mercoledì 27 gennaio 2010

Per Treblinka

"[...] A Natale del 1942, Stangl ordinò la costruzione di una falsa stazione ferroviaria: un orologio con numeri dipinti ed indicante sempre le 6.00, sportelli per i biglietti, diversi tabelloni degli orari e frecce (incluse alcune indicanti le coincidenze dei treni "Per Varsavia", "Per Wolkowice" e "Per Bialystok") erano dipinti sulla facciata delle baracche di smistamento. Lo scopo era di tranquillizzare le vittime in arrivo, facendo loro credere di essere veramente arrivate in un campo di transito. Per rendere la zona di residenza delle SS il più possibile piacevole, furono anche costruiti uno zoo e un giardino dove bere birra". (tratto da Treblinka, storia del campo)

Voglio ricordare Treblinka, un lager altrettanto spaventoso e forse ancor di più, se possibile, di Auschwitz per lo scopo quasi esclusivamente eliminatorio che lo contraddistingueva.

Ricordo di aver partecipato molti anni fa, in preparazione alla mia tesi, ad un convegno sulla Shoah organizzato da diverse associazioni ebraiche, nel corso del quale parlarono alcuni sopravvissuti.
La testimonianza che in assoluto mi sconvolse di più fu quella di un anziano signore polacco che, con tono pacato e quasi temendo di disturbare, ricordò ad una platea già distratta dall'imminente buffet di mezzogiorno e dalla presenza di papaveri più o meno alti di governo, istituzioni e media l'orrore assoluto di Treblinka. Un campo dove il treno ti scaricava direttamente nella fossa comune. Un colpo alla nuca e giù assieme agli altri cadaveri. Migliaia e migliaia.

Mentre le parole del signore polacco stavano imprimendomi nella memoria come un marchio indelebile l'immagine del binario che termina sull'orlo della fossa comune, dalla fila dietro, dove sedevano alcune signore impellicciate mi giunse il seguente commento, vomitato sottovoce ma con stizza: "Si, però questi polacchi sono sempre deprimenti con queste storie".

Le damazze dell'aneddoto non sono una teratologia, rappresentano il modo di pensare comune del sistema dal quale una cellula apparentemente normale diede origine alla neoplasia nazista; il sistema della borghesia che è abituata a suddividere ogni cosa e soprattuto gli esseri umani in classi. Nemmeno appartenendo allo stesso popolo di cui si sta parlando si riesce a superare il fastidio verso il parente povero. Nemmeno la Shoah che mise assieme nello stesso forno, fianco a fianco, l'ebreo ricco e quello povero riesce a scardinare l'idea che, se le vittime sono povere, valgono meno punti-carrarmato.
I polacchi che finirono a Treblinka erano per la maggior parte poveri, i classici poveri ebrei che provenivano dagli shtetl, i villaggi dell'Est Europa la cui cultura fu quasi completamente cancellata e i cui abitanti, in fondo, nessuno avrebbe rimpianto veramente, nemmeno nella Palestina da colonizzare con immigrati di prima scelta e possibilmente danarosi.

E' triste dirlo ma esiste evidentemente una gerarchia anche tra i sopravvissuti dell'orrore: di serie A e serie B, da campi di prima classe e di seconda scelta, da lager facilmente trangugiabile anche dalle bocche più sofistiche perchè omogeneizzato dai media in una serie infinita di film, serie tv e libri, a quello indigeribile, che non riesci a mandar giù neanche con un bicchier d'acqua e che non hanno nemmeno il coraggio di renderti appetibile. Perchè ti deprimeresti troppo.

Nonostante si parli tanto di Shoah, ho l'impressione che la memoria di quell'abominio venga sempre più gestita in modo quasi mitologico e sempre meno aderente alla realtà che fu. Arriviamo al paradosso che Auschwitz è perfetto come paradigma dell'Olocausto perchè non è orrendo come Treblinka e nemmeno come le migliaia e migliaia di esecuzioni sommarie degli squadroni della morte Einsatzgruppen, incaricati di ripulire l'Est Europa dalle razze inferiori, ebrei, zingari e slavi. Manifestazioni dell'orrore nazista delle quali si parla molto meno, anzi per niente. Al punto che, parlando solo di Auschwitz dal quale tanti portano testimonianza , inevitabilmente salta fuori il cretino che mette in dubbio fosse poi così tremendo. Auschwitz oscura gli altri campi, come ad esempio il primo in assoluto, Dachau, inaugurato nel marzo del 1933. Un campo ancora di concentramento e non di sterminio ma già esemplificativo di ciò che sarebbe diventato il nazismo.

Io non penso si debba raccontare la Shoah per mitologie e in versione edulcorata da fascia protetta. Sono per raccontarla e ricordarla per intero, con i dettagli più crudi, comprese le camere a gas non a Zyklon B ma armate con il meno compassionevole monossido di carbonio di Treblinka da venti-trenta minuti di agonia e me ne sbatto se le damazze si deprimono. Che buttino giù il solito Tavor.

Consiglio la lettura dell'intero articolo che ho linkato alla fine della citazione per guardare bene fino in fondo all'abisso. Lo so, vengono le vertigini ma è necessario, vista la brutta aria che tira nel nostro paese.
Ne consiglierei la lettura anche ai pezzi di merda che compongono la filiera che parte dal committente e va al creativo, al grafico, allo stampatore, al distributore ed all'utilizzatore delle bustine di zucchero con la "battuta" sugli ebrei. Vorrei tanto fosse una bufala ma temo, respirando l'idiozia razzista che c'è in giro, che non lo sia.

L'insegnamento della Shoah dovrebbe essere quello che, anche se non lo crediamo, c'è sempre un treno pronto alla partenza sul binario per Treblinka. Bisognerebbe mettere una placca con una freccia indicativa in ogni stazione. Un cartello grande e tremendo. "Per Treblinka".

domenica 24 gennaio 2010

Acqua alta

"Secondo me si deve agire sulle pensioni di anzianità, quelle che partono dai 55 anni di età. Facendo in questo modo si potrebbero trovare risorse che consentirebbero di dare ai giovani non 200 ma 500 euro al mese. Solo che una proposta del genere scatenerebbe le proteste dei sindacati, che sono quelli che difendono i genitori. Meno ai genitori e più ai figli".
(Renato Brunetta, gennaio 2010)

Figli fuori casa a 18 anni. OK, come fanno in Svezia.
Se li vogliamo fuori però hanno bisogno di un lavoro con relativo stipendio, anche nel caso che vogliano continuare a studiare. Ci vuole un appartamento, arredato di tutto punto, dove possano andare a vivere.
Il ministrino, con la nota mentalità della zia ricca, per la quale i poveri campano di nulla, praticamente di ciò che lei spende dal parrucchiere, pensa di poter far tutto ciò con miseri 500 euro. Cinquecento euro - attenzione perchè qui viene il lampo di genio assoluto da un cervello pur così minuscolo - forniti non dallo Stato (dagli evasori fiscali no, eh?) ma tolti dalla pensione dei genitori e pagati dai contributi dei lavoratori attivi, che si troverebbero quindi a mantenere i figli degli altri.

Un'immagine vale più di mille parole a commento. La vignetta dimostra perchè Brunetta è il candidato sindaco ideale di Venezia.

lunedì 18 gennaio 2010

"Shock Economy Horror Show" - Come sono buoni i ricchi

Parlando del terremoto di Haiti, un amico mi ha confessato oggi, con molto imbarazzo ma altrettanta ammirevole sincerità, il fatto che non riusciva a provare alcun dolore a riguardo. Tanti morti, un numero enorme, una tragedia inenarrabile ma, orrore, solo una sensazione di estraneità, di lontananza, di "non me ne frega niente". Un'insensibilità rettiliana dal tracciato emotivo piatto ai limiti della sociopatia, ovvero dell'incapacità di provare sentimenti di solidarietà ed empatia per gli altri.
Se proprio doveva ammettere di provare qualcosa era solo la rabbia ed il fastidio per la commozione a comando indotta dai media verso esseri umani che, fino a qualche giorno prima, crepavano lo stesso ma nell'indifferenza del mondo.
"Ma ti pare possibile che, solo perchè ne sono morti a migliaia tutti assieme, dobbiamo improvvisamente accorgerci della loro esistenza?"

E' ciò che si è chiesto anche Massimo Fini nel suo articolo per il Fatto. Siamo quotidianamente addestrati all'indifferenza verso l'uomo che sta male o addirittura muore per strada, per l'operaio che perde il lavoro e dà di matto, ma se avviene la catastrofe a migliaia di chilometri di distanza con i mucchi di cadaveri sbattuti in televisione, dobbiamo sentirci improvvisamente tutti fratelli.
E' incredibile come riesca a manipolare le menti la suggestione delle immagini e delle parole. Oggi ho sentito persone normalmente intolleranti o addirittura razziste, sciogliersi di fronte all'orfanello di Haiti e fare addirittura propositi di adozione.
Mi sentirei quasi di considerare più patologico questo atteggiamento rispetto all'insensibilità provata dal mio amico.

Infatti non si capisce come ci si debba smuovere solo di fronte ai grandi numeri, diciamo dai 10.000 morti in su e non per il singolo fratello sfortunato.
In parte, a causa degli spaventosi genocidi del secolo scorso, si è formata ormai una specie di "estetica" dell'olocausto su larga scala. Si combattono addirittura battaglie ideologiche per stabilire se il mio genocidio lavi più bianco del tuo e se le mie migliaia di morti valgano meno dei tuoi milioni.
Da un punto di vista psicodinamico, ragionare di milioni di morti finisce invece paradossalmente per diluire il senso di angoscia che ci provoca normalmente il lutto singolo, quello che abbiamo provato tutti in occasione della perdita di una persona cara. Il milione di morti, siccome è difficilmente immaginabile e rappresenta un'idea quasi intollerabile, diventa un'astrazione, un concetto che si allontana dalla nostra sfera emotiva, innescando il meccanismo di difesa dal dolore che ci porta all'insensibilità.

In una società che non vuole veramente eliminare la miseria ma solo utilizzarla a scopi spettacolari, per far risaltare "quanto sono buoni i ricchi" e ridisegnare certi assetti geopolitici con gli strumenti della shock economy, è più facile manipolare le coscienze e spingerle ad agire per alleviare le sofferenze di migliaia di persone piuttosto che di un singolo individuo.
Se noi siamo milioni e mandiamo milioni di SMS da un euro avremo aiutato migliaia di persone ma non vi sarà stato alcun contatto, alcun impegno realmente emotivo tra noi e loro.
In fondo non ce ne frega nemmeno di sapere se i soldi che versiamo andranno veramente a buon fine o non finiranno piuttosto nelle tasche dei gatti e delle volpi che sappiamo esistere nel campo della cooperazione e della solidarietà. L'importante è l'atto simbolico. Con un euro ho aiutato le vittime dello Tsunami, o del terremoto di Haiti - il che è assurdo, con un euro non si fa nulla, ma me ne lavo le mani del problema a monte: la povertà endemica di quelle terre.

La sconfinata ipocrisia del Sistema stabilisce che finché si muore in modica quantità e per una malattia incurabile come la miseria, si è in numero insufficiente per scatenare gli appelli delle star dello sport, dei chitarrosi (come li chiamava Sergio Saviane) e in genere dei ricchi che ogni tanto sentono il bisogno di svuotare gli armadi degli stracci vecchi per sentirsi le buone Dame di San Vincenzo che fanno del bene ai miserabili.
I poveri sono come la serva di Totò, servono, ma solo per far risaltare la straordinaria generosità del calciatore, dell'uomo di spettacolo, del politico in auge o di quello bollito o addirittura riesumato per l'occasione che magari se la cavano solo con l'atto di presenza, l' appello filmato, il fiocchetto sul bavero e non tirano fuori neanche l'euro che noi, nel nostro piccolo, regaliamo con il messaggino.

mercoledì 13 gennaio 2010

Braccia rubate dall'agricoltura

Il mio problema principale, in questi giorni, tra tempeste emotive ed ormonali varie, è che mi sono fatta incastrare dal giochino di Facebook, quello dove riconosci i veri amici, quelli che ti vogliono veramente bene, perchè ti riempiono di galline e alberi di frutti esotici.

Per chi non conoscesse ancora Farmville, ci si crea un avatar e si ha a disposizione, in partenza, un lotto di terreno che bisogna coltivare.
Più si semina e più si raccoglie e, man mano che si cresce nei livelli del gioco, ci si può dedicare a coltivazioni sempre più pregiate ed aumentare l'ampiezza della piantagione. Ovviamente i raccolti portano soldi, con i quali si possono acquistare attrezzature varie; trattori Landini, autorimesse, pollai, stalle, animali, alberi e sementi ma anche una serie infinita di oggetti più o meno coerenti con l'ambiente agreste.

Una volta seminati i quadretti di terreno bisogna ricordarsi di fare il raccolto in tempo, altrimenti si secca tutto. Questo perchè ogni tipo di coltivazione ha i suoi tempi di maturazione. Le fragole, ad esempio, di solito vanno sempre a male perchè maturano troppo alla svelta. Gli animali vanno tosati, munti, le uova raccolte. Un lavoro della madonna.
Ogni Farmer, in italiano coltivatore diretto, ha la possibilità di farsi dei vicini ai quali farà la cortesia di scacciare i corvi, dare il mangime alle galline e concimare il terreno. I vicini restituiscono il favore e inoltre ci si scambiano regali, soprattutto alberi da piantare e animaletti vari.
Ci sono poi da aprire le uova misteriose che contengono altri regali, bonus vari e sorpresuole che arrivano direttamente dal Signor Farmville in persona.

E' un gioco strano. Indubbiamente collettivista, perchè cresci se crescono gli altri. Se io do una gallina a te, tu molto probabilmente ne darai una a me e, nello scambio, ci guadagnamo tutti. No gallina, no party. Se trascuri il tuo campo e ci trovo sempre erbacce e foglie secche mi stuferò di visitarlo e non ti aiuterò più. Invece, coloro che hanno piantagioni curatissime e rigogliose scateneranno la nostra voglia di concimare e concimare ettari di terreno. L'erba del vicino...

Collettivista si, maanche un inno all'accumulazione. Farmville è la famigerata accumulazione capitalistica applicata all'agricoltura.
Visitando le Farm dei vicini ti chiedi come mai certuni ammassino tonnellate di bovini in un recinto strettissimo ed allineino gli alberi stretti stretti senza più alcun senso di realtà paesaggistica. Perchè non cedere le mucche in sovrannumero, mi chiedo, e sostituirle con altri animali o cose? No, il bello di Farmville è proprio avere cinquanta pecore in un centimetro quadrato.
Al colmo dell'ammasso, alcune Farm non sono più fattorie, ma assomigliano a quei capannoni di mercatino dell'usato dove c'è un'accozzaglia assurda di ogni tipo di mercanzia tra cui puoi trovare palloni aerostatici, tendoni da circo, pagode, elefanti, lampioni, ecc.

Non c'era bisogno di dirmelo perchè ad una strizzacervelli certe cose non sfuggono. Avevo già intuito che dal modo in cui uno si struttura la sua Farm in Farmville si può capire il carattere e la personalità del soggetto. Come quando ti dicono che dal modo in cui uno si comporta a tavola puoi capire come sarà più tardi a letto.
I precisini e le persone razionali terranno tutto separato e ben ordinato nei recinti. Vacche di qua e maiali di là. I caotici e i pazzerelloni tenderanno all'accumulazione selvaggia e senza regole. Senza steccati, letteralmente. Ci sono poi quelli che coltivano trenta ettari a vite e basta e forse hanno una passione, per Bacco.

Il problema rappresentato da Farmville, al di là dello snobismo di chi ti deride: "Nooooo, anche tu qui???!" Ma come, non l'avrei mai detto!" e dico snobismo perchè il gioco è carino e divertente, oltre che più delicato di un Resident Evil, è che rischi di perderci delle mezze giornate. Tra concimare tutti i terreni dei vicini, fare i regali agli amici, andare a raspare nelle bacheche altrui l'animaletto smarrito da adottare o la gallinella dalle uova d'oro, ricordarsi di andare a trebbiare il grano e raccogliere i tulipani rossi prima di mezzogiorno perchè se no appassiscono, questo è un gioco che, se ti ci perdi, ci passi tranquillamente delle ore intere.

Così magari alla sera, per colmo di assurdità, se hai avuto in ufficio una giornata tranquilla da passare su Farmville per non morire di noia, ti senti pure stanca a causa della mietitura virtuale.
Speriamo l'Italia non veda la sua crescita frenata a causa di persone che invece di lavorare si trastullano con le galline.
Come arma di distrazione di massa in effetti non è niente male. Braccia rubate dall'agricoltura, appunto.

sabato 9 gennaio 2010

Madonnino di Arcore

Ed io, invece, caro Alessandro, penso proprio che sia stata una sceneggiata, di quelle da far smascherare senza pietà dal C.I.C.A.P. come le madonnine fraudolente che piangono o sanguinano.
Certe cose si sentono subito a pelle, non ti sfagiolano fin da subito, troppe cose non quadrano e, soprattutto, questa non è la faccia di uno che ha avuto una tranvata con ferite lacerocontuse, trauma buccale con avulsione dentaria, frattura del setto nasale, varie ed eventuali.
Perchè, o al San Raffaé gira E.T. con il dito illuminato che guarisce o il suo medico che dichiarò alla televisione che il premier aveva la faccia praticamente devastata ci stava prendendo in giro.

Avrai anche ragione a parlare della sua volontà di dimostrare, mostrandosi con la faccetta intonsa, che lui è invulnerabile e Unbreakable ma, facendo così, eviteremo magari l'accusa di complottismo ma entriamo a piedi uniti nel suo delirio di onnipotenza e nella sua sconfinata megalomania. Il che è assai peggio. Lui ama credere diversamente ma noi sappiamo che lui non è Achille o un altro semidio dell'Olimpo, non è invulnerabile, non è eterno e un giorno, come tutti, morirà.

Lui va sul sicuro. Persino di fronte all'evidenza la maggioranza degli osservatori negherà, per paura dello stigma di complottismo - che è peggio dell'accusa di eresia, sai?, la possibilità della montatura e questa garanzia permette che le montature abbiano luogo indisturbate.
E' la sfrontatezza del potere che ti sfida ad obiettare alle sue frottole, se ne hai il coraggio, sapendo che non lo farai perchè "no, non può essere, sarebbe troppo grossa".

Vuoi sapere cosa è successo? Voleva farsi i cazzi suoi per un mesetto, perchè questo bluff vivente non è capace di fare altro. Voleva sparire dalla circolazione per sgamare l'attenzione della giustizia e dell'opinione pubblica soprattutto fuori d'Italia. Voleva prolungare la vacanza, allungare il ponte, insomma.
Agli italiani ha dato l'ennesima madonnina insanguinata da adorare e da prendere per vera. Non voglio spingermi ad indicare la coincidenza della scelta del giorno 13, giorno delle apparizioni di Fatima e data dell'attentato di Ali Agca a Papa Woityla.
A San Siro l'arbitro avrebbe fischiato un fallo di simulazione. In un paese cattolico invece la miracolistica pacchiana e splatter, con i suoi simbolismi ricorrenti, funziona e si porta bene in ogni stagione.
Per il resto sono d'accordo con te e con le tue conclusioni ma io non ho paura di denunciare questa come una volgarissima sceneggiata populista dello stigmatizzato della Brianza.

In ultimo vorrei sapere, visto che non se lo chiede nessuno: che fine ha fatto Tartaglia? Sta ancora in galera in attesa di giudizio o in una struttura psichiatrica? E' stato perdonato dal madonnino, ok ma allora perchè non ci hanno detto se è stato scarcerato o meno o se è già stato sottoposto a giudizio per direttissima? Non se ne sa nulla. Praticamente un mistero glorioso.

Domani parliamo di cose serie. Di 'ndrangheta e dei segnali che sta mandando allo Stato. Altro che cerotti.

mercoledì 6 gennaio 2010

Marketing virale. 184 milioni di euro buttati nel cesso e gli italiani che non fanno una piega

Si erano fatti scudo persino di un innocente simbolo dell'infanzia dei quaranta-cinquantenni, il mite Topo Gigio, fatto passeggiare sulle spalle dei bravi (nel senso manzoniano) Bonaiuti e Fazio nel corso di una pantomima di presentazione della campagna di vaccinazione contro il virus-spauracchio H1N1. Fazio, il compare del ministro e marito della caporiona di Federfarma, Sacconi, non aveva giurato sui suoi figli che il vaccino era sicuro, aveva fatto di peggio. Aveva promesso addirittura di vaccinarli tutti. Questo nel momento in cui qualunque medico ti diceva di lasciar perdere questo vaccino realizzato in quattro e quattr'otto e potenzialmente affatto sicuro ma di limitarsi ad usare quello tradizionale stagionale.

Dopo averci scassato la minchia con l'influenza pandemica minaccia mondiale per mesi, avete notato che adesso, sui media prostituiti ai voleri del mercato, non si parla più di influenza suina? Non dovremmo essere nel pieno del famoso picco? Non dovremmo essere tutti a letto non in piacevole compagnia ma accasciati dal virus killer?
Nessuno si chiede dove cazzo è finita la pandemia? Siamo davvero così inscimuniti dai saldi e dai recenti bagordi natalizi da non renderci conto della buggeratura che ci hanno dato? E' così difficile fare il passo successivo e chiedersi chi ci ha guadagnato e se per caso ci sono delle responsabilità governative in questo enorme spreco di denaro?
Perchè si parla di una cifra enorme: 184 milioni di euro spesi dal governo (a carico delle casse regionali) per una pandemia che non è mai arrivata. Va bene, direte voi, se la pandemia ci fosse stata il governo si sarebbe dimostrato previdente. Giustissimo. Però un conto è tenere alla salute dei cittadini e un altro firmare dei contratti capestro ad esclusivo vantaggio di quella moderna Grande Meretrice che è BigPharma. Il governo polacco, ad esempio, non ha fatto scorte di vaccini perchè non era abbastanza convinto della gravità della minaccia.

C'è un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano che parla dei costi italiani dell'operazione "influenza maiala" e delle milioni di dosi che sono rimaste inutilizzate e che finiranno probabilmente per andare a male. Descrive i contratti, gli accordi, i sospetti di favoritismi e soprattutto rafforza l'impressione che lo scassamento dei mesi scorsi sia stato parte di una grande operazione di marketing virale con l'aggravante di terrorismo a mezzo stampa e diffusione di notizie false e tendenziose.

Ed è qui che capisco sempre meno i miei connazionali. Quando si parla di Sanità pubblica si lamentano in continuazione che non funziona, che ci sono gli sprechi, che è tutta inefficienza, anche quando non è vero. Sempre pronti a maledire medici e infermiere se non scattano sull'attenti per ogni fisima soprattutto dei parenti dei malati.
Va bene che il popolo che ama farsi sodomizzare sempre più a fondo dai nani non saprà mai nulla di questa enorme truffa ed estorsione ai danni della Sanità pubblica, cioè di tutti noi, visto che nessun telegiornale e giornale servo gliela racconterà.
Però costerebbe troppo, a volte, tirare la cordicella e mettere in moto il cervello e farsi delle domande, anche le più semplici: "E la famosa influenza??? Ma non dovevano esserci migliaia di morti?" "I nostri soldi spesi per i vaccini dove sono finiti?"
Macchè, gli italiani non fanno e non faranno una piega.

Ciò che mi manda in bestia è che negli ospedali mancheranno i guanti di lattice e le traverse assorbenti per i letti dei vecchi perché si sono dovute pagare 24 milioni di dosi di un vaccino inutile al doppio del prezzo normale e molto probabilmente solo per colpa del conflitto di interessi della moglie di Sacconi.

P.S.2 Sono andata per curiosità, ancora, a cercare sul sito dell'antibufalaio ad honorem, Attivissimo, qualche notizia sulla bufala dell'H1N1. Nulla. Forse è solo questione di tempo. Attendo con ansia.

venerdì 1 gennaio 2010

Dalle stelle alle stalle e ritorno

Perchè oggi, invece di zamponi e cotechini, lenticchie, fuochi artificiali, botti, valzer viennesi, insulsi messaggi di fine anno e spumanti troppo gasati, prendo come immagine simbolo del Capodanno il poster di un film che doveva fungere da seguito di un capolavoro assoluto come "2001 Odissea nello Spazio" di Kubrick e che risultò ovviamente niente di più di un onesto prodotto di fantascienza? Perchè diventa interessante e meritevole di menzione a posteriori, come mera curiosità, ormai giunti a questo fatidico 2010 citato nel titolo.
L'immagine poi è tipica dell'iconografia classica di fine anno. L'anno nuovo raffigurato come un bambino, in questo caso un po' speciale, come ricorderanno gli amanti di 2001. Sullo sfondo, non la Terra ma Giove che simboleggia la prosperità. Scusate ma, invecchiando, sto diventato tremendamente junghiana. Mi acchiappano le simbologie e le sincronicità. Spero di non trasformarmi in un eroe di Dan Brown perchè sarebbe la fine.

Interessante è anche lo slogan del film che recitava: "L'anno in cui un gruppo di Americani e Russi intraprese la più grande avventura di tutti i tempi, per vedere se c'era vita oltre le stelle."
Ah, l'ineffabile romanticismo degli anni sessanta! E come ci siamo ridotti in questo nuovo millennio...
L'Uomo è da un po' che è sceso dal pero cosmico e non guarda più alle stelle ma alle più terrene stalle.
Quale avventura potremmo mai intraprendere quest'anno che non sia l'uscita definitiva, si spera, dalla crisi economica e dalle numerose guerre cominciate da una banda di delinquenti che oggi, a distanza di 9 anni da quel "2001" (sincronicità, sincronicità!) sta rialzando la cresta in cerca di nuovi disastri da combinare in giro per il mondo?

Si devono fare gli auguri, oggi, e facciamoceli. Salute, sicurezza economica nel senso di tutto ciò che non rappresenta precarietà, serenità (di conseguenza), affetti e sesso a tutto spiano, pace e crescita (nel senso individuale, perchè quella economica è una cazzata che ci sta portando alla rovina tranne pochi profittatori).

Nel nostro piccolo penisulare, cosa potremmo desiderare di più di liberarci di una zeppa di bassa statura che ci impedisce, ormai da decenni, di andare avanti in tranquillità e di pensare ai problemi generali, oppressi come siamo dalle sue personali magagne, e di lasciarcelo alle spalle per sempre? Oggi non lo nomino perchè non voglio farmi andare per traverso quella stupenda pasta al forno che un'amica mi ha preparato con tanto affetto ma è chiaro a chi mi riferisco. Che sia veramente l'anno della liberazione. Magari mandiamolo a vedere se ci sono altri mondi in giro per la galassia al posto di Americani e Russi ma l'auspicio sia, "fuori dai coglioni".
Ma che amore e amore. Ho detto sesso, prima.

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