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venerdì 24 febbraio 2012

Siamo stati fRAIntesi


"RAI: NULLA E' DOVUTO PER MERO POSSESSO COMPUTER, TABLET E SMARTPHONE
21/2/2012
La Rai, a seguito di un confronto avvenuto questa mattina con il Ministero dello Sviluppo Economico, precisa che non ha mai richiesto il pagamento del canone per il mero possesso di un personal computer collegato alla rete, i tablet e gli smartphone.
La lettera inviata dalla Direzione Abbonamenti Rai si riferisce esclusivamente al canone speciale dovuto da imprese, società ed enti nel caso in cui i computer siano utilizzati come televisori (digital signage) fermo restando che il canone speciale non va corrisposto nel caso in cui tali  imprese, società ed enti abbiamo già provveduto al pagamento per il possesso di uno o più' televisori. Cio' quindi limita il campo di applicazione del tributo ad una utilizzazione molto specifica del computer rispetto a quanto previsto in altri Paesi europei per i loro broadcaster (BBC…) che nella richiesta del canone hanno inserito tra gli apparecchi atti o adattabili alla ricezione radiotelevisiva, oltre alla televisione, il possesso dei computer collegati alla Rete, i tablet e gli smartphone.
Si ribadisce pertanto che in Italia il canone ordinario deve essere pagato solo per il possesso di un televisore." (Ufficio Stampa RAI)
Quel pasticciaccio brutto di Viale Mazzini. Ecco qua l'ennesima figura cacina rimediata dalla RAI, con l'aggravante della tentata estorsione - come chiamarla, altrimenti? - ai danni di aziende e professionisti per un ammontare che qualcuno ha stimato sarebbe stato di 980 milioni di euro.

Il dubbio ci era venuto quando, ricevendo nei giorni scorsi la lettera suddetta accompagnata da bollettino da pagare entro la fine di febbraio - l'azienda dove lavoro ne ha ricevute due, una per ogni unità locale, per un ammontare di 800 e rotti euro - avevamo notato che non era l'Agenzia delle Entrate a richiedere il pagamento, come per l'abbonamento normale privato alla televisione, ma direttamente la RAI.
Eravamo andati a controllare che cavolo fosse questo digital signage e ci era sembrato di capire che non volesse dire necessariamente  televisore sintonizzato su un canale della RAI ma anche schermo che riproduce un filmato pubblicitario in loop, magari formato da immagini tipo salvaschermo, come si può trovare in parecchi negozi.

Negli articoli informativi prontamente disponibili sui siti delle associazioni dei consumatori si consigliava - visto che la lettera parlava di computer collegati in rete -  di rivolgere un interpello all'Agenzia delle Entrate su quali fossero effettivamente i dispositivi atti o adattabili alla ricezione e sulla legittimità della richiesta di pagamento da parte della RAI e se la l'Agenzia non avesse risposto entro un determinato termine gli esperti delle associazioni dicevano che ci si sarebbe potuti considerare esentati dal pagamento dell'abbonamento.
Poi è arrivato il comunicato RAI, dopo l'incontro con il governo e forse la cinghiata rimediatane.
Non abbiamo mai chiesto, siamo stati fRAIntesi. In puro stile berlusconiano.
Per chi avesse eventualmente già pagato è prevista una procedura di richiesta di rimborso.

La sensazione comunque è che ci abbiano provato, come si dice. Proviamo ad immaginare se non ci fosse stata la Rete, con la sua capacità di raccogliere le reazioni e mobilitare le risposte in tempo reale a provvedimenti dubbi e alla fine illegittimi come questo. Perché il computer, cara Lei, non è un succedaneo del televisore, uno schermo passivo sul quale passano immagini e basta. Oggigiorno è un arma di difesa.

giovedì 23 febbraio 2012

La parola di Veltronne

elaborazione di Edoardo Baraldi

Prossimamente Veltroni dichiarerà che il PD non deve lasciare Marchionne al padronato.

(Tutto quello che penso di Uolter l'ho già scritto qui. )

martedì 21 febbraio 2012

Topa rulez!


E' stato molto istruttivo osservare la reazione, in maggioranza abbastanza violenta, al mio ultimo post (gentilmente ripreso, comme d'abitude, anche su  MenteCritica). Forse ha ragione il mio amico Gianalessio a sostenere che la cosa mi ha anche disturbato un po' emotivamente, soprattutto per aver dovuto constatare ancora una volta come in Italia sia praticamente impossibile interagire, osando metterne in discussione i  capisaldi ideologici, con i gruppi che ragionano e si muovono rispondendo alle logiche del branco. Che siano lupi famelici, elefantesse al galoppo o brutte manze in transumanza, è lo stesso. Se nel tuo linguaggio non usi le loro parole d'ordine e te le fai bene girare in bocca per farti riconoscere, e osi andare controcorrente, magari portando solo una testimonianza o esperienza che mina il loro fideismo, concludono che non sei dei loro e quindi molto probabilmente un nemico, dunque da abbattere.

Però, che avrebbero usato il mezzuccio della messa in dubbio della professionalità e competenza in materia, come facevano gli Uomini Beta ai bei tempi, dandomi della "sedicente psicologa", dico la verità, mi ha sorpresa.
Devo concludere che sono gli opposti estremismi di genere. Sia le Femministe che gli Uomini Beta parlano e ragionano con la stessa logica violenta anni '70 dell'estremismo politico. Gratti, gratti e sotto c'è il lottacontinuismo, ci sono le guardie rosse e un pizzichino di Stalin a condire il tutto prima di infornare. Tristissimo che tutto questo si definisca progressista e che non si accorgano di quanto invece siano vecchi e reazionari i loro metodi dialettici. Quel linguaggio non trasmette nulla di propositivo ma solo fastidio. Sono cascami della sinistra ottusa che poi è finita miseramente nel revisionismo dei DonPepponi alla Bersani o nei Veltronne. Che ti chiedi come fai, tutto sommato, ancora a sentirti in fondo di sinistra nonostante La Sinistra.

Del resto ho provocato e me la sono cercata. Non ho usato la brillantina Linetti e non mi sono fatta il gargarismo d'ordinanza con "la cultura di genere", "il sessismo" e "il maschilismo" prima di presentarmi. Non mi sono fatta il bidet. Non mi sono fatta scortare da boys "maschiopentiti". Mi sta bene. Non si può andare in casa di chi fa "comunicazione di genere" dura e pura, senza sfoggiare un bel completino frusciante di sorellanza ma completamente nuda e con tutte le vergogne femminili di fuori. Quelle che loro non vogliono vedere.
Perché se la sono presa. Un rodimento di culo che non vi dico, però senza darlo a vedere, con sussiego e scegliendo ancora una volta, come sempre, di ignorare la compagna che sbaglia o, in questo caso, la donna che odia sé stessa, secondo lo schema di pensiero del lobbismo di minoranza: quello che se appartieni al gruppo non potrai mai andare contro gli interessi del gruppo e se ti ribelli non solo sei fuori ma verrai bandito dal regno degli eletti. 

Su un gruppo Facebook mi chiudono subito il microfono dicendo che non possono interagire con me perché utilizzo la parola "troia". Su Femminismo a Sud - alle quali per altro avevo regalato su loro richiesta il racconto di una dolorosa esperienza di vita, chissà che fine avrà fatto -  censurano e purgano il mio commento, eliminando appunto la parola troia. Come se la parola "slut" che loro usano associandola a "walk" per indicare certe manifestazioni di protesta, non significasse, in inglese, proprio "troia". Del resto te lo rimproverano sempre: "non esistono donne per bene e donne per male". Certo, credono che con troia mi riferisca alle ragazze che strappano la vita con i loro eroici denti sul marciapiedi e non alle troie come categoria di donne disoneste alle quali piace vincere facile, con un colpo di mandibola e uno di chiappa, invece che con lo studio ed il duro lavoro.
Sul blog della Lipperini una "compagna" segnala il mio post bollandolo come "articolo orribile, insultante, offensivo" senza spiegarne il perché. La padrona di casa vi accenna quindi nel post successivo come  a qualcosa di ridicolo che ha letto in rete, però sempre senza scendere nei particolari e non facendo capire nulla. Molto comodo.
Altre ninja sono venute a lanciarmi le loro lame rotanti su MenteCritica.
Zauberei è scatenata: "Sei donna eppure reazionaria". Chissà perché mi è apparsa subito, come visione mistica, la cotonatura della Thatcher. Come se milioni di donne non abbiano votato B. o la Lega-che-ce-l'ha-duro per vent'anni, solo per fare un esempio. E poi, se parlo così, è perché ho dei problemi e dovrei cercarmi uno bravo, strapazzo la psicologia da incompetente (anche lei è psicologa, ci fa sapere che  scopa pure (!!) e forse ha studiato in una vera università, mentre io ho solo sognato e ora verrà il direttore con la faccia di Max Von Sydow e mi farà la lobotomia).
Un'altra che si firma l. mette in dubbio addirittura la mia coppia di cromosomi X: "Le opinioni che esprimi, su una questione in particolare, mi portano ad escludere che tu sia una donna." 
Che coincidenza, quando bazzicavo gli Uomini Beta, c'era sempre qualcuno che sospettava che io non fossi io ma qualcun'altra/o. L'agent provocateur, l'infiltrato. L'infame da sottoporre a processo.
E poi qualche ragazzo che, impersonando il maschiopentito, fa il ripetello con gli slogan che gli hanno insegnato le vecchie zie. Che tristezza, ragazzi miei. Aridatece i bastardi!

Riassumendo, si è solo attaccata l'autrice di un post sul piano personale - come fanno i peggiori cyberbulli -  o facendo improbabili diagnosi personali a distanza, evitando di rispondere alla domandina facile facile: "Esiste un comportamento criminale delle donne nei confronti delle loro simili?" Il che ovviamente non è una generalizzazione, come scorrettamente viene fatto credere da chi vuole chiudere frettolosamente il discorso, ma solo un'ipotesi da confermare che si basa su parecchi indizi, che ho ampiamente fornito.
Eppure, perfino a Femminismo a Sud viene infine un sospetto, dopo le Cosime e le Sabrine, dopo che l'ultima ragazza orrendamente seviziata da un branco viene minacciata da una ragazza in ospedale; " a te ci penso io", e si sospetta che un'altra ragazza abbia partecipato al massacro.
Non che arrivino ad ammettere che anche nella donna si nasconda la crudeltà modello base in dotazione a tutti gli esseri umani. Non bisogna contraddirsi perché non esistono donne per bene e donne per male, quelle che in teoria potrebbero essere cattive sono solo collaborazioniste, maschiliste compiacenti, condizionate, poverine, dalla cultura maschilista dominante. Insomma delle decerebrate incapaci di ragionare con la propria testa.
Una lettrice però incredibilmente commenta:
"A me fanno ribrezzo e un pò di pena quelle donne madri che difendono i figli e i mariti stupratori, mentre per le amiche nessuna pietà ma magari l’augurio che capiti a loro e forse capiranno …"

Te possino stuprà. Come volevasi dimostrare.

giovedì 16 febbraio 2012

Del diritto di Belen di far vedere la topa (e del nostro di scherzarci su)


Io non ce la faccio più, davvero. Sono al limite, allo stremo delle forze e chiedo pietà. Posso dire che non sopporto più la parola "sessismo" e la relativa monomania ossessivo-depressiva a carattere epidemico che imperversa su Facebook e nei blog cosiddetti "di genere"?
Ogni giorno leggo anatemi contro la pubblicità dei cartelloni (addirittura "l'Unità", che ha cacciato la sua direttrice donna, ci ha fatto una rubrica fissa), arrivando al punto di definire sessiste le pubblicità dei perizomi e reggiseni perché fanno vedere tette e culi. Eh già, per vendere un bel push-up che ti fa le tette da urlo o quei deliziosi brasiliani di pizzo che ti fanno sentire, sotto la divisa da lavoro, una Dita Von Teese, per evitare di utilizzare in maniera sessista il corpo femminile, sarebbe meglio utilizzare l'immagine di una chiave inglese. No, anzi, che chiave poi ti fa pensare a chiavare ed è sessismo. (Capito come si innesca il loop maniaco-ossessivo?)
E poi urla contro la televisione, contro uno spot di patatine (assai ironico e divertente) su un concorso per eleggere Miss Patatacontro un povero cristo che sulla sua bacheca di Facebook ha postato l'immagine di un culo con battuta e, siccome è presidente dell'ordine dei giornalisti, ora dovrebbe essere denudato, cosparso di pece e messo al rogo con un limone in bocca e uno spiedo infilato, per contrappasso, nell'oggetto del contendere.
Da quando è stata realizzata quell'ottima inchiesta "Il corpo delle donne" contro la televisione porcona del nano - che non era altro che la proiezione del suo elementare immaginario erotico, poveraccio, con praticamente solo due fondamentali: tette e culo, lo si è scoperto solo di recente con la storia del bunga bunga - si è tuttavia esondato dal contesto, arrivando a prendersela contro qualsiasi essere femminile che va in televisione non con il saio o il burqa ma facendo vedere le sue belle cosine.

Basta, calmatevi e fate un bel respiro profondo. Veramente, non se ne può più perché così è troppo. Queste  PontiSex hanno la stessa difficoltà a parlare serenamente di sesso e se ne fanno ammalare come i fondamentalisti religiosi del famoso sito ultracattolico. Ciò che additano come sessismo sembra tanto sessuofobia personale, sciorinata con un'aggressività impressionante.
Signore mie, femministe immaginarie: questo non è femminismo, non è difesa della dignità della donna, ma rottura di coglioni modello extralusso superaccessoriato. La parola sessismo mi provoca lo stesso fastidio che provo quando non mi sento libera di esprimermi perché qualcuno potrebbe offendersi. E' la rottura di coglioni usata sempre come arma infallibile dalle minoranze, tanto che alla fine non puoi dire "beo" perché diventa anti-questo e anti-quello. Noi donne non siamo una minoranza, siamo maggioranza e non abbiamo bisogno di questi mezzucci da lobbisti.

Questa storia del vedere sessismo dappertutto, anche nel piatto di minestra, è qualcosa di preoccupante, perché tutto ciò che disturba quando disturbare non dovrebbe è segno di problema. Avete presente Houston?
Se, invece di uno scherzo e di un gioco, in uno spot pubblicitario ci vediamo qualcosa di male e di offensivo, il problema non è nell'oggetto ma nel soggetto, cioè nell'osservatore. Significa che stiamo proiettando le nostre ubbìe e le nostre paure all'esterno. In questo caso, dietro alla pretesa difesa della dignità della donna, c'è il rifiuto inconscio di una parte fondamentale della sessualità femminile: l'esibizionismo e il gusto della seduttività. A qualunque donna piace essere ammirata e corteggiata, piace sentirsi femmina anche per sé stessa, per autoerotismo e narcisismo.
Siccome però questo esibizionismo in alcune di noi crea dei problemi  vorremmo censurarlo, con la scusa che gli uomini si eccitano (poveri nani), si arrapano e quindi prima o poi ci saltano addosso. E' una visione della sessualità che, come premessa, necessita di una figura maschile totalmente negativa, il peggiore degli stupratori. L'immagine che di solito ha dell'uomo una donna traumatizzata dal sesso, che vede solo come fatto negativo ed aggressivo. Vogliamo veramente far diventare questa visione distorta della realtà appartenente ad una minoranza di donne con i loro buoni motivi per essere traumatizzate, la prassi interpretativa della stessa realtà?

L'aver studiato psicologia mi ha insegnato una cosa fondamentale, che ho messo in pratica anche nella mia vita privata, afflitta da una serie notevole di traumi infantili. Ho imparato che la sessualità è una cosa della quale non bisogna avere paura; che bisogna imparare a vedere, capire e mettere in pratica il lato gioioso del sesso, cosa che rappresenta la chiave per liberarsi di tanti tabù ed ossessioni, traumi compresi. Buttare il sesso sull'ironico può essere assolutamente terapeutico. Una barzelletta, un'immagine gioiosamente sconcia che provoca una grassa risata liberatoria, possono essere più efficaci di un ciclo di psicoterapia.

Quello che mi preoccupa di più, in questo continuo allarme sessismo a mezzo tam tam di rete da parte delle PontiSex è proprio il fatto che ciò che si vorrebbe censurare è sempre, in qualche modo, qualcosa di ironico, a volte di satirico, che fa parte del gioco della seduzione e del richiamo sessuale.
La perdita del senso dell'umorismo e della capacità di ridere, anche in maniera greve e sconcia sulle cose sessuali, è il primo segno che stiamo trasformando la nostra società in un inferno totalitario sia in senso politico che religioso. Si rideva poco nella Germania nazista, nella Russia sovietica e nei regimi talebani. E' un segnale che dovrebbe sempre far scattare il salvavita delle coscienze democratiche.

Ora però vi spiego come la vedo io. Si, noi donne occidentali andiamo in giro conciate come battone perché la società ci vuole così, però, dove si vuole preservare l'onore delle donne e difenderle dalla sessualità e le minigonne giropassera sono vietate, si amputano clitoridi a tutto spiano, oppure si mortificano le donne vestendole con gabbane informi, ciabatte e teste coperte perché se no i maschi si eccitano. Siamo tornati al punto di partenza. La negazione della sessualità femminile.
Ora, chi tiene ferma la bambina e le taglia il clitoride è sempre una donna. Ci dicono che una madre non potrebbe mai, in quella cultura, ribellarsi e difendere la propria creatura impedendo che quel male atroce le venga fatto come fu fatto a lei. Mi sono sempre chiesta perché mai. Perché le madri permettono l'infibulazione delle figlie? Perché sono loro stesse a praticarla nonostante sappiano, per averla provata sulla loro pelle, quanto sia terribile?

L'ho detto tante volte che ho la nausea. I peggiori nemici delle donne non sono gli uomini, siamo noi stesse. Se ci sembrano tutti stupratori è perché la nostra primaria fantasia segreta è fottere le altre donne. Fotterle nel senso di distruggerle, di fare proprio male. Sul lavoro le colleghe, soprattutto. Ma anche le amiche, alle quali si danno sempre buoni consigli affinché non diano il cattivo esempio che vogliamo tenere per noi. E poi le figlie, le sorelle, le nuore, le suocere, le cognate. Le madri che infibulano le figlie, che parcheggiano le figlie a casa del pedofilo di famiglia facendo finta di non sapere nulla.
Se ci sono in giro tanti maschi testedica' è perché li hanno tirati su così le loro mammine, perché alla mamma italiana piace allevare il maschio fascista ruspante che vede le donne come le vede lei, delle stronze puttane da fottere. L'aggressività verso i cosiddetti sessisti è aggressività autodiretta, è manifestazione del conflitto irrisolto con le nostre simili, con la nostra sessualità che ci fa solo paura, non perché i maschi sono stupratori ma perché le madri ci hanno infibulate psicologicamente.

Il vero femminismo, secondo me, è un serio lavoro di autocritica da iniziare subito sul comportamento criminale delle donne nei confronti delle loro simili. E' smetterla di vedere le donne come sante e martiri per nascondere la nostra rivalità maligna nei loro confronti. E' una seria analisi del come vengono allevati i figli, maschi e femmine, con quali storture e quali condizionamenti. E' il tentativo di sconfiggere definitivamente la Grande Madre Fascista. E' la trattazione ultima del volonteroso collaborazionismo femminile nella propria auto-oppressione. E' un sano e definitivo revisionismo del mito fasullo della donna buona vs. maschio cattivo.
E' un lavoro che però va fatto assieme agli uomini, che devono diventare alleati nel cambiamento di mentalità e non babau da esorcizzare con continue accuse di sessismo come scusa di comodo per non affrontare il vero problema. Non esiste una rivoluzione di genere ma solo La Rivoluzione.

Di questo, se volete, discuto volentieri con tutte voi fin da subito. Del fatto che Belen ha fatto intravvedere la topa, che "la cena è pronta" e che questo è offensivo per la dignità della donna, se permettete, posso solo ridere e divertirmi un po'.

P.S. Che poi Belen, il tanga, l'aveva.

venerdì 10 febbraio 2012

Nepotismo acuto


Asciugatasi la lacrimuccia d'ordinanza e sguainando un artiglio felino da mamma gatta alla quale dei monellacci hanno stropicciato i cuccioli, la ministra del Welfare ha risposto che sua figlia sa difendersi benissimo da sola dall'attacco mediatico dovuto alla scoperta dei suoi innumerevoli crediti accademici in odor di nepotismo. Un bel riassunto del come questa genia praecox, solo casualmente figlia di baroni universitari, abbia fatto carriera in Università alla velocità della luce, tra un conflitto di interessi e l'altro, si trova in questo articolo.
Certo che sanno difendersi i cuccioli. Difatti la praecox, assai piccata dalle domande maliziose dei giornalisti sulla sua fulminante carriera accademica, ci ha fatto sapere, miagolando e soffiando, che non ha niente da dire e che "per lei parla il suo curriculum". Immagino si riferisca alle famose pubblicazioni delle quali si riempiono la bocca tutti i ricercatori e docenti del mondo, per vomitarcele addosso a tradimento ogni volta che li si punge nel vivo. Eccheppalle, mi consenta.

Le pubblicazioni, già. Al tempo.
Anch'io formichella, nel mio piccolo, ho frequentato l'Università e, osservando soprattutto il parco docenti, mi sono fatta un'idea di come funziona la baracca e mi ci sono incazzata.
Docenti che ti domandi come cavolo siano riusciti ad ottenere una cattedra vista la loro pochezza intellettuale e, in alcuni casi, conclamata ignoranza.
Professori affetti da una preoccupante serie di patologie mentali che li porta a comportarsi come il colonnello Kurtz nel loro personale Vietnam accademico dove si torturano studenti e si celebra il culto della loro personalità disturbata.
Docenti che hanno dedicato una vita intera ad un solo argomento di studio, senza per altro neppure assaggiare una cucchiaiata di Premio Nobel e facendoti venire il dubbio che quello che studiano sia in fondo un falso problema che vedono solo loro. Come i reticoli spia degli schizofrenici.
Relatori infine che ti lisciano il pelo fino al giorno della laurea, promettendoti la pubblicazione della tua tesi geniale, carriere da assistente e dottorati a ripetizione e che, quando finalmente ti laurei con il massimo dei voti ed esprimi il desiderio di continuare con il famoso dottorato per farti quella carriera che ti avevano prospettato, vista la tua bravura, si bloccano, vanno in blue screen e balbettano che "Beh, sai, non è così facile entrare nel dottorato, i posti sono limitati". Come premio di consolazione, ti offrono di "collaborare" con loro nel loro staff.

Ed ecco dove entrano a gamba tesa le famose pubblicazioni tanto preziose per i ricercatori. Bisogna premettere che non conta il numero degli articoli pubblicati in sé ma dove si pubblicano, ovvero su determinate riviste scientifiche di fama mondiale, quasi tutte straniere, dove non pubblicano dogs & pigs. Topolino, L'Eco del Chisone e Focus, per intenderci, non fanno curriculum.
Frequentando l'ambiente universitario e i colleghi più anziani, scopri presto che l'articolo, a volte, è solo "firmato" dal famoso docente. La ricerca, il follow-up e le conclusioni le conducono e producono gli assistenti o addirittura gli studenti. Quelli più bravi naturalmente. Insomma, tu ti spremi l'encefalo con un'idea magari tua, la concretizzi in una brillante ricerca e il docente o il capo ricercatore si fanno belli con il culo degli altri. Ci mettono la firma, fanno pubblicare la ricerca a loro nome e l'articolo va nel loro curriculum, che si ingrossa a dismisura. Non che vada sempre così ma succede molto spesso.
Con queste premesse e conoscendo il pollame accademico, a quel punto, quando il relatore fa macchina indietro nel darti il suo appoggio per entrare nel dottorato di ricerca, capisci che, o ti prostituisci nel classico modo o nell'altro che consiste nello scrivere roba tua da far firmare al docente, oppure ciccia. Di solito, se non sei peloso sullo stomaco come BigFoot, li mandi tutti a cagare e rinunci alla tua brillante carriera universitaria.

Quello che voglio dire è che, conoscendo certe magagne dell'Università, quando vedi certi curriculum alla John Holmes, il sospetto che non sia tutta farina dello stesso sacco ma che si sia utilizzata la riserva di "ghost writers", è inevitabile ti venga. E, visto il pedigree di certi cuccioli, ti domandi: non sarà che i posti sono limitati perché bisogna riservarli agli skizzi geniali dei docenti e dei loro amici  e soci di club e di grembiulino?
A proposito di pubblicazioni, ecco un interessante articolo,  intitolato "Measuring Nepotism through Shared Last Names: The Case of Italian Academia", pubblicato da un ricercatore dell'Università di Chicago, Stefano Allesina, che ha analizzato statisticamente la ricorrenza dei cognomi all'interno degli elenchi dei docenti universitari italiani. I risultati sono analizzati qui e confermano purtroppo i sospetti che avevamo. Il nepotismo, nelle accademie italiane, dilaga come i batteri resistenti agli antibiotici negli ospedali.

Ecco perché le reazioni puntute della patrizia prole baciata dalla fortuna a suon di posti fissi prestigiosi e milionari in università, banche e multinazionali, dei secchioni a spinta che danno di sfigati agli altri sono ancora più indisponenti e ci fanno toccare i nervi. Noi che vorremmo avere avuto solo le loro stesse opportunità, perché eravamo bravi e ce lo saremmo meritati.
A dar fastidio non è il fatto che i castamen e le loro femmine piazzino i loro skizzi, tutti geni, tutti intelligentissimi, tutti bravissimi - e che magari, poracci, in certi casi lo sono davvero ad occupare tutti i posti chiave della società, affinché la Casta perpetui sé stessa. Lo sappiamo come va il mondo. Che l'avvocatone Carcharodon Carcharias passi i clienti al figlio è normale. Che si piazzino i figli in ditta o in quella di chi ti deve un favore grosso così è fisiologico.
Succede sicuramente anche a Yale, a Princeton e al MIT che per il figlio del miliardario e del confratello massone si abbia un occhio di riguardo. Il trota dei Bush è addirittura diventato presidente degli Stati Uniti.
Però in Italia, da parte di questi ricchi che si tramandano il potere per via di sangue come i re c'è una strafottenza medioevale da signore feudale che si rivolge alla plebe, un atteggiamento da Papa Borgia & figli che è assolutamente insopportabile.
E' il solito marchesedelgrillismo del "noi siamo noi e voi non siete un cazzo" che riconosciamo dall'odore anche se proviene da una gentile signora in Chanel e giro di perle. Odore che assomiglia moltissimo a quello della merda.

martedì 7 febbraio 2012

B - Bankers


«Gli italiani sono fermi, come struttura mentale, al posto fisso, nella stessa città e magari accanto a mamma e papà, ma occorre fare un salto culturale.» Anna Maria Cancellieri, ministro dell'Interno.

Mario 9000 sarebbe anche un'intelligenza artificiale simpatica, se non avesse attorno delle vecchie befane che ci fanno girare i coglioni con i loro discorsi da zie ricche di merda. Se non avesse attorno dei banchieri, anch'essi di merda che, siccome non hanno più un euro perché se li sono fottuti tutti a giocare al Gran Casino Borsa Mondiale, vogliono toglierci il posto fisso così hanno la scusa per non erogare più i loro mutui del cazzo.
Eh si, ci eravamo un po' illusi che gli invasori ultracorpi sciolti fossero benevoli, ma si stanno rivelando i rettiliani che sono. Invasori finto-buoni come i Visitors, ricordate la serie di fantascemenza degli anni '80? 
Elsa piange come la madonnina di Civitavecchia e noi ci caschiamo, ma sotto la scorza da borghesona torinese con il tailleur di Chanel anni '60 - a proposito di modernità, ha una bella pelle verde da pitonessa. Un giorno scopriremo che lei e Mario, quando si ritirano nelle loro stanze, ingoiano topi vivi.

E lei, la feldmarescialla agli Interni, la suocera che tutti noi vorremmo avere? Cos'è 'sta storia ancora dei bamboccioni? Vi si è rigato il CD? Perché lei e gli altri B- Bankers parlate sempre e solo ai giovani degli altri e fate i liberisti con i figli degli altri? 
Sturatevi bene i circuiti, spremetevi il cervellaccio rettiliano e ascoltate. Ma lo sapete che i nostri figli - soprattutto quelli del Sud - sono abituati a percorrere centinaia di chilometri per andare a studiare in Università migliori di quelle della città natale e ad adattarsi ad andare a lavorare anche all'estero, perfino in Padania? E che, se vivono ancora in casa con mamma e papà è perché permettersi di vivere in una casa propria in autonomia finanziaria, in Italia, è un lusso che molti non si possono permettere? Per non parlare del fatto che quella strana forma di vita che si chiama disoccupato, e che voi raramente incontrate nei vostri salotti, campa solo grazie ai soldi della famiglia o addirittura con la pensione di nonna. 

Di che cazzo sta parlando la superprefetta perfetta? Ci vuole spappolare la minchia con il pestacarne perché, dopo essere andati a lavorare in miniera in Belgio per decenni a farci trattare peggio delle bestie e a farci venire la silicosi, ora noi italiani godiamo di un po' di meritato benessere? 
Mi dica, feldy, perché dovete menarcela tutti i giorni e rinfacciarci in loop il fatto di aver fatto carriera da sapientoni, di esservi fatti il culo - proprio proprio senza una spintarella eh? - di essere tanto bravi e noi no? Sfigati, bamboccioni, viziati, gné gné. Sembrate quei piccoli figli di borghesi di merda che ci picchiavano da bambini perché non avevamo la Graziella ultimo modello come loro e perché nostro padre -  Dio lo perdoni - aveva la NSU Prinz.

Mi faccia capire, Prefetta di Ferro, perché mi ci sto amminchiando da giorni. All'inizio vi abbiamo dato fiducia perché ci avete denanizzato il governo e ora capiamo anche come avete fatto: agguantando il coso per le aziende e tenendogliele bene strette a morsa. Ci avete fatto capire che il vostro nobile compito è quello di eliminare la giungla di contratti precari che ci ammorbano, per spargere equità a piene mani.
Poi però le professorone se ne escono con la frasetta che non ha nulla di programmatico ma è pura ideologia. L'ideologia del "posto fisso a noi" e in culo a voi.
Noi dobbiamo inventarci un nomadismo lavorativo, uno spirito di avventura da senza-radici e senza-legami che non ci appartiene più perché i viaggi all'estero li abbiamo fatti tutti in passato, perché abbiamo riempito con la nostra merda tutte le fottute fogne del mondo, dalle Americhe all'Oceania.  Dobbiamo rinunciare alle radici che, da vecchi alberi secolari, abbiamo messo magari in una cittadina di provincia che, con le sue piccolezze e mancanze, ci piace perché lì conosciamo tutti e la cosa ci dà un bel senso di appartenenza; dobbiamo sacrificar...... no, che facciamo piangere Elsa - perché voi dovete mantenere i prodotti degli schizzi dei vostri mariti in un bel posto fisso, anzi due contemporaneamente, con il culo bello al sicuro, che così si fanno una bella carriera, ammamma? Come la brava mamma cagna Elsa, che ha sistemato la cucciola in un luogo dove non la scardinerà mai nessuno, l'Accademia dei Raccomandati, e che ora viene ad abbaiare la lezioncina a noi come uno stronzettissimo yorkshire con il collare di Swarowsky? Solo per il fatto di costringerci a dar ragione per una volta a Libero, andrebbe presa a schiaffi a tarantella.

Vedete, mie care sapientone, che ho ragione, che è l'ultimo stadio della lotta di classe: noi classe dirigente nell'Arca e voi paria in culo al mondo che crolla sotto i colpi che gli abbiamo inferto con la nostra ingordigia?  "Spalmare le tutele"? Cominciate a spalmare la nutella puzzolente da casa vostra.

Io però sono più ottimista di Gianalessio perché so che queste situazioni, dove la pretesa del mantenimento di un odioso privilegio da parte della classe dominante è più evidente di uno scarafaggio sul tappeto bianco, prima o poi, storicamente, finiscono nel simpatico gioco di società della Ghigliottina. Voi ci mettete le teste, al resto, compreso al raccoglierle per il definitivo lancio nel cesto alla Shaquille O'Neal, ci pensiamo noi. Sta tutto pagato. E sarà un divertimento folle allenarci con il tiro da tre con le vecchie teste cotonate. 
Se volete evitare gli inevitabili play-off, rassegnatevi al fatto che dovete sistemare i conti, rimettere in sesto la baracca e levare le tende, magari per andare a cercare l'avventura in qualche remoto ano del mondo da sverginare con la vostra sapienza.
Lavorate in silenzio, sistemate i conti, chiudete quelle vecchie fogne sparacazzate e non rompeteci i coglioni, che ogni limite ha una pazienza.

sabato 4 febbraio 2012

Gruppi di stupro


Io non mi meraviglio affatto che la giustizia italiana sia così tenera nei confronti degli stupratori di gruppo. 
Si, lo so che scostando il velo pietoso che copre la decisione della Cassazione c'è un delicatissimo pizzo a tombolo ricamato sul concetto di costituzionalità di una sentenza pregressa ma alla fine il risultato è comunque sgradevole. Si ha la sensazione che la giustizia, in questi casi, si comporti come una mamma e la mamma dello stupratore di solito crede al figlio e non alla puttana che lo ha inguaiato.
MEDICO Dica, signorina, o signora, durante l’aggressione lei ha provato solo disgusto o anche un certo piacere... una inconscia soddisfazione?
POLIZIOTTO Non s’è sentita lusingata che tanti uomini, quattro mi pare, tutti insieme, la desiderassero tanto, con così dura passione?
GIUDICE È rimasta sempre passiva o ad un certo punto ha partecipato?
MEDICO Si è sentita eccitata? Coinvolta?
AVVOCATO DIFENSORE DEGLI STUPRATORI Si è sentita umida?
GIUDICE Non ha pensato che i suoi gemiti, dovuti certo alla sofferenza, potessero essere fraintesi come espressioni di godimento?
POLIZIOTTO Lei ha goduto?
MEDICO Ha raggiunto l’orgasmo?
AVVOCATO Se sì, quante volte?
(dal blog di Franca Rame)
Gli uomini, se fanno questo tipo di domande è perché pensano che lo stupro di gruppo sia una cosa sessuale.  Pensano alle gang bang dei film porno, con le maiale che più ne prendono in tutti i buchi e meglio stanno. Anche le mamme degli stupratori pensano che il figlio sia in carcere per qualcosa di sessuale durante il quale si è divertita più la sgualdrinella che il suo bambino.
 ...Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare.
Devo stare calma, calma.
“Muoviti, puttana. Fammi godere”. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola... non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta.
"Muoviti puttana fammi godere”.
  Sono di pietra.
Ora è il turno del secondo... i suoi colpi sono ancora più decisi. Sento un gran male.
"Muoviti puttana fammi godere”.
La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa più volte sulla faccia. Non sento se mi taglia o no.
“Muoviti, puttana. Fammi godere”.
Il sangue mi cola dalle guance alle orecchie.
È il turno del terzo. È orribile sentirti godere dentro, delle bestie schifose.
“Sto morendo, – riesco a dire, – sono ammalata di cuore”.
Ci credono, non ci credono, si litigano...

(dal monologo di Franca Rame)
Lo stupro di gruppo non è niente di sessuale, è sempre una punizione, un atto di violenza pura, un atto di GUERRA. Un'alternativa all'omicidio a volte ancora più letale. E' qualcosa che devasta, squarcia, lacera il corpo e la mente. 
Per la vittima è un'esperienza talmente orribile che, non a caso, quando gli uomini la subiscono - e in guerra succede a chi la perde, come nelle carceri e nei luoghi di segregazione, ai danni di disabili fisici e mentali o maschi percepiti dal branco come sottomessi perché, ad esempio, omosessuali - la rimuovono completamente, non ne parlano, lo negano come eventualità e, per difendersene, la fanno diventare un fatto sessuale che riguarda solo le donne e che non è poi così grave. Qualcosa di leggero e divertente o perfino esteticamente artistico se riprodotto a ritmo di "Singin' in the rain" o fotografato - in versione gay - per una campagna pubblicitaria modaiola.

Invece, l'essere stati violati è qualcosa che ti condanna ad una premorte che durerà tutta la vita. Ti rimarrà sempre dentro quel dolore, la fitta dell'umiliazione, la disperazione della rabbia di non esserti difesa ed essere stata difesa. Il ricordo del tuo dolore e di loro che invece ridevano. Di te.
Come potevano ridere? Perché era la gioia di farti del male e di farlo anche al tuo compagno, a tuo padre, al tuo capo di Stato che stava perdendo la guerra, quel coglione. Perché loro pensano che lo stupro di gruppo sia soprattutto una vendetta trasversale della quale a soffrire sarà il maschio ferito nell'onore. La donna è solo un mezzo. Se dopo schiatta o sopravvive ma distrutta, sono solo dettagli.

Lo stupro di gruppo come punizione e atto di guerra nei confronti di avversari politici. L'ideale, se questi sono donne da colpire al cuore.
Volevano dare una lezione a Franca Rame e scelsero il modo più efficace per farlo. Qualcuno brindò in una caserma, alla notizia del rapimento dell'attrice. Dello stupro si parlò solo anni dopo ma, chi sapeva, sapeva esattamente cosa era successo. Terrorismo, marocchinata di Stato. Un tocco di regime sudamericano nei nostri fottuti anni settanta. I soliti che a volte ritornano.
Poi l'altro stupro di gruppo punitivo, nel 1979, ai danni di Lucia Luconi, regista RAI, che solo di recente aveva deciso di pubblicare il libro nel quale raccontava la sua atroce esperienza, scritto appena pochi mesi dopo quei venticinque minuti di quella notte. Libro oltretutto difficile da pubblicare  perché, secondo le case editrici, era troppo violento nei confronti dei maschi.
E poi quarant'anni dove, nella percezione istituzionale dello stupro di gruppo come crimine assoluto, non è cambiato nulla, nonostante il Circeo, nonostante i tanti episodi di cronaca. Non c'è certezza che sia avvenuto lo stupro, non siamo sicuri, ipergarantismo per gli accusati. Non in carcere, per carità, che potrebbe succedere anche a loro. Benevolenza, pignoleria nell'applicare la legge. Pizzo a tombolo.
Non hanno coraggio di condannare senza appello un atto di guerra perché siamo in guerra.
Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora... Sento le loro domande. Vedo le loro facce... i loro mezzi sorrisi... Penso e ci ripenso... Poi mi decido...
Torno a casa... torno a casa... Li denuncerò domani.
  (dal monologo di Franca Rame)

giovedì 2 febbraio 2012

Mario 9000


Quanto sono monotoni. Gli si è incantato il disco, ai vecchi grammofoni a tromba che si credono dei sistemi 7.1 Hi-end. Hanno la fissa del posto fisso. Comincio a pensare che sia una di quelle idee che quando ti si piantano in testa non riesci più a non pensarle continuamente, fino a sentire uno sgradevole odorino di cervello fritto. 
Il posto fisso sarebbe il nostro, ovviamente, non il loro.

La monotonia di cui parla Mario "I Robot" Monti con la stessa emotività del computer HAL9000 di Kubrick, non è altro che la nostra pazza idea di sopravvivenza. La nostra idea di stabilità, la certezza di poter fare piani per il futuro, magari per i propri figli o per il nostro vecchio culo stanco. Proprio quella medesima stabilità che lui sta cercando disperatamente di poter applicare un giorno, forse, ai conti pubblici.  
Sopravvivenza e stabilità. Cose che lui e gli altri fanno fatica a capire, visto che il posto fisso ce lo hanno per diritto di nascita, di censo e di sangue, e con loro i loro figli, parenti, conoscenti, servi, coniugi, amanti fissi ed occasionali, mantenuti, scaldaletto, portaborse, leccaculo, trote, troie, parassiti ed affini. Non è lotta di classe, è una constatazione.
La Casta, da secoli, si mette il culo al sicuro e il posto fisso, per i suoi membri, è un valore irrinunciabile. Visto che i posti sono limitati, non facciamo che il posto fisso sia applicabile anche ai paria, ovvero ai comuni cittadini, ai governati in forma vessatoria. 
Qualcuno mi dirà che anche per i castamen esiste la precarietà. Permettete che rida.
Manager che passano da una multinazionale all'altra, consulenti che prestano la loro opera un giorno a Milano e l'altro a Tokyo. Amministratori delegati che appaiono in bilocazione come Padre Pio in diversi consigli di amministrazione contemporaneamente. Professoroni ingaggiati per disinfestare le istituzioni dai nani molesti e poi, quando finiranno il lavoro, non puliranno il water.

Sa, caro Mario 9000, cambiare lavoro è bello se, ogni volta, per portare a casa la liquidazione ti ci vuole la cariola. E' bello essere esonerati se, con la buonuscita, ti garantisci comunque una pensione dorata. E' bello se ti chiami Mourinho e non hai da affezionarti troppo ad una sola squadra.
E' che lei e gli altri androidi ragionate con i vostri circuiti e quindi arrivate a pensare che, togliendovi il brivido della liquidazione miliardaria ed incancrenendovi in un unico posto di lavoro, il mondo diventi ancora più palla di quanto non lo sia già. E' che anche voi modelli superiori mi andate inesorabilmente in modalità  Zia Ricca. Dev'essere un baco della Nexus.

Per noi è diverso. Visto che ci piace strafare, l'idea di fare un lavoro e continuare a farlo nel tempo, magari nello stesso luogo di lavoro per anni, non ci fa schifo perché magari quel lavoro ci piace. Sa, caro androide, lei magari sognerà pecore elettriche ma deve sapere che, a volte, anche ai lavori umili ci si affeziona come agli incarichi prestigiosi da una botta di centinaia di milioni e via. 
Se vuole veramente passare alla storia faccia così: invece di incaponirsi a toglierci il posto fisso per lasciarlo ai soliti Sons Of  - e non dica che non funziona così, furbacchione! - vada oltre e dichiari che pure far parte della casta è monotono.
Visto che vi annoiate, che il posto fisso è una palla, che nella vostra vita manca il brivido dell'imprevisto,  facciamo che a lavorare in officina, a cogliere i pomodori, a legare i kiwi, a pulire il culo ai vecchi, a vestire i morti e a spaccarsi la schiena a tirare nella bara ci venite voi. Mi mandi Michel-ma-belle Martone a spettinarsi il ciuffo, mi mandi la Fornero lacrimogena e soprattutto la Passerona banchiera. Vedrà che la monotonia gli passa che è una meraviglia. Che divertimento! Che giornate! Che faticate!

In confidenza, Mario 9000, non sarà che gli androidi a volte dicono anche cazzate elettriche?