Trenta giorni da leone per Prevost. Per l'esattezza trentadue giorni da papa Leone XIV trascorsi senza particolari scossoni come si confà a chi sta ancora metabolizzando la nomina a Romano Pontefice, per giunta avvenuta in una situazione peculiare e drammatica, ossia al termine della notte dei dodici anni di antipapato seguito alla detronizzazione di Benedetto XVI, con in sospeso la non certo trascurabile questione aperta della validità della propria elezione.
Questione fondamentale che tuttavia è nota solo a chi in Vaticano ha sempre saputo ma facendo finta di non sapere e all'esterno
a chi, praticamente a mani nude, ha dovuto faticosamente farsi strada tra occultamenti, ostracismi, cattivi giochi ai quale non dover fare buon viso e lottando contro una cristallina volontà di insabbiamento del più grave scandalo della storia della Chiesa provocato dagli stessi poteri che hanno dichiarato guerra all'Umanità intera.
Tra gli infiniti meriti che un giorno dovranno essere riconosciuti a Joseph Ratzinger, il principale sarà quello di avere posto la questione ultima della legittimità del Potere e di averci avvertito della facilità con la quale un potere non fondato su un diritto divino è in grado di usurpare governi e uffici per perseguire scopi diversi da quello del bene comune e finanche il Male assoluto. In questa lezione magistrale di un Papa tra i più grandi della Storia c'è anche l'ammonimento nei confronti di una troppo scontata fiducia in ciò che si autodefinisce democrazia.
Ecco perché la legittimità petrina di Leone XIV è la nuova Magna Quaestio.
Nonostante gli indizi a suo favore siano attualmente numerosi - che senso avrebbe infatti ripristinare i segni esteriori del papato se fosse stato eletto l'ennesimo antipapa? - la validità canonica dell'elezione di Leone per mano dei soli cardinali pre-2013 dovrà essere asseverata più prima che poi con un atto di assoluta trasparenza da parte della Santa Sede. Ne va della credibilità non solo del Papa ma di tutta la Chiesa che negli ultimi tempi sembra avere faticosamente iniziato quella "risalita" che un noto cardinale non certamente bergogliano in una recente conferenza ha confermato essere in corso.
Dato che non abbiamo motivo di non credere a sua Eminenza, è comunque realistico ricordare che le forze che vollero Bergoglio non sono affatto sconfitte e tantomeno espulse dal Vaticano.
Leone in questi primi tempi deve muoversi con circospezione mediando tra chi gli richiede attestati di continuità con Francesco e chi sta operando per facilitargli l'uscita in sicurezza dai dodici anni horribiles. I nemici sono ancora lì dentro e se Leone fosse vero Papa legittimo, dotato di munus petrino e dei poteri che ne derivano, potrebbero non essere così amichevoli nei suoi confronti.
In tal caso vogliamo tutti far superare a Leone i primi trentatré giorni di regno e far sì che sia lui, con la sua saggezza ed autorevolezza, a disvelare finalmente il mistero dietro l'usurpazione del trono di Pietro ai danni di Joseph Ratzinger. Non è escluso che il senso profondo del suo munus possa essere proprio questa Rivelazione, questa Apocalisse.
Ma veniamo alle faccende più terrene, alla reazione a Leone XIV da parte del popolo cattolico che è rimasto esposto per anni al fuoco mediatico di copertura dell'antipapato del buon, anzi ottimo papa Francesco.
Partiamo dalla maggioranza che non immagina che un Papa possa essere soggetto ad un colpo di stato come uno statista qualunque né tantomeno che si possa fare un Papa mentre l'altro non è morto, diversamente da ciò che recita il noto proverbio e per il quale infine antipapa è parola obsoleta da ritrovare solo nei polverosi archivi della Chiesa dei secoli passati.
Ebbene, questo popolo ha accettato a scatola chiusa colui che gli è stato presentato come "il nuovo Papa" perché era "il nuovo Papa".
Ovviamente non riuscendo ancora a cogliere alcuna differenza tra il Francesco degli ultimi tre anni, che durante la S. Messa restava seduto in un angolo, scuro in volto e pietosamente "tagliato" nel momento della consacrazione per evitare che si notasse la sua estraneità alla celebrazione, e Leone XIV di nuovo pienamente operativo nelle sue funzioni di celebrante e mostrato ai fedeli senza più censure.
Decisamente più interessante è la posizione di coloro che, venuti a conoscenza dell'illegittimità di Bergoglio e avendola denunciata attivamente, invece di optare per il dubbio ed invocare la necessaria trasparenza a riguardo, senza alcuna prova o certezza che potrebbe venire solo da un atto ufficiale della Santa Sede, propugnano la teoria dell'illegittimità, diciamo, ereditaria di Leone. Il dubbio è sempre lecito ma qui si cade in un curioso fenomeno. Dopo la morte fisica di Bergoglio, sembra che non si abbia il coraggio di lasciarlo andare per sempre verso il destino che Dio ha previsto per lui, con il rischio che possa sopravvivere come Eggregoro, come forma pensiero ancora in grado di far danni. Il migliore rimedio esorcistico in questo caso è richiedere a gran voce l'atto di trasparenza a chi di dovere su Leone XIV, per chiudere subito la questione e non trascinarla nuovamente per anni. Gli strumenti per riconoscere gli antipapi stavolta li abbiamo e non abbiamo paura di usarli.
Spenderei ora gli ultimi spiccioli di attenzione verso il mondo tradizionalista, questo blocco settario granitico-farisaico inamovibile dal 1958, per il quale chiunque si affacci dalla loggia delle benedizioni, papa o antipapa, fino a Robert Francis Prevost compreso, non può più essere considerato legittimo per il peccato originale del Concilio Vaticano II. La questione della legittimità canonica e del valido conclave non interessa loro minimamente e del resto essi stessi definiscono la situazione della Chiesa come "senza soluzione", nonostante invochino un papa della tradizione "che li confermi nella fede". Viene il dubbio che perfino Nostro Signore alla sua seconda venuta verrebbe appellato di modernista, eretico e postconciliare. Essi nel frattempo peccano di superbia accusando di eresia tutti i papi dagli anni '60 in poi. A che serve questa posizione? Quale alternativa può mai offrire oltre ad un provvidenziale stallo messicano in forma di assist a tutto ciò che di devastante è stato fatto alla Chiesa, inclusi i dodici anni di Bergoglianesimo, equiparando di fatto il dialogo tra le religioni al culto della Pachamama e l'adamantina teologia di Ratzinger ai meme di Luce, la mascottina dolce? Leggere le analisi di Radio Spada de Foco su Leone XIV è per l'ennesima volta sconfortante.
In questo novero di sedevacantismo senza pudore, ecco l'ultima trovata del "
Salvate il soldato Viganò" da parte degli amici e del MAGA cattolico rappresentato dal solito americano che fa finta di non saper parlare l'italiano, i quali lanciano appelli e petizioni (!) a Papa Leone XIV affinché perdoni l'arcivescovo ribelle.
La posizione di Viganò è prettamente politica, anche riguardo all'ostilità nei confronti del segretario di Stato Parolin per i famosi accordi con la Cina.
Viganò tuttavia fu
scomunicato la scorsa estate per scisma, non solo per non riconoscere l'autorità di Francesco ma l’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II. Non si percepiscono errori in questa decisione, seppur antipapale.
E poi nell'equazione c'è un parametro illogico. Se la scomunica proveniva da un papa postconciliare illegittimo, perché un altro papa postconciliare illegittimo dovrebbe essere in grado di sanare legittimamente la questione? La finiamo di tirare papa Leone XIV per la mozzetta, visto che "tene che ffa' ", come disse l'indimenticabile cardinale di Napoli
Sepe alle suorine di clausura?
Quali sarebbero i meriti di Viganò tali da meritare il perdono? Egli ha detto peste e corna di Bergoglio, lo ha definito "non-papa e anti-papa" ma evitando accuratamente di spiegare perché e rifugiandosi anche nelle ultime affermazioni in quella ridicola invalidità per vizio di consenso che serve unicamente ad evitare di dare il dovuto credito al gesto apocalittico di Benedetto XVI, il quale è stato da lui ripetutamente definito eretico e modernista nonché autore del Papato Scomposto, vera e propria interpretazione teologico-teratologica del suo gesto cristico, divulgata senza problemi su siti e social compiacenti. Un conto è denunciare un antipapa, un altro è ergersi a giudici degli ultimi legittimi e perfino santi Vicari di Cristo ai quali si deve solo obbedienza.
Chi meriterebbe senza dubbio la piena riabilitazione e cancellazione della riduzione allo stato laicale sarebbe piuttosto don Fernando Maria Cornet, colpito dalla sanzione per aver scritto un libro documentatissimo sull'invalidità della rinuncia di Benedetto XVI e dell'elezione di Bergoglio, dove ha rivelato quella faccenda della sparizione del certificato di diaconato dell'ex arcivescovo di Buenos Aires che potrebbe suffragare ipotesi clamorose sulla evidente astensione forzata di Bergoglio dal celebrare la S. Messa.
Tornando a Viganò, la sua reazione all'elezione di Leone XIV è stata molto meditata ma non pare scostarsi dal giudizio riservato ai suoi predecessori. L'implacabile livella viganiana così si è espressa il 24 maggio scorso, riportata in un articolo di Aldo Maria Valli:
«La conferma di un eretico notorio alla cattedra di San Gallo in Svizzera; la nomina di una suora come segretario di Dicastero in linea con la nomina di una Prefetta da parte di Bergoglio; i ripetuti richiami ai documenti ereticali del predecessore e al Concilio Vaticano II; le dichiarazioni su ecumenismo e sinodalità e infine l’accettazione della frode climatica pongono Robert Francis Prevost in evidente e inquietante continuità con il predecessore, e non saranno certo la stola e la mozzetta a cambiare la realtà».
Come volevasi dimostrare. Perseverare autem diabolicum.