Ci risiamo, altro che
tormenton de Sesilia', qui ci riprovano con la legge sull'editoria che potrebbe (uso il condizionale a scopo scaramantico), obbligare i bloggers a registrarsi al ROC, Registro degli Operatori di Comunicazione, a farsi ingabbiare e perfino pagare ingiuste gabelle solo per poter continuare ad avvalersi di un diritto fondamentale e costituzionale: la libertà di espressione sotto ogni forma e mezzo.
Facciamo un passo indietro. Di questa storia, delle minacce di imbavagliare la libera iniziativa intellettuale su Internet, si parla fin dal 2001, quando fu varata la famigerata
legge 62 del 7 marzo che, definendo il concetto di
prodotto editoriale, recitava così:
1. Per «prodotto editoriale», ai fini della presente legge, si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici.
2. Non costituiscono prodotto editoriale i supporti che riproducono esclusivamente suoni e voci, le opere filmiche ed i prodotti destinati esclusivamente all’informazione aziendale sia ad uso interno sia presso il pubblico. Per «opera filmica» si intende lo spettacolo, con contenuto narrativo o documentaristico, realizzato su supporto di qualsiasi natura, purchè costituente opera dell’ingegno ai sensi della disciplina sul diritto d’autore, destinato originariamente, dal titolare dei diritti di utilizzazione economica, alla programmazione nelle sale cinematografiche ovvero alla diffusione al pubblico attraverso i mezzi audiovisivi.
3. Al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all’ articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima legge n. 47 del 1948. (Qui il testo completo della legge)
Vi furono discussioni a non finire anche allora sul fatto che i siti web non dovessero dotarsi di un paio di rotative, qualche proto, un correttore di bozze e una dozzina di giornalisti DOC con tanto di patente bollata.
Ricordiamo che la legge 62/2001 fu varata sotto il Governo Amato II di centrosinistra ma che, nonostante la raccolta di 54.000 firme di una
petizione di Punto Informatico per la sua modifica, il successivo
governo Berlusconi, in una di quelle improvvise ondate bipartisan che mettono tutti d'accordo, tramite il suo portavoce Bonaiuti
difese la legge a spada tratta.
Fu l'Agcom, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella delibera n. 236 (adottata il 30 maggio 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 30 giugno 2001, supplemento ordinario n. 170) con la quale ha reso applicabile e operativa la legge 62/2001, a
rassicurare i possessori di siti internet amatoriali preoccupati del loro futuro:
"In sintesi le testate giornalistiche on-line - definite "prodotto editoriale" - devono obbligatoriamente essere registrate nei tribunali e avere un direttore responsabile, un editore e uno stampatore, quando hanno una regolare periodicità (quotidiana, settimanale, bisettimanale, trisettimanale, mensile, bimestrale, etc), quando chiedono e ottengono il sostegno finanziario statale e anche quando in organico hanno redattori giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti." (da Punto Informatico).
Da quanto ne so non successe nulla di ciò che era paventato dal popolo della rete e ci si limitò ad inserire, per precauzione, sul proprio sito un disclaimer come questo:
"Questo sito Web non contiene informazioni aggiornate con cadenza periodica regolare, non può quindi essere considerato "periodico" ai sensi della legge 62/2001. L'aggiornamento avviene secondo disponibilità e necessità, non quantificabili temporalmente e non scadenzabili".
Molto rumore per nulla? Veniamo ai giorni nostri. Il governo Prodi ha appena approvato un
disegno di legge che riprova per l'ennesima volta a mettere ordine nel settore dell'editoria (
qui il testo completo). La legge non è ancora definitiva, occorrerà che superi l'iter parlamentare ma fa già discutere parecchio, soprattutto perchè sembra peggiorare, anche se pare impossibile, la legge del 2001 (
qui alcuni punti messi a confronto). Vediamo come stavolta viene definito il concetto di
prodotto editoriale:
1. Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso.
2. Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico.
3. La disciplina della presente legge non si applica ai prodotti discografici e audiovisivi.
Su
Punto Informatico dicono che questo DDL è fatto troppo male e morirà di morte naturale. Lo speriamo e speriamo che loro, che sono esperti in materia, abbiano ragione.
Per carità, io non sono una leguleia ma un testo così scarno, effettivamente sembra fatto apposta per essere sottoposto a modifiche ed emendamenti di ogni tipo, aggiunte e ricuciture.
Se dico che è fatto con i piedi esagero?
E' una legge che, posta così, sembra dire tutto e il contrario di tutto. Chi è ferrato in legge può sicuramente dare il suo contributo alla discussione meglio di me e confermare questa impressione, se vera.
La legge sembra voler inquadrare chiunque scrive su un pezzo di carta o su una tastiera nella categoria del giornalismo. Perchè vogliono continuare ad assimilarci ai giornalisti, quando a noi non interessa per niente e rispetto a loro abbiamo la grande fortuna di essere gli editori di noi stessi e di non dover rispondere a nessun padrone? A chi dobbiamo rendere conto delle nostre idee? Solo a noi stessi e alla nostra coscienza. Saremo teste dure come il legno, ma non certo di legno di betulla.
Più avanti nelle 20 pagine della legge si dice che non conta se un prodotto editoriale (anche il blog, quindi) è realizzato per scopo di lucro o no. L'egualitarismo uscito dalla porta dei diritti dei lavoratori, rientra dalla finestra delle questioni di lana caprina. Ma siamo davvero tutti uguali se scriviamo su Internet?
A me pare vi sia una bella differenza tra chi fa il blogger da professionista, guadagnandoci delle palanche con i gadgets, i libri e i dvd, con magari stuoli di "negri" che gli scrivono gli articoli e noi migliaia di altri bloggers che non hanno neppure gli annunci di AdSense per tirar su un centesimo ma solo la voglia di scrivere, esprimere le proprie opinioni e magari fare un poco di controinformazione. E i politici che aprono i blog perchè averci un blog fa fico?
Forse quelli che strillano di più in queste ore sarebbero quelli meno danneggiati dal provvedimento rispetto a noi "signori e signore nessuno" che il culo ce lo rompiamo gratis per puro masochismo. Ad esempio
Grillo dice che se passa il provvedimento chiude il 99% dei blog. Escluso il suo, vedete?
Seguiamo tutti assieme la vicenda, parliamone sui nostri blog, invitiamo chi è esperto di legge a chiarire le cose ed eventualmente a rassicurarci. Da parte mia posso dire solo che seguirò la vicenda e parteciperò alle iniziative per tentare di impedire che l'Italia assomigli sempre di più a Myanmar o alla Cina, se per disgrazia le cassandre dovessero avere ragione. Se la legge passerà si chieda un referendum abrogativo e allora si vedrà chi ha veramente a cuore la piena libertà dell'informazione.
P.S. Lo facciamo uno scherzaccio a Walter? Lui che è tanto buono e comprensivo per i problemi dell'informazione, gli rompiamo le scatole perchè si impegni, da neo leader del PD, a buttare alle ortiche 'sto cesso di DDL?