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venerdì 31 gennaio 2014

Il 29 piovoso di Madame Tojetequeicartelli




Vedete come la reincarnazione di "Roma Fascista" dell'anziano balilla interpreta la giornata di mercoledì, che passerà alla storia come quella della "ghigliottina" applicata dalla Presidenta alla Camera. Un bel 29 piovoso in stile Luigi Bonaparte. Bella metafora, la ghigliottina, chissà che non sia di buon auspicio. Altri giornali e tv la chiamano "tagliola" ma a loro piace di più ghigliottina. Li capisco, è l'inconscio che gli suggerisce che prima o poi finirà tutto lì.
Uno appena sceso da Marte che leggesse il fogliaccio penserebbe che il problema dell'Italia, invece che il partito bestemmia e la sua siderale infamia, fosse Casaleggio.
Non ascoltate mai le dirette parlamentari da Radio Radicale? Male. Aiutano a capire che certi giornali, per come le riportano, sono appunto cartaccia per pulire i vetri.

E' utile riassumere i fatti accaduti. Un governo illegittimo, formato da personaggi illegittimamente nominati e assurti ad un potere quasi assoluto, grazie ad un atto di sottomissione all'interesse particulare del mercantilismo europeo, e che governano il popolo con il distacco emotivo di un governo straniero di occupazione, ha imposto con la forza della prepotenza e a colpi di incostituzionalità ad un parlamento dove gli unici contrari sono stati il M5S ed altre tracce di opposizione, l'ennesimo ukase zarista.
Dietro la dicitura del decreto IMU-Bankitalia, come dire Mele-Pere, si cela infatti un fenomenale trucco contabile a favore della nostra banca centrale, già in precedenza privatizzata, per permetterne la ricapitalizzazione al fine di ingrassarne gli azionisti privati e, ma forse è solo un dettaglio, farsi bella grazie al doping in occasione delle prossime olimpiadi dei banchieri per le gare di stress test dei suoi atleti di punta, tra i quali l'Unicredit di Profumo e l'Intesa di Passera. Sempre la fragranza dozzinale delle solite banche di partito che, assieme al mitico Monte Paschi, senza la periodica mungitura della vacca statale e la rapina al contrario ai danni dei cittadini, sarebbero già fallite. Too pig to fail. Capìteli, c'hanno delle banche, porelli.

Tutto qui? Non solo, purtroppo. Secondo Nino Galloni, questo provvedimento nasconderebbe una minaccia ancora più grave per l'interesse nazionale, in quanto sarebbe una sorta di assicurazione contro il ripristino della piena sovranità monetaria dell'Italia in caso di uscita dall'euro.
Infatti, se le quote di Bankitalia, ferme ai 156 mila euro di valore del 1936, passassero ai 7,5 miliardi di euro voluti da Saccomanni, risulterebbe tecnicamente assai arduo, in caro di euroexit, rinazionalizzare la banca centrale, atto indispensabile per riappropriarsi della sovranità monetaria.
Se ciò fosse vero, in confronto il dividendo del 6%, quindi fino a 450 milioni di euro di profitti l'anno per gli azionisti privati, ovvero le "loro" banche, risulterebbe non più di una mancia. Senza contare che, grazie al decreto del Saccomanni ridens, le quote della Banca di Italia potranno essere vendute a soggetti stranieri purché comunitari. Una banca centrale (s)venduta a chi ci sta facendo la guerra economica. Non male, non male. Senza contare il problema dell'ORO, questione se possibile ancora più preoccupante.
Vi ricordo che il problema italiano è Casaleggio.

E così, visto che la posta in gioco dei padroni era alta e l'opposizione populista stava facendo il suo lavoro, l'imparziale sellina si è chiusa in camera caritatis con il barbudo fraticello piddino e si è deciso di fare il colpaccio. L'esponente del partito dell'unico partito di estrema sinistra rappresentato in parlamento, lo ricordo in caso lo aveste dimenticato, ha avuto l'onore di eseguire gli ordini.
La cosa comica è che gli elettori piddini sono stati raggirati utilizzando gli stessi argomenti che avrebbe usato Berlusconi con i suoi: il ricatto dell'IMU. E' stato fatto loro credere che se non si faceva come voleva il partito (non sono mica stati a spiegare loro la faccenda di Bankitalia nei dettagli), la morte sarebbe venuta su grandi ali nere sui proprietari di prime case che avrebbero dovuto ripagare l'IMU. A questi deficienti (nel senso degli elettori) non passa nemmeno per l'anticamera del cervello che pagheranno lo stesso e ancora di più con la (s)TASI. Perfino Mentana ha dovuto smentire in diretta TG il barbudo che affermava l'infame bugia senza che, inspiegabilmente, il naso gli si allungasse a dismisura.

A questo punto dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti che il PD al governo, assieme, ma questo è un dettaglio, all'Artist formerly known as Nano, è quanto di peggio si potesse immaginare.
E ovviamente Boy Giorgio è il sovrano ideale per questo regno di latta, per questo governo fantoccio da Manchukuò. Vero governo di occupazione incaricato dal nemico culone di fare l'inventario della robba da fottersi e poi di levarsi gentilmente dai coglioni e far governare direttamente a lui.
Dovrebbe inoltre essere ormai chiaro che il tradimento è funzionale, oltre al salvataggio delle loro banche fallite e di quelle dei loro amichetti di cordata, dei loro imperi locali fatti di partecipate, municipalizzate e cooperative della minchia, che nascondono la vocazione capitalistica al profitto dietro alla scusa del "servizio pubblico" e del "controllo sulla cosa pubblica", esercitando ovunque il principio dell'abuso di posizione dominante. Ho visto cose che voi umani...

Purtroppo, visto che la mens sinistra è governata dai meccanismi di difesa, ti capita, discorrendo amabilmente con i compagni residui, che ti dicano, oltre all'ormai classico "ma questa non è mica più sinistra", addirittura che "Napolitano non è mai stato comunista". E capita anche che, utilizzando un altro vecchio arnese della psicanalisi, l'identificazione con l'aggressore, la soldataglia piddina canti l'insopportabile "bella ciao" mentre stupra la democrazia in parlamento e il mostrino di Firenze si appresta a rottamarne il cadavere ancora caldo per consegnarne i trofei ai collezionisti pervertiti della finanza.

A proposito, grazie Silvio per averci salvati dal governo delle sinistre. Non ti perdonerò mai.



martedì 21 gennaio 2014

La grande sintonia e il figliolo del Perozzi


Siamo nei giorni post Teano 2.0, dopo la celebrazione del matrimonio omoutilitario tra il vecchio e il giovane, tra Luke e babbo Fener e il passaggio definitivo del serpentone metamorfico al lato oscuro. La loro "grande sintonia" consiste nel farsi una legge elettorale su misura, manco fosse un Caraceni, dal nome inquietante "Italicum" che ricorda il treno Italicus, che mira a blindare per sempre il partito unico in una dittatura del modernariato ideologico governata secondo i principi della shock economy. Senza partitini tra i maroni, tranne quelli che si adatteranno a fare da pilotine alle ammiraglie della ditta Renzusconi senza alcuna garanzia, però, di essere ammessi nelle stanze del potere. Senza nemmeno ingerenze dell'elettorato cafone nella scelta della servitù mediante fastidiose espressioni di preferenza per chicche e sia. Bipolarismo perfetto (in senso psichiatrico) e zuppone alla porcara per tutti.  Un paese taglia unica modellato sulla XS perché l'extralarge farebbe male alla Germania.

C'è solo un leggerissimo problema. Renzi, fino all'altro ieri, pronunciava a Porta a Porta il Game Over per Berlusconi, l'odiato nemico sul quale il popolo piddino era stato addestrato a farsi i dentini, e ora ci slinguazza assieme.
Ovvio che la Rete sia scatenata nel trovare ogni possibile contraddizione tra il pensiero e l'azione del sindacoditalia. Perché sembra un luogo comune dire che la Rete non perdona, ma è vero. La Rete è come il figliolo del Perozzi: vede tutto, nota tutto e scrive tutto. Con il fiuto di un cane da tartufi va in cerca della contraddizione, dell'incoerenza del politico, che poi viene sputtanato coram populo dagli avversari politici (in questo caso Grillo) come dai semplici utenti dei social network. Ne uccide più il copia&incolla che la spada. Così è gara al trovare la citazione, la dichiarazione e il reperto video.
Oltre che per Renzi ce n'è comunque anche per il Pippo Civati, pure lui beccato in contraddizione dai segugi: 18 gennaio: "Il tentativo (ovvero l'incontro con Berlusconi) di Renzi è giusto"20 gennaio "Un errore incontrare Berlusconi". (segnalato da Luca Ceccarelli).

L'unico rimasto a difendere eroicamente con il suo fuciletto a tappo il fronte della sinistra decenza pare essere per ora Cuperlo, del quale pubblico, non si sa mai un giorno dovesse smentirsi, questo tweet e che oggi si è drammaticamente dimesso da presidente del PD:
Un altro critico è Fassina che, a caldo, aveva espresso un sentimento molto forte, la vergogna per ciò che era accaduto durante l'appuntamento al buio tra i Renzusconi. Oggi però, nonostante le recenti dimissioni a seguito della fischiata del "Fassina Chi?", riapre già la porticina: "Riconosco che ha fatto un ottimo lavoro [ibbischero, n.d.a].  Dopodichè poniamo dei punti di merito".  E' quasi cotto a puntino.

Dal canto loro i piddini semplici, intesi come simpatizzanti ed elettori, a seguito della visita a domicilio dell'ex nemico, con tanto di baci e abbracci, tè e pasticcini con il neosegretario, sono in gran parte assai laceroconfusi ed hanno  l'espressione di Margherita Buy nelle "Fate ignoranti" quando scopre che il defunto maritino in vita si trombava Stefano Accorsi. Alcuni hanno perso la favella, altri miagolano timidamente ed altri ancora accennano il turpiloquio all'insegna del monellaccio. Non si segnalano comunque né forconi né torce in fiamme al largo dei bastioni di S. Andrea delle Fratte.

Io mi meraviglio che si meraviglino. Ossia mi fa specie che vi sia chi non riesce a capire che il PD è una slot machine che ti illude di poter vincere un paese nuovo e diventare ricco ma in realtà ti ciula ogni volta i due euro e in più alla lunga ti rovina con la ludopatia delle primarie. Primarie che non sono altro che un'operazione di democrazia cosmetica della serie: voi votate per me che poi io faccio come cazzo mi pare, poveri grulli.
I membri del partito, invece, quella fauna toscoemiliana generatrice del mostro cattocomunista, alla quale è stato concesso l'onore di dare il colpo di grazia alla nuca della sinistra italiana, lo sanno benissimo che quella contro Berlusconi era una ventennale guerra di facciata, come dimostra la presenza, allo storico incontro dell'altro giorno, di Letta zio, quello presente anche la volta che il serpentone giurò di non toccare le televisioni a Silvio. Non si scappa, è tutto a verbale su YouTube.

sabato 18 gennaio 2014

Il keynesismo ben temperato

 
"1. Il mistero. Nessuna componente del PD sta mettendo al centro del suo programma politico delle proposte per uscire dalla crisi. La cosa è tanto più strana, almeno a prima vista, perché nella cultura economica della sinistra queste proposte invece non solo esistono, ma sono ovvie; e non solo sono ovvie, ma sono ancorate molto solidamente alla teoria e alla storia economica. Questa clamorosa assenza deve essere spiegata. Non è sufficiente invocare la stupidità, la corruzione e l'ignoranza dei politici del PD, che sono peraltro sotto gli occhi di tutti.  Perché come vedremo essere ignoranti e stupidi può essere non tanto un caso quanto una scelta, come lo è ovviamente essere corrotti."
(fonte: Guido Ortona "Il mistero della sinistra scomparsa" dal blog Goofynomics.)

Un articolo come questo, del quale consiglio vivamente la lettura integrale, andrebbe mandato a memoria, anzi, riscritto cento volte sulla lavagna o sul muro del tempio, da coloro i quali scrivono articoli come quest'altro

Quello di Ortona è un testo provvidenziale,  tagliente ma necessario come un bisturi, la cui pubblicazione sul blog di Bagnai giunge nel giorno in cui Berlusconi si reca nella sede del PD a colloquio con il segretario. Consiglio Renzi di indossare un segno di riconoscimento, non si sa mai. Un gesto, questa sorta di Teano 2.0, che è un coming out e non per Berlusconi ma per il PD e che rappresenta forse l'inizio dell'abiura dell'antiberlusconismo rituale ormai diventato ridondante, visto che gli europadroni del vaporetto piddino hanno provveduto loro stessi al decommissioning dell'anziano statista brianzolo. Del resto era ora che si ufficializzasse una relazione ventennale con lui che va in visita alla famiglia di lei. Peccato solo che il giaguaro visiti la dépandance con Bersani ancora indisponibile ad accoglierlo. Sarà per la prossima volta, quando celebreranno la fusione definitiva. Un corpo e un anima.

Ortona esprime perfettamente la sensazione di coloro che si sentono traditi dalla sinistra ma non commettono l'errore di non considerarla più sinistra perché sanno che purtroppo quella è proprio la sinistra originale con il marchio D.O.P. uscita dal sessantotto e i cui rappresentanti, in riferimento alla questione europea e sovranista legata a filo doppio al "come uscire dalla crisi", possono al massimo essere catalogati in due grossi filoni di baguette: collaborazionisti e idioti. Tertium non datur. Perché, come tocca spiegare ogni volta al piddino che cerca di riportare la pecorella smarrita all'ovile dialettico nell'agorà dei social, non è assolutamente credibile la favola che "erano in buona fede e non sapevano". Ne abbiamo già parlato.

L'articolo di Sollevazione segue proprio quel filone, quello che non sapevano e non immaginavano, porelli, e che assomiglia, per utilizzare il paragone di Ortona, al "Mussolini dev'essere informato" di chi pensava che il lato oscuro del fascismo fosse solo un bug di sistema rimediabile con l'intervento del duce buono.
E' inoltre sempre interessante leggere dei pruriti da rogna della sinistra nei confronti delle forze politiche che mettono in discussione il "fogno", l'internazionalismo avec le cul des autres e, soprattutto, il più reazionario dei progetti capitalistici che lei stessa dovrebbe in teoria aborrire. Progetto che invece la sinistra sta difendendo con la stessa tenacia con la quale le donne sposate ai violenti difendono i maritini dicendo al pronto soccorso che l'occhio nero se lo sono fatto sbattendo contro lo stipite della porta.
E' interessante perché ogni volta non si schiodano dal solito ragionamento autoassolutorio che esclude qualunque ipotesi di vaghissima autocritica. Sia che si tratti di compagni di vecchia data o giovani anencefale creature da poltrona di Ballarò, rappresentanti della cosiddetta nouvelle vague piddina.

Adesso, invece di svegliarsi e ammettere che c'è un problema, hanno l'ossessione della Le Pen e ti raccontano, tutti sudati, che nel programma del Front National c'è questo e quello di orrendo ma che, soprattutto, se la fascistona vince saranno limitati i diritti degli immigrati. Ah, ecco, alla fine ciò che interessa alla sinistra è il migrante, possibilmente piazzato in graduatoria prima dell'italiano. Insomma il razzismo al contrario, quello che crea situazioni per le quali è impossibile criticare un ministro e tanto meno cacciarlo nel caso fosse incompetente perché è nero, come fa notare Filippo Facci (il suo pezzo è bello ma leggete i commenti sottostanti che sono dei babà). Che dite, mi sono buttata abbastanza a destra per oggi?

La cosa più comica comunque, da parte di uno schieramento politico che si è convertito al neoliberismo più hard, è il rimprovero alla Le Pen ed ai partiti che umilmente cercano di difendere il territorio, di non essere abbastanza keynesiani.
Quasi quasi preferisco l'immagine della povera sinistra che ha partorito un figliolo mostro ma non sapeva di essere incinta. Forse perché, nel momento in cui lo concepiva, sparecchiava

mercoledì 15 gennaio 2014

La grande pallezza



Parlando de "La grande bellezza" non so da che parte cominciare. Di solito la prima autodomanda, pensando ad un film appena visto, è se ci è piaciuto. In questo caso la risposta è si e no. Oppure, ancor meglio e veltronianamente: mi è piaciuto ma anche no.

Mi è piaciuta la protagonista, Roma, che svetta sul tizio che disperatamente, per tutto il film, tenta, non riuscendoci, di rubarle la scena: il bravo ma un po' troppo facente pesandolo Toni Servillo. Roma che fa da parafulmine alle stronzatielle che il regista semina in qua e in là, come la sciroccata che fa a testate sul muro, per dirne una.
Mi ha dato fastidio il fatto che è un film che bisognava vedere per forza. Non mi è piaciuto il suo essere velleitario nella pretesa altmaniana di assemblare un campionario umano rappresentativo e per essere alla fine così scontatamente "felliniano". Un Fellini però sfellinizzato, senza l'elemento onirico, il fulmine del genio e Mastroianni. Rendiamogli atto però che non è una boiata paragonabile al film "romano" di Woody Allen.

Mi è piaciuto si e no ma più di no in senso tecnico. "La grande bellezza" parte malissimo, con quei fastidiosi movimenti di macchina in su e in giù che ti ricordano i filmati con il telefonino oppure i video clip e gli spot pubblicitari. Mi pare di ricordare che il grande Kurosawa dicesse che il movimento della cinepresa non doveva assolutamente essere percepibile, che non te ne dovevi accorgere. E' vero. Il movimento si crea con il montaggio.
Il film parte male al punto che ti viene da paragonarlo alla Corazzata Potemkin in senso fantozziano ma poi si ripiglia un po' nel prosieguo, tanto che alla fine non puoi dire che è un capolavoro, ma nemmeno una minchiata. Resti lì a metà. Merito sempre della bellezza che, forse questo è il senso del film, è intorno a te ma non riesci più a vederla.

Un ottimo segnale per capire se un film ti sta piacendo o annoiando è se guardi e quante volte l'orologio. Quante volte, figliola? Beh, padre, la prima occhiata l'ho data a 22 minuti. Ahia. Poi abbastanza spesso verso il finale, quando cominciavo a pensare solo a come sarebbe finito. Certo non siamo al "ma quando finisce, ma quando finisce, ma quando finisce", del Noodles che rigira il cucchiaino nella tazzina nella massacrante versione integrale di "C'era una volta in America" di Leone ma due ore sono comunque tante quando in fondo non sta succedendo niente ma se ti distrai sei finito. Qui, ad esempio, ho perso un secondo di concentrazione e mi è morta la Ferilli.
L'utilizzo della musica l'ho trovato un tantino paraculo. In alcuni momenti tra un Donnie Darko e l'Antichrist di Von Trier. Ma tanto Roma risulterebbe bella pure con una sega a nastro in sottofondo.

Non mi è piaciuta la superficialità nel ritratto dei vari personaggi, che scorrono uno dopo l'altro senza che tra di essi emerga alcuna vera figura memorabile e tanto meno una grande prova d'attore. Il quadro generale sembra un abbozzo, lo schizzo preliminare di una Cappella Sistina dedicata al generone simile ai fotocollage di Dagospia, dove ti aspetti esattamente di trovarci i personaggi dell'agiografia classica. La nana, la colf (Serra Yilmaz, dove sei?), il cardinale gastronomo, i nobili a nolo, la spogliarellista attempata, la Ferrari che fa la milf infoiata che non se ne può più, i salottieri vacui, gli intellettuali, i falliti, i ricchi, le allusioni alle celebrities (a me pare di aver riconosciuto Conchita e Funari), i comici in versione tragica che sono sempre un azzardo (infatti Verdone non esce, smacchietta e basta ed è un delitto.) Poi i cameo: madame Truffaut Fanny Ardant, Venditti. Sorrentino però non ha avuto le palle di infilarci anche il Sommo Phregno Totti. Peccato.

La scena che ho trovato più riuscita è il monologo del funerale. Non male neppure la ripassata verbale alla scrittrice di partito, un pernacchio alla Don Ersilio Miccio rivolto alla sinistra, che forse vale da solo il film.
Ho apprezzato qualche tocco involontariamente comico, come la passeggiata notturna nei palazzi romani, con tanto di lampadario simil-candelabro che faceva tanto "Il segno del comando" e "Cento campane". "La contaminazione del mezzo televisivo nell'immaginario filmico", che sembra il titolo di una tesi di laurea.
Non mi è piaciuta però la decimiliardesima riproposizione del vizio dei registi italiani di sfracellarceli con il ricordo indelebile della prima trombata di quando furono ragazzetti. Ebbasta!

Merita l'Oscar, "La grande bellezza"? Oddio, bisognerebbe vedere gli altri film della cinquina. L'ho detto: Sorrentino non è Fellini e Servillo non è De Niro. E' così così, si può guardare. Rivedere non saprei. Forse con l'avanti veloce. Un po' una palla effettivamente lo è, anzi pallone. 


martedì 14 gennaio 2014

Le ministre lo fanno meglio


No, non è quello che pensate ma se il titolo da pornazzo vagamente anni '70 è servito a farvi arrivare qui con un metro di lingua fuori, lo scopo è stato raggiunto. Parliamo non di sesso ma della leggenda metropolitana secondo la quale le donne in politica sono mejo. Più oneste, più capaci, più incorruttibili, più sensibili alle esigenze della ggente, più umane e mammose. 

Partiamo dalle mejo fighe del bigoncio del governo Letta, giusto per stare sull'attualità. La foto qui sopra, vagamente inquietante, sembra la riedizione di "E poi non ne rimase nessuna". Una sorta di ritratto di autofemminicidio politico in un interno con testimoni Enrico Lecter e l'altro che non si può nominare, lo sapete.
In questo gruppetto di inseguitrici delle grandi donne politiche del passato, di queste ministre per le allodole, senza petto e nemmeno coscia ma solo due alucce bruciacchiate, c'è di tutto: la fulgida e ridanciana inutilità, il soprammobilismo molesto, la cafonaggine neoburina, la rigidità teutonica che impara a zoppicare all'italiana, il tengofamiglismo ed altro ancora. 
Non è cattiveria ma, oh, ne avesse azzeccata una, Hannibal.

Partiamo da sinistra con la prima di questa serie di ministre colte a vario titolo in fallo o in stato di abuso di potere all'amatriciana oppure risplendenti di imbarazzante incapacità.
Josefa, la tedesca, che si fa beccare ad usufruire del repertorio tipico delle scappatoie da commercialista italiano per non pagare l'IMU più cara d'Italia, quella del ravennate. Colpita e affondata. Un ministero brevissimo e senza storia. Già l'orlo del pantalone era troppo lungo (occhio, Lorenzin).

Cancellieri, la star di "Pronto, Annamaria", il telesoccorso per miliardari finiti al gabbio. Una vicenda imbarazzante di favoritismi con l'aggravante del nepotismo ammamma. Colpita ma non affondata. Si è ripiegata tristemente come la Concordia, da un lato, e per ora rimane lì, a futura memoria, in attesa che qualcuno la risollevi.

Cécile Kyenge, ovvero la ministra della (dis)integrazione, della quale non si ricorda un singolo atto legislativo ma solo il suo essere una sorta di pungolo vivente per tenere in vita il razzismo degli italiani. Soprattutto quello degli italiani che non erano mai stati razzisti prima ma lo stanno diventando. Perfettamente inutile ed ingombrante come un elefantone africano intagliato vinto ad una fiera ma utilissima per tenere acceso il fuoco sotto uno degli argomenti principe della distrazione di massa: la cosiddetta società multietnica ed internazionalista imposta a legnate a questi nazionalisti e populisti di italiani. 

Emma Bonino, il nostro soufflé sgonfiato. Quella che sembrava assemblata con i pezzi di Indira, di Golda e di fior fior di statiste e che pareva potesse tirarti fuori al momento opportuno una grinta da Iron Woman. Invece l'abbiamo scoperta essere come quei pupazzetti di legno push button degli anni '60. Li premevi sotto e loro svenivano afflosciandosi sulla loro basetta di legno; ve li ricordate, cinquantenni? 
Emma che, nel contesto internazionale della grande diplomazia spicca solo per essere quella che si porta sempre in giro una borsa gigantesca, nemmeno avesse la famigerata valigetta con i codici per lanciare gli intercontinentali e quando va a Teheran indossa il foularone a testa bassa. Che brutta immagine.
Emma che finora ha collezionato un'imbarazzante figurina di emme con la vicenda Shalabayeva, quando Angelino non le disse niente del viavai di azeri sotto casa sua e lei non si incazzò nemmeno un po' con l'avvocato; e che infine sta passando alla storia per non aver finora combinato 'na beata con la delicatissima vicenda dei due marò. Emma, stai agli Esteri, non a Torre Argentina.


Lorenzin, la ministra della Salute. O della Sanità? O della privatizzazione della Sanità pubblica? O della distruzione della Salute? In ogni caso anche lei finora non pervenuta. Forse è un bene.

La Carrozza, ministra di quel che resta dell'Università. Talmente sicura delle cose da fare per la pubblica istruzione che indice un referendum sul web (a qualcuno fischiano le orecchie) per farsi dire cosa dovrebbe fare. Fosse stata grillina l'avrebbero crocifissa. Visto che è lei, è democrazia partecipativa. 

E infine la Nunzia nostra. L'ornitologa specializzata in lontre, la ministra con il maritino che anche lui lavora in ditta. Il maritino, per la cronaca, è Boccia, uno dei nobel mancanti in economia del PD.
Che ha combinato la Nunzia, per riempire in questi giorni le pagine della cronaca come ultima vittima di questo squartatore seriale di ministre che è Lecter? 
Ma niente, pora cocca. Il solito marchesedelgrillismo del "io sono io e voi...", tanto bullarsi di un potere provincialissimo ma che fa sempre la sua porca figura tra i forestali e un tocco di vajassa che non guasta mai.

Ragazze, si scherza eh? Però che trishtezza, è la sagra del diludendo. Voi che dovevate dimostrare, da sinistra, no, un po' più al centro, quanto siamo meglio degli uomini (ma chi l'ha detto?) 
E non tentate di giustificarvi dicendo che chi vi ha precedute, ad esempio le ministre berlusconiane, le Silvio's Angels, non hanno fatto granché di meglio e che qualcun'altra, ad esempio la coccodrilla Fornero, è riuscita a fare perfino peggio.  
L'unico dato di fatto è una débacle pressoché totale dell'immagine femminile al potere. Una strage, una Caporetto in tailleur.
Già, che sia stato quel tailleur viola a portare sfiga?




venerdì 10 gennaio 2014

La materia di cui sono fatti i piddini



Oggi, grazie alla televisione busona e soprattutto ai TG che mi hanno offuscato la raccolta completa dei cinegiornali Luce dei tempi di Benito,  (menzione d'onore al TG di Mentana), incassiamo:

1) La minaccia del ragazzo con l'orecchino di peerla (nel senso di Vendola, non di quello di Chicago) di sciogliere SEL e confluire nella broda del PD. Sai che cce frega. Meglio, uno di meno. Tanto l'Italia è già una Repubblica taglia unica;

2) La minaccia fantasma delle candidature, alle prossime elezioni, di Chiamparino, Giorgio Gori e, vabbé, Berlusconi che ancora ci crede;

3) La minaccia, questa volta seria, da parte dell'India, di applicare la pena di morte ai due fucilieri di Marina. Con la Bonino che darà la colpa ad Alfano di non essere stata informata perché troppo intenta a battere l'asta dei gioielli di famiglia che fanno tanta gola agli squali internazionali;

4) Marchionne e la leggenda della FIAT che si compera la Chrysler (a patto che tutti i vantaggi dell'operazione rimangano in America ma questo la FIOM fa finta di non saperlo); l'incontro tra Letta e il mostriciattolo di Firenze che manco Teano e, appunto, le lodi sperticate stile C'incul-pop al Saccomanni che svende agli stranieri le Poste, Fincantieri e, speriamo, anche sua sorella;

5) Il coming-out di Brunetta, che ha confessato, ieri sera da Santoro, di essere keynesiano. Uno di quelli nascosti, che non diresti mai; 

6) Il sostegno della Camussa (alla genovese) alla boiata del Job Act, che segue l'apertura, per conto del sederino degli altri, di Landini al medesimo. Gli ultimi decisivi acquisti del mercato d'inverno del turboliberismo. Con i piddini che non lo considerano un tradimento ma una giusta "trattativa". Tanto, appunto, il culo è il nostro. Non ci crederete ma, nel loro ambiente naturale Facebook, in quella specie di Isengard dove si forgiano le armate degli troll volontari del partitone che, alla domanda: "Chi è il vostro signore?" rispondono "R-en-ziiii", sono andati avanti per ore oggi pomeriggio a difendere quei cialtroni dei loro rappresentanti politici e sindacali.

E infine:

7) La Fornero che plaude al Job Act, il quale è approvato dalla Camussa.

L'avete chiuso il cerchio?


mercoledì 8 gennaio 2014

Lettalizzatela!


Houston, hanno un problema: evitare in qualsiasi modo ed a qualunque costo di affrontare il problema. 
Che consiste, lo ricordo per chi si fosse accorto solo ora della crisi, nella deindustrializzazione dell'Italia su commissione della Germania e per mano dell'euro, con loro, i larghintesisti, come esecutori materiali. 
Affrontare il problema vorrebbe dire inviare subito un fax con un bel "fottiti" al letto di dolore della culona ed occuparsi 24acca24 di come riottenere al più presto la sovranità monetaria e la libertà. Non dovrebbero aver tempo neppure per pisciare.
Invece, siccome sono imprigionati nella trappola del collaborazionismo e non sanno come uscirne, stanno cincischiando in attesa che un asteroide colpisca la Terra il 31 dicembre 2014 per sgamare l'entrata in vigore del Fiscal Compact, e pregano il loro Dio che ciò accada, perché non saprebbero assolutamente come trovare i miliardi (di euro) necessari per quella follia, se già ora si prendono a borsettate tra di loro per i 150 euro degli insegnanti.

Un modo per allontanare il problema, insomma il loro piano B, oltre alla gestione manicomiale dell'ordinaria amministrazione, è stravolgere la scala delle priorità e utilizzare la cosmesi dei diritti civili per mascherare i deficit cognitivi che li affliggono e soprattutto il fatto che loro, come governanti, nell'agone internazionale, non contano assolutamente un cazzo ma sono come la serva di Totò, servono. 
E' una strategia ben precisa. Confondere il popolo con l'elargizione di diritti civili mentre con l'altra mano si sfila ad esso il portafogli e ci si prepara ad espropriarne i beni, mobili ed immobili, per conto terzi e per beccarsi la mancia. 
Se ci pensate bene, la cosmetica dei diritti civili è da sempre la tattica dei radicali, una quinta colonna del neoliberismo che da decenni nasconde quest'anima reazionaria, perfettamente allineata con l'eurototalitarismo, sotto tonnellate di buoni propositi: i matrimoni gay, l'eutanasia - prima il divorzio e l'aborto - ora le carceri, le coppie di fatto e la depenalizzazione delle droghe. Quando uno li ascolta pensa: "ma quanto so' democratici e liberalz!" e invece, dal punto di vista economico, sono più a destra ed incarogniti della Thatcher quando la parrucchiera non le cotonava abbastanza i capelli.
Se al repertorio dei radicali unisci quello solito della sinistra boldrinosa: ius soli, il culto del migrante e dello straccione, l'internazionalismo, il femminicidio usato come arma contundente nella posticcia guerra di genere, e magari hai l'aiuto mediatico di un Papa telefonista e nazionalpopolare quasi più della Carrà e quello di un esercito di leccapiedi a mezzo stampa, ottieni una fenomenale arma di distrazione di massa da somministrare tramite la televisione busona al popolo ormai intontito dalla depressione e dall'inappetenza.

A questa sinistra alla ClioMakeUp piace enormemente la strategia della cosmesi, ma anche alla destra piace far finta di opporvisi, schierando il fondamentalista ributtante alla Giovanardi che si scandalizza per la canna libera e il bacio tra uomini.
Piace anche alla sinistrina rosé de iRrenzi che sventola il cannone di maria per infinocchiare ancora una volta la platea piddina, per la quale ha in programma una bella riformina Hartz al cui confronto la Fornero parrà Madre Teresa di Calcutta.

Che bello, saremo poveri e disperati, ma i preti potranno sposarsi tra di loro, avremo la legalizzazione delle coppie fatte e rideremo, rideremo come degli scemi.

lunedì 6 gennaio 2014

Poracci, i piddini


Ieri Pierluigi Bersani ha avuto un malore a casa sua, causato dalla rottura di un aneurisma cerebrale, ed è stato ricoverato per essere sottoposto ad un delicato intervento per ridurre l'emorragia ed applicare un clippaggio di routine all'arteria cerebrale colpita. Gli è andata bene che era un aneurisma sacculare e non a manicotto, commenterebbe il solito medico cinico alla Dottor House.
In tale circostanza era d'uopo al massimo il "tanti auguri di pronta guarigione, Bersani, torna presto al tuo lavoro e alla tua famiglia". Stop. Nessun ulteriore sdilinquimento e vesti stracciate perché, in fondo, altre migliaia di persone nello stesso momento stavano subendo la stessa sfortuna e, soprattutto perché, l'empatia, per essere sincera, deve essere una cosa spontanea e non a comando. Già abbiamo dovuto cercare disperatamente di farci diventare simpatico Schumacher per l'incidente che gli era capitato e adesso anche Bersani. 
Ripeto: in certe occasioni, a parte una cortese solidarietà di circostanza, è anche concesso, intimamente e democraticamente, di fregarsene. Non possiamo mica soffrire per tutti i potenti che finiscono all'ospedale come i comuni mortali.
Gli anglosassoni, in queste occasioni, se la cavano egregiamente con tre parole: get well soon. Hai detto tutto e non hai bisogno di dire altro e va bene sia per il parente, che per l'amico e per il vicino di casa. Perfino quelli un po' stronzi. Nei rapporti sociali non sociopatici dovrebbe funzionare così.

Invece no. La sobrietà non è di questi tempi e di questo paese dai sentimenti rococò e borderline. E soprattutto non è appannaggio dei piddini che, sempre pronti alla battaglia in difesa del partitone dalla coscienza sporca, hanno colto l'occasione per grufolare assai dentro la disgrazia del loro leader, richiamando la Guardia Nazionale Piddina, dirigenti e soprattutto simpatizzanti, che hanno partecipato inconsapevolmente - se no non sarebbero piddini, ad una squallida campagna propagandistica opportunistica.

Cosa è successo, quindi?
Appena si è avuta la notizia del malore di Bersani, nel pomeriggio, su quella fogna a cielo aperto che è Facebook e in parte è anche Twitter, anche se quest'ultimo, in confronto al regno dei gatti pucciosi e del rinfanciullimento collettivo, è un agorà ateniese, si è diffusa la leggenda metropolitana che il web era pieno di auguri di morte all'ex segretario del PD.
Ecco l'odore inconfondibile che assomiglia molto a quello dolciastro dell'obitorio. E se parli di obitorio parli di avvoltoi e di altra fauna necrofaga. In più, certe frasi sono come il fumo in una stanza con l'allarme antincendio. Quindi, se uno legge una cosa del genere, con le sospette generalizzazioni di rito, che fa? Va a controllare, anche se sa che non sarebbe necessario, perché il tono era quello della precrimine di Philip K. Dick: "Vi dichiaro in arresto per i futuri auguri di morte all'onorevole Bersani". 
Io, di queste minacce ho trovato poco o nulla, se non una pagina dei soliti commenti bischeri da pagina dei commenti sul "Fatto Quotidiano", oggetto del provvidenziale e non casuale post di una delle meno autorevoli testate di minchia del web che da ieri viene ripostato e retwittato dai piddini; dalle blogstars di partito che scrivono tutte le stessa cosa manco fossero veggenti, fino ai più infimi boccaloni simpatizzanti, come fosse la prova definitiva del crimine commesso di lesa maestà.

Vedete, se ci ripigliamo un attimo, capiremmo che prendere come oro colato e speculare su ciò che scrivono i disadattati su Facebook e gli altri social, ovvero sui luoghi virtuali che hanno sostituito le istituzioni manicomiali; disadattati che su ogni cosa vomitano il loro disagio sociale e le loro frustrazioni, a mio modesto parere ciò si ravvisa come circonvenzione di incapace, ma tant'è. 
Chi sa di avere a che fare con chi sragiona non lo segue certo nel suo delirio, né attribuisce ad esso razionalità, a meno che non voglia strumentalizzarlo.
Ed ecco ciò che andava fatto. Ciò che si doveva dimostrare era: 1) che Bersani era ancora un leader amato; 2) che è una brava persona (excusatio non petita); 3) che il mondo odia il PD. 4) Che sono i grillini ad augurare la morte a Bersani. 5) Che al PD bisogna portare rispetto. 
E quando ci ricapita, devono aver pensato.
Insomma l'imposizione a legnate della solidarietà e l'atto di sottomissione verso "uno di loro". E, già che ci siamo, ricordare a microcefali unificati l'incidente stradale di Grillo. Perché loro sono democratici e non portano rancore ma ancora je rode e tutto diventa occasione di agire la militanza. Quella militanza inutile, delirante e sociopatica che consiste nella celebrazione autoreferenziale del partito che sta distruggendo l'Italia e di uno dei peggiori governi italiani di tutti i tempi.

Poracci, i piddini. Si sono dimenticati di quello che hanno sempre vomitato contro gli avversari in vent'anni ("la Carfagna che fa i pompini" della Guzzanti gridato in piazza, solo per fare un esempio) per celebrare l'antiberlusconismo rituale e non di sostanza (nel quale siamo cascati tutti,) e che ora vomitano contro Grillo (che, a pensarci bene, non sarebbe neppure da considerare un avversario politico, in un paese normale). 
Hanno bisogno del nemico e del delirio di persecuzione per illudersi di superare la loro marcescenza perfino quando uno dei loro dirigenti lotta contro la morte. Perché non frega loro niente di Bersani, che nemmeno se morisse durante un comizio diventerebbe un Berlinguer, ma solo di poterci costruire su una campagna propagandistica degna di un branco di avvoltoi per illudersi di essere perfino odiati. Proprio dei poracci.
Non allargatevi. Non è odio, è solo disprezzo.