lunedì 15 marzo 2021

IL MARCHESEDELGRILLISMO TECNICO E LA FINE DELLA POLITICA


Come scrivono Maria Micaela Bartolucci e Pier Paolo Dal Monte in un articolo pubblicato sul blog di Frontiere, un governo tecnico non può mai essere politico.

E' vero perché esso non ammette dialettica né al suo interno, né nei rapporti con l'esterno, e quindi rappresenta l'antitesi della politica che è mediazione, smussatura, compromesso, concertazione e soprattutto, in democrazia parlamentare, motore del dialogo tra diverse parti sociali su diverse istanze, oltre che il luogo ove potersi scontrare tra opposte visioni del mondo. 

Il governo tecnico non è politico perché le decisioni che deve prendere sono già state decise altrove e, non è prevista alcuna modifica dei testi delle leggi e stravolgimento delle tabelle di marcia. Al pari dei piani quinquennali sovietici, il governo tecnico arriva con il programma già fatto e  a quel punto si tratta solo di metterlo in pratica con la perseveranza dello schiacciasassi.

La tipica squadra di tecnici è un catalogo di esecutori di ordini provenienti da ambienti che possono fare a meno della mediazione della politica perché ne hanno superato la ragion d'essere, gestendo ormai in prima persona, attraverso loro uomini e donne fidati, il proprio interesse.  L'amministrazione, la gestione di una nazione è ormai caduta in balìa di questo sistema parassitario piramidale dove la cuspide è intuibile ma innominabile. Un sistema che è francamente ossessionato dal dover deviare il corso della storia, creando invasi e dighe sempre sul punto di crollare a meno che qualche migliaio di sacrifici umani non giungano a sventare la catastrofe e a placare l'ira del dio denaro. Entità che ordinano ai loro sicari di esprimersi  utilizzando imperativi categorici futuribili ed ineluttabili: "In futuro le cose cambieranno", "è necessario cambiare", "la nostra vita non sarà più quella di prima", "bisogna fare le riforme".  Questi proclami sono idealmente simili a quelli che una ipotetica razza aliena ostile appena sbarcata proporrebbe ai terrestri per scioccarli e domarli in attesa di cibarsene.

Non bisogna farsi suggestionare dall'uso di termini inclusivi come "noi", "nostro", "dobbiamo", perché sono scelti solo per instaurare un fittizio rapporto di solidarietà tra oppressi ed oppressori, con questi ultimi che dicono; "Non temere, anche noi viaggeremo sulla vostra stessa scialuppa del Titanic." E' lo sberleffo, l'irrisione verso chi non merita rispetto da parte di chi attua il più irridente marchesedelgrillismo. In realtà tutto ciò che è contenuto nel manuale di istruzioni che gli esponenti del governo tecnico devono seguire alla lettera, riguarda i popoli intesi come gente comune, sempre più percepiti come colonie batteriche da debellare con il più potente antibiotico. Inoltre l'affermazione secondo la quale un tecnico sarebbe più competente e "bravo" di un politico è falsa, perché per eseguire degli ordini  incontestabili non è assolutamente richiesta abilità tecnica ma solo freddezza nell'esecuzione di ciò che deve essere fatto a tutti i costi, anche con la prospettiva di dover camminare sui cadaveri. Anzi, l'idiozia sapiente del grigio esecutorie materiale si abbina alla franca sociopatia degli esponenti del grado superiore dei mandanti.

Essendo ciò che resta della politica troppo mondano per missioni tanto nobili quali il "salvare il Pianeta" quasi che esso fosse una donzella in periglio, i tecnici diventano i "volonterosi carnefici". Possono agire come abili cecchini appostati sul tetto, in grado di eseguire esecuzioni mirate di aziende indegne di essere imprese o di gruppi sociali da rieducare alla durezza del vivere.  A titolo di esempio, ecco un passaggio spesso citato dal documento del Gruppo dei Trenta, una delle famose tabelle di marcia studiate per rovinare la vita della gente colpevole solo di essere contemporanea di questi psicopatici. 


Non è detto che il governo tecnico esprima però sempre e comunque dei meri pigiatori di pulsanti e delle riserve come Conte. A volte scendono in campo i titolari, come nel caso del neo ministro della (d)Istruzione Bianchi, di cui la rossolabbruta Azzolina è stata solo la la ragazza del ring, incaricata di portare in giro il ballon d'essai dei banchi a rotelle in attesa del clou. Per non parlare del nuovo premier Mario Draghi, addirittura tra i trenta distruttori creativi di cui sopra.

Se quello tecnico è l'unico modello di governo locale ormai utile al sistema globale, qual è allora il ruolo della politica, dei partiti, dei movimenti, delle persone che nelle ormai rarefattesi occasioni di voto ci vengono presentate come i nostri candidati? E perché il sistema si ostina ancora a comprenderli nel governo? Parlare di politica oggi, in piena guerra covid che ha visto saltare tutte le regole democratiche, equivale ad un atto di spiritismo o di goezia, di evocazione di demoni. Anche perché dovremmo finalmente realizzare che in Italia la politica dei partiti, delle ideologie, dei leader, dei programmi e delle differenze tra schieramenti è morta nel 1992 e questi che vediamo oggi sono appunto fantasmi, presenze sottili al servizio anch'essi della dissoluzione. 

In modo silente ma costante e non facendocene accorgere grazie all'introduzione del bipolarismo che distrasse l'elettorato per un buon ventennio durante l'era del Berlusconi-che-ci-avrebbe salvato-dal-comunismo vs. la Sinistra-che-ci-avrebbe-salvato-da-Berlusconi, la politica è stata decommissionata e ora ne rimangono solo le scorie. La lotta alla corruzione nella politica è servita ad eliminare la politica e ad elevare la corruzione dell'anima a Sistema.

Se un governo tecnico comprende oggi ancora per poco una componente politica, dove la politica ha la stessa funzione dell'accensione a benzina in un motore ibrido, questo è nient'altro che un paravento, un contentino per i nostalgici del palio tra le contrade ideologiche morte, combattuto in tempi andati a nerbate e ora nient'altro che una mazzetta di colori tra i quali scegliere una delle cinquanta sfumature di rumore bianco del temporeggiare pallido e assurdo. Una commedia replicata in attesa di poter demolire definitivamente il teatro del gatekeeping con la dinamite del grande reset.

La figura del politico, ovvero dell'individuo che in determinate condizioni e grazie a sue caratteristiche personali  poteva distinguersi come statista seguendo un'ideologia e perfino, pensate un po', degli ideali, è totalmente scomparsa per essere sostituita, per la parte manovalanza attiva, da avventizi intercambiabili a piacere e destinati a non lasciar alcuna traccia storica di sé e, per la parte di facciata, per la farsa della rappresentanza, da frontman più avvezzi alla comparsata in televisione che alle raffinatezze della dialettica politica appresa in lunghi anni di "scuola" di partito. L'evidenza della totale inadeguatezza a governare la complessità attuale di tali personaggi selezionati con il medesimo tipo di casting che presceglie i concorrenti dei reality show, è esplosa con la crisi del covid, che è destinata a spazzarli via definitivamente.

Quando ci lamentiamo che i "politici" non ascoltano il grido di dolore del popolo colpito da provvedimenti di inaudita violenza antidemocratica; quando captiamo le contraddizioni, le menzogne, le confabulazioni che tentano di giustificare l'ingiustificabile, e soprattutto la totale mancanza di empatia, chiediamoci quante volte abbiamo sentito dire da uno qualsiasi di costoro nel corso dell'ultimo anno una frase come: "Poveri italiani, non sapete quanto ci dispiace che dobbiate subire tutto questo." 

Non avendo costoro una vera coscienza politica perché non hanno avuto alcuna formazione politica, essendosi formati in anni in cui la politica era qualcosa di immondo da dimenticare al più presto in favore dell'avvento della gestione moderna del "sistema paese" e non avendo tanto meno una coscienza tout court, sono in grado di affermare qualcosa e di smentirla il giorno dopo senza nemmeno accorgersene. Sono quelli che si bagnano nella folla ma ritengono accettabile chiudere tutti in casa, chiudere le scuole e tollerare la serrata della sanità pubblica che non cura più le malattie normali.

Guai però a lamentarsi con loro. Non sono più tenuti per contratto a difendere gli interessi del popolo (pensiamo anche ai rappresentanti sindacali o delle categorie) e sono come quegli agenti che ti vendono il contratto con il gestore telefonico e poi spariscono se hai qualche reclamo da fare. La fidelizzazione dell'elettore dopo l'accaparramento iniziale ormai è come quella del cliente, non è più necessaria.

Però in compenso richiedono dalla categoria ormai anch'essa in estinzione degli elettori una stupefacente assoluta fedeltà e fiducia in quello che non faranno.  I circoli di partito sono sostituiti dai fan club, dalle sardine e dalle varie "bimbe di", incaricati di alimentare una serie di culti della mancanza di personalità. I rapporti con gli elettori e i simpatizzanti sono all'insegna o della bullaggine, o del donmilanismo, della pratica dello sberleffo nei confronti di chi persevera nel richiedere atti politici a chi non è in grado di produrli; da una gestione narcisistica del rapporto con l'elettore, fino all'aperta dichiarazione di impotenza del "non possiamo farci nulla" di chi si è ormai impropriamente identificato nell'aristocrazia 4.0 che sta rappresentando e frequenta banchieri mentre una volta il suo partito lottava assieme agli operai. Addirittura si suggerisce che il richiedere un'azione di coraggio al politico quando il popolo è in pericolo, sia come chiedergli di immolarsi. Peccato che se passa il principio che il popolo possa essere sacrificato per proteggere i politici, non vi sarà alcun limite ai sacrifici che potranno essere richiesti al popolo.

Questo atteggiamento denota inequivocabilmente la rinuncia di tutta la politica a contare qualcosa, ad avere voce in capitolo e soprattutto a voler sopravvivere. Sembrano tutti in attesa di un rompete le righe, di poter finalmente tornare ad occuparsi dei fatti propri. La sostituzione del politico con il tecnico quindi è un processo assolutamente irreversibile e in un certo senso meno penoso della rappresentazione di una commedia democratica con sempre meno spettatori perché gli attori sono sempre più cani. Dovesse instaurarsi veramente un governo apolitico non sapremmo più davvero quale volto avrebbero i governanti. Forse non ne conosceremmo nemmeno i nomi. Una gestione disumana della società asocializzata non potrebbe che essere gestita da invisibili disumani. 

La politica orgogliosa della sua impotenza è ormai l'ultimo sottile diaframma tra il popolo e i suoi carnefici ma non è più un corpo intermedio e solido ma un ectoplasma di materia attenuata. La politica che non sa di essere morta non ha capito che assieme al popolo sparirà anch'essa e per giunta tra le maledizioni di coloro che non è stata capace di difendere. Non ha capito che i responsabili delle atrocità commesse dai governi tecnici saranno cercati tra i politici e non tra i tecnici, e che è ciò che il sistema voleva: usarli un'ultima volta come capri espiatori e utili idioti. E loro, tra una fine comunque ma almeno dignitosa hanno scelto di non scegliere.

Inutile dire che se ci toccherà l'onere di ricostruire, la lezione di questi ultimi mesi sarà stata la miglior scuola di partito che si potesse immaginare per stabilire cosa deve essere e soprattutto cosa non deve essere un politico.

sabato 20 febbraio 2021

1978-2021: dal sequestro Moro a quello dell'Italia. Corsi e ricorsi storici di un sistema fondato sull'emergenza.

Ragionando sui tempi che stiamo vivendo, sto trovando sempre più similitudini tra il 1978, anno passato alla storia italiana per quello del rapimento e uccisione di Aldo Moro, e l'attualità del 2020-21 della situazione covid, con il sequestro di un'intero popolo senza che ancora si intraveda l'ipotesi di una sua liberazione, e sperando che, come allora, la sorte dell'ostaggio non sia stata già decisa a priori nelle solite segrete stanze dell'Ultrapotere. 

Perché questa strana suggestione tra epoche lontane e appartenenti a Italie molto differenti tra loro, oltre che separate da una buona quarantina d'anni? Perché tanti fatti che si verificarono allora sembrano aver trovato ora il modo di ritornare, come una reinfezione da virus silente, in veste nuova ma con un significato assai simile, volendolo inquadrare in un contesto generale di crisi periodica del capitalismo. Una di quelle dove non si ha a che fare solo con stravolgimenti finanziari tipo crisi dei mutui subprime o crollo del 1929 ma che è caratterizzata da una violenta inversione dei poli magnetici politici e sociali. Come sappiamo, sono queste le crisi più pericolose per gli effetti a lungo termine che provocano sulle vite delle persone. In questo senso il settantotto non ha niente da invidiare al più blasonato sessantotto.

Lo schema di quell'anno: crisi in corso, evento catalizzatore  che porta a stato di emergenza, utilizzo dell'emergenza per imporre una svolta autoritaria, invocazione di un cambiamento ed effettivo inizio di una nuova era, si è già  ripetuto nei quarant'anni successivi in molti luoghi diversi, con diversa intensità ed ampiezza, con i due picchi assoluti che sono stati l'11 settembre e appunto questa emergenza globale del covid-19.

La crisi in corso quell'anno 1978, diciamo il substrato dove far attecchire il "cambiamento inevitabile", era rappresentata da un clima di protesta e rivendicazione sociale che coinvolgeva il mondo del lavoro attraverso manifestazioni, scontri con la polizia e scioperi e parallelamente dall'impressionante sequela di atti di terrorismo compiuti dagli opposti estremismi, con in primo piano le azioni delle Brigate Rosse. Gli anni di piombo ce li siamo forse dimenticati ma erano quelli dove poteva capitare, tornando la sera  in macchina dal cinema, di essere fermati e perquisiti ma proprio con perquisizione corporale appoggiati al cofano dell'auto come nei film, oppure di subire l'irruzione di un gruppo di agenti sull'autobus che portava a scuola, con tanto di perquisizione e mitragliette spianate.  Lo ricordo a coloro che, troppo giovani, non hanno vissuto quelle situazioni e pensano che i controlli polizieschi di oggi siano una assoluta novità. In effetti furono anni difficili, duri. Seppure, ripensandoci, sempre meno angoscianti di quelli attuali. Forse perché allora il combattimento era a viso aperto, era guerra guerreggiata con le armi tra eserciti seppur non convenzionali e il nemico aveva una faccia, un nome e un cognome. Si lottava su cose concrete: il lavoro, lo studio, gli ideali, non contro una spettrale pandemia il cui agente non si sa nemmeno ancora esattamente da dove provenga e per giunta indossando ridicolmente una museruola di stoffa. Soprattutto non si era considerati in blocco, tutti come popolo, un nemico da reprimere indipendentemente dalle azioni commesse. Come la guerra classica è evoluta dalle battaglie tra soldati sul campo ai bombardamenti indiscriminati sulla popolazione civile, fino all'olocausto nucleare, anche la guerra civile sta seguendo  lo stesso percorso. Non più lotta di strada a colpi di spranga e P38 tra fazioni e ideologie ma lotta del Potere contro la popolazione civile. Un potere per giunta non più identificabile ma plasmatico, impalpabile e onnipresente.

Il clima di rivolta settantottina riguardò anche la sfera sociale con le lotte femministe, quell'anno concentrate sull'aborto rivendicato come diritto primario e assoluto delle donne, finalmente ottenuto il 22 maggio con la legge 194. Curiosamente il '78 fu anche l'anno della prima nascita per fecondazione assistita di una bambina, Louise. L'inizio del percorso verso il controllo della riproduzione umana che fa già intravedere un futuro di uteri artificiali.

Il 10 maggio era stata approvata anche la Legge Basaglia, confluita a fine anno nella più generale legge sul servizio sanitario nazionale, che decretava da un lato la fine della carcerazione di fatto per i malati mentali ma dall'altro introduceva il concetto di trattamento sanitario obbligatorio. Due leggi, la 194 e la 180, approvate a cadavere di Moro ancora caldo. Ogni riferimento a vittime sacrificali è puramente casuale. 

Il sequestro Moro, il 16 marzo, rappresentò il pretesto per introdurre in Italia un primo esempio di vincolo esterno nella gestione di un'emergenza politica interna.

Dal sempre prezioso Archivio Cipriani, vero e proprio forziere di perle di riflessione sulla storia contemporanea, ordinate secondo un'accuratissima cronologia che data dal 1943 al 2011, traggo questo brano eloquente ed evocativo di corrispondenze con l'attualità :

"A Roma, subito dopo l’agguato di via Fani, s’insedia presso il ministero degli Interni il ‘Comitato tecnico politico operativo’ presieduto dal ministro Francesco Cossiga e, in sua vece, dal sottosegretario Nicola Lettieri. Contestualmente, è creato un ‘Comitato per la gestione della crisi’, formato da un gruppo ristretto di esperti. Fra coloro che saranno chiamati a far parte della struttura di crisi vi sono: Vincenzo Cappelletti, direttore generale dell’Istituto per l’Enciclopedia italiana; Augusto Ermentini, psichiatra; il professor Ignazio Baldelli; il professor Mario D’Addio, preside della Facoltà di scienze politiche dell’Università di Roma; Franco Ferracuti; Stefano Silvestri; Giulia Conte Micheli; Steve Pieczenick, funzionario della sezione antiterrorismo del Dipartimento di stato americano. Il Comitato si riunirà, fino al 3 aprile 1978, 14 volte sempre verso le ore 19,30, esclusi il sabato e la domenica. Francesco Cossiga partecipa alle riunioni solo per i primi tre giorni. Nella prima, il ministro fa "presente la necessità di avere la fiducia dell’opinione pubblica mediante l’affermazione della presenza dello Stato...Bisogna programmare - dice - un piano di perquisizioni saltuarie ma continue...". Dopo il 3 aprile, non sono più noti i verbali delle riunioni."  (Archivio Cipriani, 16 marzo 1978)

"Comitato tecnico politico" allora, "comitato tecnico scientifico" oggi, ma uguale estromissione della politica a favore della téchne e dell'eterodirezione dei fatti interni e sovrani di una nazione, come espressione degli interessi di poteri che allora identificavamo con i soliti amerikani con la kappa ma che oggi definiremmo più correttamente "sovranazionali". Se oggi ci tocca subire le mostruosità teratologiche del baraccone dei virologi, epidemiologi e stupratori vari di Ippocrate, ricordo che allora ci beammo con gli psichiatri e criminologi, tutti concentrati a raccontarci della certa ma indimostrabile "sindrome di Stoccolma" dell'ostaggio. Il trionfo dell'antiscientifica diagnosi psichiatrica a distanza. Allora come oggi, lezioncine ripetute da esperti dall'alto di un'assoluta autorevolezza acquisita per meriti da non indagare.
E' noto inoltre che il vincolo esterno e atlantico di quel comitato tecnico politico si incarnò in un personaggio preciso, quello Steve Pieczenick, psichiatra ed esperto americano di controterrorismo ed operazioni psicologiche che è riapparso di recente, in occasione dell'elezione di Donald Trump nel 2016, come ospite fisso delle trasmissioni di controinformazione, a raccontarci di golpe e controgolpe, naturalmente collocandosi dalla parte dei "buoni" e riuscendo a presentarsi, lo ammetto essendoci cascata anch'io, così convincente da far dimenticare il suo cupo passato. Chapeau.

La leggenda narra che Moro fu rapito per impedire che i comunisti andassero al governo. Eppure quello fu l'anno in cui democristiani e comunisti si ritrovarono perfettamente concordi nel perseguire la strategia della fermezza riguardo alla sorte del presidente della DC. Gli americani, sempre secondo la mitologia degli anni settanta, avrebbero fatto fuoco e fiamme per impedire che i rossi conquistassero l'Italia ma stranamente, proprio durante quei 55 giorni del sequestro di Moro, un altissimo dirigente comunista, poi divenuto Presidente della Repubblica in anni recenti, Giorgio Napolitano, compì un viaggio negli USA  preceduto da incontri di nostri dirigenti dei servizi con lo staff di Henry Kissinger. L'inizio di una bella amicizia.
Il 16 marzo, lo stesso giorno della strage di via Fani, il governo Andreotti di unità nazionale  paradossalmente auspicato dallo stesso Moro, ottenne la fiducia con una maggioranza quasi "bulgara" (545 si, 30 no, 3 astenuti), curiosamente simile a quella appena ottenuta dal neonato governo Draghi  (535 si, 56 no, 5 astenuti). 
"Enrico Berlinguer, nelle dichiarazioni di voto, esprime la soddisfazione per essere entrato il Pci in una maggioranza "chiara ed esplicita, qualitativamente diversa da quella succedutasi da trent’anni a questa parte". (Archivio Cipriani, 16 marzo 1978)

Il PCI concesse al governo la fiducia incondizionata per quasi un anno, salvo poi farlo cadere in seguito al rifiuto di Andreotti di concedergli dei ministeri. Si colgono qui tanti spunti di deja-vu sull'intraprendenza degli uni e l'ingenuità degli altri all'interno della medesima forza politica. Berlinguer un anno prima aveva deliziato gli intellettuali con un discorso nel quale aveva elogiato l'austerità economica premonitrice di durezze del vivere, lacrime, sangue, sacrifici aztechi da parte di sacerdotesse universitarie degli anni post 2011.

Due giorni dopo il varo del governo "bulgaro" d'emergenza del 1978, Ugo Stille, sulle pagine del "Corriere della sera", riportava un editoriale del "Washington Post" che si concludeva con queste parole: 

 "A noi sembra che stia per concludersi in modo drammatico la vecchia tradizione italiana dei governi deboli, espressione di un mondo politico chiuso e senza ricambio dominato da una piccola cerchia di figure perenni, preoccupate di sopravvivere a se stesse. Questo delitto potrà ora far precipitare in Italia quel tipo di crisi dalla quale dovrà emergere uno stile di governo molto diverso". (Archivio Cipriani, 18 marzo 1978)

E' sorprendente perché sembrano quei discorsi che abbiamo sentito tante altre volte in seguito e con straordinaria e spietata ricorrenza negli ultimi vent'anni: "Verrà una crisi... dalle crisi nascono possibilità..." fino a "il covid è un grande opportunità per (argomento a piacere)", di cui sono zeppi i siti che illustrano senza pudore i programmi pornografici del Grande Reset di Davos e del World Economic Forum.

Naturalmente, il pretesto della lotta al terrorismo, come sarebbe accaduto all'indomani dell'11 settembre 2001 in USA con il Patriot Act, permise allora l'introduzione di "leggi speciali". L'atteggiamento del PCI di allora è straordinariamente simile a quello di chi oggi non fa una piega di fronte alla limitazione delle libertà fondamentali come quelle di movimento dei cittadini ed arriva non solo a tollerarle ma perfino ad invocarle.

"Il decreto legge governativo ‘contro il terrorismo’ introduce norme eccezionali nel codice penale che sono difese dal Pci, secondo il quale "non intaccano le garanzie costituzionali". Il governo decreta anche che tutti i proprietari di appartamenti devono notificare alla polizia, entro 48 ore, la vendita o l’affitto degli appartamenti." (Archivio Cipriani, 21 marzo 1978)"

Oggi si è arrivati per giunta, con l'introduzione del metodo denominato con il termine carcerario di lockdown, direttamente all'indiscriminato divieto di uscire di casa e di spostarsi da regione a regione e all'obbligo di chiusura delle proprie attività commerciali. 

Riguardo al concetto di eterodirezione della politica, è interessante una relazione del SISMI del 1° maggio 1978 sulla massoneria, in risposta ad un'interrogazione parlamentare presentata l'anno prima da Alessandro Natta, nella quale si legge:

Occorre rilevare, a questo punto, che l’azione mondiale della massoneria è ispirata dalla direttiva economico-politica che viene dagli Stati uniti e dall’Inghilterra, anche se non sempre in modo univoco. In tale azione di Washington giocano un ruolo economico-politico molto importante le cosiddette multinazionali americane, i cui dirigenti sono in parte massoni o legati alla massoneria. Esse sono favorevoli ad un mondo non più diviso da confini nazionali, ma unificato e integrato dal capitale dominato da un’unica legge: quella del profitto. Il loro nuovo ordine internazionale vede il mondo unito attraverso federazioni continentali, per un governo economico mondiale, che è poi da sempre l’obiettivo finale della massoneria anglo- americana che si avvale dei Grandi orienti sparsi nel mondo per portare avanti e realizzare questo disegno. In tale quadro le multinazionali tendono a condizionare anche le economie dei paesi socialisti, attraverso l’interdipendenza e l’integrazione. Nei paesi capitalisti si sviluppa, sul terreno giuridico ed ideologico, la tendenza favorita dalla massoneria a considerare la proprietà come un bene strumentale, legittimo solo quando svolge un’azione sociale, attuabile peraltro se i grandi mezzi finanziari di produzione e di scambio sono controllati da concentrazioni e da gruppi particolari e ristretti, riconducibili al potere economico e quindi, direttamente o indirettamente, a quello politico tradizionale. L’azione nel senso /sopra detto/ sarebbe sostenuta dalla ‘Trilateral Commission’ organismo creato nel 1973 da David Rockfeller allo scopo ufficiale di tendere alla pianificazione multinazionale delle risorse americane, europee e giapponesi. Di essa, che potrebbe essere una emanazione della massoneria internazionale, farebbero parte circa 180 uomini politici e militari americani e una trentina tra europei e giapponesi". (Archivio Cipriani, 1° maggio 1978)"

Ricordo che allora non esisteva ancora il concetto di complottismo e nessuno si sarebbe sognato di debunkare l'idea che chi detiene il potere voglia assicurarsi in ogni modo di non dover più correre il rischio di perderlo.

Le suggestioni incrociate tra il 1978 e l'attualità ci restituiscono quindi sapori e odori che ormai impregnano la nostra esistenza quotidiana: il fine drammatico che giustifica i mezzi drastici, il profitto da conseguire oltre ogni limite e liceità morale e bioetica, perfino sdoganando la sperimentazione umana; l'uso chirurgico del pretesto, il tradimento in tutte le sue cinquanta e passa sfumature come metodo di governo e autoconservazione della specie politica, la progressiva decadenza della stessa a fronte dell'emergere di poteri alternativi, corporativi, addirittura settari che tendono a colpire, infettare e metastatizzare la democrazia fino a portarla ad uno stato di malattia terminale e quindi all'invocazione dell'eutanasia pietosa. 

Il cambiamento avvenuto nel 1978 grazie alla dottrina dello shock del sacrificio Moro, inaugurò in effetti una nuova stagione ma, rispettando l'andamento  ciclico a fisarmonica delle crisi periodiche, che alternano fasi di chiusura e ristrettezze a fasi espansive e di apertura e in un certo senso rappresentano la cifra del disturbo bipolare proprio del capitalismo, gli anni ottanta furono sorprendentemente all'insegna del disimpegno, dell'illusione dell'arricchimento facile degli yuppies e, in generale, di un'Italia che avrebbe superato ogni sfida del mondo moderno perché paese creativo, modaiolo, vincente nello sport e in ogni altra competizione.

Gli anni settanta del Club di Roma e dei "limiti dello sviluppo", del discorso di Cefis sulla grande bellezza delle multinazionali e delle varie agende allora in menabò avrebbe avuto un decennio e passa per lavorare in sonno al taglio della cresta del paese del "made in Italy". Un paese messo all'ingrasso per poterlo poi spolpare meglio. Dal 1992 in avanti (altro anno cruciale nel quale compare all'orizzonte un certo panfilo) sarebbe partita la grande demolizione controllata dell'Italia che ora sembra giunta in "dittatura" d'arrivo con la fusione finale tra ambientalismo malthusiano e militarizzazione della salute. 

Il covid-19 sta infatti offrendo ai Soliti Insospettabili l'ennesimo pretesto per il cambiamento in loro favore ma il livello di disumanità che stanno applicando è decisamente sconvolgente. Il '78 dell'aborto come diritto ritorna come abbandono della donna al trauma di doversi disfare del proprio figlio da sola nel bagno di casa. 
Il TSO della legge Basaglia ritorna come possibile strumento di repressione del dissenso nella ridefinizione del concetto di malattia mentale del termine "negazionismo" e come possibile obbligo di trattamento sanitario sperimentale ai fini dell'ergastolo vaccinale senza condizioni. La trasformazione della popolazione in gregge di malati cronici eventualmente sacrificabili sull'altare di una Scienza-Moloch insaziabile.
La politica, ormai incapace di qualunque moto di empatia per un popolo torturato da un anno da un atroce esperimento globale di psicologia sociale, non si sente più nemmeno in dovere di seguire la prassi parlamentare per promulgare leggi speciali atte a proseguirne il tormento. Si governa direttamente con ukase arbitrari e incostituzionali fatti percepire, grazie al ruolo ormai fondamentale e scoperto dei media, come leggi di fatto acquisite automaticamente al codice. 
Infine, stavolta non hanno un solo ostaggio da sacrificare, ma milioni. E, come disse qualcuno, i milioni non sono una tragedia come la morte di un solo uomo ma diventano solo una statistica.

Il fatto che la crisi epocale del covid sia, quella si, pandemica e clonata in ogni paese dell'Occidente crea una preoccupazione ulteriore. Che stavolta sia la loro volta buona per l'accelerazione finale e che non ci concederanno un'altra fase espansiva per respirare, nel vero senso della parola. L'incognita maggiore è questa. Se il capitalismo sia veramente giunto al termine e quindi siamo al si salvi chi può in attesa di un mondo post industriale da ricostruire daccapo tra superstiti o se Essi decideranno di innescare un'altra fase espansiva e illusoria di un ritrovato benessere, cosa che molti sono convinti avverrà, appoggiando il nuovo governo Draghi con lo stesso entusiasmo del Berlinguer di allora.
Ed Essi, i Potenti, potrebbero anche farlo, magari solo perché le navette per scappare su Marte non sono ancora pronte.

domenica 10 gennaio 2021

ASOCIALISMO, FUTURA DISUMANITA'

Il distanziamento sociale, il fatidico metro o metro e mezzo da mantenere tra le persone, come certificato ad esempio in tutti i gadget e la cartellonistica concentrazionaria fornita agli esercenti dalle associazioni di categoria compiacenti (lo ripeterò finché avrò fiato in corpo: compiacenti e complici) verso la distruzione umana ed economica dei propri iscritti, avrebbe dovuto essere il primo segnale da cogliere per capire che non si trattava di una disposizione di precauzione sanitaria ma di un nuovo modo di concepire la socialità. Una "nuova normalità", una regola da seguire sempre e comunque e, scommetto, vita natural durante, da imporre alla plebaglia infetta. Infetta non perché contagiata da un virus SARS, ma ontologicamente reietta, impura ed intoccabile. Questo "metro" di giudizio finale doveva essere l'allarme che scatta, la pioggia dal soffitto che spegne provvidenzialmente l'incendio nella stanza, il salvavita che ti mette in sicurezza isolando l'impianto. 

Invece no, la cosa è passata in fanteria come le altre assurdità di questo incubo, ed ancora oggi si fa fatica a farne cogliere la disumanità ai nostri compagni di sventura, ipnotizzati dalle mascherine, dalla paura di una malattia che due anni fa avremmo chiamato influenza, dalla nevrosi indotta da regole - lo ripeto perché deve diventare un mantra - disumane. Nemmeno quando i torturatori ci comunicano quale parte della nostra vita privata dovrà ancora essere fatta oggetto di intrusioni indebite, si osserva una reattività nella massa di zombificati ai quali, forse, una bella secchiata d'acqua gelata in faccia farebbe assai bene. Perfino l'inedita ed inaudita pretesa di intromettersi nella nostra vita affettiva e sessuale per regolamentarla - paradossalmente in tempi in cui ognuno dovrebbe essere di tutti e fare ciò che vuole - ha fatto svegliare chi è precipitato nello stesso torpore magicamente indotto di Re Theoden. 

Il distanziamento socialmente indotto tra gli individui è credo la più inedita e spaventosa forma di totalitarismo che abbiamo mai sperimentato. In situazioni concentrazionarie e carcerarie il contatto con gli altri non era vietato. Lì si pativa casomai la promiscuità forzata, la mancanza di intimità. Ora la definitiva distruzione della psiche la si vuole ottenere alternando gli opposti, alternando promiscuità ad isolamento. Difatti durante il lockdown siamo stati costretti sia a trascorrere feste e compleanni in perfetta solitudine, separati dagli affetti, dagli amori e dal semplice contatto umano ma le famiglie numerose sono state costrette ad una coabitazione forzata altrettanto problematica perché artificiosa, sperimentale. Basta fare la banale osservazione etologica di cosa avviene in una gabbia troppo affollata di cavie, dove l'aggressività trascende in aggressione.  Sono stati quindi violati gli spazi vitali tra le persone, o invadendoli o allargandoli fino a farli diventare bolle di isolamento. E' una ferocia subdola perché non si manifesta con violenze e torture fisiche ma agisce solo sulla psiche. I danni di questa tortura vanno da un senso di disperata solitudine e vuoto affettivo a reazioni di fobia sociale.

Vi sono stati altri esempi storici di un simile tentativo di controllare psicoticamente i rapporti tra gli individui, di cui la misurazione della distanza tra io e l'altro è solo l'ultima novità generata dalle teste fine che si sono spremute per ideare questo bel programma antiumano. L'intrusione dell'entità stato o partito nella vita intima delle persone è stata un elemento caratterizzante le dittature comuniste come quella maoista e cambogiana, dove alla privazione del tempo per l'espressione dell'affettività, nella giornata dedicata unicamente al lavoro, si univa la pretesa di gestire e regolamentare anche la sessualità; indicando la cadenza dei rapporti coniugali, stabilendo che essi dovessero avvenire solo in concomitanza con i giorni fertili e proibendo ogni occasione di gioiosa seduzione e corteggiamento tra i sessi, per esempio mortificando la femminilità sotto divise e pettinature tutte uguali. Un tipo di gestione totalitaria del privato che abbiamo visto essere messo in pratica anche in più recenti regimi fondamentalisti islamici e in alcune vicende italiane note alle cronache. L'altro giorno, guardando un documentario sulla vicenda del "Forteto", notavo come i ragazzi chiamati a testimoniare la loro esperienza di degradazione e violenza raccontassero di coppie sposate costrette a vivere in castità e in segregazione, di ragazze mortificate nell'abbigliamento, e di un clima complessivo di controllo sadico sulla vita delle persone che, come le vicende giudiziarie hanno rivelato, nascondevano le motivazioni turpi di alcune personalità deviate messe in condizione di poter soggiogare completamente gli altri. E' noto comunque che tra le personalità che ammantarono quell'esperienza settaria gnostica di validità scientifica e culturale vi furono esponenti di quel partito "cinese" che già allora esaltava come esportabile il modello di società sortito dalla rivoluzione culturale maoista.

Che una pandemia, ovvero un fatto emergenziale sanitario potesse "fortetizzare" un paese intero, permettendo alla cover band grottesca e stracciona dei "Signori" del Salò di Pasolini di poter giocare con la vita di tutti gli italiani, servendo loro giornalmente merda in forma di regole da rispettare, non poteva forse essere previsto. Però ora che ci rendiamo conto di quale scientificità possa trovarsi nella pretesa di tenerci per sempre imbavagliati e a distanza tra di noi quando è ormai dimostrato che i parametri che definiscono la pandemia sono totalmente arbitrari, il non reagire, soprattutto da parte della politica che dovrebbe fare il suo mestiere, ovvero rappresentare gli interessi del proprio popolo, si sta ravvisando come altrettanto scellerata e colpevole della mancata reazione di coloro che non mossero un dito di fronte alle avvisaglie dei genocidi del secolo scorso.

Pochi ancora hanno colto a chi si riferiscono veramente queste nuove regole. L'illusione che siano norme generali che valgono per tutti stile rancio militare svanirà presto. Varranno solo per una categoria specifica di popolazione. Non varranno per i membri dell'élite, per i loro compiacenti ed indispensabili servi, per le loro baldracche di ogni sesso, per chi ha servito ai fratelli il piatto di lenticchie, per gli utili idioti e per le masse di comparse spostate da un continente all'altro per la sacra rappresentazione di contorno della grande sostituzione. E nessuno pensi di cavarsela considerandosi privilegiato per il fatto di rientrare nelle categorie sopraelencate. Per ognuno di loro verrà il momento della disillusione.  Lo sgomitare dei bravobambinisti non li salverà. Chi potrà accedere ad  Elysium è già stato stabilito e non ci saranno posti in piedi.

Andando per esclusione avrete capito a quale categoria di umanità sottoposta alle regole più disumane mi sto riferendo. Bisogna eliminare i testimoni del mondo come era, cioè del nostro. Imperfetto, classista, ingiusto ma dove si era ancora liberi di uscire da casa propria per il gusto di farlo. Un mondo dove comunque eravamo ancora liberi e c'era spazio perfino per la dimensione spirituale, oscenamente cancellata anch'essa, con la putrida connivenza delle gerarchie religiose, durante il confinamento. 

Se il fine è l'isolamento di un individuo dall'altro, l'anomia destrutturante del sé, al distanziamento fisico vorranno far seguire il distanziamento in ogni sua altra forma, compresa la socialità virtuale ma comunque affettiva che ci siamo creati sui social network, anch'essi laboratori dove abbiamo agito come cavie, ma che in questo anno ci hanno mantenuto in contatto tra noi e ci hanno in qualche modo salvati.  Occorrerà studiare, nel caso di confinamenti e censure, nuove reti di comunicazione e non sarebbe male, da parte di quelle forze che comunque si stanno opponendo a questa follia necrofila di una parte dell'élite, creare una Rete parallela, un nuovo web dove bypassare il nero cancello di Google. In tempi non ancora pandemici scrissi che ci saremmo ritrovati tutti nel dark web e non scherzavo perché l'invasività del monopolio del web di superficie era già visibile da alcuni marcatori. Sulle modalità di resistenza alle censure sui social e sull'importanza di mantenere uniti i nodi della rete, segnalo questo importante articolo di Enzo Pennetta a riguardo.

Il grande paradosso di questi tempi terminali è che un Sistema fondato sui principi dell'evoluzione, del primato del forte sul debole e sul progresso inarrestabile, per sopravvivere ha dovuto vendersi l'anima al demonio della dissoluzione e dovrà assistere al primato della forza sulla fortezza, alla cancellazione di ogni segno di evoluzione, ad un'improvvisa e per nulla graduale inversione nella regressione ed al trionfo di un a-socialismo che potrebbe spegnere per sempre il sol dell'avvenire in un inverno forse non nucleare ma infernale. 

martedì 5 gennaio 2021

REQUIEM PER IL DARWINISMO CULTURALE

 

Da "La fuga di Logan"

"Ad Eleusi han portato puttane
carogne crapulano
ospiti d'usura."

Ezra Pound


La deriva liberticida di quella che sembrava solo una pandemia era un evento davvero così imprevedibile? Non erano forse stati seminati nei decenni passati abbastanza segnali premonitori di una volontà di blocco e ripartenza del sistema in base a nuove regole arbitrarie per imporre un gioco ormai definitivamente truccato e non più democratico, quello che oggi viene apertamente definito come "grande reset"? Un grande calcio alla scacchiera che ne manda per aria tutti i pezzi non solo a causa della solita crisi periodica del capitalismo ma in nome di quella che, parafrasando Cesarano e Collu, chiameremmo Apocalisse ed "involuzione"? La pandemia attuale non pare effettivamente il pretesto per il completamento di un progetto a lunghissima lievitazione che ha come scopo il dominio sull'Uomo ed il suo traghettamento sulla barca di Caronte verso l'Inferno del transumanesimo? Ovvero la logica conseguenza di quel darwinismo che non è più solo sociale ma pervasivamente culturale?

"In questo scompartimento ci sono troppi indizi", dice Hercule Poirot quando scopre il cadavere dell'assassinato sull'Orient Express. E anche qui nel teatro pandemico, sul tavolo settorio sul quale giace il cadavere del mondo come lo conoscevamo, ve ne sono a bizzeffe, a saperli riconoscere. Partendo almeno da quel documento, "Rapporto sui limiti dello sviluppo" del Club di Roma del 1972, che rappresentò il fischio di inizio della fine del capitalismo espansivo del secondo dopoguerra, per proseguire con l'imposizione del neoliberismo e della dottrina dello shock, mascherati sapientemente negli anni ottanta da un'illusione di libertà, arricchimento facile ed edonismo incurante del futuro, una sorta di nuovi "happy days", per poi giungere all'inquietante proclamazione della "fine della storia" nel 1992. Fine intesa come consacrazione dell'abolizione dell'alternativa all'unico Sistema possibile. La storia è finita, datevi pace. 

Da quel proclama poteva così iniziare quel processo che, su un piano sempre più inclinato, avrebbe portato alla definitiva messa in discussione di un principio fondamentale della comunità umana, la sovranità, e a stabilire il primato assoluto del concetto di vincolo esterno. In altri termini, il ritorno della schiavitù. Per far ciò si è lavorato a ritroso a partire dai macrosistemi, le nazioni; dai tessuti sociali come gli stati fino ad intaccare ora la singola cellula che li compone, il cittadino, per giungere al suo DNA, la sua sovranità corporea, e poi fino nel profondo della sua essenza umana e sacra. 

In Europa si è lavorato dapprima sulle entità nazionali, proponendo in alternativa ad esse un simulacro di area comunitaria ideale e sovranazionale, ereditata dalle solite distopie neoaristocratiche e latomistiche, suggello della quale sarebbe stata una moneta unica per "nel buio incatenare" i popoli che la formavano. Un sogno di fratellanza infrantosi prima sulle basse logiche di dominio economico tra stati, per troppo tempo represse nella fasulla e sdolcinata narrativa dei "settant'anni di pace", e ora sulle bianche scogliere di Dover. 

L'immagine delle due torri polverizzate nel 2001 avrebbe ben simboleggiato l'inizio di un ventennio che sarebbe stato votato alla distruzione controllata e sistematica del modello occidentale, già minato da decenni di messa in discussione culturale del proprio diritto di esistere. E' stato il ventennio del vandalismo, per utilizzare il termine che Raphael Lemkin riserva alla categoria del genocidio culturale, di tutto ciò che fosse bianco, occidentale, religioso, tradizionale e perfino socialista in senso classico. Ogni categoria culturale è stata infettata con il politicamente corretto, braccio armato dello scientismo secondo cui la realtà fenomenica deve piegarsi all'interpretazione che ne dà il pensiero unico e, successivamente, è stata disciolta nell'acido della società liquida senza più punti di riferimento, con, negli ultimissimi anni, una drammatica accelerazione verso la dissoluzione totale. E ciò mentre il modello cinese, perfetta fusione di totalitarismo ideologico, tecnologico ed economico e, in quanto tale, modello ideale da imporre in tutto il mondo da resettare, si espandeva, costruendo da colonizzatore città intere in Africa ma non per gli africani, acquisiva asset ovunque in Occidente senza mai avere problemi di liquidità e ampliava la propria influenza commerciale e anche politica sui governi del primo mondo. 

In Italia, per cancellare il principio di sovranità dello stato si è privatizzando tutto il privatizzabile, stabilendo nuove regole di gestione delle risorse umane ed infrangendo le barriere di difesa alla penetrazione del mercato in ambiti non strettamente economici. La società economicistizzata ma stucchevolmente moralistica delle regole, delle norme, dei compiti a casa, delle riforme, dei soldi che non ci sono e del debito che lasceremo ai nostri figli. L'economia stessa è diventata, anche in forma critica al Sistema, un ottundente oppio del popolo.

Sanità e scuola sono state progressivamente aziendalizzate e sottoposte ad uno stravolgimento senza precedenti delle loro funzioni sociali, fino a divenire patetiche rappresentazioni parodistiche di ciò che dovrebbero essere i pilastri fondamentali della società: la prima come luogo della formazione culturale e della conservazione dell'identità di sé come individui e popolo e la seconda come conservazione della salute e diritto alla cura secondo principi di giustizia e civiltà. Entrambe sono ora, dopo i colpi mortali assestati dai ripetuti lockdown da covid, le ennesime due torri polverizzate. 

Ora, se vogliamo considerare la concatenazione di eventi attorno alla "situazione covid" come una struttura coerente che identifica in quella personale dell'individuo l'ultima residua sovranità da abbattere, al fine di annullarne l'umanità e sacralità, è evidente che chi l'ha creata è sempre il solito Sistema dominante che vuole condurre il gioco, pretendendo di interpretare le intenzioni di una Natura che, inspiegabilmente, oggi desidererebbe sbarazzarsi dell'Uomo divenuto oppressore di quello che, secondo una visione atea, dovrebbe essere nient'altro che un insignificante pianeta della Galassia. 

Un Sistema ora apparentemente vincente su tutti i fronti ma in realtà votato all'omicidio-suicidio collettivo come gesto di estrema ribellione di fronte alla sua evidente sconfitta come unico modello degno di sopravvivere alla fine della Storia in quando ormai cancro di sé stesso, come gli esempi storici raccontati dimostrano e che purtuttavia nega ancora il fatto che questa sconfitta derivi dall'aver sacrificato la Scienza, ovvero la volontà dell'Uomo di essere degno di servire e spiegare e non piegare a sé la Natura, sull'altare di una Teoria fondativa totalmente falsa della quale non uno dei postulati era vero ma che doveva esserlo per permettere al Sistema di imporre il proprio dominio. Un Sistema che  ha fissato i paradigmi, ha creato ideologie opposte mandandole a combattersi sul campo di rivoluzioni e guerre, riuscendo sempre ad evitare di mettere in discussione sé stesso ed il proprio immutabile schema basato sulla lotta per la sopravvivenza: naturale ma con le carte truccate. L'unico vero governo mondiale già in essere da tempo immemorabile al quale, per denudarsi del tutto prima del clamoroso suicidio finale, basta solo togliere di mezzo l'odiosa ed ormai inutile democrazia parlamentare e tentare, come atto finale, di trascinare all'Inferno con sé l'Umanità. 

C'è un libro abbastanza famoso, un classico del complottismo, che si intitola "Tutto ciò che sai è falso". Paradossalmente questo potrebbe essere anche il titolo del manuale di istruzioni del capitalismo anti fake-news che poggia le sue fondamenta sui falsi miti fondativi del darwinismo culturale. Nessuno ha mai trovato l'anello mancante, non siamo mai discesi dalle scimmie, l'evoluzione e la storia non seguono schemi fissi ed immutabili, il mercato non si autoregola, la curva di Malthus è solo pericolosa perché cieca, il materialismo non poteva rendere l'uomo felice e la storia non può finire.

Tornando alla domanda iniziale: la pandemia come pretesto porterà veramente a quel definitivo "capitalismo della sorveglianza" dove potremmo renderci conto che non riacquisteremo più la libertà, perfino dopo l'introduzione del Sacro Vaax ad ungere coloro che si apprestano alla "rigenerazione" che, nella "Fuga di Logan", era un modo elegante e petaloso (vedi l'immagine) per significare il raggiunto limite di vita concesso? Gli indizi raccolti di un finale drammatico di quella accelerazione del Sistema contro il muro della dissoluzione che la Storia ci ha fornito sono molti. E' la prima volta che i sogni distopici più oscuri riescono a giungere a livelli impensati di realtà lucida ma è anche vero che, per usare una metafora bellica, i fronti aperti sono troppi e un fronte a livello globale non era mai stato aperto da nessun Napoleone o Hitler. Vi sono inoltre, anche all'interno dell'élite, interessi opposti che potrebbero presto stancarsi di uno stato di emergenza permanente creato da una pandemia a fisarmonica alimentata dalla lotteria dei contagi. Se questa è una guerra, dobbiamo per forza immaginarne una fine alla quale seguirà un dopoguerra e una ricostruzione dei danni che stavolta potrebbero essere immani.

Ciò che è certo è che, in ogni caso, per essere giunto al massimo della distruttività, il Sistema è da considerarsi definitivamente sconfitto in quanto si è rivelato pericoloso per la sua stessa sopravvivenza. Come il virus che, uccidendo troppo presto l'ospite, si condanna all'estinzione. Se giungerà il dopoguerra come dopo-covid la sfida più imponente per scongiurare qualsiasi rischio di deriva nel transumanesimo sarà quella di trovare il coraggio di respingere una volta per tutte i postulati errati e fraudolenti del darwinismo culturale e costruire un nuovo sistema di riferimento che restituisca alla Scienza l'umiltà e all'Uomo il timor di Dio. Senza paura di recuperare valori che, ben lungi dall'essere superati, erano stati messi da parte solo perché d'ostacolo alla lunga corsa verso l'autodistruzione del Sistema. Ristabilire il primato della vita sulla morte, di Eros su Destrudo, potrebbe essere un buon punto di ripartenza. 

E' una sfida immane ma che non possiamo più evitare di affrontare.


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