Riprendiamo il discorso sui fautori dell'egualitarismo omeopatico, ovvero del "siccome la proprietà è un furto, allora te la rubo". Immaginate un mondo dove dominano le élite dei pochissimi ultraricchi che si struggono, non paghi di aver dichiarato terminata per KO tecnico la Storia, di invertirne il corso fino a riportarla ab origine ai suoi più oscuri trascorsi di diseguaglianza sociale.
Pensate insomma ad un mondo dove la lotta di classe rischia di essere vinta per sempre dalle teste che cercano da due secoli di riattaccarsi ai colli dai quali erano state mozzate in Place de la Concorde (cit.) e che si trovano inaspettatamente come alleate - ma tutto avrà un senso, se seguite il ragionamento - masse di nientedaperderisti volonterosi di prestarsi ad affossare le ultime sacche di resistenza borghese, credendo di farlo in nome della "rivoluzione proletaria" (inesistente) ed agendo invece per conto della rivoluzione elitaria, questa vera e pulsante come il mal di denti.
La borghesia, per fare un riassuntino lesto lesto, è quella che, si, ha creato l'orrendo sfruttamento capitalistico del bambino in miniera ma ha modernizzato il mondo, ha mandato avanti il progresso, ha liberato la scienza dalla gabbia dell'ascientificità del mondo teocratico, ed ha avuto soprattutto l'intuizione dell'egualitarismo, che ha permesso poi agli operai di emanciparsi e diventare anch'essi cittadini con pieni diritti grazie anche al sangue dei borghesi che hanno lottato al loro fianco per il principio di libertà ed eguaglianza. Quei diritti che i Renzi in delirio di onnipotenza pensano di poter toglier loro con un tratto di penna.
La borghesia non solo ha compiuto le grandi storiche rivoluzioni vittoriose (comprese quelle comuniste) contro le aristocrazie e il clero che aveva sempre fornito la giustificazione metafisica al primato del ricco sul povero, un "ce lo chiede Dio", per intenderci, propagandando le menate sulla virtù della morigeratezza e della continenza, ma solo per i poveri; ha rivendicato libertà ed indipendenze di interi popoli ma nel quotidiano ha soprattutto conquistato posizioni sociali, mettendo in discussione il principio che la ricchezza deve restare saldamente in pochissime mani.
Inevitabilmente le élite dovettero cominciare a condividere il posto in società con il salumiere, il ciabattino, il letterato, l'insegnante, il mercante e tutte le altre categorie che avrebbero composto la società moderna, fino all'inclusione, nella cosiddetta classe media novecentesca, di amplissimi strati di classe operaia ed impiegatizia.
La borghesia è riuscita a costruire una vita diversa per sé e per la propria discendenza e a reclamare benessere non solo per sé ma per le moltitudini di disperati abbandonati a loro stessi, visto che è stata talmente cogliona da preoccuparsi perfino dell'infelicità altrui e desiderare di alleviarla. Con quale riconoscenza lo stiamo vedendo.
La più grande intuizione del mondo moderno borghese è stata comunque quella che se distribuisci la ricchezza, non riuscendovi mai in maniera totalmente equa purtroppo, ma comunque la distribuisci, anche a costo di creare consumismo, il benessere generale cresce e abbiamo progresso sociale.
Infatti, invece di lottare contro la normale pulsione umana all'accumulazione dei beni non è più conveniente e logico volgerla a vantaggio del maggior numero di individui possibile, trasformandola in tendenza al benessere diffuso?
E' stata in fondo una conseguenza della rivoluzione industriale, di quando l'evoluzione del commercio su larga scala e la produzione intensiva hanno avuto bisogno di qualcuno che comperasse i beni prodotti. Quando esisteva ancora l'economia e non le riforme, vigeva il principio del più produci, più vendi, più guadagni, quindi si rese necessario allargare sempre più la platea dei consumatori. Oggi si direbbe: "creare moltitudini di debitori che vivono al di sopra dei loro mezzi:"
La borghesia ci ha dato infine, e scusate se è una cosina da nulla, la Democrazia, ovvero la partecipazione di tutti, uomini e donne, alla costruzione della società civile.
E' così che si è usciti dalla parte oscura del Medioevo, che piaccia o meno ai compagnucci della parrocchietta.
La diseguaglianza montante di questo nuovo millennio nasce dal fatto che le élite neoaristocratiche, che hanno sempre cercato di arrestare il Progresso, la corsa inarrestabile del mondo verso la Democrazia, ovvero verso il diritto di ciascun individuo di autodeterminare il proprio destino, modificandolo se se ne hanno le opportunità, anche in senso economico, elevando la propria condizione sociale, stanno colpendo la borghesia, che oggi comprende quella enorme classe media formata da ex emarginati della classe operaia ora portatori di un'eredità di benessere e prosperità frutto di anni di lotte e sacrifici, e lo fanno nel tentativo di fermare l'orologio della storia ed annientare l'unica forza rivoluzionaria in grado di fermarle.
Non bisogna meravigliarsi del furore che provocano in questi borghesi minacciati di retrocessione sociale certe proposte liberticide spacciate per socialismo, come la tassazione per principio e con volontà punitiva dell'eredità, pensate unicamente per colpire gli uni ed educare le centinaia.
Perché è egualitarismo, certo, ma verso il basso, di quello che mira a creare un 99% con tanti e tanti nove dopo la virgola da dominare con la frusta del negriero. Come ha detto qualcuno, commentando il mio post precedente, è come se ci dicessero: "Eliminiamo i vantaggi acquisiti ad ogni generazione, azzeriamo i contatori per farvi ricominciare ad assaporare la durezza del vivere".
Il furore nasce dal fatto che chi ha conquistato qualcosa con tanta fatica non ha alcuna intenzione di rinunciarvi e se si sente in pericolo di perderla diventa una belva. Si chiama difesa del territorio e funziona con qualsiasi specie animale, dall'anellide all'uomo. E' inoltre lo stesso principio per cui gli ultraricchi vorrebbero essere gli unici a possedere la ricchezza. Per questo chi non ha niente non può capire.
Chi sono infatti i nientedarperderisti del titolo? Quelli che non hanno niente da perdere. "Se non le proprie catene", come diceva Marx? No, lui era un borghese di merda ma odiatore della propria classe e i suoi peggiori errori furono credere che la rivoluzione l'avrebbero fatta i proletari e che il nemico del popolo, ovvero dei proletari, fosse la borghesia intesa come "tutto ciò che non è classe operaia". Per questo alla fine hanno finito per prevalere, anche nei paesi cosiddetti comunisti, le solite élite.
Quelli che non hanno niente da perdere perché non hanno proprio niente, soprattutto la percezione di non avere niente da salvare e niente da trasmettere ai posteri, quelli che "tanto, a me chemmefrega, non c'ho un cazzo in banca" sono i più socialmente pericolosi.
Sono pericolosi perché possono essere facilmente convinti che la proprietà è un furto e che loro sono onesti perché non hanno niente, sottintendendo che chi ha qualcosa è perché sotto sotto non se l'è guadagnata onestamente.
Pensate all'indottrinamento continuo sull'evasione fiscale come origine di tutti i mali. Evasione che non ha mai impedito la crescita del benessere fino a quando l'élite non ha preteso di sostituire le regole dello strozzinaggio alle normali leggi dell'economia.
Se siamo in territorio tedesco, questi parabolani della virtù della continenza li si può perfino convincere di essere ontologicamente superiori ad altri popoli troppo attaccati ai beni materiali, fino al punto di desiderare di vivere in una casa di proprietà da lasciare in eredità, orrore, ai propri figli. Tra parentesi, questi popoli virtuosi, morigerati e distaccati dai beni materiali, che vivono in affitto, che offrono una giustificazione, ohibò, etica al loro non avere niente da tramandare, se se ne dà loro la possibilità, riempiono i forzieri di beni sottratti agli altri, ai non virtuosi. A volte, per impeto, riempiono perfino stanze di pennelli da barba e occhiali. E, naturalmente, conservano al loro interno élite particolarmente rapaci come quelle di ogni latitudine, dimostrando che l'unica globalizzazione veramente e pienamente realizzata è quella dell'ultraricchezza.
I nientedaperderisti, una volta convinti che la proprietà sia peccato, diventano i migliori alleati delle élite in questo rush finale della lotta di classe, ovvero nella grande crociata contro la borghesia. Se si riesce a mettere il popolo sempre più impoverito ed affamato contro gli unici che potrebbero guidarlo nella ribellione e nella rivendicazione dei propri diritti, è fatta.
E' questione anche di numeri. Capite perché riempiono le nostre città di nientedaperderisti di importazione, incapaci di attaccare la vera ricchezza, quella di coloro che li arruolano, ma capacissimi di praticare la bassa razzia ai danni del bottegaio, dell'artigiano e del pensionato nella villetta? Quelli da educare. Un lento ma continuo attacco microcriminale alla proprietà privata attraverso il furto e il danneggiamento e un potere politico che, invece di difendere i suoi cittadini, li esaspera dichiarandone l'ineluttabilità e predicando l'accoglienza incondizionata, la condivisione con chi in fondo, cari bocconiani dei miei stivali, ha fatto ancor meno per meritarsi quei beni dell'erede legittimo di un babbo morto.
Guardate chi predica la cessione della proprietà altrui, ma solo di quella appartenente alla classe media. Sono signore dell'élite, tracotanti superbia nei confronti dei propri concittadini ma rigorosamente collocate a sinistra, dalla parte del "popolo".
Massacrare i propri concittadini, metterne in pericolo la sopravvivenza ma dichiararsi di sinistra. Professare un progressismo che è l'antitesi di quello vero, bestemmiandolo, è la nuova e più praticata perversione degli intellettuali, classe che ogni tanto nella storia qualcuno ha proposto non a caso di sterminare.
Per questo non possiamo più credere alla "sinistra", a Roma come ad Atene, ma solo difendercene. Sarà dura ma ce la faremo anche stavolta.
Fiero di essere borghese di merda, fiero di avere avuto un padre che non c'aveva per il belino di coltivare la terra per conto del padrone, ma che aveva le mani d'oro e che imparò il mestiere di falegname e che, con la classica lettera del prete (a castacriccacorruzione antelitteram) è emigrato a Genova, lavorato duramente, messo su famiglia emancipatosi, avere 5 figli mediamente "studiati" per emanciparsi a loro volta, il cui ultimo (il sottoscritto) incarognito dall'andazzo congiunturale, impossibile da decifrare alla TV, ha preso libri e iniziato a studiare una materia che repelleva, ma che gli ha aperto un vaso di Pandora di considerazioni sul suo passato ideologico da fare impallidire la pillola rossa del Neo di Matrix. Mi hanno fottuto la speranza i macellai dal grembiule rosso, i figli ideologici dei fascisti saltafossi del 26 aprile, odiatori sociali, ubriachi di potere. Ora è tempo di riprendermela, in piena coscienza, per i miei cari, i miei figli.
RispondiEliminaPerdona lo sfogo, Barbara e grazie del post.
Sono d'accordo con quanto scrivi (complimenti per le analisi sempre puntualissime che scavano oltre i luoghi comuni). Mi permetto di suggerire un ulteriore spunto: il credo che l'odio dei sinistrati contro la borghesia (odio è proprio il sentimento che li pervade, basta leggere certi loro commenti) deriva anche, io credo, dall'antinazionalismo. Il sentimento nazionale è un tipico frutto della cultura borghese e costituisce anche una potente forma di solidarietà e difesa contro l'elite predatoria internazionale. I sinistrati si identificano non con la borghesia, che è la loro classe di estrazione, né con il proletariato, ma proprio con l'etica "cosmopolita" dell'elite internazionale, e odiano il nazionalismo borghese. Anche per questo nella loro contorta e sadica mentalità ogni atto criminale contro la borghesia è per loro giustificato perché diretto contro il sentimento nazionale che loro odiano bollandolo come fascista. Ed è anche il motivo per cui ad esempio Tsipras passa con tanta disinvoltura dalle promesse elettorali a sposare e slinguarsi duro la Troika: perché se deve scegliere fra il FOGNO internazionalista della Troika e il suo popolo, sceglierà sempre l'internazionalismo, anche a costo di sacrificare il suo popolo sull'altare internazionalista. E' per questo che l'euro è il loro agnello dorato da idolatrare feticisticamente: è la parte per il tutto, il distillato sublimato e supremo di quell'internazionalismo anti-popolare su cui fondano la loro perversa e schizofrenica identità (ci sono forme di internazionalismo che non sono necessariamente anti-nazionaliste, ma visto che per loro nazionalismo=fascismo il loro stupido internazionalismo è intrinsecamente anti-nazionale e quindi anti-popolare).
RispondiEliminaDF
Bello il tuo commento. Sono assolutamente d'accordo sul nazionalismo. La cosa tragica è che toccherà fare i carbonari di nuovo per salvare anche questa gentaglia.
EliminaP.S. DF è carino, ma preferisco un nome intero inserito nella apposita casellina.
"ha liberato la scienza dalla gabbia dell'ascientificità del mondo teocratico, ed ha avuto soprattutto l'intuizione dell'egualitarismo"
RispondiEliminaa dire il vero la legittimazione epistemologica del metodo scientifico avviene solo con il cattolicesimo; sì, lo so, suona in contrasto con la vulgata attuale, ma solo se il mondo è "rivelazione", in quanto creato da un Dio che si è dato una forma razionale, esso DEVE essere indagato con metodo obbiettivo ed avulso da distorsioni il-logico ed anti-epistemologiche "teocratiche". adesso salterà fuori la storia dell'"indice dei libri proibiti" e il "caso galileo" ovvero, addirittura "l'inquisizione" ed i "roghi". mi riservo di replicare sul punto solo dopo aver letto eventuali risposte.
L'egualitarismo è vero, è un -ismo tipico dell'età moderna e contemporanea e, come tutti gli -ismi, ha mietuto le sue vittime e partorito i suoi orrori, a differenza del concetto di uguaglianza che, anche qui, è stato introdotto dal cristianesimo (per di più, in un mondo pagano in cui ancora gli schiavi erano letteralmente "cose")
"il clero che aveva sempre fornito la giustificazione metafisica al primato del ricco sul povero, un "ce lo chiede Dio", per intenderci, propagandando le menate sulla virtù della morigeratezza e della continenza, ma solo per i poveri"
dai, sai benissimo che non è così. la Chiesa ha sempre richiamato "chi sta sopra" alle proprie responsabilità ed al proprio compito metastorico:se hai responsabilità di governo, guida etc, insomma se sei "un'autorità" terrena, è solo per assolvere a precisi obbligi di protezione, esempio, sviluppo. in un'ottica sia storica, terrena, sia metastorica, ultra-storica, cioè metafisica.
Adesso spero che l'eventuale replica sul punto non si basi su questo o quel prelato connivente, corrotto o corruttore. Stiamo parlando di Chiesa, di "clero", non di chierici.
Ale
"La borghesia ci ha dato infine, e scusate se è una cosina da nulla, la Democrazia, ovvero la partecipazione di tutti, uomini e donne, alla costruzione della società civile"
RispondiEliminadai, questa è grossa. la borghesia ha solo inteso sostituirsi, in quanto elite e sempre rimanendo tale, all'aristocrazia, (con cui, non a caso, ha sempre amato mescolarsi). ha semplicemente sostituito il sangue al censo e per un solo motivo: non aveva il sangue ma aveva il censo.
Ale
Caro Ale,
Eliminadevi scusarmi ma, avendo una formazione troppo laica, non conosco così bene la Chiesa e i suoi meriti da poter controbattere alle tue osservazioni. Compito che lascio volentieri ed eventualmente ad altri commentatori.
Ad ogni modo mi pare che la Chiesa non sia un'entità astratta ma il prodotto dell'azione di uomini (non mi chiedere il ruolo di Dio perché il mio agnosticismo me lo impedisce). E con Chiesa intendo anche tutte le altre chiese religiose.
ah, tanto per evitare equivoci: sono anche io un borghese di merda! :-)
RispondiEliminaAle
Analisi perfetta, peraltro da collocare nel contesto delle politiche perseguite da almeno 20 anni dalla UE, che hanno trovato un interprete zelante ed entusiasta nel PD, il quale si configura sempre più come un partito di ispirazione neoclassista. Lo era già con Bersani, ma con l’avvento di Renzi ha accelerato e intensificato l’attacco alla classe media, individuata quale nemico da perseguire biecamente, proprio con l’alleanza delle masse di disoccupati in crescita costante, in virtù delle politiche neo liberiste della UEM. Il disegno è sempre più chiaro, e passa attraverso l’impoverimento definitivo di milioni di cittadini, attraverso la tassazione, l’eventuale patrimoniale, e il ricalcolo dei contributi delle pensioni, già annunciato dal presidente dell’INPS Boeri (altro renziano doc), volto a ridurre l’importo dei trattamenti. Ciò renderà ancora più grama la vita dei giovani disoccupati, oggi a carico dei genitori pensionati, e li metterà a disposizione degli illuminati imprenditori alla Farinetti, pronti a pagarli 6-7 euro l’ora. Intanto gli amici di Renzi, da Serra a Briatore, diventano sempre più ricchi, e dispensano consigli su nuovi tagli alla spesa pubblica e ai salari. Tutto si tiene.
RispondiEliminaCi sono cose, nel tuo post, che non riesco a capire e mi gira la testa. Per me, da quando ti seguo, e ormai quanti anni sono, sette, otto?, sei sempre stata una specie di faro che in molte cose mi ha un po' aiutato a orientarmi. Tieni presente che non sono colto né intelligente come te, per cui perdonami se ti chiederò delle cose che a te sembreranno banali.
RispondiEliminaMi dirai anche: seguimi su twitter così capisci meglio, ma mi è difficile e di economia so poco, quindi ti faccio qualche domanda tanto per cercare di far chiarezza nella mia testa (se non ti stimassi non ci sarebbe neppure bisogno di fartele, questo credo che sia lampante).
Sorvolo sulla questione della Democrazia perché sebbene ci siano alcune cosine da dire, mi ritengo un democratico (poi, vedi tu se te lo sembro o no). Probabilmente sono un borghese di merda, non sono un comunista e neppure un fascista, anzi, mi sento decisamente antifascista e di sinistra quando a un comunista ho detto che non posso ritenermi tale perché non sono contro la proprietà privata e lui mi ha risposto: "Ma no, cosa c'entra?!" ho capito che proprio non lo sono e non lo è neppure lui anche se non lo sa o fa finta di non saperlo.
Ad ogni modo quello che ti voglio chiedere è questo:
1) Dici, in un commento, che dovremo diventare carbonari per "salvare anche questa gentaglia". Cosa intendi dire: creare un movimento, un partito o usare internet e basta?
2) Scrivi:"Per questo non possiamo più credere alla "sinistra", a Roma come ad Atene, ma solo difendercene. " Difenderci, chi? E oggi come oggi qual è, ammesso che ci sia, un partito o un movimento da cui ti sentiresti rappresentata?
Grazie, un abbraccio.
Angelo Amoretti
Carissimo Angelo,
Eliminaio non smanio per trovare un partito o movimento che mi rappresenti. L'appartenenza secondo me non è più partitica ma ideale (se parliamo di alti sentimenti) o di classe (per parlare di mera difesa dei propri interessi). Per questo trovo ridicoli i "mai con".
Faccio come il poro Mattei: uso i partiti come taxi. Me ne servo e poi, se non mi portano dove voglio, mi rivolgo ad un altro autista di piazza.
Fare informazione, per rispondere alla tua domanda, è già fare movimento. Creare consapevolezza, far aprire gli occhi a coloro che li hanno apertamente chiusi per colpa dei media tradizionali. Che lo si faccia con i blog e con altri mezzi (convegni, ecc.) che facciano circolare idee è secondo me più proficuo che attendere il grande partito che ci salverà. Poi, ognuno fondi i movimenti che crede, vedremo se saranno all'altezza. La piazza non è più proponibile, dopo le mazzate di Genova. Per questo parlo di carboneria, ma nel senso dello spirito e di qualcosa che stavolta agisce alla luce del sole, non nell'oscurità delle cantine.
Dico di difenderci dalla sinistra perché è ormai chiaro che essa agisce contro gli interessi dell'Italia, quindi contro l'interesse dei suoi cittadini. Farlo capire ai piddini, me ne rendo conto, sarà difficile ma è così.
Ricambio l'abbraccio.
Grazie, Barbara. Buon proseguimento di giornata.
EliminaAngelo A.
Non vorrei sembrare smelenso, ma lo sai che queste pagine mi ricordano nella loro potenza quelle ben più blasonate della Gaia Scienza? Posso chiederti se posso fare un mirror del tuo splendido sito ad uso degli storici futuri? Cosi, che non si confondano questi slanci eroici suscitati dalla nostra interessante fase storica nella tua penna, con quelli chiusi in carte ingiallite, di giornale; perchè si, viviamo proprio in anni interessanti, e non vorrei che lo si dimenticasse.
RispondiEliminaSimone
Grazie Simone,
Eliminacome dicono i cantabrigensi: "You made my day".
Puoi farlo, mirroreggia pure. ;-)
By Gianbenedetti Sandro.
RispondiEliminaNon sparate sul pianista please. Sono Borghesedimerda? Mha.;;,,! Stanco Si. (dear Barbara: chi porta gli anelli?)
A volte mi accade di stupirmi. Fin da ragazzo (ora sono vecchio) si era capito che Il gioco era truccato dall’inizio. Di cosa ci si lamenta carissimi tutti. Era già tutto previsto. Le classi dominanti controllano le carte. I servi sciocchi le distribuiscono….. E’ la Democrazia belli de casa. Tutto secondo le regole. Il gioco si conosceva. L’uomo è fatto così.(punto) . Il resto è speranza pia. Sorry. Se i partiti effettivamente fossero gli strumenti della rappresentanza e le elezioni democratiche la partecipazione dei cittadini, come spiegare il disinteresse totale e, soprattutto, l'enorme contrasto esistente tra malcontento diffuso e puntuale riconferma dei governanti al potere? Come spiegare che l'unica tendenza elettorale lentamente crescente, ma decisa e chiara, è rappresentata dall'astensionismo, dalle schede bianche, da quelle annullate? Evidentemente il cittadino, succube del sistema ‘democratico’, è costretto ad accettare la logica delle clientele e la suggestione delle paure ricattatorie.” Il “voto clientelare” è diffuso e, potremmo dire, logico in un sistema fondato sulle fazioni istituzionalizzate, tende perciò alla conservazione dei privilegi del potere o alla lotta per la loro acquisizione, ad esclusivo uso e consumo del proprio “casato” politico. Il “voto-contro” raggiunge e condiziona il cittadino laddove l'interesse clientelare non può incidere con sicura efficacia. I partiti di governo chiedono un voto di conferma diffondendo la paura . Il voto non viene dato, né tantomeno chiesto, come consenso ad una linea politica, ad un programma, bensì, puntualmente, contro la fazione avversaria. Avviene così che, mentre si conferma la stabilità delle forze operanti all'interno del sistema, il distacco tra partiti e cittadino diviene incolmabile e l'uomo vede mortificata ed impedita ogni possibilità di partecipazione. ………….Cos'è la partecipazione? La partecipazione è il contribuire, realmente, al determinarsi della vita politica e sociale globalmente intesa.. Partecipazione è solidarismo, ricomposizione delle divisioni, costruzione comune, volitiva, responsabile. Partecipazione è sentirsi parte attiva di una società, riconoscersi nei suoi valori, rispettarne i superiori interessi nazionali, sintetizzatori e capaci di tutelare ed ingigantire il reale e globale interesse dell'uomo. È evidente come tutto questo rappresenti l'esatta antitesi della cosiddetta “delega” democratica. Una delega che mortifica l'individuo, considerandolo solo un insieme statistico. Una delega teorica, generica, non controllabile. Una cambiale in bianco che il cittadino deve firmare alla banca dei partiti e soprattutto pagare salatissimi interessi.
Cara Barbara,
RispondiEliminaLei è molto stimolante, probabilmente anche grazie a questo tocco di analisi psicologica che torna in alcuni suoi post.
Oggi ci ha regalato una delle migliori spiegazioni dell'atteggiamento - idiota e criminogeno - tipico di alcuni giuristi radical chic, i quali sono all'origine di due fatti correlati:
A) l'esagerazione di un problema, sia pure esistente, quale il sovraffollamento delle carceri italiane (con annessa campagna mediatica ossessiva);
B) la sciagurata ondata di leggi "svuota-carceri" che ha reso di fatto privo di contrasto il fenomeno della criminalità predatoria.
Saltando di palo in frasca (ma neanche troppo) le dico che mi ha fatto venire una gran voglia di rileggermi il pensiero di un Padre della Patria come Mazzini.
Comincio a credere che senza un ritorno alla passione patriottica (che non significa imperialismo, anzi...) non ci salveremo mai...
Cari saluti,
Il Giustizialista
Grazie,
Eliminacredo, se non ricordo male, che anche Gramsci dica che bisogna ripartire dal nazionalismo. Vallo a spiegare ai compagnucci daa parrocchietta.
Gentile Signora Anatra Zoppa,
EliminaLei ricorda male :
"Esiste oggi una coscienza culturale europea ed esiste una serie di manifestazioni di intellettuali e uomini politici che sostengono la necessità di una unione europea: si può anche dire che il processo storico tende a questa unione e che esistono molte forze materiali che solo in questa unione potranno svilupparsi: se fra x anni questa unione sarà realizzata la parola "nazionalismo" avrà lo stesso valore archeologico che l'attuale "municipalismo".
Antonio Gramsci, dai Quaderni del carcere
Ma Gramsci denunciava anche la pericolosità dell'internazionalismo capitalista. Scriveva infatti in un articolo su "l'ordine nuovo" nel 1919:
Elimina[...] 'unità del mondo nella Società delle Nazioni - si è realizzat(a) nei modi e nella forma che poteva realizzarsi in regime di proprietà privata e nazionale: nel monopolio del globo esercitato e sfruttato dagli anglosassoni. La vita economica e politica degli Stati è controllata strettamente dal capitalismo angloamericano. [...] Lo Stato nazionale è morto, diventando una sfera di influenza, un monopolio in mano a stranieri. Il mondo è "unificato" nel senso che si è creata una gerarchia mondiale che tutto il mondo disciplina e controlla autoritariamente; è avvenuta la concentrazione massima della proprietà privata, tutto il mondo è un trust in mano di qualche decina di banchieri, armatori e industriali anglosassoni. [...]Tutta la tradizione liberale è contro lo Stato. [...]"
E sull'Avanti, sempre nel 1919, scriveva: "L'Italia è diventata un mercato di sfruttamento coloniale, una sfera di influenza, un dominion, una terra di capitolazioni, tutto fuorchè uno stato indipendente e sovrano. [...] Quanto più la classe dirigente ha precipitato in basso la nazione italiana, tanto più aspro sacrificio deve sostenere il proletariato per ricreare alla nazione una personalità storica indipendente.[...]"
Alla luce di questo, non credo proprio che il processo immaginato Gramsci possa essere invocato a difesa dell'odierno percorso europeo, che, è -per contro- la massima espressione di quell'internazionalismo capitalista che lui avversava fieramente. E quindi, Barbara ricorderà male, ma il signor Yanez appare decisamente tendenzioso nelle sue citazioni.
Sul rapporto tra internazionalismo e interesse nazionale in Gramsci, mi permetto poi di sottoporre all'attenzione questo articolo, che pare interessante.
http://www.marx21.it/storia-teoria-e-scienza/marxismo/1228-internazionalismo-e-questione-nazionale-nel-pensiero-di-gramsci.html
Io non ho sostenuto che Gramsci fosse nazionalista, ma che l'attuale processo europeo non coincide affatto con la visione dell'internazionalismo che lui aveva (come lei, implicitamente cerca invece di dedurre).
Elimina"Nella produzione e nel lavoro Gramsci individua le basi di una nuova civiltà globale, profondamente diversa e alternativa sia all'unificazione di tipo solo "finanziario-capitalistico" già in atto, che alle tradizionali forme "imperiali" di "cosmopolitismo"." (cit).
Non provi a salvarsi in corner. La palla è già dentro la (sua) rete..... ;-)
@ Lorenzo Carnimeo
Elimina"Tuttavia, in continuità con alcunti motivi della sua riflessione giovanile, Gramsci non manca di sottolineare la rilevanza delle tendenze all'internazionalizzazione, sottolinenando in particolare l'esistenza in Europa di forti tendenze favorevoli o interessate alla formazione di un'unione continentale, sia a livello della struttura economica che nelle sfere della vita intellettuale e politica. Gramsci non sottovaluta tali tendenze e il loro ancoraggio a forze sociali ed economiche effettivamente operanti e non esclude che, anche se in un arco di tempo presumibilmente molto lungo, esse possano realizzarsi, prefigurando così uno scenario molto vicino alla realtà dell'Europa di oggi." (cit.)
Questa è l'analisi dell'autore dell'articolo che hai citato, io mi sono limitato a sottolineare con una semplice citazione che Gramsci non può essere considerato un "nazionalista".
Se su questo punto sei d'accordo, la discussione può finire qui.
Io ho citato quell'analisi come spunto di riflessione sul pensiero di Gramsci e sulla sua concezione di internazionalismo. E la ho usata per avvalorare una conclusione. Tutto qua.
EliminaIl tratto che citi lo avevo letto ed ovviamente non posso che pormi in maniera critica su quella conclusione, data l'oggettiva impronta neo-liberista dell'odierna Europa (riconosciuta anche da economisti di area moderata come Piga e Brancaccio), che la porta a collocarsi più nell'alveo dell'internazionalismo capitalista da lui criticato che non in quello da lui auspicato. Ma a prescindere da quello, l'articolo è interessante e mi sono permesso di sottoporlo all'attenzione di chi legge.
La discussione non finisce perché non è mai iniziata. Per me non esistono "discussioni" (dove si cerca di "avere ragione" sull'altro), ma normali "confronti" con le altrui opinioni per migliorare la nostra comprensione.
Buona giornata. :-)
Facile parlare di nazionalismo, ma senza opportune strategie geopolitiche ogni ipotesi di indipendenza nazionale è solo un'utopia. Premesso che USA e UE mi stanno sui maroni, ma di paesi come la Cina che vogliamo fare? Espelliamo l'amabasciatore perchè ci sono imprenditori con gli occhi a mandorla a nero?
RispondiEliminaE dei Giapponesi e i Quatarioti che si comprano Ansaldo al 100% (altro che 2% dei cinesi di Enel) che vogliamo fare?
Ambrogio