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giovedì 28 giugno 2012

L'etica protestante del paternalismo


«We're trying to protect individuals not their jobs. People's attitudes have to change. Work isn't a right; it has to be earned, including through sacrifice». (Elsa Fornero in un'intervista al Wall Street Journal, giugno 2012.)

Hanno parlato di una Fornero tradita dalla lingua inglese. Per la verità e chissà perché, gli articoli dei corrispondenti americani in Italia sono sempre scritti in un inglese strano, infiorato, più un italiano tradotto  pari pari stile liceo linguistico versione scuola serale che un vero inglese o americano. Ad ogni modo, a meno che la prof non sia incappata in un lapsus in translation, e qui bisognerebbe sapere se, durante l'intervista, ella si esprimeva nella lingua di Shakespeare o no, e se, in quel caso, l'aveva appresa utilizzando le cuffie che ti insegnano le lingue mentre dormi, il senso delle sue parole è chiaro:

"Stiamo cercando di proteggere gli individui piuttosto che i loro posti di lavoro. L'attitudine delle persone deve cambiare. Il lavoro non è un diritto; bisogna guadagnarselo, anche con il sacrificio".

Cosa intende il ministro del lavoro quando scinde i concetti di posto di lavoro e lavoratore? Intende forse separare definitivamente la famosa appendice di carne dalla sua macchina d'acciaio? Non credo.
Interessante anche l'uso della parola "work" al posto di "job". Work (lavoro) è un concetto più generale di job, ovvero "impiego, posto di lavoro", sottinteso salariato. E' come il tedesco Arbeit. In questo senso, lavoro potrebbe essere anche inteso come lavoro schiavistico, non pagato, come quello, appunto, che rendeva liberi. 
Il fatto che dobbiamo cambiare e farci piacere la cioccolata puzzolente per forza non è una novità. E' il loro mantra. Questi hanno il pulsante della distruzione dell'economia reale in tasca e non hanno paura di usarlo. Ancora il sacrificio. Il giornalista del WSJ non ci informa se la sventurata singhiozzò, pronunciando per l'ennesima volta la fatale parola. 
Sacrificio. Sarà per questo che il governo dei maestrini universitari fa sacrifici umani peggio degli Aztechi da quando si è insediato?

Ma no, siamo solo dei malpensanti. Madamin Fornero ha veramente appreso "the cat is on the table" con le cuffiette e voleva solo ridabire la banalità agghiacciante che il lavoro si conquista con fatica e sacrificio. Thanks to the dick. 

Peccato che questo inno alla meritocrazia sia un clamoroso falso e che proprio qui caschino tutti gli asini di questo governo neoaristocratico, rappresentato indubbiamente alla perfezione dal paternalismo disgustoso di questi chierici della corporativa e nepotistica università italiana. Una maestra che si rivolge a ditino alzato ai bimbi un po' tardi, agli ospiti del Cottolengo che lei considera i suoi concittadini, ai quali bisogna spiegare le cose parlando adagio e scandendo bene le parole. 
Gli asini cascano perché i sacrifici e la polvere mangiata per ottenere un livello minimo di sopravvivenza non sono richiesti ai cuccioli della Casta ed ai suoi innumerevoli parassiti raccomandati che viaggiano su corsie preferenziali, come la maestra fa finta di dimenticare nonostante alla Casta vi appartenga in pieno.

Ecco, è questo il punto cruciale, ciò che fa venire la schiuma alla bocca di questa manica di spocchiose entità di materia accademica attenuata che non sanno fare meglio del peggior amministratore di condominio: the face like the ass. 
Se l'etica protestante del capitalismo, a fronte del sacrificio di una vita operosa ed onesta, a scanso di tentazioni diaboliche, prometteva almeno il Paradiso certo dopo la morte, l'etica del paternalismo dei maestrini universitari d'asilo ci promette solo il sacrificio in cambio di niente. E dovremmo pure ringraziarli. 

lunedì 19 marzo 2012

Si sta come la cronaca di una stampa annunciata, bellezza!


Tre cose, tre luoghi comuni affollatissimi, tre banalità che non si possono proprio più sentire.

La citazione del titolo del famigerato romanzo di Gabriel Garcia Marquez "Cronaca di una morte annunciata" in tutte le salse e tipicamente per accompagnare la notizia della quotidiana calamità naturale o criminale al telegiornale. (Es: "Cronaca di un disastro/crollo/ annunciato". Oltre alla morte modello base, ovviamente.) Un classico del giornalismo fatto con il generatore automatico di luoghi comuni.

Lo sfruttamento stile stabilimento tessile indonesiano della povera poesia "Soldati" di Giuseppe Ungaretti che recita: "Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie". Molto amata dai facebookiniani in vena di facezie ma in carenza congenita di fantasia. Io ne leggo almeno tre o quattro citazioni al giorno. Decisamente troppe. E' molto contagiosa. Credo una volta di essermela presa anch'io.

La citazione cinematografica: "E' la stampa, bellezza!" con, al posto della stampa, qualsiasi cosa frulli in quel momento all'estensore della banalità. Forse la più insopportabile. Come rovinare il bellissimo momento di denuncia anticensura di Humphrey Bogart del film "L'ultima minaccia". Molto amata a sinistra come tutte le cose di sinistra da rovinare banalizzandole.

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