venerdì 11 ottobre 2024

La carica silenziosa di Papa Benedetto



Lo sentite? Papa Benedetto sta suonando la carica del suo esercito. Lo ha fatto molte volte in questi undici anni ma sempre facendo vibrare frequenze percepibili solo da orecchi assoluti e soprattutto comunicando con il silenzio, più che con la voce. Benedetto ha gridato in silenzio per anni, ha trasmesso come una radio di libertà il canto della Parola per tutti coloro che lo avessero potuto e voluto ascoltare. Ed è bastato sintonizzarsi sulle onde delle sue mirabili armonie per percepirne tutta la magnificenza degli accordi e la ricchezza delle armoniche.
I suoi silenzi diventavano tanto più eloquenti quanto più l'Apostasia si manifestava in maniera eretica ed oscenamente becera, e ora che Benedetto non c'è più la sua silenziosa ma indefettibile testimonianza esce dall'ambito delle basse frequenze quasi impercettibili per diventare suono di campane a distesa.

Riconoscere la grandezza, la perfezione matematica e bachiana delle armonie canonistiche e teologiche di Joseph Ratzinger non è quella mera papolatria di cui i nostri amici a due zampe nonché suoi ostinati detrattori accusano chi orgogliosamente conserva con affetto e deferenza filiale la memoria dell'adamantino senso del Cristianesimo di Papa Benedetto XVI. Colui che si definì sempre "un umile lavoratore nella vigna del Signore" ma che un giorno dovrà essere riconosciuto come il più grande stratega dell'esercito di Cristo Re e suo unico generale. Lo stratega che ha forgiato i silenzi, le pause, i non detti, i suggeriti e ogni sfumatura del Logos fino a farne lo sfolgorante acciaio della spada che sconfiggerà il Male, come ci fu annunciato con il "le porte degli Inferi non prevarranno".

Lentamente ma inesorabilmente Benedetto XVI, sempre ispirato da quel munus che mai avrebbe ceduto, tantomeno a chi mai sarebbe stato scelto da Cristo come suo vicario, ha forgiato anche il suo esercito, pronto per la guerra escatologica che era annunciata dalle scritture e dalle profezie. Ricordate cosa disse, rispondendo alla domanda se avesse potuto essere lui stesso l'ultimo papa secondo Malachia: "Tutto può essere." Ciò ci rammenta che nessuno di noi può condizionare la battaglia escatologica, nemmeno il Papa, se non rimettendosi al volere e al disegno di Dio. 

Benedetto accettò umilmente di comandare questo esercito e noi che desideriamo farne parte o ne siamo stati arruolati, dobbiamo obbedire solo a lui. Il nostro generale è Papa Benedetto. Si obbedisce a papa Benedetto, a cominciare dai soldati semplici, su su fino agli ufficiali che hanno il compito di fungere da esempio di onore, di servire con autorevolezza e mai autoritarismo e di trasmettere disciplina a chi a volte, lasciandosi prendere dal panico, dall'intemperanza, dalla tracotanza o dall'impazienza, invadendo il campo altrui o disturbando le trasmissioni radio rischia, offrendo il fianco al nemico, di compromettere le sorti della battaglia. 

E' bene altresì ricordare che se quello di Benedetto è un esercito vero, quello di Bergoglio anche se sembra invincibile, sta giocando una partita di softair dove le pallottole sono di plastica, le armi finte, e le divise porporate dei suoi soldati sono di puro terital. Partita alla quale partecipa anche la Legione Straniera dei tradizionalisti con il calendario fermo al 1958 e la pericolosa tendenza all'indulgere al fuoco amico. 

E' una guerra combattuta sul fronte di molte diverse battaglie, ognuna delle quali richiede competenze diverse dove ognuno ha un compito specifico e che si combatte con le armi del Logos. 

C'è una battaglia legale contro l'anomia, per vincere la quale occorre lasciare parlare e fare gli uomini di legge. C'è una battaglia politica, poiché la questione dell'usurpazione della Chiesa è anche un fatto geopolitico e un crimine e costituisce  responsabilità di chi ha lasciato fare, di chi ha sempre saputo ma ha taciuto per convenienza, quieto vivere, vigliaccheria o paura, o tutte queste cose assieme. 

Questa è una guerra e in guerra non è possibile pareggiare, ma soltanto vincere, perché un popolo che perde una guerra ne paga le conseguenze per i decenni, se non i secoli, successivi. Se la guerra, come in questo caso, è anche spirituale, e in gioco non vi sono solo i corpi e i beni materiali e la Patria ma l'anima, vuol dire che in gioco vi è ben più di una conquista territoriale o della difesa della libertà: vi è la sopravvivenza dell'essere umano come creatura di Dio e la sconfitta di quella volontà transumana di ridurlo a schiavo senza libero arbitrio. Non più creatura ad immagine e somiglianza di Dio ma macchina inquinante da sostituire con modelli artificiali più "sostenibili".


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