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domenica 30 dicembre 2007

Esiste davvero una lobby pedofila?

In questi giorni rimuginavo su un concetto espresso da Don Di Noto, il prete di Telefono Arcobaleno che da anni si batte contro la pedofilia e ribadito dal procuratore Alfredo Ormanni, titolare di un inchiesta sulla pedopornografia online, che ho trovato in un vecchio articolo di Repubblica del 2000.
In sostanza i due si domandano, basandosi su indizi più che fondati provenienti dalla loro esperienza di lotta al fenomeno, se esista e quanto sia potente una lobby pedofila.
Nell’articolo, al di là delle accuse di inazione al governo di allora, di centrosinistra, è interessante il concetto che laddove si vada veramente ad indagare nei meandri dei più sordidi sottoboschi della pedofilia, qualcuno a livello politico e di potere può intervenire per bloccare le indagini e insabbiare.

In effetti la sensazione è che, per fare un paragone, il fenomeno sia trattato come il traffico, spaccio e consumo di droga. Grande risalto e grancassa mediatica a notizie che investono i piccoli consumatori, magari occasionali, del prodotto pedopornografico e silenzio assoluto su casi ben più gravi, su coloro che organizzano, coloro che beneficiano del traffico di bambini, che ne abusano fisicamente e che perfino li fanno sparire, ovvero sui grandi trafficanti.

Abbiamo scoperto di recente, grazie ad inchieste giornalistiche, che un documento del Vaticano risalente ai primi anni sessanta, il Crimen Sollicitationis suggeriva di tacere degli abusi sessuali compiuti da sacerdoti su fedeli, anche bambini. Sappiamo la fatica che è costata inchiodare il clero pedofilo alle proprie responsabilità, non solo in America, e come nonostante tutto inquisiti in tonaca siano stati semplicemente spostati di sede dal Vaticano ma non puniti.
Ricordate il caso di qualche anno fa, di un imprenditore triestino, intercettato dall’FBI, che parlando al telefono chiedeva una bambina da violentare e possibilmente uccidere? Non se ne è più parlato e neppure di casi simili che pure esistono perché sono segnalati in migliaia di inchieste soprattutto nel terzo mondo, dove questo tipo di violenza avviene con sconvolgente facilità.
Solo di rado emergono notizie sui giornali di arresti di quei pedofili che fanno del turismo sessuale il loro sport preferito, insomma dei pedofili attivi, quelli che predano i piccoli per la loro perversione.

A proposito di perversione, io credo che in certi casi l’abusare di un bambino, specialmente se di condizione economica inferiore e di razza diversa, sia qualcosa che travalica la pedofilia come disturbo della sessualità, anzi forse non ha niente a che fare con esso. E’ un atto di predazione sociale dove forse chi più può spendere, in quel tipo di mercato, più tenera ed indifesa può avere la sua vittima. In questo senso non serve parlare di castrazione chimica e cazzate del genere. E’ il denaro e il senso di strapotere che esso dà che crea i mostri, non la patologia sessuale.
Esistono naturalmente i pedofili alla Chiatti, coloro che agiscono sulla base di un impulso deviante, magari generato dall’aver subito abusi a loro volta, ma a mio modesto parere si tratta di una minoranza.

Da anni si parla di un traffico di bambini gestito dalla malavita internazionale, di circoli ristretti dove i potenti, compresi nomi notissimi del Gotha imperiale, si riunirebbero per scambiarsi le piccole vittime, di interi orfanotrofi dell’est europeo trasformati in set dell’orrore pornografico e forse in veri e propri mattatoi.
Purtroppo, mancando un’informazione chiara e concreta su questo aspetto del fenomeno pedofilo, anzi mancando proprio l’informazione e regnando la confusione, è inevitabile che si crei una specie di mitologia, di elaborazione fantastica che fa quasi pensare che non sia vero niente, che tutto sia frutto dell'immaginazione e materiale per Z-movies o romanzacci da quattro soldi.
Siccome però la pedofilia colpisce ogni giorno ed è un fenomeno più che concreto, ecco che chi se ne occupa attivamente arriva a pensare che, appena si toccano i grandi spacciatori, i grandi organizzatori e gli illustri fruitori, intervenga la politica, come longa manus in difesa del Potere e dei suoi membri viziosi, a mettere tutto a tacere, a dire che sono tutte fantasie e che i marziani non esistono.

Tutt’al più si indica al pubblico ludibrio il piccolo consumatore e spacciatore, quello domestico, quello che si limita a guardare. Il caso più recente è quello di Alberto Stasi, nel cui computer sono stati ritrovati, immagino grazie ai potenti mezzi di recupero dati delle forze dell’ordine, video e immagini a carattere pedopornografico.
Stesso tipo di materiale fu ritrovato nei computer del musicista Augusto Martelli in seguito condannato ad un anno e sei mesi per il reato. Ha invece patteggiato e non andrà in carcere sempre per detenzione di materiale pedopornografico Paolo Onofri, il padre di Tommy, il bimbo assassinato dai rapitori a Parma. Nel suo caso c’è stata una maggiore tolleranza, che però dimostra quanto la popolarità mediatica e certe simpatie epidermiche possano aiutare più dei migliori avvocati. Ci si chiede: perché Martelli sul rogo e Onofri no?
A me sembra che, al di là delle ipotesi di reato, vi sia più severità nei confronti di chi guarda delle foto, per quanto rivoltanti, rispetto a coloro che i bambini li seviziano attivamente e questo non giova alla causa della lotta alla pedofilia.
Martelli lo si è crocifisso sui giornali, Scancarello invece, sospettato dei fatti della scuola di Rignano, ha ricevuto maggiore solidarietà e si tratta di due personaggi che provengono dallo stesso mondo dello spettacolo.
Non so, mi pare che fare tanto chiasso sul computer di qualcuno serva a depistare le magagne di altri o ad allontanarle geograficamente. I pedofili stanno in Belgio o nelle steppe russe, non da noi.

Chiarisco subito, per evitare equivoci, alcuni concetti. Riempire il proprio hard disk con materiale foto e video pedopornografico non è qualcosa che possa accadere spontaneamente, a computer spento, grazie all’opera di gnomi dispettosi, visitando semplicemente siti porno o warez o scaricando con il "mulo" materiale normale.
Si, capita di leggere titoli inquietanti nel materiale scaricabile del circuito P2P ma di solito si evita di scaricarlo e basta. La pedopornografia è un tipo di materiale che bisogna andarsi a cercare e non senza difficoltà nel deep web. Se non lo cerchi attivamente, te ne imbatti di rado.

Navigo in Internet da dieci anni e mi ricordo che agli inizi si trovava un mucchio di pornografia gratuita, soprattutto fotografica, di tipo diremo tradizionale, grandi scopate tra adulti. Per chi si avvicinava per la prima volta al fenomeno c’era la curiosità di vedere qualcosa di proibito a portata di mano nel proprio computer e gratis ma dopo l’ubriacatura iniziale, siccome dopo tutto la pornografia è ripetitiva e noiosa essendo i buchi da riempire sempre gli stessi, ci si stufava e si tornava a giocare con i videogiochi.
In dieci anni mi è capitato solo una volta, e con sgomento, di trovarmi di fronte un’immagine pedopornografica apertasi grazie al gioco delle finestre pop-up, iniziato in un sito russo di sfondi per desktop che rimandava a siti warez, di programmi piratati.
Mi scrissi l’indirizzo e lo segnalai immediatamente al Telefono Arcobaleno, che fornisce un modulo per segnalazioni di siti pedopornografici (senza avere alcun riscontro, ma spero la segnalazione sia andata a buon fine).
Tuttavia, l’immagine di una bimba dell’età apparente di non più di quattro anni nell’atto di praticare un pompino mi sconvolse talmente che da quel giorno evitai come la peste di avventurarmi in certi siti e per sicurezza ripulii cache e cronologia del browser.
Questo per dire che, se qualcuno risulta avere un hard disk pieno di video e immagini pedopornografiche, magari catalogate in cartelle e non semplicemente nella cache del browser, secondo me dimostra di essersele andate a cercare e, temo, di gradirne la visione. Nessuno terrebbe sul proprio computer immagini disgustose o disturbanti se non le trovasse soddisfacenti alcune proprie perversioni.
La giustificazione che adducono di solito queste persone colte in fallo è che "stavano documentandosi" ma è una scusa che non sta in piedi.

Quindi è giusto domandarsi se questi personaggi si limitino al voyeurismo o siano anche pedofili attivi. E’ giusto che il reato venga punito e che la società li tenga d’occhio ma mi piacerebbe vedere qualche volta anche la faccia di uno qualsiasi di quei rispettabili signori che, appena tornati dalla vacanza in Thailandia, magnificano le tenere terga dei bimbi appena abusati, vantandosene magari in palestra con gli amici. Mi piacerebbe vederli assicurare alle patrie galere e che il telegiornale ne parlasse, facendo nomi e cognomi. Altrimenti viene da pensare che la lobby pedofila esista e sia più potente che mai.

Questo mio post è il secondo (qui il primo) che aderisce all'iniziativa "Blogger contro gli abusi sessuali sui minori" di Psiche e Soma.
Un ringraziamento a
Comicomix per la vignetta (qui i codici per inserire il banner sui vostri blog).
L'inziativa continua e la partecipazione è ancora aperta a tutti coloro che volessero condividere la propria esperienza o dire comunque la propria opinione sull'argomento. Parlarne è importante.

sabato 29 dicembre 2007

Visto che è sabato sera


Parliamo dei trent'anni di Tony Manero, il papà spirituale e l'archetipo di tutti i burini e coatti del globo terracqueo e il santo patrono delle balere.
"La febbre del sabato sera" uscì nel 1977 come ritratto quasi sociologico di un certo proletariato newyorchese visto con l'occhio da entomologo curioso del regista John Badham e fu invece subito mito musicale.

La disco music c'era già da qualche anno, ci eravamo già abituati ai mugolii da doppiaggio di film porno di Barry White e di Donna Summer e ai ritmi pulsanti dell'italo-crucco Giorgio Moroder ma chissà perchè tutti credono che questo genere musicale danzereccio e meravigliosamente spensierato sia stato inventato dai fratelli Gibb, i gemelli-con del melodico sciroppato australo-britannico, coetanei dei Pooh e a quel tempo, metà anni settanta, a differenza dei nostri, in lento ma inesorabile declino. Grazie ad una di quelle botte di culo che passano solo ogni ottant'anni come certe comete, i Bee Gees azzeccano una manciata di motivetti e si garantiscono una vecchiaia serena.
Il film, da quasi politicamente impegnato e francamente drammatico quale è in realtà, si trasforma, nel grande successo mediatico che lo investe, in una specie di musical senza cervello.

Tony Manero è un coatto sfigato che lavora in un negozio di vernici. Ha una famiglia che più italoamericana di così si muore, litigiosa, insoddisfatta e bigotta. Ha perfino un fratello prete che però prima dell'inizio del secondo tempo getterà la tonaca alle ortiche.
L'unico momento di gloria nella vita di Tony è il sabato sera quando diventa il re della discoteca (ma meglio sarebbe chiamarla balera) dove può sfoderare tutto il suo repertorio da perfetto truzzo. Sua maestà stronzeggia con tutti, soprattutto con le donne che se non sono sua madre sono automaticamente delle troie, ma quando balla tutti si fermano ad ammirarlo, come un tronfio pavone tutto atteggiato nella danza di corteggiamento.
Il film contiene anche una notevole metafora sulla lotta di classe quando compare Stephanie, una spocchiosa pidocchia riunta di Manhattan che frequenta, chissà perchè, la sordida scuola di ballo di Brooklyn dove regna Manero, forse in cerca di forti emozioni ma più probabilmente di guai. Da quel momento, visto che i due devono allenarsi in coppia per la memorabile gara di ballo fulcro del film, iniziano un duello a chi è più stronzo, se il grezzo mandrillo broccolino o la paracula di Manhattan.
Dopo aver vinto la gara ma aver, più che sportivamente, eroicamente ceduto il premio ad una coppia di portoricani che si sospetta siano stati boicottati per razzismo, Manero e i suoi sudditi vanno allo sbando in una notte brava dove la ragazza che gli muore dietro da sempre finisce per essere stuprata e il pischello debole del gruppo si suicida. Forse ci sarà un futuro diverso per Tony e Stephanie ma non ne saremmo tanto sicuri. Il film è drammatico, cazzo, non è "Sette spose per sette fratelli".

Guardando John Travolta nel suo indimenticabile numero sulla pista multicolore, con le ginocchia i cui menischi non conoscono ostacoli, magro e scattante come un bacchetto, mi viene una massima che nemmeno Confucio durante le sue fumate migliori: "Per quanto tu stia a dieta, non ritornerai mai più magro come quando avevi vent'anni". Dedicato a tutti i dietologi del sabato sera.

venerdì 28 dicembre 2007

Ombre pakistane

Il brutale attentato che ha assassinato Benazir Butto ed è costato la vita ad altre venti persone è stato attribuito dai media, ad esempio dal TG1-Luce di ieri sera, ovviamente e senza alcuna ombra di dubbio ad Al Qaeda, la creatura proteiforme che si adatta perfettamente ad incarnare un comodo responsabile per tutti i mali moderni, dagli attentati terroristici alle stagioni che non sono più quelle di una volta. Chi ha rubato la marmellata? Al Qaeda.

Attribuire la responsabilità della morte di Benazir alla “Lista” va bene, basta che ci intendiamo su cosa è veramente Al Qaeda.
Non raccontare le ambiguità colossali che impregnano il tessuto politico e militare del Pakistan e dell’intera regione geografica circostante, nascondere gli sporchi doppi e tripli giochi da sempre attuati dai servizi segreti, significa suonare il tamburo di latta della propaganda ottusa ed ignorare la realtà complessa degli scenari bellici di questo nuovo millennio. In sostanza significa raccontare metà della storia, farne una versione omogeneizzata e più digeribile per ascoltatori senza denti che non devono masticare ma solo mandar giù senza discutere.

In un’inchiesta di ABC News risalente al 2001, il reporter Mark Corcoran indagava sul famigerato ISI (Inter Services Intelligence Agency), il servizio segreto pakistano, da lui definito costruttore e distruttore di governi.
“Mentre gli americani si avventurano in Afghanistan”, scriveva Corcoran, “devono affidarsi ed essere totalmente dipendenti dagli occhi e dalle orecchie pakistane dislocate sul territorio.
Il problema è che fino all’11 settembre l’ISI era stato il più intimo alleato dei Talebani e addirittura li aveva aiutati a giungere al potere".
Aggiungo io che i Talebani erano stati finanziati dalla CIA durante la guerra russo-afghana in funzione antisovietica e Bin Laden aveva anche dato una mano agli americani nella guerra dei balcani. Un pappa e ciccia idilliaco durato anni e Dio solo sa perché i compagni di merende avessero poi litigato e si fossero da quel momento giurati odio eterno.

Secondo Corcoran, mentre Musharraf fa "un americano ad Islamabad" e l’alleato, l’ISI (il suo servizio segreto) ha e persegue altri propositi, non proprio cristallini.
Proprio la compianta Benazir disse al giornalista che l’ISI era "uno stato nello stato" [una specie di P2?] e che era responsabile della propria sfortuna politica.
"Secondo gli esperti", conclude Corcoran, "l’ISI ha compiuto assassinii politici, atti di terrorismo di stato ed è coinvolto nel traffico internazionale di droga. E’ un’entità potente che non si farà sconfiggere senza combattere".
Per ora la battaglia l’ha persa tragicamente Benazir e i suoi sostenitori, cercando un responsabile della sua morte, stanno puntando il dito contro Musharraf e l'ISI. Siamo noi che vediamo solo il turbante di Bin Laden in ogni dove.

Di ambiguità pakistane attribuibili all’ISI è lastricata anche la via che parte dall’11 settembre e traccia il percorso della cosiddetta Guerra Globale al terrorismo.
Secondo David Ray Griffin che li ha catalogati, tra i molti misteri ancora inspiegati dell’attentato che cambiò il mondo vi sono alcuni fatti che portano proprio ad Islamabad, considerata dai tamburini di regime una capitale amica ed alleata nella lotta ad Al Qaeda.
Ecco i fatti principali, sui quali una seria commissione di inchiesta indipendente sui fatti dell’11 settembre, richiesta da più parti negli USA, potrebbe fornire interessanti chiarimenti:

“Il generale Mahmoud Ahmadi, capo dei servizi segreti pakistani (ISI), era a Wilmington la settimana precedente l'11 settembre per incontrare il capo della CIA George Tenet e altri ufficiali statunitensi”. Ci si chiede per che scopo.

“Lo stesso Ahmadi, ordinò che fossero mandati 100,000 $ a Mohammed Atta prima dell'11 settembre”. A che titolo, visto che si trattava di un noto terrorista affiliato ad Al Qaeda che oltretutto stava preparando un attentato devastante contro un alleato del Pakistan?

”L’amministrazione Bush fece pressioni sul Pakistan affinché rimuovesse Ahmadi dal ruolo di capo dell'ISI dopo la comparsa della storia del passaggio, per suo ordine, dei soldi ad Atta.” Non risulta però che il Pakistan finisse nel novero dei paesi canaglia. Ricordo che ci sono state nazioni bombardate dai B52 per molto meno.

”L'ISI (e non solamente Al Qaeda) era dietro l'assassinio di Ahmad Shah Masood (il capo dell'alleanza del nord afghana), che avvenne appena dopo la riunione di una settimana fra i capi della CIA e l'ISI” .

E’ noto che si è pensato che Osama Bin Laden si nascondesse in Pakistan. Alcuni generali americani protestarono, dopo l’attacco a Tora Bora (quello del Mullah Omar che fugge in motorino) perché invece di circondare ed attaccare il presunto rifugio di Bin Laden era stata lasciata sconsideratamente una via di fuga, la quale portava al confine con il Pakistan.

La guerra al terrorismo è fatta di stranezze. Si è bombardato l’Afghanistan subito dopo l’11 settembre nonostante i presunti attentatori fossero sauditi. Si è accusato Saddam Hussein di avere armi di distruzione di massa mai trovate e lo si è schiacciato per quello specifico motivo e nessuno chiede conto agli Stati Uniti di una delle più colossali balle mai spacciate a scopo bellico.
Si considera il Pakistan un alleato quando apparentemente ha finanziato il capo dei terroristi dell’11 settembre e forse ha dato rifugio a Osama Bin Laden.
Come si dice: dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io.

mercoledì 26 dicembre 2007

Che bella la TV al plasmon!

Sono di indole abbastanza tecnologica, mi piacciono le diavolerie elettroniche ma ho bisogno di tempo per adattarmi alle novità, perchè mi fa fatica ogni volta cambiare le abitudini faticosamente incancrenitesi negli anni, studiare i manuali, maneggiare aggeggi nuovi e imparare l’utilizzo di nuovi pulsanti. Per un puro fatto di pigrizia.

Nella mia vita sono passata dal giradischi al mangianastri e allo stereo in maniera tranquilla, perché il passaggio da un supporto all’altro, una volta, era molto diluito nel tempo. Il televisore, per esempio, è stato prima in bianco e nero e poi a colori ma non si parlava di tubo, retroproiezione, plasma ed LCD. Era il TV e basta.
Oggi si rischia di ritrovarsi con supporti e lettori obsoleti dopo sei mesi, ed è una cosa che mi disturba profondamente, perché io e le macchine abbiamo bisogno comunque di tempo per familiarizzare e non prenderci a sberle.
Aggiungo che ho un uomo ipertecnologico per il quale gli apparecchi ogni sei mesi si cambiano anche se funzionano ancora perfettamente, per principio perché bisogna aggiornarsi, e capirete il grado di destabilizzazione che provo ogni volta che vengo privata brutalmente dal "tecnico" di un oggetto che ero appena riuscita ad imparare ad usare per ricominciare daccapo con uno nuovo.

Dopo mia lunga e caparbia resistenza, anche nel mio salotto il televisore a tubo è stato prepensionato e ora troneggia un moderno ed ultrapiatto televisore a cristalli liquidi, un LCD.
E’ vero che anche lui, il tubo, non ha collaborato. Un bel giorno ha cominciato a non appicciarsi più se non a random e “il tecnico” ne ha decretato la condanna, approfittando di un’occasione che era capitata nel negozio di fiducia, un LCD che nessuno voleva, nonostante fosse di ottima qualità, perché nero e ora pare che vada solo il grigio metallizzato. Lo confesso, mi è dispiaciuto vedere il bestione andare giù per le scale con “il tecnico” che faceva una fatica boia a tenerlo. Sono convinta che le macchine sentano quando stanno per essere eliminate e scelgano un più onorevole suicidio, un seppuku elettronico.

Installare Calimero, l’elleciddì nero invece è stato uno scherzo. Snello, leggero, maneggevole, una manciata di cavi, prese e jack e i collegamenti sono stati fatti.
Devo ammettere che ora ne sono proprio entusiasta. La meraviglia del 16:9, praticamente il cinema a casa. Con i DVD un’assoluta goduria. Soffro molto per i tanti, troppi formati disponibili e la necessità di districarmi tra 4:3, e tutto il generone del widescreen: tuttoschermo, panoramico, 16:9 e 14:9 ma mi ci abituerò. Per fortuna non ho un salotto grande abbastanza e il costo è proibitivo, così mi sarà risparmiato il TV al plasma. Inutile dire che “il tecnico” ne ha approfittato per sostituirmi il glorioso ed amato lettore DVD che leggeva anche i sassi per un più moderno DVD recorder. Non ho ancora osato usarlo in quella funzione. Siamo ancora nella fase di annusamento reciproco. Lo uso solo come lettore DVD.

Già, i DVD. All’inizio ero scettica ma poi mi ci sono appassionata, tanto che il videoregistratore ormai langue in un eterno standby e la mia gloriosa collezione di VHS ormai è stata letteralmente decimata tra epurazioni di nastri e donazioni alla biblioteca. Viene piano piano sostituita dai meravigliosi dischetti con le versioni in lingua originale, gli extra, i making of, i segreti di lavorazione, le lezioni di regia e finalmente la possibilità di gustarsi una sola scena più e più volte o magari solo un particolare momento del film senza dover far scorrere dieci chilometri di nastro cigolante.

Per il rifornimento ho le mie tecniche infallibili. Due mercatini da battere regolarmente un paio di volte alla settimana dove trovo edizioni originali usate ma in perfette condizioni a 4-6 euro e a volte anche meno. I miei migliori affari: i due cofanetti di "Montalbano" per soli 20 euro in tutto (costano più di 70 l’uno) e il doppio DVD di "Belfagor" carpito una sera d’estate a soli 8 euro con immensa goduria.
Poi ho i miei fornitori su Internet. In Italia acquisto su DVD-store.it.
In passato ci ho trovato un’edizione succulenta Disney con tutti i primissimi e storici cartoni di Paperino a soli 8,90 euro, con tanto di confezione metallica.
Spediscono sia per corriere che per posta prioritaria a costi bassissimi. Hanno un sacco di offerte e mi sono sempre trovata bene. Se lo chiedi ti confezionano pure il DVD con carta regalo.

All'estero acquisto da Play.com che è un punto di riferimento classico per i collezionisti. Sono situati nell’isola di Jersey e godono di particolari vantaggi fiscali. Spediscono per posta e le spese sono comprese nel prezzo dell’articolo, quindi nulla in più è dovuto. Visto che per acquistare occorre registrarsi con i dati della carta di credito consiglio di utilizzare la Carta PostePay di Poste Italiane (accettata anche da DVD-store.it).
Lo svantaggio di Play.com è che non tutte le edizioni ovviamente hanno l’audio italiano però in certi casi vale la pena di acquistare comunque DVD che costano anche la metà rispetto all’Italia, per non parlare dei cd audio.
Se volete l’audio italiano potete impostare la ricerca sul sito selezionando la lingua italiana per i DVD e scoprirete che ci sono tante offerte interessanti da acchiappare al volo.
Le offerte speciali sono continue e stando in allerta è possibile approfittare di sconti molto vantaggiosi e ribassi notevoli.
I miei migliori acquisti sono stati le 9 stagioni di X-Files pagate 18 euro a cofanetto a fronte dei 34.00 pagati in Italia, un’edizione speciale di “Ultimatum alla terra” in confezione metallica, doppio DVD, audio italiano, pagata 7,90 euro (ora non è più in offerta e ne costa 20,49!) e l’edizione anniversario (2 DVD) di “Pianeta proibito” a 9,49 euro (non in italiano ma con una marea di extra e ben due film interpretati in seguito da Robby the Robot). Sono tentata dall’acquisto di “Blade Runner the Final Cut”, edizione definitiva a 5 dischi contenente tutte le passate edizioni, venduta a 27,99 euro.

Il servizio di Play è impeccabile. Mi capitò un disco difettoso in un cofanetto X-Files. Scrissi una mail, mi risposero di domenica (!), invitandomi a rispedirgli l’intero cofanetto per raccomandata. Mi inviarono un nuovo cofanetto rifondendomi quasi per intero le spese di spedizione sostenute. Ultimamente non mi era arrivato un ordine (può capitare, visto che usano la posta normale). Dopo 21 giorni, come da regolamento, ho compilato un modulo segnalando il disguido e mi hanno rispedito il DVD senza alcuna spesa aggiuntiva. Che fair play questi britannici, si fidano perfino di noi italiani!

martedì 25 dicembre 2007

Ho fatto un gran pasticcio

Questo è un piatto eversivo. Un atto di terrorismo calorico rivoluzionario e rinascimentale, da gustare con calma e digerire con altrettanta pacatezza. Ad alto tasso di calorie e burro, quindi peccaminoso ma allo stesso tempo delicato. In esso si concentrano ed esaltano i sapori di tutto il nostro Paese, dalle Alpi alla Sicilia, alla faccia della secessione. I funghi delle montagne e le besciamelle nordiche si sposano con il Marsala siculo e gli ziti napoletani. Il maiale e la vitella duettano nel ragù promettendosi amore eterno. La cipolla aromatizza dolcemente.
La pasta frolla è sfrontatamente dolce in un contesto altrimenti salato ma delicatamente e deve sfarinarsi in bocca, rivelando a poco a poco la morbidezza gustosa del ripieno.

In casa mia è un piatto storico, di derivazione emiliana, come la tata che lo insegnò a mia madre e tradizionalmente preparato solo a Natale. Nel corso degli anni la ricetta si è trasformata, eliminando ad esempio i fegatelli di pollo che entravano nel ragù, visto che io non li sopporto.
E' la versione moderna dei pasticci che si preparavano nel Rinascimento italiano, a base di beccacce, piccioni, rigaglie, una lussuriosa orgia di carni nascoste in un prezioso scrigno di pasta.
Ve ne regalo la ricetta, caso mai qualcuno volesse osare una trasgressione alimentare per un'occasione veramente speciale. Ah, fidatevi, è pure afrodisiaco.

Pasticcio di maccheroni
Per otto persone:

polpa di vitella magra e di maiale (lonza o filetto) a tocchetti in parti uguali per un totale di circa 700-800 gr.
una manciata abbondante (circa 30 gr. o più) di funghi porcini secchi, meglio quelli di primissima qualità a falde larghe
160 gr di ziti lisci lessati
una besciamella preparata con 1/2 litro di latte magro, 40 gr. di burro e 40 gr. di farina e un pizzico di sale
1/2 cipolla a dadini, 50 gr. di burro per soffriggere
1 bicchierino di Marsala secco (non lesinate sulla qualità)

Mettete sul fuoco un pentolino con dell'acqua. Quando bolle spegnete la fiamma e gettatevi dentro i funghi secchi. Coprite con un coperchio e lasciate che si ammollino.
Intanto mettete sul fuoco il ragu'.
Tagliate a tocchetti piccoli i due tipi di carne e mescolateli. Soffriggeteli assieme alla cipolla e al burro in un tegame e lasciateli rosolare. Quando l'eventuale acqua che fa la carne si è ritirata, bagnate con un bicchierino di Marsala e lasciate evaporare.
Scolate i funghi, passateli sotto l'acqua corrente per eliminare l'eventuale terra e uniteli alla carne, senza tagliuzzarli.
Filtrate l'acqua nella quale avete ammollato i funghi attraverso un colino ricoperto da un pezzo di scottex e allungate con quest'acqua il ragù. Unite un dado e mezzo da brodo e fate cuocere per circa un ora, mezzo coperto a fiamma bassa, fino a che è bello ritirato ma non troppo asciutto.

Nel frattempo preparate la besciamella. In un pentolino sciogliete il burro e appena imbiondisce versateci la farina. Mescolate rapidamente, meglio se fuori dal fuoco, e quindi versate il latte a poco a poco. Rimettete sul fuoco e mescolate finchè la salsa non si addensa. Ad ultimo salare. Deve essere bella liscia e morbida. Se dovesse fare i grumi, quando è pronta e fuori dal fuoco, dategli una frullata con il frullatore ad immersione senza tanti complimenti.
Cuocete gli ziti in acqua bollente e scolateli al dente. Conditeli in una zuppiera con la besciamella e mettete da parte.

Ora dedicatevi alla pasta frolla. La ricetta è quella di Pellegrino Artusi e andrà benissimo anche per le vostre crostate.
Prendete 250 gr. di farina 00, 100 gr. di zucchero e 150 gr. di burro a tocchetti, profumate con scorza grattugiata di limone e lavorate con le mani fintanto che gli ingredienti non sono ben mescolati. Unite un uovo intero più un tuorlo e lavorare ancora con le mani solo fintanto che la pasta è ben amalgamata. Appena vedrete che forma una palla ben liscia e che non si attacca alle mani non tormentatela più e mettetela in un recipiente per qualche minuto in frigo.

Quando è pronto il ragù, unitelo agli ziti in besciamella e mescolate bene.
Tirate fuori la pasta frolla dal frigo, tagliatela in due parti e tirate la prima sul tagliere, su un foglio di carta da forno. Tiratela sottile con i mattarello e rivestite una tortiera (26 cm. diametro) con il foglio e la pasta. Scaldate intanto il forno ventilato a non più di 170 gradi.
Riempite con la farcia di ragù, maccheroni e besciamella. Tirate il secondo pezzo di pasta, sempre su un foglio di carta da forno. Quando sarà tirato sottile vi basterà prendere il foglio con il disco di pasta e capovolgerlo sulla teglia, staccando poi delicatamente la carta. Ritagliate tutt'attorno gli eccessi di pasta e utilizzateli per saldare bene il pasticcio.
Cuocete il pasticcio in forno per 35 minuti, fino a che la pasta è ben dorata.
Si serve tiepido e all'occorrenza si può riscaldare in forno, ma dolcemente e coperto con un foglio di carta stagnola.



lunedì 24 dicembre 2007

Natale in casa Lameduck

Voglio fare gli auguri a tutti, soprattutto a coloro i quali stanno aspettando che le Feste passino perchè il Natale li mette di cattivo umore, perchè si chiedono giustamente cosa vi sia da festeggiare, visto che le cose vanno male; a quelli che odiano il Natale perchè è solo una sagra del consumismo e dell'essere buoni per forza.
Quest'anno avrei voluto anch'io bypassare con un gesto il panettone, l'albero e i regali, visto che non avrei più potuto condividerli con la mia mamma.
Poi è capitato che, in prossimità delle feste, mi sia ritrovata a ripensare alla mia infanzia, al presepe che lei mi faceva tutti gli anni, con le casette, le montagne con la carta marrone stropicciata, i sassolini e il muschio, i pastorelli, la carta stagnola a mo' di acqua del fiume, il ponticello, le lucine che illuminavano le casine dall'interno.
Da molto piccola il presepe mi piaceva, poi crescendo diventai sempre più triste e disincantata come Tommasino, e mia madre, proprio come Lucariello, insisteva a farmi piacere il presepe per forza.

Grazie a questo ricordo, che nella mia mente stava diventando qualcosa di terribilmente dolce e struggente, mi sono ritrovata a girare le bancarelle del mercato alla ricerca di pastori, pecorelle, casette per quello che doveva essere il presepe più bello di tutti, da dedicare alla mia Lucariella. L'ho fatto, ho comperato pure la carta con lo sfondo stellato e, come ospiti d'onore, assieme alle statuine nuove comperate alla Fiera del Torrone dell'8 dicembre, ci ho messo alcuni degli storici pastorelli che facevano parte del mio presepe di bambina, conservati religiosamente sempre nella stessa scatola e utilizzati ancora ogni anno da mia madre per il suo personalissimo e artistico presepe.

Questo presepe mi dà tanta serenità, lo guardo e penso che sarebbe piaciuto tanto anche a lei. Mamma, avevi ragione. Macchè albero, è il presepe il vero Natale.



Auguri sinceri di Buon Natale a tutti coloro che passano di qua, agli avventori occasionali di questo Bar dello Sport, ai clienti fissi e regolari, a coloro che sono diventati amici, a coloro che si sono persi per strada, a quelli che si sono presi una pausa ma non vediamo l'ora che tornino, a coloro ai quali non è piaciuto il caffè, a quelli che invece lo considerano il migliore, a quelli che si lamentano del servizio e a quelli che disprezzano ma tornano.

Ah, dimenticavo. Lameducche ha realizzato un sogno, entrare a far parte di un Presepe Napoletano del '700, i più belli del mondo. Forse la paperaccia stona con il suo beccaccio giallo in un contesto tanto solenne ma si è messa così d'impegno per essere buona almeno in quella occasione che non ho potuto dirle di no.

Ringrazio il sito del Comune di Scanno (AQ) da dove ho rapinato la bellissima immagine. Andate a vedere che meraviglia di posto è.

domenica 23 dicembre 2007

Scusate, ho un dietologo per cena

Ultimo post cattivo prima della pausa di bontà natalizia.

Dovete sapere che da un anno e mezzo sono a dieta per perdere una decina di chili in più soprattutto dove a Paperino finisce la giacchetta e cominciano le piume bianche.
Visto che il sovrappeso era anche dovuto agli effetti collaterali di una cura a base di prednisone, andai da un dietologo perchè mi parve la cosa più sensata.
Visita, pesata come i pugili prima dell'incontro, palpatina agli addominali e poi intervista sulle mie abitudini alimentari. Dieta personalizzata, 1700 calorie giornaliere, "non si patisce la fame, stia tranquilla".
Però a pranzo dovevo mangiare solo pasta, verdura e ben 200 grammi di frutta e la sera solo carne o pesce, con la solita verdura cotta o cruda e gli inesorabili 200 grammi di frutta. Il mio adorato formaggio (in una vita precedente devo essere stata un topo) solo due volte la settimana. Dolci neanche a parlarne. Solo una merendina o uno yogurt a metà pomeriggio. Grazie, sono 100 euro.

All'inizio c'è l'entusiasmo, poi è luglio e il caldo toglie per fortuna l'appetito. Inizio la mia dieta e perdo i miei 1,5 chili al mese fino a settembre. Dopo la prima visita da 100 euro sono previste le visite di controllo, per fortuna solo da 50.
Continuo a perdere peso ma, a poco a poco, anche entusiasmo. Faccio sempre più fatica ad attenermi alle regole. Forse avevano ragione a dirmi che iniziare una dieta appena dopo aver smesso di fumare era troppo per un essere umano.

Quest'anno, nelle due ultime visite di controllo, a luglio e ottobre (finora ne ho fatte sei in tutto), non solo non sono più calata ma sto riacquistando peso.
La cosa che mi fa più innervosire è che ogni volta vengo rimproverata di non fare movimento. I quattro chilometri (e a volte otto) che mi pedalo in bicicletta ogni giorno, i lavori di casa compresi quelli più pesanti che sbrigo ogni giorno, secondo lui non contano. Per lui dovrei camminare, andare a spasso. Una bella fava.

Mi sento demoralizzata e ogni cosa che mangio mi fa sentire in colpa ma allo stesso tempo vivo la trasgressione come atto rivoluzionario. Sto cominciando ad essere seriamente ossessionata dal cibo, dalla dieta e dal senso di colpa per non riuscire a dimagrire. Penso con ansia alla prossima visita. Mi mangio un cioccolatino e penso: "tiè, alla facciaccia tua!"
Per me il cibo è uno dei piaceri della vita. In questi mesi è stato anche il mio Prozac. Se il cibo non ti dà vibrazioni positive può essere una tortura. Non so se, con il mio passato di disturbi dell'alimentazione, questo mio attuale atteggiamento sia una cosa tanto positiva.
Chiedo consiglio a voi che mi leggete, soprattutto se siete esperti. Quella dieta è scientificamente impeccabile e sono io che sono un'animalaccio indomabile, pazzo e cocciuto, oppure avete qualche dubbio anche voi?

Lo ammetto, con i medici ho sempre dei grossi problemi di transfert negativo. Ho sognato di incontrare un neurologo che mi aveva sbagliato la diagnosi in un tunnel buio assieme ai miei drughi per fargli assaggiare un po' di nodoso randello.
Questo, il dietologo, mi fa pensare al famoso piatto di fave con un buon chianti del dottor Hannibal Lecter. Sta diventando un po' il mio dr. Chilton.

Ma no, va, state tranquilli. Che ne dite se la prossima volta, invece di mangiarmelo, lo mando semplicemente affanculo?

venerdì 21 dicembre 2007

Se il vaccino fa più male che bene

Il presidente americano Gerald Ford si fa vaccinare contro l'influenza suina durante la campagna di vaccinazione di massa del 1976, voluta dal governo americano per fronteggiare il rischio di una pandemia paventata simile a quella catastrofica del 1918, passata alla storia come la "Spagnola".
Tutto era cominciato con la morte di un soldato a Fort Dix, una base militare nel New Jersey, per una polmonite fulminante attribuita ad un virus simile a quello dell'influenza suina.

La pandemia del 1918 aveva avuto principio proprio dall'infezione di un gruppo di militari che stazionavano nei pressi di un allevamento di suini.
Quella pandemia, estesasi dagli Stati Uniti a tutto il mondo, provocò la morte di 50 milioni di persone, 500.000 solo negli Stati Uniti e 650.000 in Italia. Era una malattia che colpiva e uccideva soprattutto i giovani con impressionante rapidità. Non era infrequente che chi cominciava a tossire la mattina, a sera tardi fosse già morto. Vi furono casi in cui furono decimate intere platee di spettatori teatrali e cinematografici.

Le ipotesi più recenti sull'origine dell'infezione fanno supporre che i maiali dell'allevamento famoso fossero stati infettati da un ceppo di influenza aviaria portato da uccelli migratori. Il virus si sarebbe ricombinato nei suini e, in seguito all'incendio dell'allevamento, una nube tossica avrebbe portato sull'accampamento militare il virus mortale. Tutto sommato una concatenazione di eventi sfortunati piuttosto difficile da riprodurre.

Ad ogni modo, memori della tragedia del 1918, le autorità sanitarie americane, appena sentono parlare di soldati morti per un qualcosa che assomiglia all'influenza premono sull'amministrazione Ford affinchè venga avviata una campagna di vaccinazione di massa.
Il Congresso approva quindi lo stanziamento di 135 milioni di dollari per vaccinare 200 miioni di americani, quasi il 95% della popolazione.
Preparare il vaccino non è però cosa facile e tanto meno rapida. Da un lato, prendendo tempo, si rischierebbe di arrivare alla somministrazione a pandemia già iniziata. Dall'altro, affrettando la preparazione di un vaccino si correrebbe il rischio di sottovalutare eventuali effetti collaterali.
Si propende per mettere a punto il vaccino il più presto possibile, anche contro il parere di diversi ricercatori. Gerald Ford è in campagna elettorale e se riuscisse a diventare il candidato che ha salvato un popolo da una pandemia la rielezione sarebbe sicura.

Iniziano le somministrazioni del vaccino, compreso il presidente cavia consapevole, ma iniziano anche i guai.
E' noto che tra le reazioni avverse a molti vaccini vi sono sindromi neurologiche anche gravi, provocate pare da uno scompenso del sistema immunitario.
Nel 1976, a seguito della campagna di vaccinazione contro la paventata pandemia di influenza suina, negli Stati Uniti si ebbero almeno 535 casi di Sindrome di Guillain-Barre, una grave forma di paralisi periferica, 23 dei quali mortali. Un bilancio ben più pesante di quello della malattia che doveva combattere.
Le autorità furono accusate di aver nascosto il rischio di insorgenza della sindrome di Guillain-Barre nonostante pervenissero le notizie di sempre nuovi casi intervenuti dopo la vaccinazione. Il programma fu annullato, mentre iniziavano ad arrivare le richieste di risarcimento.
La pandemia, per fortuna, non si verificò. Altri casi di infezione riscontrati nel paese ed erroneamente attribuiti al virus dell'influenza risultarono dovuti invece a legionella, un batterio.
Questo episodio è passato alla storia come il grande fiasco della vaccinazione di massa del 1976.
Si disse che, a causa di questo disastro, il presidente Ford perse le elezioni.

Ho ricordato questo precedente perchè abbiamo in Italia alcuni casi di meningite da meningococco e le autorità di Treviso stanno predisponendo una vaccinazione di massa della popolazione. Ieri è stato intervistato in TV il ricercatore che ha messo a punto il vaccino, il quale ha gridato "vaccinatevi, vaccinatevi!". Va bene, ma ricordiamo che i vaccini possono provocare sindromi neurologiche anche gravi, come dimostra il caso americano sopra esposto e la relazione ipotizzata tra vaccinazione contro l'epatite B e l'aumento di relapses di sclerosi multipla.

Gli interessi che gravitano attorno ai vaccini sono enormi per Big Pharma. La vaccinazione antinfluenzale, somministrata a tappeto a milioni di anziani, la vaccinazione contro il papilloma virus alle ragazzine e ora questa profilassi antimeningite. Tutte cose buone (io personalmente sono contraria ai vaccini ma è una posizione che non pretendo sia condivisa) ma esigiamo informazione anche sui possibili effetti collaterali.
Si parlava prima di risarcimento alle vittime di neuropatie iatrogene. Cito da una puntata di "Report" del 2006 dedicata all'argomento pandemie :
Nel 1976, quando il governo decise di somministrare il vaccino a tutti (donne, uomini, bambini) le assicurazioni si rifiutarono di stipulare polizze a coloro che avevano preso i vaccini, non vollero quindi prendersi nessuna responsabilità in merito e le case produttrici minacciarono di non produrre più il vaccino. Allora il governo si prese la responsabilità.
Furono quattro mila i danneggiati che chiesero al Governo risarcimenti astronomici.
Il 50% di chi fece causa al governo ottenne un risarcimento.
Oggi, con il provvedimento firmato lo scorso dicembre [2005] nessuno potrebbe più pretendere nulla e l’amministrazione Bush non ha destinato un dollaro per coprire i danni per ora sono le industrie farmaceutiche a beneficiare di una pandemia che forse mai ci sarà. Questo, grazie soprattutto alla compattezza della maggioranza repubblicana… e grazie al leader repubblicano al senato Bill Frist.
Ci si riferisce ad una legge dell'amministrazione Bush che libera le multinazionali del farmaco dalla responsabilità di dover risarcire le vittime di eventuali effetti collaterali di farmaci e vaccini. Un bel regalone per Big Pharma e tanta sicurezza in meno per noi consumatori.

La meningite è una malattia molto grave ma se un medico è in grado di riconoscerla dai sintomi inequivocabili e non la liquida come la solita "influenza" dimettendovi e consigliando solo un Efferalgan come capitò a me (e per fortuna la mia era di tipo virale), è curabilissima con gli antibiotici.
Speriamo che le autorità che ordinano la puntura generalizzata perchè alcuni casi si sono concentrati in un bar siano a conoscenza degli eventuali rischi vaccinali e, a differenza degli Stati Uniti, siano in grado di risarcirci in caso di danni collaterali.

lunedì 17 dicembre 2007

Rigatoni!

Un paio di notiziole della serie "a Natale siamo tutti più buoni".
Berlusconi ha voluto presenziare sabato scorso a Milano, in piazzale Lagosta, alla manifestazione del Partito dei Pensionati, culminata con la distribuzione di pacchi di pasta ai presenti.
Mica pasta da 20 centesimi di euro alla confezione da 500 gr. come si trova negli hard discount ma pasta firmata, doc, come dire: dove c'è Berlusconi, c'è casa. Un solo pacco a testa, però, se no ingrassano. Tanto, basta il pensiero.

Dopo il Silvio panettiere e quello che in gioventù andava in giro a raccattare i cartoni per farne palle (?), eccolo in versione battaglia del grano duro, per "dar da mangiare agli affamati", soprattutto a quei pensionati, suppongo, che prese per il culo con la promessa dell'aumento a 500 euro delle pensioni minime, un suo cavallo di battaglia delle elezioni del 2001.
Ricordate per quanto tempo insistette nel mentire che lui le pensioni le aveva aumentate proprio a tutti? Ci vollero cinque anni buoni per fargli ammettere che si, le aveva aumentate ma solo a quelli che ne avevano diritto ed erano solo una minoranza.
E ci voleva tanto?! I nostri babbi e le nostre mamme se n'erano accorti subito che l'aumento era una balla con il controcazzo. Anzi una palla di cartapesta, costruita non da un leader ma da un carro di Viareggio vivente, che non prova la minima vergogna come strafantastiliardario ad andare a parlare a dei vecchi di "far fatica ad arrivare alla fine del mese". Lui, dice, ha vissuto la miseria "nera". Bene, è venuto il tempo di raccontare magari come da un giorno all'altro ha fatto tutti questi dané.
Se ne avete uno sotto mano, prendete un antiemetico (contro il vomito) e leggete la cronaca dell'uscita del povero ricco in mezzo ai poveri veri scritta da una delle gazzette di famiglia.

Si sa che i pensionati sono un poco rincoglioniti e di poca memoria. Se fossero stati ben svegli, ricordandosi della palla dei 500 euro, avrebbero dovuto tirargliela in testa, la pasta, alla pasta d'uomo.


Altra notizia che apre il cuore alla bontà natalizia. Milano, galleria Vittorio Emanuele, il salotto buono, con i bottegoni del lusso tutti luccicosi per il Natale.
Come scrive il Corriere della Serva, ieri c'è stato lo choc. Si è scoperto che in alcuni sottotetti dei palazzi della Galleria si nascondevano abusivi, barboni e immigrati clandestini in quelle che il comico inviato del TG5 ha simpaticamente definito "abitazioni", solo perchè ci arrivava la luce elettrica. Magari se fa domanda possono vedere di assegnargliene uno di quei favolosi appartamenti.

Immediata la reazione del "barbùn-buster" Sgarbi che, sceso come un falco pellegrino a compiere un sopralluogo sul posto, invoca la cessione ai privati della galleria (che evidentemente appartiene ancora in parte ai milanesi come cittadinanza). Si sa, una guardatina, una rapida botta di conti e si fiuta l'affare del loft, con la scusa del farci la galleria d'arte che non frega a nessuno.
"Per intanto, Sgarbi sogna di trasformare le mansarde abitate dai barboni in un museo d'arte contemporanea: «Voglio lasciare tutto così com'è. I calzini. La puzza. Per far vedere quanto in basso è scesa Milano»".
Rapido ed infallibile, il vicepodestà De Corato ha promesso di murare i sottotetti (per fortuna senza i barboni dentro) affinchè gli scarafaggi non debbano mai più annidarsi nelle vicinanze dove passeggiano i signori che hanno le migliaia di euro da buttare via per la scarpa di Prada, lo straccetto firmato e la coperta in visone da 100.000 euro.

Per carità, bisogna rispettare la legalità e lottare contro l'abusivismo che magari nasconde le immonde speculazioni dei subaffitti a peso d'oro.
Però mi sia consentito appunto di notare come il tono usato nei confronti di esseri umani che per bisogno avevano trovato un rifugio in quelle soffitte merdose è scritto sul corrierone e detto al TG5 con il tono di chi sta parlando di un'invasione di scarafaggi.
Oddìo marchesa, sul persiano Bukara sta passeggiando l'immondo insetto! Si chiami subito la disinfestazione.

La premiata ditta De Corato & Sgarbi ha ben disinfestato e si gloria di aver buttato in mezzo ad una strada dei senzatetto, con il freddo che fa in questi giorni e in prossimità del Santo Natale.
Questo dopo che la stessa amministrazione comunale della sciura petroliera aveva organizzato una mensa per ricchi nel cortile di Palazzo Marino il 7 dicembre per gli infreddoliti ed annoiati spettatori della Scala del dopospettacolo, a spese non si sa di chi ma probabilmente dei milanesi, compresi i pensionati al dente.

Fellini, da quel genio che era, lo aveva previsto negli anni 80. Se i poveri pensionati chiederanno pane, a causa delle pensioni da fame, cosa daranno loro questi compassionevoli conservatori mentre pasteggiano a soupe lyonnaise e cappella di porcino? Rigatoni!


domenica 16 dicembre 2007

Orchi e lupi cattivi, ma questa non è una favola.

Altre volte ho scritto di pedofilia. Ho usato gli accenti più duri che potevo trovare perchè di fronte a qualcosa che rovina l'esistenza di un bambino fino all'età adulta e in certi casi per tutta la vita, è difficile tenere a freno le emozioni.
Non c'è bisogno che ricordi qui perchè un atto di pedofilia, anche se non arriva allo stupro vero e proprio ha questo effetto devastante sulla psiche di un bambino. Si tratta di un atto compiuto su un soggetto che non ha la possibilità di scegliere liberamente di parteciparvi e in un settore delicato come la sessualità, quindi è sempre violenza.

Il pedofilo si avvicina al bambino e conquista la sua fiducia poi, come il cobra, all'improvviso colpisce, lo coinvolge in qualcosa che il piccolo non comprende lì per lì ma che risulta perturbante, sconosciuto, invadente, perfino piacevole allo stesso tempo che doloroso e proprio per questo ancora più spaventoso.
Il bambino non dovrà raccontare ciò che è successo, non dovrà parlarne con nessuno (perchè il pedofilo è un vigliacco di merda, in fondo sa che quello che ha fatto è male). Nasce qui la condanna al silenzio, al doversi tenere questa cosa dentro per anni (venti?) nascondendola talmente bene che solo anni di terapia e tanta sofferenza e lavoro interiore possono riportare alla luce. Le storie di abusi sessuali sono come reperti archeologici, a volte vengono alla luce per caso, perchè un terapeuta inciampa in una rabbia repressa che ti ha fatto ammalare di quella che tu chiami, per far prima, depressione.

Un mio bravissimo collega mi ha spiegato che, in questi casi di abusi, ciò che fa ammalare è la rabbia di essere stati ingannati, perchè quella persona ti aveva promesso un giro al lunapark e poi invece la macchina si era fermata in parcheggio e lui ti aveva messo le mani addosso. La rabbia di non essere stati difesi dai genitori; dalla mamma che ti aveva inconsapevolmente lasciato andare con lui perchè di lui si fidava, come non avrebbe potuto, era suo padre. Del babbo, il tuo supereroe, che in quel momento non era lì a difenderti, a prendere a pugni l'orco e farlo a pezzi.
La rabbia di non poter raccontare nulla a mamma e papà perchè mai ti crederebbero, ti hanno indotto a credere, e poi sei consapevole che succederebbe un pandemonio familiare se tu parlassi e tu hai paura di queste cose.
La rabbia di essere stata ingannata e circuita, di essere rimasta paralizzata senza il coraggio di ribellarsi a quelle mani e il senso di colpa che ora ti opprime per non averlo saputo fermare. Sembra incredibile ma tutta la colpa del crimine della pedofilia ricade sempre sulla vittima, che si sente sporca, contaminata, indegna da quel momento di poter essere toccata in maniera pulita e sincera, da qualcuno che la ama veramente.

La rabbia che ho descritto, che nasce da un ricordo nascosto negli anni e quasi completamente rimosso nell'inconscio se non per pochi frammenti indistinti, ti porta alla depressione, al non trovare una via di uscita alla tua vita che non sia la fine, perfino la morte. Nei miei anni peggiori immaginavo il mio futuro come un muro nero. Niente altro e nient'altro al di là del muro se non il vuoto.
La cosa peggiore è che non riuscivo a dire perchè stessi così male. Sapevo di avere qualcosa dentro, qualcosa che cercavo di vedere ma non riuscivo a focalizzare. Intuivo che era qualcosa di traumatico, dal rancore che provavo verso mio padre per il fatto che non aveva potuto difendermi allora (ma come avrebbe potuto visto che non sapeva nulla?) e come esponente della categoria uomo, fino al vero e proprio terrore che mi provocava lo stare in un'auto con un uomo, anche ora che ero ormai adulta.
La depressione ad un certo punto mi ha salvata, mi ha portato a chiedere aiuto, la terapia mi ha fatto ricordare, i miei hanno saputo ed è stato un dolore anche per loro. Un tuono a ciel sereno. Una scossa di terremoto.
Una cosa sia chiara, anche un genitore che viene a sapere cosa è successo al proprio figlio subisce una violenza e un dolore enormi, per chi avesse ancora qualche dubbio sui danni che provoca la pedofilia, non solo ai bambini. E il senso di colpa per aver dato loro comunque un dispiacere non ti lascerà mai più.

Ho detto altrove che la pedofilia, soprattutto quella famigliare, è come la mafia perchè condivide con essa l'omertà e ne sono convinta.
Il crimine della pedofilia a volte è compiuto da una sola persona, che per puro caso càpita al bambino di incontrare sulla sua strada, il classico "maniaco" di cui si parlava una volta. Più frequentemente però il pedofilo, se si annida in famiglia, può contare su complicità, silenzi, omertà appunto, che fanno si che il crimine rimanga come una tara familiare e si perpetui nelle generazioni successive.
Quando parlo di omertà e pedofilia familiare so di cosa parlo perchè se qualcuno nella mia famiglia avesse parlato prima e avesse messo in guardia chi di dovere, io non mi sarei trovata nei guai.
Quando ho riesumato i miei cadaveri dall'armadio ho parlato e ho messo in guardia chi aveva bimbe piccole. Non mi importa se sono stata poi accusata di spargere fango sulla famiglia, di essere una pazza che inventava storie assurde e di lamentarmi tanto quando "in fondo non ero mica stata violentata". Capite perchè parlo di omertà mafiosa? Guardatevi quel bellissimo e crudo film che è "Festen" che parla di un figlio che ha finalmente il coraggio di parlare degli abusi del padre pedofilo ad una cena di famiglia.

Ho voluto raccogliere l'invito di Psiche e soma e raccontare la mia esperienza personale perchè sono sempre più convinta che per difendere i bambini dalla pedofilia la prima cosa è rompere la catena del silenzio, smascherare i colpevoli, identificarli e metterli di fronte alle proprie responsabilità. Chi protegge un pedofilo magari solo per stupidità o per ipocrisia è altrettanto colpevole.
Non ci si può trincerare dietro la vergogna, il riserbo e la paura del giudizio degli altri. Parlarne per informare gli altri e forse evitare guai ad altri bambini è un dovere morale. E' un coming out che può salvare la vita a degli innocenti.

La campagna "Blogger contro gli abusi sessuali sui minori" verte in particolar modo sul fare informazione.
I bambini vanno informati senza terrorizzarli e mi rendo conto che non è facile e vanno soprattutto educati a raccontare sempre ciò che gli capita ai genitori. Dire al proprio figlio: "qualsiasi cosa ti capiti che tu senti brutta vieni a raccontarmela, qualsiasi cosa sia e chiunque sia coinvolto, io sarò sempre pronta ad ascoltarti e ti crederò". Se si ha la possibilità di buttare fuori subito con qualcuno che si ama un'esperienza negativa sarà molto più difficile ammalarsene.

Dopodiché, forse, quando ci si rende conto di esserne comunque usciti, di essere riusciti ad imparare ad amare ed essere amati, di aver smesso di avercela con i genitori per non averti saputo difendere, di essersi riappropriati di una vita normale e soddisfacente con una persona meravigliosa che ti ama e che sei fortunata di amare, di essere tutto sommato anche a causa della sofferenza passata diventata una persona più vera e completa, si può anche perdonare.

Questo post aderisce all'iniziativa "Blogger contro gli abusi sessuali sui minori" di Psiche e Soma. Un ringraziamento a Comicomix per la vignetta (qui i codici per inserire il banner sui vostri blog). La partecipazione è aperta a tutti coloro che volessero condividere la propria esperienza o dire comunque la propria opinione sull'argomento. Parlarne è importante.

Articoli già pubblicati su altri blog
"Chi si può trovare dentro internet" - Semplicemente Lisa
"Ho sete per piacere”: i nostri bambini hanno sete del nostro affetto, della nostra attenzione, della nostra tenerezza." - Anna Vercors
"Il buco nero dell'umanità"- Riccardo Gavioso
"Lettera a un bambino che nascerà"- Un blog in due

venerdì 14 dicembre 2007

Passare indenni nel campo minato

Spesso mi chiedo cosa, nella mia giovinezza, mi abbia salvato dalla droga, visto che ho avuto la fortuna di passare indenne attraverso gli anni peggiori della storia della tossicodipendenza, quelli del buco di eroina e della morte per overdose. Non mi sono fatta mai nemmeno uno spinello, figuriamoci il resto. Fortuna?

Se guardo molti miei coetanei vedo storie pesantissime, ora risolte ma che hanno indubbiamente lasciato in loro più di un segno.
Se dovessi trovare un'analogia per il percorso che abbiamo fatto noi degli anni 60 mi viene in mente solo il campo minato. Bastava mettere un piede lì invece che qui e...bum! si saltava. Se io sono riuscita ad evitare le mine ogni volta è per almeno un paio di motivi. Il primo è che, per fortuna, ho sempre avuto il terrore di perdere il controllo del mio cervello, di non potermi trattenere, e questo atteggiamento nevrotico che da un lato mi ha impedito in altre circostanze di "vivere", in questo senso mi ha salvata. L'altro, è stata... la fortuna.

Ai miei tempi (come dicono i vecchi) la droga era meno facile da trovare se non si entrava a far parte di un determinato giro. Spesso capitava che la droga arrivasse a te perchè si drogava il tuo amico, o il tuo fidanzatino. Io ho avuto la fortuna che il ragazzino che mi piaceva da matti a tredici anni e che era praticamente una canna vivente, non mi filava proprio.
A vent'anni rimasi traumatizzata a causa di un'amica che, per un fumo cattivo, si sentì male e a causa di questo passammo il peggiore pomeriggio di quell'anno. Quell'episodio formò in me l'idea che la droga fosse merda e per fortuna, ancora una volta, questa analogia mi è rimasta impressa. Anche quando vedo le immagini della cocaina sequestrata dai carabinieri e penso alle condizioni nelle quali viene preparata provo un vero senso di schifo e repulsione.

I ragazzini oggi hanno mille più occasioni di quante ne avevamo noi di drogarsi. Non è raro sentire quindicenni dire: "se in quella discoteca non di impasticchi non ti diverti". In discoteca, appunto, le pasticche si trovano e costano pochissimo. La televisione parla sempre e solo del pericolo della cannabis ma le droghe sintetiche come l'ecstasy sono devastanti e girano perfino nelle scuole. Poi c'è la cocaina, sempre più a buon mercato, che ti fa entrare in una spirale di euforia e depressione senza fine.
Ecco, io che ho una pesante storia di depressione alle spalle, guarita grazie ad un percorso estremamente doloroso (avete presente l'addestramento del Sergente Hartmann in Full Metal Jacket?) solo all'idea di una sostanza che possa dare depressione mi terrorizzo.
Nonostante i miei problemi di gioventù, di depressione e infelicità, sono riuscita ad evitare un male peggiore che non so dove mi avrebbe condotta. Forse sono stata brava e giudiziosa, o forse non sono mai veramente stata indotta in tentazione.

In teoria, essendo stata una tabagista per quasi trent'anni (anche la nicotina è una droga) ed essendo stata consumatrice per molti anni di ansiolitici ed altri psicofarmaci rientrerei nella categoria delle dipendenze anch'io, il che fa capire quanto sia difficile non essere schiavi comunque di qualche sostanza.
Per quanto riguarda la droga vera e propria, però, mi sono salvata e, più ci penso, più mi rendo conto che forse è stato solo per un fatto di fortuna.

Questo post è il mio contributo all'iniziativa lanciata da Newkid di Linea Neuronica, per invitare i bloggers ad esprimersi sul problema droga. Qui troverete il post originale con i contributi in progress di chi ha aderito.

giovedì 13 dicembre 2007

Partito Camionista Combattente

Ho letto due post interessanti sull'argomento sciopero dei TIR, uno di Mario e l'altro di GuerrillaRadio.
Sono d'accordo con il primo riguardo all’analisi del meccanismo di mercato che tira i prezzi al ribasso e tende a stritolare i cosiddetti padroncini, che quindi avrebbero ragione a rivendicare condizioni più vantaggiose di lavoro.
Figuriamoci se non siamo sensibili alle rivendicazioni dei lavoratori e qui si tratta di lavoro duro e in molti casi massacrante.

Vi sono alcuni aspetti di questa protesta, come di quella dei tassisti, che non mi convincono, però. Premesso che coloro che hanno fatto i blocchi stradali non sono tutti i padroncini ma solo circa la metà, a qualcuno pare strano che, dovendosi far rappresentare a livello politico, essi scelgano la destra che propugna in teoria proprio il liberismo che produce le spietate leggi del mercato oggetto del contendere.

Il leader della protesta dei camionisti rivoluzionari si chiama Uggé, è un sindacalista degli autotrasportatori in perenne stato di lotta in modalità “incubo” di Doom, tranne quando governa Berlusconi.
Per cinque lunghi anni, il bellicoso Uggè, di FI, nominato sottosegretario ai trasporti da Silvio, se n'è stato buono buono a cuccia senza tagliare le gomme a chicche e sia.
Mi si dirà, non vorrai mica fare le bucce ad un sindacalista perché è di destra, con una sinistra che ha piazzato due ex-sindacalisti a presiedere il Parlamento? Non ho niente contro un sindacalista di destra.
Però in questo caso temo che il sindacalista stia facendo gli interessi del padrone più che del padroncino.

C’è un grosso equivoco attorno alla destra governativa italiana, che è liberista in senso economico solo a parole e americana solo quando fa comodo. Basti dire che è comandata da un ultramonopolista che in America non sarebbe mai diventato quel che è diventato senza doversi piegare alle leggi dell’anti-trust.
Questa destra, che dice di volere il mercato, il mercato, il mercato, si esalta a difendere delle lobbies, delle consorterie, delle associazioni di bottegai, insomma è legata tuttora a qualcosa che assomiglia moltissimo al vecchio corporativismo fascista. In questo contesto, le categorie che difendono piccoli privilegi di casta piccoloborghese si sentono a proprio agio con la destra. La sinistra è abituata ai grandi numeri delle grandi fabbriche, ai milioni di metalmeccanici, è un altro mondo che non intriga nè il tassista nè il camionista. Per questo è inevitabile che lasciamo i camionisti alla destra.

La destra aborrisce gli scioperi, tranne quelli che portano un tornaconto a determinati poteri, non pestano i piedi ai grandi poteri e magari danneggiano un eventuale governo di sinistra.
Tutti gli ultimi scioperi di categoria, che hanno visto la destra in prima fila a loro difesa, in fondo erano lotte corporativiste contro la concorrenza e soprattutto, contro il governo che, paradossalmente, era quello che stava difendendo il libero mercato. Quando vedrò i sindacalisti di FI appoggiare le rivendicazioni dei metalmeccanici e dei precari sarò pronta a ricredermi su questo punto.

Vorrei sottolineare un’altra cosa poi, e qui mi riallaccio al post di GuerrillaRadio, che riesuma un evento storico che per la verità era ritornato in mente anche a me e a tanti altri nei giorni scorsi: lo sciopero degli autotrasportatori in Cile del 1972 durante il governo Allende. In quel caso lo sciopero fu manovrato, lo dimostrano documenti desecretati della CIA, da coloro che stavano organizzando il golpe contro il governo di Unidad Popular, attraverso generose sovvenzioni di denaro alle categorie in sciopero.
Per fare un altro esempio, dire che gli scioperi di Solidarnosc in Polonia furono qualcosa di spontaneo è per gli ingenui. Senza le generose donazioni provenienti dagli zii d’America e dal Vaticano la storia sarebbe andata diversamente.

Questo per dire che non sempre i sindacalisti organizzano uno sciopero per il bene dei lavoratori ma possono farlo per altri motivi, inclusi quelli loschi. Uno sciopero può diventare quindi una forma di ricatto, di pressione, una prova di forza o semplicemente un avvertimento, finanche un atto eversivo. E’ una cosa che non possiamo far finta di non vedere.
Nei già citati Stati Uniti il sindacato dei camionisti è sempre stato uno dei più potenti ma, proprio per la sua importanza strategica (un blocco stradale può mettere in ginocchio un paese), è sempre stato oggetto di pesanti infiltrazioni mafiose. Basti pensare alla figura di Jimmy Hoffa, pedina della mafia a capo del sindacato e poi fatto sparire dalla stessa per motivi ancora oggi misteriosi.

Infiltrazioni, strane sovvenzioni, scioperi usati come arma impropria contro governi non graditi, è già successo in passato e perché non potrebbe succedere ancora? History repeating.
Speriamo, come ho detto in un commento da Cloro, che l’analogia con il Cile sia solo un’illusione ottica dovuta a pura paranoia e che la protesta dei camionisti combattenti sia qualcosa di giusto, assolutamente slegato da ogni speculazione politica da parte di chi non ha rinunciato alla famosa spallata.

mercoledì 12 dicembre 2007

Kilombo o Kirompo?

Da oggi si vota ancora una volta per rinnovare la redazione di Kilombo, o Kirompo, a seconda dei gusti. Kilombo è l'aggregatore delle sinistre ed è, come tutte le cose di sinistra, un luogo dove si discute e ci si confronta (non quanto si dovrebbe) e si litiga (fin troppo).

Da quando ha preso forma il grande Golem del Partito Democratico, più o meno ogni quindici giorni vi sono scontri piuttosto accesi tra bloggers che si identificano nell'ala Veltroniana della sinistra, che io chiamo con affetto i compagnucci della parrocchietta e alcuni comunistacci bokassiani polpottisti duri e puri.
Come spesso succede anche nella vita reale, il litigio è magari un fatto che nasce da antipatie e rivalità personali, ma questo è normale. Dispiace che spesso il motivo della contesa sia il desiderio di censurare post, blog interi o bloggers in carne ed ossa.

Un'altro motivo di malumore ultimamente è stato il cosiddetto Kilombo slow, che io non ho ancora ben capito che cosa dovrebbe essere, perchè mi sbaglio e leggo regolarmente Kilombo Show, ma sicuramente qualcosa di associativo, dicono. I compagnucci sono stati accusati di voler fare lo show, o lo slow, solo nella parrocchietta, con i comunistacci fuori.
Ma, io dico, perchè agitarsi tanto a pretendere da Kilombo ciò che non può essere? E' come quando si ha un figlio che negli studi è di coccio. Perchè torturarlo con seni e coseni e l'amor che move il sole e l'altre stelle?

Parliamoci chiaro, se già facciamo fatica a leggerci quotidianamente tra noi kilombisti! Quanto ci linkiamo tra di noi, il che non vuol dire vendere favori ma stabilire un legame tra simili che quasi quotidianamente vanno a leggersi e a commentarsi?
Io cerco ogni giorno di leggere e commentare il più possibile i post dei kilombisti ma poi quando vado a vedere gli accessi al mio blog da Kilombo sono molti meno di quanto pensassi. 10-20 al massimo, contro i perfino 2000 di un OkNotizie.
Forse è solo un problema mio, oddìo, nun sarà che nun so' abbastanza de sinistra?? Sarei curiosa di sapere se è così anche per altri kilombisti, ma sembra che tra noi facciamo fatica a cagarci, tanto per restare nel tema scatologico della settimana. Insomma, è possibile che si faccia fatica a dialogare tra noi? E' così terribile per i compagnucci della parrocchietta e per i comunistacci bokassiani confrontarsi, per dirla con Vartere "pacatamente e serenamente"?

Che ci piaccia o no, Kilombo è lo specchio che riflette tutte le luci e le ombre della Sinistra, in tutte le sue sfumature, compresi gli scazzi, lo stare ognuno sulla propria torre d'avorio, il non cagarsi pari se non si è di un certo gruppo ristretto, il rivendicare ognuno l'esclusiva sulla Verità. Kilombo-Kirompo è un piccolo laboratorio dove l'eccesso di topolini dominanti finisce per far sì che si mozzichino tra di loro, a volte a sangue. Dovremmo proprio forzarlo a essere diverso?

Ora si scelgono i nuovi redattori. Tra defezioni, sbattute di porta, pianti, strepiti, palloni bucati così non ci giocate più e sceneggiate alla Mario Merola, il parco candidati si restringe ogni volta di più.
In passato mi chiesero perchè non mi candidavo io ma, se devo essere sincera, avendo già avuto esperienze in altre realtà blogghistiche ora defunte dove dopo un po' ci si sentiva della consistenza degli ectoplasmi ed essendo per mia natura un cagnaccio sciolto della peggior specie, ho sempre rifiutato, forse per vigliaccheria, di prendermi delle responsabilità.

A me basterebbe che fosse eletto qualcuno che mi togliesse quella obsoleta limitazione dei 20 kb per le foto dei metapost, che scegliesse una piattaforma più cazzuta che desse maggiore visibilità giornaliera ai post dei kilombisti. Poi vorrei meno censura, più autocritica e più autoironia e più collaborazione e considerazione tra di noi. Come vedete non ho molte pretese.

A proposito di elezioni. In questo filmatino, Andrea Ronchi (ora AN) in versione "bambino coi baffi", si becca una lezione di signorilità da Moana Pozzi in una tribuna elettorale del 1993. Pensate, Moana era candidata a Sindaco di Roma, Ronchi lavorava nella televisione italiana occupata dai comunisti, tra i quali militava ancora Veltroni. Altri tempi.



lunedì 10 dicembre 2007

Oltre l'arcobaleno, cosa?


E' strano ma, nel giorno della nascita della Cosa Rossa (oddìo, sembra qualcosa di porno) o Sinistra Arcobaleno, a me non è venuto in mente altro che la sciropposa ed iperglicemica canzoncina del Mago di Oz. Non mi pare un buon segno.
L'arcobaleno è qualcosa di mite, di gioioso, che rievoca la quiete dopo la tempesta, i prati verdi con gli uccellini che ricominciano a cinquettare ma qui si muore per 1000 euro al mese, si torna ai bei tempi del lumpenproletariat, alle 16 ore in altoforno, ai padroni che dopo la tragedia mandano il pizzino ai giornali: "era tutto in regola". Si, 'sto cazzo.

Bellino il programmino della Sinistra Arcobalena: la pace, l'ambiente, la lotta al precariato, i diritti delle coppie di fatto, la laicità. Speriamo. Anche nel programmone dell'Unione c'erano tante belle cose che non si sono fatte.
Magari non sarebbe male anche un pochino di cattiveria. Come dire: arcobaleno si, ma se ci fate incazzare diventiamo tuono e saetta.

Come dice il detto popolare? O mangi la minestra o salti la finestra. E' come quando vai al self-service e hanno finito tutto quello che avresti voluto prendere. Se non c'è proprio niente altro in Italia che possa assomigliare alla Sinistra prenderemo questa cosina rosa, pardon rossa, questa fichetta arcobaleno che promette di darci tante soddisfazioni: un 15% dei voti dell'elettorato, dicono. Si accontentano, non pretendono mica di più. Dateci il nostro 15 e noi stiamo lì buoni buoni.

Sempre meglio dei pretacci der piddì, sicuramente. Sempre meglio del maanchismo di Veltroni.
Tutto, piuttosto che Mastella o la Binetti o il segaligno Fassino che solo a vederlo fa venir voglia di farsi fuori una cofana di lasagne fuori pasto; il cicciorutello, la melandra, il franceschino, Mastro Bindi e il nipote di Hannibal Letta. Per non parlare del mortadello che quando muoiono gli operai fa il faccione seeerio e dice che bisogna controllare, bisogna fare, bisogna andare. "Famo, annamo, menamo", diceva un Gassman-cardinale nei "I nuovi mostri".
O guarda, ma chi è che deve smetterla di prendersi paura dei KakkienKruppen e mandare le fiamme gialle, rosse, verdi e blu a rovesciare la fabbrica come un calzino, magari mandando Herr Strunz in galera?

Cara sinistra arcobalena, visto che dai campi e dalle officine non possiamo prendere nè falce nè martello perchè se no la contessa si turba e se sturba, non t'incantare a guardare i bei colori nel cielo e gli uccellini, se ti ricordi ancora cos'è la volontà di lottare guarda ben fisso per terra e fai il tuo dovere. Perchè qui di sotto di cose da cambiare c'è nè un fottìo.

domenica 9 dicembre 2007

Poeti e comici di merda

E' curioso che in un mondo dominato dal culto del denaro, simboleggiato in psicanalisi dall'escremento; in un mondo che, scisso nella dicotomia tra avarizia (ritenzione) e scialacquamento (incontinenza), fa dell'evacuazione una metafora rituale quasi religiosa, ci si scandalizzi se un satiro o un comico cita la cacca in un suo show e ci si meravigli se poi il tizio viene censurato, radiato e bandito dal regno.

Intendiamoci, la colpa è degli autori di queste performance, sempre. Hanno il vizio di associare alle loro denunce più forti l'elemento merdoso e l'apposito orifizio, che siccome sono innominabili e oggetto di oscuro timore ma altrettanto innominabile segreto culto, fanno scattare le più feroci censure di potere.
E' come se inconsciamente dicessero: devo fare una denuncia forte, sulla guerra, sull'oscenità della guerra, sulle brutture della società, della famiglia che incoraggia la pedofilia ma siccome non ne ho il coraggio fino in fondo utilizzo la metafora della cacca così mi censureranno e la mia coscienza sarà di nuovo a posto. In psicanalisi si chiama atto mancato.

La censura, quando a sua volta scatta, pensa: io in realtà voglio colpire quel pezzo di merda che osa criticare l'impero, il regime, la guerra santa combattuta dagli eroi. Voglio zittire e far ardere sul rogo quello stronzo che osa criticare la famiglia e la società e perfino prefigurare il futuro di merda che ci aspetta.
Della cacca non me ne frega niente ma siccome a tutti fa schifo tutti mi daranno ragione ad aver censurato quell'idiota per averla nominata.
Si chiama razionalizzazione.

Quando a Bertolucci bruciarono sul rogo "Ultimo Tango a Parigi", non fu perchè in un certo momento del film Brando sodomizza la Schneider ma perchè Brando, nel mentre, recita la seguente preghiera: “Voglio farti un discorso sulla famiglia…Quella santa istituzione inventata per educare i selvaggi alle virtù… Ed adesso ripeti insieme a me…Santa famiglia, sacrario dei buoni cittadini… dove i bambini sono torturati da quando dicono la prima bugia”.

Pasolini, in quel film disgustoso, intollerabile, diciamo proprio di merda che è "Salò o le 120 giornate di Sodoma", utilizza la coprofagia per denunciare fin dove può giungere il Potere nella degradazione dell'essere umano. Ancora più rivoluzionario di DeSade, Pasolini preconizza la società attuale.
Ripensando oggi a quel film degli anni settanta, quando per altro in alcune realtà, basti pensare alle dittature sudamericane, la gente veniva torturata veramente a quel modo, ci rendiamo conto che l'incubo del poeta è diventato la nostra realtà in senso (sub)culturale.
Basta pensare alla televisione, dove le persone accettano di farsi umiliare e degradare fisicamente ormai senza quasi limiti e solo per una cosa, il denaro e il simulacro di fama che dà il denaro. "Salò" sembra diventare quindi solo il più estremo dei reality show.

Bisognerebbe riuscire a parlare di atti evacuatori e relativi prodotti escrementizi senza utilizzarli come denuncia sociale e politica e vedere l'effetto che fa, se persistono lo scandalo e la censura. Del resto il cinesino che cagando fa scattare il livello 4 di contaminazione batteriologica negli spot pubblicitari è tollerato, come la pomata dedicata alle amiche emorroidi o gli yogurt che fanno liberare perfino le gran tope che non diresti mai che caghino anche loro come te, misera mortale. Anzi, questi inni alla defecazione ti vengono proposti normalmente all'ora di pranzo e cena, come simpatico coadiuvante dell'appetito. Servono affinchè tu spenda, tiri fuori il denaro, lo sterco del demonio, appunto. Il cerchio si chiude.

Se però a mezzanotte un comico nomina la merda associata ad un giornalista un tempo a libro paga della CIA, apriti cielo.
Luttazzi, che non è esente da una certa compulsiva e fastidiosa coprofilia ma in fondo è un bravo ragazzo e perfino un timido, forse, è stato ancora una volta censurato da la7 e il suo programma, che forse non a caso si chiama(va) "Decameron", sospeso, che in Italia significa chiuso, tumulato e cementato.
Aveva cominciato bene il ragazùl:
"Dopo 4 anni guerra in Iraq, 3.900 soldati americani morti, 85.000 civili iracheni ammazzati e tutti gli italiani morti sul campo anche per colpa di Berlusconi, Berlusconi ha avuto il coraggio di dire che lui in fondo era contrario alla guerra in Iraq...
Poi è scattato l'atto mancato, introdotto anche dalla clamorosa sottostima dei morti civili iracheni, ben superiori agli 85.000:
"Come si fa a sopportare una cosa del genere? Io ho un mio sistema, penso a Giuliano Ferrara immerso in una vasca da bagno con Berlusconi e Dell'Utri che gli pisciano addosso, Previti che gli caga in bocca e la Santanche' in completo sadomaso che li frusta tutti. Va gia' meglio no?".
D'accordo, la prosa non sarà DeSade ma è efficace anche se l'immagine è un po' da porno casalingo di quart'ordine, disciamo.
La censura, come da copione, si è attaccata a quello, alla fantasia fetish da bordello gran lusso con sconti per comitive vip che faceva venire in mente.
Se Luttazzi si fosse limitato alla prima parte della denuncia lo avrebbero fermato lo stesso? O forse occorreva proprio lo schizzo di merda in faccia perchè ci ricordassimo della bestialità della guerra?

Vabbé, per consolarci e restare in tema, quest'anno metteremo nel presepe un caganer, un "cagone". Trattasi di antica e gloriosa tradizione catalana, di origine barocca, un personaggio di terracotta ritratto nell'atto di defecare che nel presepe viene di solito collocato in posizione appartata, come si conviene alla circostanza. La figurina non viene considerata assolutamente blasfema ma un retaggio degli antichi culti della fertilità.
In Spagna è considerato un onore essere raffigurati come caganer, come dimostra l'esempio che ho scelto, che rappresenta il Re Juan Carlos. Esistono praticamente tutti i personaggi politici spagnoli, da Aznar a Zapatero alla regina e al principe. Non mancano Bush, Sarkozy e un delizioso piccolo Ratzinger.
Per quanto abbia cercato non sono riuscita a trovare nè un caganer Berlusconi, nè un Prodi, né un Veltroni. E' proprio vero che a livello internazionale non ci caga nesssuno.

sabato 8 dicembre 2007

Il dramma scongiurato della sciuretta sottotono

Questa mattina, lo confesso, il primo pensiero è stato togliermi un dubbio che quasi mi aveva tolto il sonno stanotte.
Ma era proprio vero che la serata inaugurale della Scala, il nostro sette dicembre, la nostra Pirla Harbor è trascorsa sottotono a causa della tragedia di Torino?
Eppure il TG1 di ieri sera aveva dato quell'impressione. La Tiziana Ferrario non ci aveva fatto vedere nemmeno una toilette elegante, era tutta compunta mentre descriveva come stava andando la serata, iniziata con ben un minuto di silenzio in memoria delle vittime di Torino. Nemmeno un parterre de roi, una Valentina Cortese, una Milano da bere o da vomitare, nulla di nulla.

Il pensiero delle sciurette che avevano dovuto rinunciare all'abito strafirmato da qualche migliaia di euro per correre in tutta fretta all'Oviesse a comperare qualcosa di più modesto; che avevano optato per il colore fatto in casa con la crema dell'Oréal invece del parrucchiere da 300 euro e che, per non sembrare troppo allegre, avevano deciso per un giorno di non prendere l'antidepressivo, era veramente intollerabile.

Poi vado a leggere i resoconti stamattina e mi tranquillizzo. La faccenda del sottotono era per modo di dire, un depistaggio per gli animalisti che avrebbero altrimenti contestato le pellicce, frutto di tanto sudore delle cosce; per la stampa, forse anche per i servizi segreti, vista la presenza di emiri, "sceicche" conturbanti, musulmani ricchi, anzi straricchi, petrolieri amici della petroliera Moratti, quindi amici dell'Occidente, mica quegli straccioni dei talebani o dei palestinesi. Eurabia? Ma quando mai.
Le eleganze c'erano come sempre, gli sbrilluccichii dei diamanti pure, il vecchio e il nuovo borghesume in libera uscita ma la parola d'ordine per gli scribacchini del regime era "sobrietà".
Dite al popolo che eravamo sobri, che eravamo tutti vestiti di nero e staranno buoni.
I contestatori fuori dalla Scala c'erano, si, ma fanno folklore, come le bancarelle degli obej obej.

Presidenti, politici, tutti rigorosamente con le mogli e i mariti perchè per gli amanti non è serata. E' il trionfo del "domani è un altro giorno". L’inchiesta sulla Moratti? «Non questa sera, non voglio parlare di cose brutte», risponde giustamente la petroliera. Cicciobello Rutelli: «Stasera festeggiamo la Scala. Un traguardo che era a rischio, di leggi e contratti parliamo da domani». Ecco, bravo.

E la famosa cena finale, quella di cui si è sempre favoleggiato, a base di risotto alla milanese con le scaglie di oro zecchino sopra?
C'è stata, c'è stata. Come racconta con l'acquolina in bocca il Corriere della Serva:
"Dopo lo spettacolo, il Comune ha organizzato come di tradizione un ricevimento per 900 persone a Palazzo Marino, dove il grande cortile è stato trasformato in un doppio salone di atmosfera rinascimentale. Menu a base di risotto alla milanese, aletta di vitello con polentina e cappella di fungo porcino alla genovese".
Potevano le sciurette farsi mancare la cappella?
Piuttosto non si è ancora capito chi pagherà il conto per il catering, se la Moratti di tasca sua o i milanesi di tasca loro. Tenendo conto che per quattro pizzette, due olive e uno spumantino per l'inaugurazione di un negozio si spendono 1000 euro, fate un po' voi.

Scusate, si, la mondanità ma, e la musica? Non penserete mica che il 90% di chi va alla prima della Scala ci vada per l'opera in sé?
Del resto con un "Tristano e Isotta" c'è poco da stare allegri. Amore e morte, Eros e Thanatos, non è il Gianni Schicchi, come giustamente si è lamentato qualcuno. Si è sussurrato di sbadigli in platea. Beh, consideriamo i tre atti di Wagner, di sublime sperimentazione armonica, di straordinaria modernità quasi dodecafonica la giusta punizione per essersi potuti permettere di spendere in una serata, tra biglietto, ristorante, parrucchiere e affini quanto un operaio di quelli morti a Torino guadagnava in un mese e forse anche due.
Se le sciurette e i sciuretti preferiscono, per l'anno prossimo si potrebbe dedicare un minuto a Wagner e tre ore ai problemi della sicurezza sul lavoro.

mercoledì 5 dicembre 2007

Pasticcio di diossina alla trevisana

"Italia, giorno, aprile 2007.
Uno dei principali magazzini della De'Longhi, a Treviso, prende fuoco. La nube nera del'incendio ( si incendiano sopratutto materiali plastici) si sviluppa per ore, lasciando nel panico gli abitanti delle aree attorno( il centro storico e' a pochi chilometri). Nessun piano di emergenza, per la sicurezza della popolazione, verra' attivato.
Non solo in quelle ore, ma per giorni e per mesi, nessuno tra quelli che abitavano vicino all'impianto ha potuto sapere cosa fare,ne' quali fossero le conseguenze, da nessuna delle autorita'.
I tecnici dell'Arpav dichiarano, piu' volte, che non c'è mai stato rischio diossina.
Un'analisi privata , condotta su un terreno non tra i piu' vicini alla sorgente del fuoco,smentisce in modo palese tali conclusioni.
Ad oggi, nessuna novita'.
Ogni tanto, le televisioni locali ospitano degli appelli degli abitanti.
A fare notizia, ci pensano i leghisti, a Treviso.
Ringrazio Paolodeck che, lasciando il suddetto commento ieri al post su agente orange, Bhopal e diossina, mi ha dato lo spunto per continuare il discorso sull'argomento.
Per approfondire la conoscenza dei fatti ho iniziato dai giornali nazionali. La notizia più recente è di Adnkronos del 28 novembre 2007, dove si dice che secondo gli esperti della Procura di Treviso, i privati che hanno commissionato proprie analisi e l'Arpav nessuna conseguenza sull'ambiente è derivata dall'incendio sviluppatosi in aprile alla De Longhi. Profusione di complimenti per la professionalità e la serietà degli enti coinvolti, tutto ok, mission accomplished.

Diverso è però il discorso se si vanno a leggere i blog, soprattutto quelli i cui autori vivono nella zona interessata e i giornali locali.
Nel blog un'altra Treviso si parla della richiesta di una commissione di inchiesta sul disastro; su Ubik, dell'interrogazione del consigliere provinciale del Pdci Stefano Mestriner che chiedeva, nel mese di maggio, di condurre ulteriori analisi sugli animali ritrovati morti dai cittadini dopo l'incendio.

Sul Gazzettino è stato pubblicato un interessante dossier che punta il dito sulle carenze nei sistemi di sicurezza antincendio, come denunciato dai vigili del fuoco. Vi si legge, e non è una cosa da poco che, secondo l'ingegnere Silvano Barberi, comandante provinciale dei vigili del fuoco di Treviso: «La De Longhi non ha presentato richiesta di sopralluogo per il rilascio del Certificato Prevenzione Incendi e quindi non risulta in possesso di tale certificato».

Si nota inoltre il mistero delle analisi private commissionate dalla compagna di Benetton, proprietaria di una villa situata poco distante dallo stabilimento andato a fuoco, che dicono cose ben diverse e ben più preoccupanti delle conclusioni dell'Arpav: "A 16 giorni dal rogo, nonostante le piogge torrenziali, le diossine e gli inseparabili furani (altri composti nocivi) sono stati trovati sulle foglie di ortaggi e insalate, sugli alberi da frutto e in grandi quantità sul terreno".
E' vero che queste analisi, costate ben 20.000 euro furono condotte nell'immediatezza del disastro, quindi in piena crisi, ma è possibile che così alti tassi di diossina si siano concentrati solo in quella villa?
Mi piacerebbe sapere da qualche esperto se questa ipotesi è possibile e quindi ci stiamo preoccupando per nulla.

Auguriamoci che abbiano ragione le autorità. Tuttavia, se avete informazioni, vivete in zona e volete raccontare la vostra esperienza lasciate un commento e il post si arricchirà con i vostri contributi.