domenica 22 giugno 2025

IN DUBIO PRO LEO



Una premessa di carattere generale. Il marchio indelebile dei nostri tempi ultimi è il tradimento in tutte le sue forme, sia nei rapporti interpersonali che nella relazione tra cittadini ed istituzioni e al suo massimo livello nel rapporto tra Stato e politica. 
Restare fedeli agli ideali, ad una linea e gli uni agli altri; essere leali ad amici e sodali combattenti per la medesima causa è la nuova prova d'onore e direi di santità che pochissimi riescono a superare mentre camminano a piedi nudi ferendosi sui frantumi accuminati delle maschere che cadono al minimo soffio del vento generato dalla verità.  
Giuda appare trionfante sui megaschermi di Babilonia mentre Cristo viene tradotto dal Getsemani al carcere di Pilato, perché i miserabili sceneggiatori del presente vorrebbero riscrivere la storia del sacrificio cristico facendo scorrere i titoli di coda sul Dio sconfitto anche grazie ad apostoli addormentati e in confusione, comunque incapaci di opporsi ad un potere malvagio che in quel momento sta prevalendo. The End.

Vengo ora alla questione. E' la Cristianità intesa come civiltà, cultura e tradizione ad essere stata tradita e  fatta prigioniera in quel suo lontano undici più settembre che febbraio, e la sede impedita di Benedetto XVI, ultimo papa sicuramente legittimo, è stata la vera profezia sul futuro, l'avvertimento che si è voluto ignorare, la metafora che non si è voluta cogliere e ancora oggi si rinnega, isolando e irridendo chi ce l'ha poi rivelata.
Sono state brave le sirene a confondere con il loro canto ingannevole fedeli, intellettuali e sacerdoti convinti di poter passare indenni con la barca di Pietro tra Papato e Antipapato, perché le ossa di costoro biancheggiano ora sugli scogli. 

Il Vaticano è come un piccolo regno circondato da eserciti nemici ed altri solo apparentemente amici i quali, anche non volendo essere a tutti i costi apocalittici, sembrano proprio quelli di Gog e Magog. Anche gli anticristi si sprecano. Come in un libro giallo dove ad ogni pagina compare un possibile sospetto ma mai pienamente convincente perché provvisto di alibi nel capitolo successivo, dovremo attendere di leggere le ultime pagine per scoprire chi sia il vero colpevole.
Sempre ovviamente che questa sia davvero l'Apocalisse giovannea e non qualcosa che ne rappresenta solo un'ottima imitazione, una simulazione o esercitazione di quelle che di solito però precedono veri attentati, pandemie, catastrofi e guerre.

Nell'ipotesi che sia veramente Leone XIV o che sia antipapa Leone, è innegabile che in ogni caso Francis Prevost sia stato investito del compito di gestire la Chiesa in un momento terribile, forse il più terribile, in quel senso di apocalittica resa dei conti che stiamo vivendo e all'insegna di quel tradimento e inganno che fa saltare ogni regola di reciproca lealtà. 
Tra le sfide più importanti e pericolose di Leone XIV credo vi sia quello di mantenere ben distinto lo spirito cristiano cattolico da quello evangelico apocalittico che sta andando allegramente verso l'Armageddon con la stessa sconsiderata scelleratezza con la quale un bambino smarrito si lascia prendere per mano dal losco figuro che, con una caramella, gli ha promesso di riportarlo da mammina che lo sta aspettando.  Leone è chiamato a difendere il cattolicesimo da uno stravolgimento del messaggio cristico ancora più pericoloso e fuorviante di quello della Riforma, in quanto matrimonio contronatura tra opposti, tra vittima e carnefice, che può entusiasmare solo i traditori e chi ha rinnegato Cristo non solo tre ma innumerevoli volte e senza nemmeno bisogno del canto mattutino del gallo.

L'incognita sull'era Prevost è quindi la seguente: l'antipapato di Bergoglio è durato abbastanza per permettere ad una forma di reazione resistente interna di riorganizzarsi eleggendo un nuovo vero papa, o per annichilirla completamente consegnandola ad un altro antipapa?  La risposta risiede in quella che ho definito la nuova magna quaestio, ovvero la legittimità petrina di Leone XIV, dalla quale dipende anche la forza e l'autorità con la quale il Papa, ma solo se autentico, può influire sui destini del mondo in quanto Vicario di Cristo. 
Ora, se i nemici della Chiesa hanno pensato a suo tempo di poterle infliggere un colpo mortale piazzando un antipapa gnostico e sabotatore al posto del vero papa, proprio il coraggio del suo successore (papa o antipapa che sia) di rivelare la sede impedita di Benedetto XVI e la verità sulla sua legittimità oppure illegittimità, potrebbe essere la migliore e più devastante delle controffensive. Chissà che il nome Leone non volesse richiamare proprio il coraggio che ci vuole per affrontare il più dirompente degli scandali ma anche per dominare la forza purificatrice che deriverebbe dal suo disvelamento. 

Ecco perché non ha alcun senso pratico liquidare Leone come antipapa per mero vizio di forma, come se fossimo in tempi normali e in ballo vi fossero solo rivalità tra nobili stirpi, rivoltandosi contro chi ne ipotizza invece la legittimità come possibilità, non come certezza.  In tempi eccezionali per combattere il male le contromisure non necessariamente potrebbero limitarsi alle regole codificate. Le guerre si sono vinte anche grazie a chi ha decifrato i codici del nemico e a chi ha tirato fuori al momento opportuno l'arma segreta. 
Confesso che mi risulta inspiegabile anche il rifiuto a priori dell'idea che la Chiesa dell'istituzione possa aver cercato, in quest'ottica resistente, di riappropriarsi del proprio potere in questi dodici anni di antipapato attraverso una figura simile a quella dell'"amministratore apostolico" già prevista per altro dal Codice di diritto canonico in ambito diocesano. 

Liquidare Leone come antipapa senza offrirgli il beneficio del dubbio di legittimità, condannandolo in assenza di prove certe che nessuno finora possiede e trattandolo da nemico e non da sorprendente prezioso alleato significa unirsi al delirio di chi sventola l'alibi del Concilio, addirittura tira in ballo la Riforma Gregoriana, la "Chiesa di Satana" e in concreto finisce per non offrire alcuna soluzione in alternativa alla depressione della resa incondizionata. Senza contare che proprio questo atteggiamento facilita l'indulgere della Chiesa nel noto vizio del troncare e sopire, che sarebbe ora di combattere una volta per tutte, soprattutto da parte di voi sacerdoti. Soprattutto voi che sapete.

Forse è più facile invece prendersela con chi da laico ha diseppellito una questione vergognosa come l'impedimento di un Papa che sarebbe stata di competenza del clero denunciare, essendo oltretutto in ogni sacra stanza il proverbiale segreto di Pulcinella. Registriamo infatti come Andrea Cionci, da giornalista d'inchiesta che - oops! - conduce per davvero inchieste, sia diventato il capro espiatorio di ogni contraddizione clericale e venga addirittura additato come colpevole della perdita di quelle anime che per altro erano già sfuggite ai loro pastori da anni e da ben prima di Bergoglio. 

Coraggio, ormai manca solo la verità su Leone XIV perché quella sulla sede impedita di Benedetto XVI e sull'antipapato di Bergoglio è stata portata alla luce con fatiche disumane e attende solo l'ufficializzazione formale. 
L'ipotesi dell'inganno e del tradimento da parte della gerarchia cattolica è sempre da tenere in conto ma se una qualche volontà, divina o terrena, o il semplice destino stessero conducendo inesorabilmente Prevost-Leone verso la pubblica Rivelazione della triade sede impedita - antipapato - propria legittimità, non potremmo e dovremmo assolutamente lasciarlo solo ma supportarlo in ogni modo in questo compito gravoso e pericoloso, soprattutto trovando il modo di sollecitarne attivamente l'azione rivelatrice, visto che i cattolici hanno il diritto-dovere di difendere  attivamente la sede apostolica. 
Se i portatori di verità e giustizia devono comunque essere sempre protetti, anche Prevost diventerebbe allora, che piaccia o no, un Leone da non consegnare.

lunedì 9 giugno 2025

TRENTA GIORNI DA LEONE

 

21 giugno 2024 - Il card. Pietro Parolin inaugura la sede della CCEE a Roma.
 Al suo fianco il futuro Papa Leone XIV Robert Francis Prevost.

Trenta giorni da leone per Prevost. Per l'esattezza trentadue giorni da papa Leone XIV trascorsi senza particolari scossoni come si confà a chi sta ancora metabolizzando la nomina a Romano Pontefice, per giunta avvenuta in una situazione peculiare e drammatica, ossia al termine della notte dei dodici anni di antipapato seguito alla detronizzazione di Benedetto XVI, con in sospeso la non certo trascurabile questione aperta della validità della propria elezione. 

Questione fondamentale che tuttavia è nota solo a chi in Vaticano ha sempre saputo ma facendo finta di non sapere e all'esterno a chi, praticamente a mani nude, ha dovuto faticosamente farsi strada tra occultamenti, ostracismi, cattivi giochi ai quale non dover fare buon viso e lottando contro una cristallina volontà di insabbiamento del più grave scandalo della storia della Chiesa provocato dagli stessi poteri che hanno dichiarato guerra all'Umanità intera. 

Tra gli infiniti meriti che un giorno dovranno essere riconosciuti a Joseph Ratzinger, il principale sarà quello di avere posto la questione ultima della legittimità del Potere e di averci avvertito della facilità con la quale un potere non fondato su un diritto divino è in grado di usurpare governi e uffici per perseguire scopi diversi da quello del bene comune e finanche il Male assoluto.  In questa lezione magistrale di un Papa tra i più grandi della Storia c'è anche l'ammonimento nei confronti di una troppo scontata fiducia in ciò che si autodefinisce democrazia. 

Ecco perché la legittimità petrina di Leone XIV è la nuova Magna Quaestio. 
Nonostante gli indizi a suo favore siano attualmente numerosi - che senso avrebbe infatti ripristinare i segni esteriori del papato se fosse stato eletto l'ennesimo antipapa? - la validità canonica dell'elezione di Leone per mano dei soli cardinali pre-2013 dovrà essere asseverata più prima che poi con un atto di assoluta trasparenza da parte della Santa Sede. Ne va della credibilità non solo del Papa ma di tutta la Chiesa che negli ultimi tempi sembra avere faticosamente iniziato quella "risalita" che un noto cardinale non certamente bergogliano in una recente conferenza ha confermato essere in corso.
Dato che non abbiamo motivo di non credere a sua Eminenza, è comunque realistico ricordare che le forze che vollero Bergoglio non sono affatto sconfitte e tantomeno espulse dal Vaticano. 
Leone in questi primi tempi deve muoversi con circospezione mediando tra chi gli richiede attestati di continuità con Francesco e chi sta operando per facilitargli l'uscita in sicurezza dai dodici anni horribiles. I nemici sono ancora lì dentro e se Leone fosse vero Papa legittimo, dotato di munus petrino e dei poteri che ne derivano, potrebbero non essere così amichevoli nei suoi confronti. 
In tal caso vogliamo tutti far superare a Leone i primi trentatré giorni di regno e far sì che sia lui, con la sua saggezza ed autorevolezza, a disvelare finalmente il mistero dietro l'usurpazione del trono di Pietro ai danni di Joseph Ratzinger.  Non è escluso che il senso profondo del suo munus possa essere proprio questa Rivelazione, questa Apocalisse.

Ma veniamo alle faccende più terrene, alla reazione a Leone XIV da parte del popolo cattolico che è rimasto esposto per anni al fuoco mediatico di copertura dell'antipapato del buon, anzi ottimo papa Francesco. 
Partiamo dalla maggioranza che non immagina che un Papa possa essere soggetto ad un colpo di stato come uno statista qualunque né tantomeno che si possa fare un Papa mentre l'altro non è morto, diversamente da ciò che recita il noto proverbio e per il quale infine antipapa è parola obsoleta da ritrovare solo nei polverosi archivi della Chiesa dei secoli passati. 
Ebbene, questo popolo ha accettato a scatola chiusa colui che gli è stato presentato come "il nuovo Papa" perché era "il nuovo Papa". 
Ovviamente non riuscendo ancora a cogliere alcuna differenza tra il Francesco degli ultimi tre anni, che durante la S. Messa restava seduto in un angolo, scuro in volto e pietosamente "tagliato" nel momento della consacrazione per evitare che si notasse la sua estraneità alla celebrazione, e Leone XIV di nuovo pienamente operativo nelle sue funzioni di celebrante e mostrato ai fedeli senza più censure. 

Decisamente più interessante è la posizione di coloro che, venuti a conoscenza dell'illegittimità di Bergoglio e avendola denunciata attivamente, invece di optare per il dubbio ed invocare la necessaria trasparenza a riguardo, senza alcuna prova o certezza che potrebbe venire solo da un atto ufficiale della Santa Sede, propugnano la teoria dell'illegittimità, diciamo, ereditaria di Leone. Il dubbio è sempre lecito ma qui si cade in un curioso fenomeno. Dopo la morte fisica di Bergoglio, sembra che non si abbia il coraggio di lasciarlo andare per sempre verso il destino che Dio ha previsto per lui, con il rischio che possa sopravvivere come Eggregoro, come forma pensiero ancora in grado di far danni.  Il migliore rimedio esorcistico in questo caso è richiedere a gran voce l'atto di trasparenza a chi di dovere su Leone XIV, per chiudere subito la questione e non trascinarla nuovamente per anni. Gli strumenti per riconoscere gli antipapi stavolta li abbiamo e non abbiamo paura di usarli.

Spenderei ora gli ultimi spiccioli di attenzione verso il mondo tradizionalista, questo blocco settario granitico-farisaico inamovibile dal 1958, per il quale chiunque si affacci dalla loggia delle benedizioni, papa o antipapa, fino a Robert Francis Prevost compreso, non può più essere considerato legittimo per il peccato originale del Concilio Vaticano II. La questione della legittimità canonica e del valido conclave non interessa loro minimamente e del resto essi stessi definiscono la situazione della Chiesa come "senza soluzione", nonostante invochino un papa della tradizione "che li confermi nella fede".  Viene il dubbio che perfino Nostro Signore alla sua seconda venuta verrebbe appellato di modernista, eretico e postconciliare. Essi nel frattempo peccano di superbia accusando di eresia tutti i papi dagli anni '60 in poi.  A che serve questa posizione?  Quale alternativa può mai offrire oltre ad un provvidenziale stallo messicano in forma di assist a tutto ciò che di devastante è stato fatto alla Chiesa, inclusi i dodici anni di Bergoglianesimo, equiparando di fatto il dialogo tra le religioni al culto della Pachamama e l'adamantina teologia di Ratzinger ai meme di Luce, la mascottina dolce? Leggere le analisi di Radio Spada de Foco su Leone XIV è per l'ennesima volta sconfortante.

In questo novero di sedevacantismo senza pudore, ecco l'ultima trovata del "Salvate il soldato Viganò" da parte degli amici e del MAGA cattolico rappresentato dal solito americano che fa finta di non saper parlare l'italiano, i quali lanciano appelli e petizioni (!) a Papa Leone XIV affinché perdoni l'arcivescovo ribelle. 
La posizione di Viganò è prettamente politica, anche riguardo all'ostilità nei confronti del segretario di Stato Parolin per i famosi accordi con la Cina.  
Viganò tuttavia fu scomunicato la scorsa estate per scisma, non solo per non riconoscere l'autorità di Francesco ma l’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II. Non si percepiscono errori in questa decisione, seppur antipapale.
E poi nell'equazione c'è un parametro illogico. Se la scomunica proveniva da un papa postconciliare illegittimo, perché un altro papa postconciliare illegittimo dovrebbe essere in grado di sanare legittimamente la questione? La finiamo di tirare papa Leone XIV per la mozzetta, visto che "tene che ffa' ", come disse l'indimenticabile cardinale di Napoli Sepe alle suorine di clausura?

Quali sarebbero i meriti di Viganò tali da meritare il perdono? Egli ha detto peste e corna di Bergoglio, lo ha definito "non-papa e anti-papa" ma evitando accuratamente di spiegare perché e rifugiandosi anche nelle ultime affermazioni in quella ridicola invalidità per vizio di consenso che serve unicamente ad evitare di dare il dovuto credito al gesto apocalittico di Benedetto XVI, il quale è stato da lui ripetutamente definito eretico e modernista nonché autore del Papato Scomposto, vera e propria interpretazione teologico-teratologica del suo gesto cristico, divulgata senza problemi su siti e social compiacenti. Un conto è denunciare un antipapa, un altro è ergersi a giudici degli ultimi legittimi e perfino santi Vicari di Cristo ai quali si deve solo obbedienza.

Chi meriterebbe senza dubbio la piena riabilitazione e cancellazione della riduzione allo stato laicale sarebbe piuttosto don Fernando Maria Cornet, colpito dalla sanzione per aver scritto un libro documentatissimo sull'invalidità della rinuncia di Benedetto XVI e dell'elezione di Bergoglio, dove ha rivelato quella faccenda della sparizione del certificato di diaconato dell'ex arcivescovo di Buenos Aires che potrebbe suffragare ipotesi clamorose sulla evidente astensione forzata di Bergoglio dal celebrare la S. Messa. 

Tornando a Viganò, la sua reazione all'elezione di Leone XIV è stata molto meditata ma non pare scostarsi dal giudizio riservato ai suoi predecessori. L'implacabile livella viganiana così si è espressa il 24 maggio scorso, riportata in un articolo di Aldo Maria Valli

«La conferma di un eretico notorio alla cattedra di San Gallo in Svizzera; la nomina di una suora come segretario di Dicastero in linea con la nomina di una Prefetta da parte di Bergoglio; i ripetuti richiami ai documenti ereticali del predecessore e al Concilio Vaticano II; le dichiarazioni su ecumenismo e sinodalità e infine l’accettazione della frode climatica pongono Robert Francis Prevost in evidente e inquietante continuità con il predecessore, e non saranno certo la stola e la mozzetta a cambiare la realtà».


Come volevasi dimostrare. Perseverare autem diabolicum.


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