 
Quest'atto ufficiale venne ratificato, sempre in data 11 dicembre, dalle camere e dai parlamenti del Commonwealth dal documento "His Majesty’s Declaration of Abdication Act 1936". 
Dal momento della firma dell'atto, Edoardo non fu più re e il trono passò automaticamente al primo della linea di successione al trono e padre della futura Elisabetta II, ovvero al fratello Albert, che assunse il nome di Giorgio VI.

Il giorno seguente, 11 dicembre 1936, Edoardo indirizzò alla nazione e a tutto l'Impero britannico un discorso radiofonico di addio, qui sotto riprodotto, che conteneva la confessione della vera motivazione dell'abdicazione che sarebbe passata alla storia come la più romantica e zuccherosa:
“ Dovete credermi se vi dico che ho trovato impossibile farmi carico delle responsabilità e dei doveri di sovrano come avrei voluto senza l’aiuto e il sostegno della donna che amo”.



Mi scuso se, per seguire una pulce, sono finita nel gossip, seppure storico, ma devo confessare che non riesco ancora a trovare l'aggancio che permise a Gramellini in quel lontano 2013 di mettere assieme Papa Benedetto ed Elisabetta II, se non per qualche atto negromantico ispiratogli dal mago di Elisabetta I, John Dee. 
Penso che resteremo tutti nel dubbio amletico, sempre in omaggio ad Albione.

Ad ogni modo l'esercizio non è stato vano perché in un altro articolo di allora del teologo Vito Mancuso, intitolato: "I due Pontefici in Vaticano La scelta laica di Benedetto XVI. Con le sue dimissioni il Pontefice segna la distinzione tra "fare" ed "essere" Papa", pieno di gustose inversioni  assai rivelatorie, si comprende come l'interpretazione più  modernista e laica del gesto di Benedetto XVI - che forse aveva ispirato Gramellini, sia stata quella che più rapidamente ne colse le motivazioni politiche, al contempo paradossalmente rivelando, ma solo a chi avesse avuto la fede, il logos per coglierle, quelle escatologiche che portavano un ben altro ed alto significato di testimonianza cristiana. Come la  successiva presenza di Benedetto ed il suo essere sempre e per sempre un esempio per i fedeli.

Lo ripeto, prestate attenzione ai titoli. Cliccate sul link che raccoglie le prime pagine dei giornali di quel 12 febbraio, leggeteli rapidamente tutti, uno dopo l'altro, anche quelli dei relativi editoriali e alla fine, quando tutte le parole si aggiusteranno e riordineranno nel loro unico possibile senso logico e le suggestioni offriranno logiche risoluzioni all'enigma, capirete come è andata la storia. La verità è scivolosa, sfugge comunque alle mani di chi vuole rinchiuderla per potersi finalmente disvelare. E spesso quella che viene sempre subito riconosciuta per prima come verità lo è veramente.

E' un vero peccato che a distanza di anni coloro che allora colsero immediatamente quell'anomalia del doppio papato e in alcuni casi le sue implicazioni escatologiche abbiano dimenticato tutto e, come ricercatori della verità, si siano posti, come direbbero i massoni, in sonno, guardandosi bene dal denunciare, soprattutto dopo la morte di Benedetto, la situazione di grave incertezza riguardo alla legittimità del - come lo definisce Viganò, "contropapa Bergoglio". Il quieto vivere, tranne che per pochissimi coraggiosi, è diventato il nuovo dogma di fede. 

Eppure se nessun atto ufficiale contenente una valida abdicazione è mai stato firmato da papa Ratzinger - se no perché non mostrarlo per tacitare le voci sull'invalidità della rinuncia stessa, è pur vero che la "bolla di Benedetto XVI" è sempre stata idealmente lì sulla sua scrivania, in bella mostra come la lettera rubata di Poe, ma visibile solo a chi avesse prestato attenzione ascoltando finalmente e con umiltà la fino ad allora inascoltata voce del Papa. 


giovedì 8 agosto 2024

IL TRIATHLON QANONISTA TRA I LIQUAMI DELLA CALUNNIA



Nei giorni scorsi, mentre Jorge Mario Bergoglio si recava in visita ad Ostia al Luna Park venendo definito con un'involontaria raffinatissima citazione cinematografica "uno di noi" da giostrai, funamboli e pagliacci, in ciò che resta del mondo cattolico si è svolta in pieno spirito olimpico un'edizione parallela e particolarissima del Triathlon. Le tre prove consistevano nel "salto in lungo temporale dal 1958 al 2024 senza toccare la sede impedita di Benedetto XVI", il "tiro a Ratzinger" e la prova di nuoto sincronizzato nelle acque torbide e maleodoranti della calunnia, dei si dice e dei parrebbe. Acque non meno infestate da pantegane, liquami fognari e relativi colibatteri dell'ormai leggendaria gara dei 120 metri di Sodoma nella Senna.

Uscendo dalla metafora pittoresca, il 31 luglio il giornalista Qanonista Cesare Sacchetti, in un lungo articolo sul suo blog, ha citato un "documento desecretato" del Dipartimento di Stato americano nel quale si riciccia per l'ennesima volta la trita storia dell'elezione mancata del cardinale Siri nel conclave del 1958 seguìto alla morte di Pio XII, l'ultimo vero papa legittimo della Chiesa Cattolica secondo i sedevacantisti e scismatici che non riconoscono l'autorità degli ultimi papi in quanto secondo loro contaminati da quei fumi satanici del Concilio Vaticano II che però furono per la prima volta denunciati come tossici, guarda caso, proprio da uno di quei papi, Paolo VI.

Il 1° agosto il papa ombra mons. Carlo Maria Viganò, in un tweet di perorazione dell'insussistenza della sua recente scomunica, ha anch'egli citato il famoso documento desecretato.

Scrive Viganò:
"Pochi giorni fa un documento del Dipartimento di Stato americano ha rivelato che una fonte vaticana ha spiegato come, dopo la morte di Pio XII nel 1958, l'elezione di Roncalli sia stata decisa “al di fuori del Conclave” da un gruppo di Cardinali, al fine di ottenere un Papa progressista che avrebbe aperto la strada alla rivoluzione nella Chiesa. E così fu."

Ora, peccato che un utente di Twitter, The Rohanian, abbia risposto a mons. Viganò di essere in realtà in possesso di quel documento da almeno diciotto anni, ottenuto assieme ad altri incartamenti "da un amico negli archivi vaticani", e si domanda, in una riposta data ad un suo follower, perché tirar fuori ora e a quale scopo una storia tanto lontana nel tempo, adducendone come prova un documento affatto inedito perché noto fin dal 2003.

Già, perché? Forse la risposta è in un altro successivo tweet di Sacchetti il quale, evocando mons. Lefebvre, va a parare infine sulla solita accusa di modernismo a "Ratzinger" (non chiamatelo mica Papa Benedetto XVI e nemmeno cardinale Ratzinger qual era ai tempi della testimonianza di Lefebvre, eh?) 

Eccoli là. Quando sembra un'operazione psicologica, è proprio un'operazione psicologica. Si parte alla lontana da un conclave del 1958 i cui partecipanti sono ormai più morti dei frati delle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, dove "si sarebbe" e "si avrebbe" in pieno miocugginismo; si interroga lo spirito di mons Lefebvre ma maldestramente, come ha fatto notare Andrea Cionci, per giungere a definire "un modernista a tutti gli effetti"  Papa Benedetto XVI, anch'egli purtroppo non più tra noi ma finalmente in contemplazione di quel Cristo Re che lui ha servito fino all'ultimo dei suoi giorni. Cosa che un giorno dovrete riconoscere stando in ginocchio sul brecciolino, da quei suoi infami e pusillanimi persecutori che continuate ad essere.

In questo stile di comunicazione Qanonista confermerei esserci un uso funzionale del condizionale, non come indicatore di prudenza, il che sarebbe corretto in sede di presentazione di ipotesi da confermare, ma come simulazione di rigore scientifico per poter piazzare, alla fine di una serie di informazioni volutamente vaghe, la bordata della certezza assodata e assoluta. "E così fu" e "a tutti gli effetti" sono frasi che creano l'illusione della rivelazione finale e della conferma dell'ipotesi fino a quel momento illustrata. Una tecnica comunicativa che viene da sempre comunemente utilizzata in tutta la pubblicistica scandalistica o incaricata di inviare messaggi a chi deve riceverli.

Sempre Andrea Cionci in un suo recente podcast ha acutamente posto l'accento sulla strategia degli spiriti maligni di piazzare qualche seme di verità in un campo avvelenato dalla menzogna, di rivelare a chi si addentra nella palude della divinazione e dello spiritismo cose note solo a lui, al fine di catturarne la benevolenza. Ciò è demoniaco ed è anche tipico di tutta la comunicazione di propaganda, dal marketing delle merendine fino alla creazione delle più raffinate operazioni psicologiche, e che si avvale di quella pubblicistica ammantata di conservatorismo, in realtà reazionario, la cui matrice  è riconoscibile fin dai tempi dei coniugi Luce e che, quando ha attaccato la Chiesa e i suoi membri, ha sempre utilizzato sistematicamente la diceria dell'untuoso anticlericalismo e la calunnia lasciata cadere con nonchalance ma in grado di aprire una voragine nella fede degli uomini più indifesi perché puri di cuore. 

In questa ottica, la continua e continuata calunnia ai danni dei papi postconciliari, non può che essere ispirata dal solito viscido serpente, il quale muta la sua pelle e la lascia tra i pizzi e merletti dell'unacumismo, che la scambia per la spada di San Michele. 

Io sono nata e cresciuta a Genova e ricordo benissimo le voci sul cardinale Siri, sulle sue presunte uscite in borghese la sera in corso Italia, allora luogo di prostituzione. Ricordo lo scrittore omosessuale francese Roger Peyrefitte e le sue insinuazioni su una pretesa omosessualità di Montini, che avrebbe addirittura scelto il nome pontificale in omaggio al suo amante, un noto attore di quell'epoca. Accuse che ritroviamo oggi negli articoli di Sacchetti che riprende Franco Adessa.

La cosa sorprendente e della quale non si rendono conto i Qanon-sedevacantisti è che non vi è alcuna differenza  tra il definire senza alcuna prova pedofilo il Papa che invitava i genitori. tornando a casa, a dare ai propri figli "la carezza del Papa" (eh, Sacchetti?) e gli osceni libelli di rivoluzionari atei e agitatori di professione contro Papa Benedetto XVI, che fin dal 2008 sibilavano:
"Perché è omofobo da sempre? Perché si è preso un segretario così bello che lo segue ovunque e gli aggiusta il mantello? Perché ha una dottrina così rigida e una sartoria così garrula, praticamente un coming out sartoriale?" 
Dicerie riprese in tempi recenti da Life Site News e dal solito saggista francese sulle riviste da parrucchiere di un certo livello.
Ora provate a convincermi che tutti questi papi hanno lavorato per il Demonio e per la Massoneria e non ne sono invece stati perseguitati a sangue. Gioco al massacro quale anche voi vi prestate, evidentemente.
Scusate ma solo scrivere di queste cose mi sta facendo l'effetto di una nuotata nella Senna. 

La cosa più sconcertante però, o forse no, è che mons. Viganò, come dimostra la sua precedente citazione, pare aver sposato in pieno la linea muoiasansonista del "moia chi bolla", del "se sono scismatico io lo siete anche voi" che è identica a quella di chi non riconosce l'autorità dei papi succedutisi fin dal famigerato 1958 e, come abbiamo visto, indulge in vere e proprie campagne di bullismo retroattivo contro gli ultimi vicari di Cristo. E questo mentre a Bergoglio sento dare semplicemente del "distruttore" (fingendo di non sapere che la Chiesa non potrebbe mai essere distrutta, come insegnatoci da N.S. Gesù Cristo), dell'eretico generico, del settario, senza però fargli troppo male, e guardandosi bene dall'appellarlo come Antipapa. 
 
"La setta bergogliana si appresta a raggiungere le altre comunità scismatiche ed eretiche, dopo averne abbracciato gli errori. Si va insomma già delineando il futuro capo della nuova Religione dell’Umanità voluta dall’élite massonica del Nuovo Ordine Mondiale. Questo piano ha richiesto decenni di preparazione e ha usato la Rinuncia di Benedetto XVI come ulteriore elemento demolitore del Papato, in vista dell’azione distruttrice del Gesuita Argentino. Il tradimento parte dal vertice dell’istituzione, e non è iniziato con Bergoglio: questo Documento di studio è nient’altro che la riproposizione di ciò che Giovanni Paolo II auspicava nell’Enciclica Ut unum sint, che a sua volta si rifà al Concilio Vaticano II. Il tradimento era già insito nell’ecumenismo, riproposto nel postconcilio negli stessi termini in cui prima era stato condannato."

Ma scusi, eccellenza, chi ha usato la Rinuncia di Benedetto se non quel deep state che  Ella indica ad ogni piè sospinto come fonte di tutti i mali e che si augurava una "Primavera Cattolica" nella famosa email dell'11 febbraio 2012 pubblicata da Wikileaks tra John Podesta e Sandy Newman, esattamente un anno prima della declaratio? 

Bene, accetto pure l'idea che non si possa mettere la mano sul fuoco su alcun documento che si trovi in rete e che non si sia richiesto personalmente attraverso meccanismi tipo FOIA, perché in fondo le rivelazioni, le desecretazioni, soddisfano un bisogno primario dell'uomo, quello di sentirsi dire ciò che desidera e di sapere ciò che ha sempre voluto sapere senza fare la fatica di ricercarsi personalmente le fonti. E' lo stesso meccanismo psicologico al quale si agganciano indovini e cartomanti quando per prima cosa chiedono all'interrogante: "Tu hai passato un brutto periodo, ultimamente, vero?" 
Non è da escludere che i documenti desecretati servano proprio ad orientare le opinioni nella direzione desiderata dagli stessi soggetti che avrebbero fino a quel momento tenuti nascosti gli stessi documenti. "Tutto può essere", come rispose Papa Benedetto a chi gli domandava se avrebbe potuto essere lui stesso l'ultimo papa della profezia di Malachia.

Non sarà che la visione viganiana è prettamente mondana, di segno apparentemente opposto ma perfettamente sincronizzata con quella di Bergoglio nell'ambito della pura lotta politica all'interno del sistema? 

Nella famosa lettera aperta al Presidente Trump  del 20 ottobre 2020, Viganò affermava una cosa gravissima: 

Nella Sacra Scrittura, San Paolo ci parla di «colui che si oppone» alla manifestazione del mistero dell’iniquità, il kathèkon (2Tess 2, 6-7). In ambito religioso, questo ostacolo è la Chiesa e in particolare il Papato; in ambito politico, è chi impedisce l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale. Come ormai è evidente, colui che occupa la Sede di Pietro, fin dall’inizio ha tradito il proprio ruolo, per difendere e promuovere l’ideologia globalista, assecondando l’agenda della deep church, che lo ha scelto dal suo grembo. Signor Presidente, Ella ha chiaramente affermato di voler difendere la Nazione – One Nation under God, le libertà fondamentali, i valori non negoziabili oggi negati e combattuti. È Lei, Caro Presidente, «colui che si oppone» al deep state, all’assalto finale dei figli delle tenebre. 

Come può un uomo di Chiesa vedere il katéchon in un politico e non nel Papa che ha resistito alla calunnia, all'ostilità dei suoi sottoposti, che è stato da loro umiliato e che ha subito perfino un probabile attentato, per poter infine compiere quell'atto di eroismo che non gli si vuole riconoscere perché ciò facendo crollerebbe il castello del sedevacantismo merlettato? 

Infatti nelle sue tornite ricostruzioni in complottismo cortese, quando arriva alla "rinuncia" di Ratzinger, Viganò salta regolarmente il passaggio logico successivo che consiste nel dover considerare il Papa Benedetto XVI come impossibilitato a continuare a governare una nave ormai in mano agli ammutinati, ma soprattutto come colui che accettando di porsi in sede impedita, pur da spodestato poté continuare a presidiare quel trono di San Pietro che sentiva come suo dovere di non dover mai abbandonare, e di farlo da PAPA. "Sempre è anche per sempre", come disse Benedetto XVI nell'ultima udienza pubblica il 27 febbraio 2013. "Il papa è uno solo". 

Sono solo sensazioni ma Dio non voglia che dopo i due papi ci tocchi la seconda stagione dei due antipapi degli scismi contrapposti. In ogni caso chi non ha compreso o fa finta di non comprendere il gesto di Benedetto, perché o combatti Bergoglio con l'onore e la spada o ci mangi la pizza assieme, tertium non datur, non potrà portarci alcunché di buono se non l'inchino al potere temporale dell'imperatore di un impero morente. Imperatore che, altra sensazione, sembra tutto meno che il katéchon.

Un uomo onesto, un uomo probo, trallalallalla trallalallero...