lunedì 9 giugno 2025

TRENTA GIORNI DA LEONE

 

21 giugno 2024 - Il card. Pietro Parolin inaugura la sede della CCEE a Roma.
 Al suo fianco il futuro Papa Leone XIV Robert Francis Prevost.

Trenta giorni da leone per Prevost. Per l'esattezza trentadue giorni da papa Leone XIV trascorsi senza particolari scossoni come si confà a chi sta ancora metabolizzando la nomina a Romano Pontefice, per giunta avvenuta in una situazione peculiare e drammatica, ossia al termine della notte dei dodici anni di antipapato seguito alla detronizzazione di Benedetto XVI, con in sospeso la non certo trascurabile questione aperta della validità della propria elezione. 

Questione fondamentale che tuttavia è nota solo a chi in Vaticano ha sempre saputo ma facendo finta di non sapere e all'esterno a chi, praticamente a mani nude, ha dovuto faticosamente farsi strada tra occultamenti, ostracismi, cattivi giochi ai quale non dover fare buon viso e lottando contro una cristallina volontà di insabbiamento del più grave scandalo della storia della Chiesa provocato dagli stessi poteri che hanno dichiarato guerra all'Umanità intera. 

Tra gli infiniti meriti che un giorno dovranno essere riconosciuti a Joseph Ratzinger, il principale sarà quello di avere posto la questione ultima della legittimità del Potere e di averci avvertito della facilità con la quale un potere non fondato su un diritto divino è in grado di usurpare governi e uffici per perseguire scopi diversi da quello del bene comune e finanche il Male assoluto.  In questa lezione magistrale di un Papa tra i più grandi della Storia c'è anche l'ammonimento nei confronti di una troppo scontata fiducia in ciò che si autodefinisce democrazia. 

Ecco perché la legittimità petrina di Leone XIV è la nuova Magna Quaestio. 
Nonostante gli indizi a suo favore siano attualmente numerosi - che senso avrebbe infatti ripristinare i segni esteriori del papato se fosse stato eletto l'ennesimo antipapa? - la validità canonica dell'elezione di Leone per mano dei soli cardinali pre-2013 dovrà essere asseverata più prima che poi con un atto di assoluta trasparenza da parte della Santa Sede. Ne va della credibilità non solo del Papa ma di tutta la Chiesa che negli ultimi tempi sembra avere faticosamente iniziato quella "risalita" che un noto cardinale non certamente bergogliano in una recente conferenza ha confermato essere in corso.
Dato che non abbiamo motivo di non credere a sua Eminenza, è comunque realistico ricordare che le forze che vollero Bergoglio non sono affatto sconfitte e tantomeno espulse dal Vaticano. 
Leone in questi primi tempi deve muoversi con circospezione mediando tra chi gli richiede attestati di continuità con Francesco e chi sta operando per facilitargli l'uscita in sicurezza dai dodici anni horribiles. I nemici sono ancora lì dentro e se Leone fosse vero Papa legittimo, dotato di munus petrino e dei poteri che ne derivano, potrebbero non essere così amichevoli nei suoi confronti. 
In tal caso vogliamo tutti far superare a Leone i primi trentatré giorni di regno e far sì che sia lui, con la sua saggezza ed autorevolezza, a disvelare finalmente il mistero dietro l'usurpazione del trono di Pietro ai danni di Joseph Ratzinger.  Non è escluso che il senso profondo del suo munus possa essere proprio questa Rivelazione, questa Apocalisse.

Ma veniamo alle faccende più terrene, alla reazione a Leone XIV da parte del popolo cattolico che è rimasto esposto per anni al fuoco mediatico di copertura dell'antipapato del buon, anzi ottimo papa Francesco. 
Partiamo dalla maggioranza che non immagina che un Papa possa essere soggetto ad un colpo di stato come uno statista qualunque né tantomeno che si possa fare un Papa mentre l'altro non è morto, diversamente da ciò che recita il noto proverbio e per il quale infine antipapa è parola obsoleta da ritrovare solo nei polverosi archivi della Chiesa dei secoli passati. 
Ebbene, questo popolo ha accettato a scatola chiusa colui che gli è stato presentato come "il nuovo Papa" perché era "il nuovo Papa". 
Ovviamente non riuscendo ancora a cogliere alcuna differenza tra il Francesco degli ultimi tre anni, che durante la S. Messa restava seduto in un angolo, scuro in volto e pietosamente "tagliato" nel momento della consacrazione per evitare che si notasse la sua estraneità alla celebrazione, e Leone XIV di nuovo pienamente operativo nelle sue funzioni di celebrante e mostrato ai fedeli senza più censure. 

Decisamente più interessante è la posizione di coloro che, venuti a conoscenza dell'illegittimità di Bergoglio e avendola denunciata attivamente, invece di optare per il dubbio ed invocare la necessaria trasparenza a riguardo, senza alcuna prova o certezza che potrebbe venire solo da un atto ufficiale della Santa Sede, propugnano la teoria dell'illegittimità, diciamo, ereditaria di Leone. Il dubbio è sempre lecito ma qui si cade in un curioso fenomeno. Dopo la morte fisica di Bergoglio, sembra che non si abbia il coraggio di lasciarlo andare per sempre verso il destino che Dio ha previsto per lui, con il rischio che possa sopravvivere come Eggregoro, come forma pensiero ancora in grado di far danni.  Il migliore rimedio esorcistico in questo caso è richiedere a gran voce l'atto di trasparenza a chi di dovere su Leone XIV, per chiudere subito la questione e non trascinarla nuovamente per anni. Gli strumenti per riconoscere gli antipapi stavolta li abbiamo e non abbiamo paura di usarli.

Spenderei ora gli ultimi spiccioli di attenzione verso il mondo tradizionalista, questo blocco settario granitico-farisaico inamovibile dal 1958, per il quale chiunque si affacci dalla loggia delle benedizioni, papa o antipapa, fino a Robert Francis Prevost compreso, non può più essere considerato legittimo per il peccato originale del Concilio Vaticano II. La questione della legittimità canonica e del valido conclave non interessa loro minimamente e del resto essi stessi definiscono la situazione della Chiesa come "senza soluzione", nonostante invochino un papa della tradizione "che li confermi nella fede".  Viene il dubbio che perfino Nostro Signore alla sua seconda venuta verrebbe appellato di modernista, eretico e postconciliare. Essi nel frattempo peccano di superbia accusando di eresia tutti i papi dagli anni '60 in poi.  A che serve questa posizione?  Quale alternativa può mai offrire oltre ad un provvidenziale stallo messicano in forma di assist a tutto ciò che di devastante è stato fatto alla Chiesa, inclusi i dodici anni di Bergoglianesimo, equiparando di fatto il dialogo tra le religioni al culto della Pachamama e l'adamantina teologia di Ratzinger ai meme di Luce, la mascottina dolce? Leggere le analisi di Radio Spada de Foco su Leone XIV è per l'ennesima volta sconfortante.

In questo novero di sedevacantismo senza pudore, ecco l'ultima trovata del "Salvate il soldato Viganò" da parte degli amici e del MAGA cattolico rappresentato dal solito americano che fa finta di non saper parlare l'italiano, i quali lanciano appelli e petizioni (!) a Papa Leone XIV affinché perdoni l'arcivescovo ribelle. 
La posizione di Viganò è prettamente politica, anche riguardo all'ostilità nei confronti del segretario di Stato Parolin per i famosi accordi con la Cina.  
Viganò tuttavia fu scomunicato la scorsa estate per scisma, non solo per non riconoscere l'autorità di Francesco ma l’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II. Non si percepiscono errori in questa decisione, seppur antipapale.
E poi nell'equazione c'è un parametro illogico. Se la scomunica proveniva da un papa postconciliare illegittimo, perché un altro papa postconciliare illegittimo dovrebbe essere in grado di sanare legittimamente la questione? La finiamo di tirare papa Leone XIV per la mozzetta, visto che "tene che ffa' ", come disse l'indimenticabile cardinale di Napoli Sepe alle suorine di clausura?

Quali sarebbero i meriti di Viganò tali da meritare il perdono? Egli ha detto peste e corna di Bergoglio, lo ha definito "non-papa e anti-papa" ma evitando accuratamente di spiegare perché e rifugiandosi anche nelle ultime affermazioni in quella ridicola invalidità per vizio di consenso che serve unicamente ad evitare di dare il dovuto credito al gesto apocalittico di Benedetto XVI, il quale è stato da lui ripetutamente definito eretico e modernista nonché autore del Papato Scomposto, vera e propria interpretazione teologico-teratologica del suo gesto cristico, divulgata senza problemi su siti e social compiacenti. Un conto è denunciare un antipapa, un altro è ergersi a giudici degli ultimi legittimi e perfino santi Vicari di Cristo ai quali si deve solo obbedienza.

Chi meriterebbe senza dubbio la piena riabilitazione e cancellazione della riduzione allo stato laicale sarebbe piuttosto don Fernando Maria Cornet, colpito dalla sanzione per aver scritto un libro documentatissimo sull'invalidità della rinuncia di Benedetto XVI e dell'elezione di Bergoglio, dove ha rivelato quella faccenda della sparizione del certificato di diaconato dell'ex arcivescovo di Buenos Aires che potrebbe suffragare ipotesi clamorose sulla evidente astensione forzata di Bergoglio dal celebrare la S. Messa. 

Tornando a Viganò, la sua reazione all'elezione di Leone XIV è stata molto meditata ma non pare scostarsi dal giudizio riservato ai suoi predecessori. L'implacabile livella viganiana così si è espressa il 24 maggio scorso, riportata in un articolo di Aldo Maria Valli

«La conferma di un eretico notorio alla cattedra di San Gallo in Svizzera; la nomina di una suora come segretario di Dicastero in linea con la nomina di una Prefetta da parte di Bergoglio; i ripetuti richiami ai documenti ereticali del predecessore e al Concilio Vaticano II; le dichiarazioni su ecumenismo e sinodalità e infine l’accettazione della frode climatica pongono Robert Francis Prevost in evidente e inquietante continuità con il predecessore, e non saranno certo la stola e la mozzetta a cambiare la realtà».


Come volevasi dimostrare. Perseverare autem diabolicum.


sabato 17 maggio 2025

A PADRE FARE', UNA FILIALE PEER REVIEW



Devo anch'io una risposta a padre Giorgio Maria Faré perché, nella sua diretta serale di giovedì scorso sul suo canale "Veritatem facientes in Caritate", sono stata chiamata direttamente in causa nella querelle seguita alla pubblicazione il 12 maggio del suo video intitolato "Extra Omnes: risposta ad Andrea Cionci". Video che avevo seguito in diretta e che mi aveva lasciata allora molto perplessa, per le ragioni che di seguito esporrò. 

Quel video era stato poi commentato dal conduttore Arturo Ferrara e da Andrea Cionci stesso nel corso della diretta del 14 maggio sul canale YouTube "AltrementiTV" di Ferrara - alla quale partecipavo anch'io - dedicata alla "prima settimana di Leone XIV" . Arturo Ferrara, anch'egli tirato in ballo perché da intervistatore aveva chiesto a Cionci di rispondere alle contestazioni a lui rivolte contenute nel video di padre Giorgio, ha già risposto da parte sua.

In quell'occasione avevo ribadito nei commenti, rispondendo ad un ascoltatore, il disagio provato nei confronti del video del 12 maggio di padre Faré, perché mi era parso un processo, per giunta alle intenzioni, in assenza sia dell'imputato che dell'avvocato della difesa e andato avanti per 2 ore e 19 minuti nonostante avesse la sentenza già scritta e depositata. 
Padre Giorgio si è detto stupito di questo mio commento e mi ha invitata ad intervenire, quindi ora mi sento in dovere di argomentare il mio pensiero ma in modo più approfondito, a maggior ragione dopo aver potuto anche analizzare il testo che in quel video lui lesse e commentò, e che mi ha chiarito ulteriormente le idee.

Accingendomi ad una filiale peer-review della dispensa pubblicata da padre Giorgio Maria Faré, definita studio scientifico, quindi di mia competenza, astenendomi tuttavia dalla valutazione delle sue obiezioni finali sull'interpretazione della "sede vacante", di competenza dei canonisti, dall'analisi del lavoro rilevo immediatamente alcune criticità metodologiche. 

1) La prima, da allerta rossa, è che il MUTAMENTO (o CAMBIAMENTO) DELLA POSIZIONE del dottor. Cionci  viene DATO  PER CERTO fin dai titoli e dalle premesse della dissertazione. Certezza che, nel prosieguo della trattazione, non verrà mai suffragata da prove documentali.



 2) Seconda criticità. Come si legge nel primo paragrafo dello scritto e viene affermato dallo stesso padre Giorgio nella presentazione del relativo video, la MOTIVAZIONE che avrebbe reso addirittura necessario lo studio di un presunto (ma qui dato per certo) "cambiamento di posizione del dott. Cionci" viene fatta derivare da una non meglio specificata esigenza proveniente da un numero imprecisato di persone che hanno contattato padre Giorgio negli ultimi tempi per email, WhatsApp e altro.  Un'esigenza che possiamo quindi supporre essere scaturita, in mancanza di dati ulteriori e certi sulle sue ragioni specifiche, da mere impressioni e sensazioni; non esclusi, ipotizziamo, fraintendimenti, mera vis polemica ed altro ancora. Se non viene dimostrato che l'impressione del lettore circa il cambiamento di posizione di chiunque era corretta, trattasi di una sua pura congettura. 

3) Riguardo a quale precisa POSIZIONE del dottor Cionci si riferisca lo studio, essa viene individuata da padre Faré in un presunto slittamento dalla posizione definita del RIGORE CANONICO (o VIA CANONICA) a quella denominata del "REGGENTE", da lui ascritta al campo della narrativa.  


[Nota] Questo brano del testo di padre Giorgio Maria Faré potrebbe contenere un'insinuazione e cioè che il cambiamento riguardi anche il fondamento della sede impedita di Benedetto XVI, che non è mai stato ripudiato da Andrea Cionci. 

In estrema sintesi, secondo la VIA CANONICA il superamento della crisi derivante dalla sede impedita di Benedetto XVI e dall'antipapato di J.M. Bergoglio, secondo quanto sempre affermato da Andrea Cionci, può avvenire solo attraverso un conclave valido convocato secondo le norme della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis. Per il ripristino di un legittimo pontefice non sono contemplate  soluzioni alternative a quella canonica, come ad esempio attraverso elezioni per acclamazione popolare o mediante investiture divine su base profetica. 

L'ipotesi del REGGENTE si basa sull'osservazione dei segni della progressiva spoliazione di Francesco delle sue prerogative papali da parte di una Chiesa dell'Istituzione che avrebbe contenuto il potere dell'antipapa, arrivando poi, alla sua morte, ad organizzare il ripristino della legittima linea petrina attraverso un conclave ristretto ai soli cardinali di nomina pre-2013, quindi canonicamente valido secondo la UDG. 

Ricordo che la figura della reggenza è ipotetica, soprattutto nella sua eventuale funzione POSITIVA nei confronti del superamento dell'impasse antipapale. Tuttavia se ritorniamo con il pensiero ai tempi del travagliato pontificato di Benedetto XVI dovremmo ricordare come lui stesso si lamentasse di essere sottoposto ad una forma di controllo interno alla Curia che gli lasciava ben poco spazio di manovra e di fatto lo aveva posto in una pre sede impedita. Questo potere che "rimane anche se i papi passano" è plausibilmente sempre esistito e sempre esisterà, come esiste nelle istituzioni laiche della politica.

Tornando alla questione del CAMBIAMENTO DI POSIZIONE di Andrea Cionci, padre Faré pensa di averla dimostrata considerando la via canonica e quella della reggenza come antitetiche e mutualmente escludentesi. Tuttavia Andrea Cionci non ha mai ripudiato la via canonica in favore di un'adesione fideistica a quella della reggenza, che considera correttamente un'ipotesi ancora da studiare e verificare ed in ogni caso complementare ma subordinata a quella della via canonica. 

4) Altra criticità. Riguardo alla raccolta dei dati che potrebbero dimostrare il presunto cambiamento di posizione, (ma ha ancora senso raccoglierli se il cambiamento viene dato per certo a priori?), non vengono forniti esempi concreti estrapolati da testi o video di Andrea Cionci, né viene proposta un'analisi comparativa tra il pensiero antecedente del dott. Cionci e quello attuale, per individuarne eventuali differenze SIGNIFICATIVE
A questo punto citerò io direttamente Andrea Cionci con le relative fonti. 

Vediamo il "prima", ovvero la posizione precedente alla primavera 2025, indicata da padre Faré come inizio del cambiamento di posizione. Facendo una ricerca sul canale Codice Ratzinger con la parola chiave "via canonica", estraggo questo esempio:

Podcast dell'11 novembre 2024 intitolato "Risposta all'amico Diego Fusaro: cultura per il Logos, ma la strada canonica è vincente" dove si parla della via canonica come unica via percorribile per il ripristino della legittima linea petrina.
Di esempi ve ne sono innumerevoli altri ma il concetto si ritrova ribadito soprattutto nel documento sintetico e riassuntivo "STUDIO CANONICO SULLA SEDE IMPEDITA" scaricabile sempre dal canale Codice Ratzinger, redatto a cura del gruppo di studio di canonisti e latinisti collaboratori di Andrea Cionci, dove si legge, tra l'altro, a pag. 23:
"Dalla morte di Benedetto XVI, a nessun altro che non sia eletto da un valido conclave, con cardinali di nomina legittima (pre 2013), si può trasmettere il munus petrino.".

Vediamo ora il "dopo", il presunto CAMBIAMENTO DI POSIZIONE. 

a) Nel primo podcast pubblicato sul suo canale appena dopo l'elezione di Leone XIV  l'8 maggio 2025 dal titolo "Plausibile che Leone XIV sia un vero papa. Graduale svelamento: occhio al cerimoniale",  Andrea Cionci affermava:

"Queste sono solo prime impressioni a caldo. Sono contento perché al 75% credo che la legittima successione petrina sia stata restaurata. 
Finché non arriva una prova inequivocabile del fatto che Leone XIV sia stato eletto dai veri cardinali non posso considerarlo al 100% un legittimo papa. Però credo che se è un legittimo papa gradualmente farà verità con la saggezza di un padre."

Siccome su quel 75% si è creata una tragedia, mi si permetta un po' di pedanteria. Immaginiamo l'elezione del pontefice come il risultato del lancio di una moneta, che può solo dare "Papa (testa)" o "Antipapa (croce)", con entrambe le possibilità date ovviamente al 50%. La moneta è stata lanciata ma noi non sappiamo se sia uscita testa oppure croce. A questo punto possiamo attribuire un valore di probabilità qualsiasi tra 1% e 100% ai due possibili risultati, basandoci su nostri propri criteri di valutazione basati su parametri soggettivi e oggettivi. Qui Andrea Cionci attribuisce a questa valutazione personale un valore percentuale del 75% in favore del risultato "Papa (testa)", che potrebbe variare in più o in meno in seguito al riscontro di ulteriori fattori oggettivi pro o contro la legittimità canonica di Leone XIV.

Torniamo alle fonti.

b) Nell'intervista su Byoblu, Leone XIV ripristina la successione petrina? ripresa sul canale Codice Ratzinger il 9 maggio, Cionci afferma:
"Il mio è un cauto ottimismo sul fatto che Leone XIV possa essere un legittimo pontefice e che sia stato eletto dai 25 cardinali elettori di nomina pre2013 perché appunto ricordiamo che solamente l'elezione da parte dei veri cardinali lo renderebbe un vero papa con il munus Petrino, questa investitura di origine divina che è fondamentale per i cattolici..."

c) Nell'intervista a Stefano di Radio Radio, L'elezione del nuovo papa Leone XIV del 9 maggio, Cionci altresì afferma: 
"...il punto è sempre quello: lui [Leone XIV] il Munus ce l'ha o non ce l'ha: è un vero papa o non è un vero papa e questo dato ve lo può fornire solo lui stesso divulgando i verbali della sua elezione e facendo sapere al mondo che lo hanno votato, come mi auguro, solamente i 25 cardinali aventi diritto.  [...] C'è un dogma che si chiama dell'indefettibilità della Chiesa che dice che la successione petrina sarà perpetua ma questa successione avviene solo in un conclave regolare, non avviene in conclavi inciucio, in pastette in cose che vanno contro la legge perché se si va contro il diritto canonico si va contro il diritto divino."
d) Anche nel podcast Domande ricorrenti sulla legittimità di papa Leone XIV del 9 maggio, dove per altro si osserva l'inizio di una campagna di commenti negativi che lo accusano di avere "cambiato idea", Andrea Cionci riafferma gli stessi concetti, ovvero l'assoluta necessità di trasparenza e di certezza sulla legittimità dell'elezione canonica di Leone XIV.

5) A sostegno della veridicità della tesi del presunto CAMBIAMENTO DI POSIZIONE di Andrea Cionci, padre Giorgio Faré porta come prova a carico i dati di un florilegio di 16 commenti estratti dal canale "Codice Ratzinger" che proverebbero il sentiment mutato negativamente dei suoi follower. Se si verifica sui rispettivi video, si scopre che i commenti negativi sono comunque in misura minoritaria rispetto a quelli positivi e di sostegno. Una scelta di 16 commenti prelevati a random, tutti negativi, creano l'illusione fallace di un dissenso omogeneo che nella realtà non viene riscontrato. Quella della "rivolta dei follower" è quindi un'altra pura congettura che contribuisce a smontare l'impianto complessivo del "processo a Cionci" che è destinato al non luogo a procedere.

A margine, mi si conceda un'osservazione sui commenti sui social. Non so da quanti anni padre Giorgio pratichi Internet, suppongo non da poco. Io da quasi trent'anni e da quasi venti ho un blog sul quale ho potuto osservare quattro tipologie di commentatori: i fan che ti danno sempre o quasi ragione, i critici che ti danno contro sempre; i troll, ovvero i provocatori puri e semplici e infine i flamers, ovvero coloro che si divertono o sono incaricati di creare ed alimentare una polemica. 
Non attribuirei quindi valore probatorio a questi commenti che nascono anche dietro l'ombrello protettivo dell'anonimato. 

Riguardo ai bias.  Quello "cognitivo" che viene posto all'origine della presunta volontà di Andrea Cionci di far quadrare a tutti i costi l'ipotesi della reggenza in una sorta di trama letteraria (allusioni alla nota accusa di voler emulare Dan Brown?) può essere escluso in quanto la via canonica continua ad essere l'unica via percorribile sostenuta dall'autore.

Piuttosto, riallacciandomi all'esempio del sondaggio sui commenti negativi di cui sopra, e a quello invece plebiscitario in senso positivo riscontrato quando padre Giorgio ha chiesto in diretta se fosse stato "aggressivo" nella "risposta" ad Andrea Cionci, dove tutti hanno risposto "no, padre, assolutamente", io rilevo un bias molto noto nell'ambito della ricerca psicometrica, il bias di desiderabilità sociale, al quale accennerò brevemente - approfittando dell'occasione - perché è diventato assai frequente osservarlo sui social media. 
Se si chiede ai propri follower un giudizio potenzialmente negativo sulla propria persona, essi si sentiranno in obbligo invece di confermare la propria fedeltà rispondendo secondo quello che ritengono il vero desiderio dell'intervistatore, ovvero quello di essere confermato nella propria bontà.  Questo bias, che è lo spauracchio del compilatore serio  di domande per i sondaggi d'opinione, nasce quando la domanda dell'intervistatore non viene posta in modo neutro ma manipolatorio, finendo per orientare la risposta. Chiedere "Cosa ne pensa di questo sindaco?" o "Cosa ne pensa di questo sindaco ladro" significa ottenere una maggioranza di cittadini che considereranno il proprio sindaco un ladro, senza che egli lo sia necessariamente per davvero e senza che essi stessi magari lo pensino. Le implicazioni propagandistiche di un uso malandrino di questo bias sono facilmente immaginabili.

Un'ultimissima nota sul tema delle fonti di un giornalista d'inchiesta (consulenti compresi) e di come non sia sempre possibile pretendere di conoscerne a tutti i costi l'identità. Allo stesso modo in cui gli inquirenti non sono tenuti a rivelare l'identità dei loro informatori, il principio della riservatezza delle fonti opera a protezione di esse e di chi svolge l'inchiesta. Naturalmente la professionalità del giornalista garantisce, attraverso il suo nome e la sua reputazione, la serietà della conduzione dell'inchiesta.

Concludendo, tornando allo studio di padre Giorgio Maria Faré, alla luce dei dati documentali qui riportati sul prima e dopo il presunto cambiamento di posizione del dottor Cionci - dati che respingono l'ipotesi del cambiamento (ovvero il passaggio dalla via canonica alla via letteraria) e viste le problematicità di tipo metodologico riscontrate nello studio in oggetto, si può affermare che questo cambiamento non sussiste, non essendo mai avvenuto.

Con i miei più rispettosi ossequi a padre Farè, che cordialmente saluto.


mercoledì 14 maggio 2025

COME USCIRE DALL' INDETERMINAZIONE DI PAPA SCHROEDINGER X (NEL SENSO DELL'INCOGNITA)

 


Giovedì 8 maggio il conclave seguito alla dipartita di Jorge Mario Bergoglio, al quarto scrutinio del secondo giorno ha eletto come suo successore e 267° papa della Chiesa Cattolica il cardinale statunitense Robert Francis Prevost, nome prescelto Leone XIV. Elezione a sorpresa perché il nome del cardinale originario di Chicago non era dato tra i più papabili.
Vista l'immediata accettazione entusiastica di Leone XIV da parte dell'immensa audience servita dai media, vi sono le premesse per un papato di successo che, vista la volubilità e la tendenza allo zapping mentale della folla, entro la prossima settimana avrà già fatto dimenticare quello del buon papa Francesco. 

Fin dalla sua primissima uscita sulla loggia delle benedizioni nel giorno della Madonna di Pompei e di Michele Arcangelo, Leone XIV è apparso come "Il Papa", indossando tutti i paramenti pontificali inclusi lo stolone degli ultimi pontefici e perfino quella mozzetta rossa che Francesco aveva invece evitato (o che gli era stata negata). Ha esordito con "la pace sia con voi" del Cristo risorto, ha recitato l'Ave Maria e impartito la benedizione urbi et orbi finalmente per intero, completando quella mutilata da Bergoglio la scorsa Pasqua. 
Un'immagine che ha dato il senso del "ritorno del Papa", ponendosi in evidentissimo contrasto con quella di Francesco il quale, negli ultimi tempi, era parso incarnare una figura  progressivamente sempre più svuotata ed evanescente, una sorta di papa Stregatto di cui alla fine è rimasto solo il nome, "Franciscus" tristemente inciso su una lapide. Ciò che restava, più che di un Papa, di un Non Papa, o  Antipapa. 
Nel tardo pomeriggio dell'otto maggio insomma sembrava che se Leone Papa+ e Francesco Antipapa- si fossero incontrati in quel momento avrebbero potuto annichilire l'Universo.

Tutto a posto, quindi? I bei tempi della confusione antipapale di Bergoglio e delle pachamame intronizzate sono finiti? 

Non è così semplice affermarlo con certezza perché il fenomeno Leone XIV appare non ancora perfettamente delineato ma in divenire, mutevole perché i segnali che ne provengono sono contrastanti. Il discorso troppo perfetto per essere stato buttato giù nel poco tempo intercorso tra l'elezione e l'uscita sulla loggia. L'omaggio reiterato al suo "predecesor" (però dovuto) e quell'accenno alla sinodalità e alla continuità con Francesco, forse anch'esse dovute ma in grado di risvegliare in noi un trauma ancora troppo recente.

Un Papa vero quindi, espressione della Chiesa che si riappropria della sua massima figura o solo "Il Papa", il quinto arcano maggiore dei tarocchi, o addirittura il "prevosto giudice" del 7° grado del rito scozzese come già rivendicano i figli della Vedova, che della Chiesa vorrebbero dimostrare il persistente stato di occupazione?
Per risolvere il dubbio contano i verbali, non i rogiti pubblicati su YouTube, con tanto di dichiarazione che Leone è successore di Francesco*; non contano i pettegolezzi dei cardinali che, in omaggio al "papa matematico" stanno dando letteralmente i numeri su quanti hanno votato, chi e come: qualcosa sulla quale per altro, prima di entrare in conclave, hanno giurato di mantenere il segreto perpetuo e che in teoria dovrebbero essere scomunicati latae sententiae per questo chiacchiericcio. 

Un Papa che potrebbe essere contemporaneamente Papa e Non Papa ci imprigiona nel paradosso quantistico del gatto ma l'indeterminazione può in realtà essere superata facilmente dalla cara vecchia meccanica newtoniana. 

La soluzione forse è troppo semplice e, nonostante sia in bella mostra da anni, raccontata in tutti i modi, per menti sopraffine e per dummies, non la si vuole vedere. 
La questione che pesa come un macigno megalitico su Leone XIV - lo stesso che pesava su Francesco Senza Numero - è una sola ed è la legittimità della sua elezione. Ovvero bisogna vedere se un conclave con l'autorità conferitagli dalla Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis del 1996 e composto secondo i suoi dettami, ovvero solo da cardinali elettori di nomina pre 2013, ha espresso un Papa legittimo, oppure se un conclave dove ha votato anche un solo cardinale elettore di nomina antipapale post 2013 ha solo cambiato il cavallo eleggendo un altro antipapa. 
Non vi è altro modo per uscire dall'indeterminazione. Munus o non munus, Tertium non datur. Non contano le qualità umane di Prevost, conta la prova del possesso del munus, l'ordalia che nei tempi ultimi è destino debba toccare ai romani pontefici. 

Ciò che non è ancora stato capito, e che si esprime nell'assoluta sciocchezza tanto cara ai cattotrad: "Ratzinger ci ha cacciato in un bel casino", è che nella UDG e nel motu proprio "Normas nonnullas" del febbraio 2013, Benedetto XVI ha inserito nel sistema una password non craccabile a doppia autenticazione. La prima parte la inserisce la Costituzione, l'altra lo Spirito Santo, il quale, se viene eletto un antipapa, non si scomoda e l'accesso viene negato. 
Bisogna capire questo punto fondamentale, che rappresenta il congegno perfetto grazie al quale i due Vicari di Cristo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno messo in sicurezza il principio secondo il quale se giungesse un antipapa o un'intera linea di antipapi, essi sarebbero comunque condannati all'illegittimità in radice. E ovviamente, essendo antipapi, se volessero modificare le regole che li rendono tali, non ne avrebbero l'autorità, non potrebbero ottenere la password per farlo legittimamente. 

La motivazione escatologica di questo congegno di ispirazione divina è che qualsiasi manifestazione anticristica che volesse insediarsi sul trono di Pietro non potrebbe farlo se non mentendo, imbrogliando e falsificando e perciò si renderebbe riconoscibile dall'utilizzo dell'inganno. Possiamo dire che le leggi umane in questo caso diventano strumento al servizio della volontà di Dio, il quale lascia che si manifesti il Male ma soltanto per un tempo determinato, fermo restando il principio dell'indefettibilità della Chiesa e del "non praevalebunt" pronunciato da Cristo stesso. 

Si, ma vallo a spiegare a coloro che sostengono che dopo Pio XII nessun papa sia valido, perché  sull'indefettibilità della Chiesa Cristo ci ha mentito come un Demiurgo malvagio e pasticcione qualsiasi. Oppure a coloro che evitando di nominare sede impedita e antipapato ma buttandola sul più rassicurante perché materialistico e stercodemoniaco "fattore SWIFT", scendendo freschi come delle rose dal treno locale in ritardo di dodici anni finalmente arrivato in stazione, ricominciano a scrivere auspicando" che venga finalmente detta la verità" sulla vicenda del 2013 che portò alla declaratio di Benedetto XVI. Ben arrivati, eh?
Se ora, tra i casi possibili A (linea petrina ristabilita) e B (proseguimento della linea antipapale), ci fosse per disgrazia toccato un altro antipapa, la colpa ricadrà su coloro che hanno impiegato tutto il loro tempo per perdere tempo. 

La questione della certezza del munus petrino del pontefice è  fondamentale perché riguarda anche in generale la legittimità del Potere che si esercita sui popoli. Se permettiamo che venga eletto un governo o un presidente grazie a brogli, che un altro si faccia eleggere con la mossa di Pisistrato, che un altro ancora venga delegittimato da un intervento esterno che gli annulla la vittoria perché non è gradito a qualche entità sovranazionale indeterminata, e se la geopolitica o varie consorterie sono in grado di occupare le istituzioni religiose, è veramente finita.
E' pur vero che la democrazia liberale si sta rivelando, più che un sistema proumano, un simulacro di libertà esposto all'idolatria del popolo in attesa di sostituirlo con il totalitarismo ben più utile alle élite, ma la questione della legittimità del potere dev'essere rivendicata e  difesa con le unghie e i denti finché abbiamo fiato in corpo. 

Trattenendo il munus e portandolo con sé in sede impedita Papa Benedetto XVI scongiurò il paradosso, la singolarità di un antipapa usurpatore eletto con il munus petrino. L'unico modo per impedire che il conclave della "primavera cattolica" avesse luogo a papa morto (magari assassinato) o abdicatario, era invalidarlo con la sede impedita scelta volontariamente. Quel conclave invalido del 2013 e convocato frettolosamente poté produrre quindi solo un gattino cieco, un antipapa.
Finché questa verità non sarà rivelata, in senso apocalittico, tutto ciò che da lì è derivato rischia di essere nullo e invalido e di proseguire sulla linea antipapale.
Accetterà Leone XIV la sfida di fugare per sempre ogni dubbio sulla legittimità delle istituzioni della Chiesa, Egli compreso, accogliendo la supplica a togliere i sigilli dalla Verità e a rivelarla al mondo? Mons. Gaenswein nell'ultima intervista ha dichiarato che ora "occorre chiarezza dottrinale" e che "la confusione di questi anni dev’essere superata".
Vorrà, chi possiede documenti di papa Benedetto relativi alla sua declaratio e sicuramente il suo testamento rendere finalmente noti questi documenti?


* Mi fa giustamente notare Andrea Cionci, che ringrazio, che sul rogito pubblicato Leone XIV non viene definito successore di Francesco ma viene certificato che Leone XIV "è stato eletto canonicamente e che tutto ciò si è svolto in conclave nel Palazzo Apostolico Vaticano dopo il trapasso di Papa Francesco di felice memoria". (traduzione prof. Corrias).

sabato 26 aprile 2025

IL MORDKOMPLOTTISMO DI LIBERO

Dopo essersi Liber-ato con un click dell'intero archivio del suo collaboratore per otto anni fino al 2024 Andrea Cionci, compresa quella sua gigantesca inchiesta sulle dimissioni di Benedetto XVI che in questi giorni di bulimia vaticana avrebbe potuto fornire infiniti spunti di riflessione ai lettori avidi di vicende papali, che fa Libero? Mi indulge nel più prevedibile complottismo? Ma come, prima vi Liber-ate dell'"inchiesta gomplottista" per fare i primi della classe e poi mi sparate a bruciapelo un titolone da feuilletton collocato non già in appendice ma addirittura a tutta pagina e vergato dal megadirettore galattico in persona? E su cosa, poi,  su qualcosa di obiettivamente inesistente?

"Il mistero del Camerlengo e dell'orologio del Papa". Gaston Leroux scansati che dobbiamo smontare subito il Mordkomplott di Bergoglio basato su presunte discrepanze nell'orario della morte tra l'annuncio ufficiale affidato al Camerlengo e le dichiarazioni rilasciate ai giornali dal medico del Gemelli che aveva avuto in cura Bergoglio. Ricostruendo i fatti come riportati dal medico, Francesco, sveglio o già in coma, comunque non in buone condizioni, attira l'attenzione del suo assistente personale verso le 5:30. Costui allerta il medico che giunge a Santa Marta nel giro di 15-20 minuti. Facciamo che siano a quel punto le 6:00. Il medico si accorge dell'ictus e, come dichiarerà nell'intervista, si tratta di un evento che può condurre il paziente alla morte nel giro di un'ora. Cosa che quindi potrebbe essere avvenuta verso le 7:00.

Ora, è consuetudine che, se il medico interviene a breve distanza dall'exitus, l'ora del decesso possa coincidere con l'orario della constatazione del decesso, ovvero l'orario in cui il medico redige materialmente il certificato di morte. Prima di ciò viene eseguito anche il tanatogramma il cui tracciato deve registrare l'assenza di attività elettrica residua, confermando il decesso, e per questa procedura occorrono almeno venti minuti per legge. Per cui, l'orario certificato delle 7:35 è compatibile con la versione ufficiale, come si direbbe nel mondo del debunking. 

Quindi se il mistero "che fa discutere i Sacri Palazzi" è tutto qui, non vi è alcun mistero. I tempi tornano, come i conti e diversamente da ciò che accadde con Giovanni Paolo I, sul cui orario di morte la discrepanza tra diverse ipotesi fu di diverse ore, variando secondo le testimonianze, tra le 22.30 e le 5.30 del mattino successivo. Qui si tratta di differenze di pochi minuti e suggerire anche inconsciamente un parallelo con la fine di Papa Luciani, più giovane e non certamente affetto dalla cartella clinica di Bergoglio, non ha alcun senso. Anche perché poi abbiamo visto gli effetti dell'ictus sulla testa di Bergoglio in quei due vasti ematomi parietali non coperti dal trucco forse proprio per confermare e rendere visibile a tutti la causa di morte.

Si, è vero. Ammetto che sulle prime anch'io mi ero meravigliata della repentina dipartita di Francesco. Il fatto è che l'avevamo visto in quell'ultimo incontro con JD Vance, con l'accoglienza un po' sforzata e lo scambio di doni non certo papali ma porti con lo spirito franceschino di sempre; poi l'avevamo visto impartire quella benedizione mozza con un fil di voce e senza nemmeno un segno della croce degno di questo nome fino al culmine di quell'ultimo giro trionfale d'onore in mezzo alla gente che probabilmente è stato il momento più gratificante per una persona così attenta alla comunicazione e al contatto con il pubblico. Dopo una giornata veramente particolare, forse davvero troppo intensa, bum, la notizia. 

In realtà ci si dimentica che a quella veneranda età e nelle specifiche condizioni di salute di Francesco, probabilmente tirate allo spasimo da quello che qualcuno ha definito un vero e proprio accanimento terapeutico per portarlo, diciamo così, vivo fino a Pasqua, si è legati ad un filo sempre più sottile e labile.

Piuttosto, ora che la memoria di Francesco è definitivamente affidata alla Storia che deciderà quale posto debba occupare nelle vicende terrene della Chiesa, concentriamoci sul futuro, sul Conclave e sulle grandi questioni irrisolte che dovrebbero interessare in primo luogo i giornali. 

Bergoglio fu papa legittimo o antipapa? Benedetto XVI fu costretto alle dimissioni dalla più  micidiale entrata a gamba tesa della storia nelle vicende della Chiesa da parte del potere mondano massonico? Benedetto XVI riuscì a conservare il tuo titolo di vicario di Cristo rendendo nullo e invalido il suo successore? Queste sono domande le cui risposte possono influire non solo sul futuro della Chiesa ma di noi tutti. 

Un giornale veramente libero e che non ha paura della Verità (quella vera, non la testata rivale) e nemmeno della pluralità del giornalismo, ripubblicherebbe subito l'inchiesta di Cionci nei suoi punti più salienti da qui al Conclave, aprendo finalmente sul mainstream il dibattito sulle dimissioni di Benedetto XVI che si trascina da dodici anni, come ben sa Antonio Socci. Una questione sulla quale bisogna finalmente fare chiarezza. Un giornale così renderebbe un servigio all'informazione e al suo paese, ed eviterebbe di perdersi forse lo scoop del secolo, aggiudicandosi invece quello dell'epic fail, della figuraccia, da qui a Giove e oltre l'infinito.

domenica 20 aprile 2025

"IL MESSAGGIO E' TRONCATO", TANTO GLI ORBI NON SE NE ACCORGERANNO


L'intelligenza artificiale ha forse preso oggi il controllo del Vaticano imponendo le regole dell'informatica che prevedono la troncatura dei messaggi troppo lunghi, per limiti di caratteri e di capienza, come avviene ad esempio nel caso delle caselle di posta elettronica? 
Interessante ipotesi perché, se non ve ne siete accorti, oggi il testo della benedizione Urbi et Orbi è stato troncato ed è mancata tutta la prima parte del testo ufficiale. 
Con un colpo di scena degno di Agatha Christie, dopo l'annuncio dell'indulgenza plenaria fatto dal cardinal Mamberti, la benedizione si è limitata infatti alla pronuncia dell'ultima frase del testo da parte di Bergoglio.




Eppure l'anno scorso a casa la sapeva. 

Ora, io non sono canonista e non mi permetto, ma mi chiedo solamente se sia regolare tutto ciò. 

Senza l'invocazione a Dio e all'intercessione da parte dei Santi, dell'Arcangelo Michele e della Santa Vergine, che si legge nella parte omessa, a cosa è stata ridotta, a una sorta di benedizione personale di Bergoglio?  E' lui solo che ci concede l'indulgenza, per caso, e non l'Altissimo? Invito chi di dovere a indagare su questo fatto perché a me pare inquietante. 
Dal punto di vista di quelli del piano di sotto, depotenziare le formule liturgiche equivale ad un biglietto omaggio alla sagra delle anime. Se passa il messaggio che si può stravolgere la liturgia per un borborigmo di mezzogiorno, dal punto di vista spirituale può diventare un macello. 
Ripeto, non sum digna ma indagate voi che lo siete e sarò felice di essere smentita e tranquillizzata in merito.

Nei giorni scorsi tra l'altro si era ipotizzato che, visto il problema di affaticamento di Francesco, il cardinale Parolin avrebbe letto il testo della benedizione, immagino il testo completo, lasciando a Francesco l'ultima frase.
Perché questo cambio di programma? Bergoglio non ha voluto che il Segretario di Stato leggesse la formula, che del resto è prerogativa del Santo Padre? Se lui ha la legittimità chiacchierata, hanno rabberciato la cosa troncando la formula ma creando un pasticcio liturgico-lisergico?

Bergoglio è parso molto più rabbuiato del solito, non certo del buon umore che gli viene di solito a Regina Coeli o a Rebibbia. Inoltre ha indossato nuovamente la fascia e la stola dopo che l'altro giorno si era presentato in San Pietro in poncho. Sembra tutto un lungo e snervante scambio di reciproci segnali e ripicche nell'ambito di un'unica prova di forza.  Immaginare che nelle sacre stanze stiano volando i coltelli non è difficile né improbabile.

Ovviamente, siccome stanno girando i video riassuntivi della messa di oggi e i tagli sapienti di regia non fanno accorgere della mancanza del testo completo, con  i media che hanno detto "il Papa ha impartito la benedizione Urbi et Orbi" come se l'avesse fatto davvero, nessuno si accorgerà di nulla e spereranno di far passare tutto in fanteria. 
Voglio proprio vedere se domani i vaticanisti scriveranno una pezzuola su questa deroga dalla liturgia e se i talebani della cappamagna commenteranno il colpo di mannaia sul testo della più importante benedizione che un pontefice possa impartire ai fedeli. La cosa diventa appassionante e vi aspetto paziente al varco, come i bravi con don Abbondio.

venerdì 11 aprile 2025

ECCE PONCHO



Nel suo brillante più recente podcast, Andrea Cionci ha redatto una gustosissima rassegna stampa delle reazioni del mainstream all'improvvisa passerella del buon papa Francesco in San Pietro. Reazioni dettate, nella stampa italiana soprattutto cattolica, dalla negazione totale di un'imbarazzante evidente realtà e solo con qualche punta di inizio di leggerissimo sospetto in quella straniera meno emotivamente e utilitaristicamente coinvolta. 

Come è noto, per la prima volta Francesco si è mostrato senza alcun segno del suo status, senza zucchetto, anello o crocifisso, vestito di un paio di pantaloni neri, scarpe nere, una camicia o maglia bianca che si intravvedeva sotto una specie di coperta gettatagli addosso e che sulle prime era sembrata, forse per la presenza dei descamisados che lo accompagnavano, un tributo al Sud America e al mondo dei pamperos. In realtà, era proprio un telo o una coperta atta a coprire pietosamente una mise decisamente inappropriata per la situazione. Un "ma come ti vesti" che va oltre il galateo e la forma e segnala, segnala un sacco di cose. 

Escludendo come improbabile che un Bergoglio un po' confuso dalla leggera euforia da ossigeno sia scappato da Santa Marta eludendo la sorveglianza, vestito approssimativamente così come si trovava in casa, e che i descamisados l'abbiano intercettato all'entrata di San Pietro coprendolo con il primo telo disponibile recuperato in tutta fretta perché non prendesse freddo, ipotesi nonno monello in fuga, la presenza delle immagini accuratamente riprese dell'evento dimostrano che la cosa sia stata voluta, sebbene con un certo grado di sorpresa in stile blitz.

Dopo tutto se si vive nella società dello spettacolo, si è in pubblico e si recita un ruolo, allora si curano le movenze e i costumi e vi sono probabilmente uno sceneggiatore e un regista. Quindi è facile dedurre che Bergoglio, che raramente lascia spazio al caso, abbia voluto segnalare qualcosa.  Fare insomma quello che gli americani chiamano signaling. Mostrare, segnalare, comunicare qualcosa di preciso, soprattutto per testare la reazione degli spettatori.  Bergoglio deve avere meditato sull'atroce dubbio: "Mi si nota di più con il poncho o senza la papalina?" Di certo però non avrebbe mai immaginato che la cosa venisse raccontata dalla stampa suonata al contrario come "voler passare inosservato". E per stupire Jorge Mario ce ne vuole! 

Il messaggio è stato chiaro e forte e sintomo di un bel braccio di ferro interno al Vaticano, perché tutti hanno visto un papa per la prima volta non vestito da papa e nonostante poche ore prima, durante la visita privata dei reali inglesi, le immagini ce lo avessero mostrato normalmente con l'abito bianco e tutto. Detto che rimarrò per tutta la vita con la curiosità sul contenuto di quello scatolino rosso nelle mani di re Carlo ma senza essere certa di volerlo veramente sapere, la bizzarria di un papa che sembra potersi vestire da papa solo in casa e non in pubblico è talmente evidente e dirompente che se la si ignora è perché lo si vuole, in maniera cosciente o meno. 

Ora, c'è un concetto che è stato accuratamente seminato nella mentalità delle generazioni postbelliche, soprattutto in Europa, quello di Shock Culturale. Chi ricorderà la sapiente mitologia costruita per decenni sugli alieni avrà ben presente la frase: "I governi non lo possono rivelare (che esistono gli alieni) perché sarebbe uno shock culturale che provocherebbe il panico nella popolazione". Ecco creati in una sola mossa complotto e complottismo, tra l'altro.
Mentre si imponevano di sottecchi cambiamenti ben più traumatici, devastanti e subdoli dei fantomatici omini verdi,  la verità dietro ogni fatto storico e di cronaca è divenuta foriera di shock culturale dal quale difendere una  popolazione imprigionata nell'eterna fanciullezza del "sei troppo piccolo (inferiore) per capire".  Concetto umanamente intollerabile per degli adulti finiti che le domande se le fanno soprattutto quando si sentono in pericolo concreto di sopravvivenza perché minacciati da altri omini non di certo verdi, per cui, per difendersi dall'angoscia della consapevolezza della propria prigione, la reazione degli adultescenti è la negazione: se è democrazia e mi privano della libertà perché reclamo una libertà di scelta, non può essere privazione della libertà,  e così via fino al "se mi dicono che è il  Papa non può che essere il Papa". Lo shock culturale in questo caso, ovvero la rivelazione dell'usurpazione petrina provocherebbe senza meno il crollo della Cappella Sistina, lo spretamento di tutti i preti e la fine del mondo. Per cui i timorosi timorati non vogliono saperne.

Rasserenatevi, qualunque shock si supera e fa crescere, e quelli culturali a maggior ragione se si hanno solide basi in termini di consapevolezza delle proprie origini storiche e culturali e princìpi laici e religiosi. Le nazioni che presentano ben incastonate nel loro concetto di Patria queste caratteristiche sono quelle che danno filo da torcere a chi le vorrebbe destrutturare e distruggere. 
Noi purtroppo non siamo più per ora tra queste, perché ci hanno lavorato ben bene per decenni, soprattutto proprio gli anglosferici. Per i quali tuttavia, per una forma di nemesi, potremmo dire che se Roma piange, Londra non ha proprio niente da ridere. Le scene raccapriccianti di ieri a Ravenna, mi dispiace dirlo, sapevano di visita nella più esotica provincia del Commonwealth di due anziani monarchi in esilio dall'Albionistan, protagonisti del reality "Anniversari di matrimonio da incubo".

Ecco perché bisogna non avere paura e recuperare tutto ciò che ci è stato espropriato. Mollare il ciuccio e imbracciare l'amor proprio e nazionale. Gli shock li lasciamo a coloro che credevano di aver vinto e foreranno la gomma all'ultimo giro e all'ultima curva. 

Tornando alla "cumparsita" di Bergoglio, la reazione incredula dei cattolici, che perseverano diabolicamente nell'assurda convinzione che quello che segnala e chiede aiuto ai compari sia veramente il Papa, potrà tramutarsi effettivamente in uno shock quando la verità dell'antipapato verrà a galla ma sarà appunto uno shock salutare. Fino a quel momento godiamoci lo strip poker, sempre più ardito, con tutti i segni pontifici che cadono come i veli di Salomé sotto i colpi del diritto. Ribadita ovviamente la doverosa umana pietà per un uomo vecchio e molto malato.

Nel primo dei due video che mostrano l'entrata del nostro in sedia a rotelle in San Pietro, egli si ferma a salutare un bimbo biondo che poi lo saluta con un "Hi, Papa" o qualcosa del genere. Ecco, se l'innocente ci avesse donato quel fatidico "ma questo signore è senza vestiti, il Papa è nudo!" avremmo avuto il più grande momento "i vestiti nuovi dell'usurpatore" della Storia. La verità sfuggita e dichiarata in piena basilica. Portiamo pazienza, lo spettacolo è solo rimandato.


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TRADUZIONE IN FRANCESE a cura di Louis Lurton

Barbara Tampieri, Vendredi 11 avril 2025



Dans son dernier et brillant podcast, Andrea Cionci a compilé une très savoureuse revue de presse des réactions du grand public à la soudaine parade du bon pape François à Saint-Pierre. Des réactions dictées, dans la presse italienne, surtout catholique, par le déni total d'une réalité embarrassante et évidente, et seulement avec quelques indices de très légère suspicion dans la presse étrangère moins impliquée émotionnellement et utilitaristiquement.

Comme on le sait, pour la première fois, François s'est présenté sans aucun signe de son statut, sans zucchetto, anneau ou crucifix, vêtu d'un pantalon noir, de chaussures noires, d'une chemise ou d'un pull blanc que l'on pouvait apercevoir sous une sorte de couverture jetée sur lui et qui semblait à première vue, peut-être en raison de la présence des sansveste qui l'accompagnaient, un hommage à l'Amérique du Sud et au monde des pamperos. En réalité, ce n'est qu'un tissu ou une couverture qui recouvre piteusement une tenue qui n'est décidément pas adaptée à la situation. Un "mais comment t’habilles-tu" qui va au-delà de l'étiquette, des formes et des signaux, qui signale un paquet de choses.

Excluant comme improbable qu'un Bergoglio quelque peu confus avec une légère euphorie d'oxygène se soit échappé de Santa Marta en échappant à la surveillance, habillé grossièrement comme il était chez lui, et que les sansveste l'aient intercepté à l'entrée de Saint-Pierre en le couvrant avec la première serviette disponible récupérée à la hâte pour qu'il ne prenne pas froid, hypothèse grand-père retombé en enfance en fuite, la présence des images soigneusement filmées de l'événement montre que la chose était intentionnelle, bien qu'avec un certain degré de surprise de type blitz.

Après tout, si vous vivez dans la société du spectacle, vous êtes en public et vous jouez un rôle, vous vous occupez des mouvements et des costumes et il y a probablement un scénariste et un metteur en scène. Il est donc facile de déduire que Bergoglio, qui laisse rarement place au hasard, ait voulu donner un signal. Bref, faire ce que les Américains appellent du signaling. Montrer, signaler, communiquer quelque chose, surtout pour tester la réaction des spectateurs. Bergoglio a dû méditer sur ce doute atroce : « Suis-je plus visible avec le poncho ou sans le poncho ? » Mais il n'aurait certainement jamais imaginé que la presse le raconterait à l'envers comme « voulant passer inaperçu ». Et pour impressionner Jorge Mario, il en faut beaucoup !

Le message était clair et fort et symptomatique d'un beau bras de fer interne au Vatican, puisque tout le monde voyait pour la première fois un pape non habillé en pape alors que quelques heures plus tôt, lors de la visite privée des souverains britanniques, les photos nous l'avaient montré normalement en soutane blanche et tout. Cela dit, je resterai toute ma vie curieuse de connaître le contenu de cette petite boîte rouge entre les mains du roi Charles, mais sans être sûr de vouloir vraiment le savoir, l'étrangeté d'un pape semblant ne pouvoir s'habiller en pape que chez lui et non en public est tellement évidente et dérangeante que si on l'ignore, c'est parce qu'on le veut bien, consciemment ou non.

Or, il y a un concept qui a été soigneusement semé dans l'esprit des générations d'après-guerre, en particulier en Europe, c'est celui du Choc Culturel. Ceux qui se souviennent de la mythologie astucieuse construite au fil des décennies sur les extraterrestres connaissent la phrase suivante : « Les gouvernements ne peuvent pas le révéler (l'existence des extraterrestres) parce que ce serait un choc culturel qui provoquerait la panique au sein de la population ». Complot et complotisme créés d'un seul coup, entre autres.

Tout en imposant furtivement des changements bien plus traumatisants, dévastateurs et sournois que les fantomatiques petits hommes verts, la vérité derrière chaque fait historique et d'actualité est devenue le signe avant-coureur d'un choc culturel dont il faut défendre une population emprisonnée dans l'éternelle enfance du « vous êtes trop petits (inférieurs) pour comprendre ». Un concept humainement intolérable pour des adultes finis qui posent des questions, surtout lorsqu'ils sentent que leur survie est réellement en danger parce qu'ils sont menacés par d'autres petits hommes qui ne sont certainement pas verts, de sorte que, pour se défendre de l'angoisse de la prise de conscience de leur propre prison, la réaction des adultes est le déni : si c'est la démocratie et qu'ils me privent de liberté parce que je revendique la liberté de choix, il ne peut s'agir d'une privation de liberté, et ainsi de suite jusqu'à ce que « si on me dit que c'est le Pape, ce ne peut être que le Pape ». Le choc culturel dans ce cas, à savoir la révélation de l'usurpation pétrinienne, n'entraînerait pas moins l'effondrement de la Chapelle Sixtine, la disparition de tous les prêtres et la fin du monde. Raison pour laquelle les peureux ne veulent pas savoir.

Rassurez-vous, tout choc se surmonte et fait grandir, et les chocs culturels d'autant plus que l'on a des bases solides en termes de conscience de ses origines historiques et culturelles et de ses principes laïques et religieux. Les nations qui ont ces caractéristiques bien ancrées dans leur conception de la patrie sont celles qui donnent du fil à retordre à ceux qui voudraient les déconstruire et les détruire.

Malheureusement, nous n'en faisons plus partie, car ils s'y emploient très bien depuis des décennies, notamment l'anglosphère. Pour qui, pourtant, par une forme de némésis, on pourrait dire que si Rome pleure, Londres n'a pas de quoi rire. Les scènes macabres d'hier à Ravenne, je suis désolé de le dire, ressemblaient à une visite de la province la plus exotique du Commonwealth par deux vieux monarques en exil de l'Albionistan, protagonistes de l'émission de télé-réalité "Anniversaires de mariage cauchemardesques".

C'est pourquoi nous ne devons pas avoir peur et réclamer tout ce qui nous a été exproprié. Abandonner le mannequin et embrasser le respect de soi et l'amour de la patrie. Nous laissons les chocs à ceux qui pensaient avoir gagné et qui crèvent leurs pneus au dernier tour et au dernier virage.

Pour en revenir à la "cumparsita" de Bergoglio, la réaction incrédule des catholiques, qui persistent diaboliquement dans l’absurde conviction que celui qui montre du doigt les copains et leur demande de l'aide est en réalité le Pape, pourrait bien se transformer en choc lorsque la vérité de l'antipapauté éclatera au grand jour, mais ce sera un choc salutaire. D'ici là, profitons du strip-poker, toujours plus audacieux, avec tous les signes pontificaux qui tombent comme les voiles de Salomé sous les coups du droit. En réitérant évidemment la pitié humaine due à un homme âgé et très malade.

Dans la première des deux vidéos montrant notre homme en fauteuil roulant entrant dans Saint-Pierre, il s'arrête pour saluer un enfant blond qui le salue ensuite d'un « Hi, Pope » ou quelque chose comme ça. Là, si l'innocent nous avait donné ce fatidique « mais ce monsieur n'a pas de vêtements, le Pape est nu », nous aurions eu le plus grand moment "habits neufs de l'usurpateur" de l'Histoire. La vérité s'est enfuie et déclarée en pleine basilique. Soyons patients, le spectacle n'est que reporté.

martedì 1 aprile 2025

LA MESSA UNA CUM OMS: FU LECITA E VALIDA?



Oggi 1° aprile, pesci a parte, ricorre l'anniversario della cessazione dello stato di emergenza pandemica durato dal marzo 2020 all'aprile 2022. Ben due anni della nostra vita che mai ci verranno restituiti e che sono valsi, a chi ne è sopravvissuto, come dieci in termini di salute, fisica e psicologica e benessere materiale e morale. 
Sia chiaro, l'operazione psicologica globale fu talmente inaspettata e ben condotta - non essendo sicuramente frutto di improvvisazione, che all'inizio convinse tutti, proprio perché sfruttava una paura atavica, quella del contagio, impressa nel DNA dei popoli, soprattutto europei, sopravvissuti nei secoli a devastanti pestilenze. 
Avemmo tutti paura e invocammo protezione e misure di contenimento del contagio da parte di uno stato che prima ci prese per mano e poi ci condusse in cella, richiudendo la porta a chiave.

Osservando però la cartellonistica del metro e mezzo di distanza, i bolli adesivi a segnare i percorsi da seguire, le assurdità dei virus che al ristorante potevano colpirci solo in piedi e non seduti, i nastri per delimitare gli scaffali dei giocattoli e le file fuori dai negozi come nemmeno nell'Unione Sovietica dei razionamenti, potemmo allora ben presto renderci conto che quella era una guerra, non una pandemia. E che il bombardamento stile Dresda dell'informazione militarizzata doveva alimentare una paura totalmente  irrazionale al fine di dividerci l'un l'altro e perfino scindere i nuclei famigliari in un bagliore di luce maligna. Volendo resistere, diventammo secondo loro "disertori" perché, parliamoci chiaro, volevamo conservare il diritto alla proprietà di pelle e anima. 

Il giudice emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese, in un'intervista dell'aprile 2020 affermò: 
"I Dpcm violano la libertà e sono frutto di poteri illegittimi. (…) Il Governo ha agito in maniera confusa e contro alcuni principi base della Costituzione (…) neppure la più terribile delle dittature ha limitato la libertà di andare e venire, di uscire di casa, per di più selettivamente limitata per categorie di persone o a titolo individuale indicate in atti amministrativi».
Nicola Colaianni ha inoltre ricordato che:
 «L’art. 77, già con l’emergenza terroristica, aveva mostrato i suoi limiti quanto alla tipizzazione delle fattispecie criminali introdotte [...] davanti all’emergenza sanitaria, da affrontare con un diritto di ampia discrezionalità come quello amministrativo, l’art. 77 ha ceduto piuttosto il campo all’art. 78, il quale prevede che, deliberato lo stato di guerra, le Camere diano al governo i ‘poteri necessari’."

 A distanza di cinque anni, e alla luce di ciò a cui servì realmente quella sospensione di libertà, siamo forse ancora troppo traumatizzati per renderci pienamente conto di quello che abbiamo subìto, e documentarsi sui fatti di allora equivale a ripiombare in un incubo. Un brutto ricordo che tuttavia dobbiamo superare ma mai dimenticare.

All'interno di tutta una serie di limitazioni della libertà come mai erano state inferte all'Umanità intera, con pochissime eccezioni e con mirate punte di feroce accanimento proprio nei riguardi del nostro popolo italiano, quello fu un periodo nel quale venne di fatto sospeso il diritto all'esercizio della libertà religiosa. 

Un pregevole articolo dell'avvocato Stefano Nitoglia analizza tutte le criticità emerse a riguardo durante il biennio dell’emergenza pandemica.
Premesso che tutte le grandi e piccole religioni dovettero subire i diktat dei volonterosi esecutori degli ordini dell'OMS, organizzazione sovranazionale alla quale fu concesso senza opposizione di sorta di calpestare costituzioni nazionali, trattati e concordati, è giusto ricordare come l'adesione della Chiesa Cattolica ai famigerati Protocolli di sicurezza fu pronta, diligente e incondizionata, al pari di quella fornita dal potere politico, e sancì una totale accettazione dell'intromissione dello Stato nel libero esercizio pubblico della religione che impedì lo svolgimento dei riti e la somministrazione dei sacramenti. 

A parte alcuni flebili lamenti percepiti quando all'inizio fu prospettata dal governo addirittura la serrata totale dei luoghi di culto, come risulta da una bozza del decreto-legge n. 19 del 25 marzo 2020, poi ritirata, vi sono le lettere delle singole diocesi che dimostrano come la sospensione delle celebrazioni "con il popolo" sia stata accettata fin dalla fine di febbraio 2020, prima ancora dei successivi decreti governativi di chiusura e lockdown - parola gergale carceraria americana che significa "rinchiudere il detenuto in cella di punizione per insubordinazione". 
Il 28 febbraio 2020 ad esempio la Diocesi di Ravenna-Cervia conferma la sospensione del precetto festivo per cui i fedeli non sono obbligati a partecipare alla Messa e ribadisce l’invito di evitare la concentrazione di persone in spazi ristretti. Ai primi di marzo le altre diocesi si adeguano e confermano la dispensa dal precetto domenicale

A proposito della Santa Pasqua del 12 aprile del 2020, il dicastero Vaticano decretò che fosse eliminata la lavanda dei piedi, momento culmine della Messa in "Coena Domini" del giovedì santo. Non fu effettuata la processione conclusiva e il Santissimo Sacramento rimase custodito nel tabernacolo. “Eccezionalmente” come racconta Vatican News, "venne concessa ai presbiteri la facoltà di celebrare la Messa senza concorso di popolo, in luogo adatto. Modificato anche l’atto di adorazione alla Croce: il bacio, si specifica, “sia limitato al solo celebrante”. 

Il 26 aprile, quando il crescendo rossiniano dell'intromissione dell'OMS nella liturgia stabilì che le uniche messe lecite erano quelle funebri seppure limitate a pochi partecipanti - 15 se non ricordo male, la CEI finalmente inviò una nota di protesta e il 7 maggio venne divulgato un protocollo d'intesa con il "Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione (!)" del Ministero dell’Interno dove si stabiliva che «nel rispetto della normativa e delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19», a partire dal 18 maggio 2020 vi sarebbe stata la graduale ripresa delle celebrazioni liturgiche con il popolo e la somministrazione di tutti i sacramenti, pur tuttavia con espressa esclusione della Cresima! 



Il protocollo del 7 maggio 2020 restò in vigore fino alla fine dell'emergenza, fino a quel 1° aprile 2022. Non pensiamo tuttavia che la celebrazione della S. Messa tornasse alla piena normalità liturgica. Vale la pena di riportare alcune perle, tratte da un documento della Diocesi di Milano, intitolato "Protocollo per le celebrazioni Allegato al Decreto del Vicario Generale del 16 giugno 2022". 

"Per gli stessi concelebranti si utilizzeranno uno o più calici comuni diversi da quello usato da chi presiede la celebrazione principale e preparati con vino e acqua già prima della celebrazione; i calici e le particole destinate ai concelebranti saranno coperte da un panno o da altra copertura idonea; ogni concelebrante, prima di accedere alla patena e al calice, disinfetterà le mani con gel idoneo; si comunicherà per intinzione, allontanandosi opportunamente dal calice e tenendo in mano un purificatoio – uno diverso per ogni celebrante – che raccolga eventuali gocce o frammenti. Chi presiede la celebrazione purificherà personalmente il proprio calice. - Il diacono si comunicherà sotto la sola specie del pane oppure per intinzione utilizzando per lui un calice diverso (nelle concelebrazioni, sarà quello già previsto per i concelebranti) che lui stesso purificherà mentre non purificherà il calice usato dal chi presiede la celebrazione. - Durante tutta la celebrazione le particole destinate ai fedeli siano sempre ben coperte da un panno o da altra copertura adeguata.

LA DISTRIBUZIONE DELLA COMUNIONE - La particola grande, tenuta in mano da chi presiede la celebrazione, sarà interamente da lui consumata. - Chi presiede la celebrazione ed eventualmente gli altri Ministri, dopo che si saranno comunicati, provvederanno ad indossare la mascherina e procederanno a una scrupolosa detersione delle proprie mani con soluzioni idroalcoliche. È possibile usare dispositivi di distribuzione. In caso di contatto tra Ministro e fedele, il Ministro provvederà subito a igienizzarsi nuovamente le mani. - Si consiglia ai fedeli di detergere le mani con soluzione idroalcolica prima di ricevere la Comunione.

Per l’Unzione degli Infermi il presbitero usi mascherina di tipo FFP2 o FFP3 senza valvola e, per ungere il malato, rimane l’indicazione di usare un batuffolo di cotone o una salvietta o un bastoncino cotonato biodegradabile. Il Ministro igienizzerà le mani prima e dopo le unzioni." 
(cit. "Protocollo per le celebrazioni Allegato al Decreto del Vicario Generale del 16 giugno 2022")
Oltre a queste, restavano in vigore le già ben note disposizioni generali di legge riguardo alla S. Messa: 
  • scambio di pace: è opportuno continuare a volgere i propri occhi per intercettare quelli del vicino e accennare un inchino, evitando la stretta di mano o l’abbraccio;

  • distribuzione dell’Eucaristia: i Ministri continueranno a indossare la mascherina e a igienizzare le mani prima di distribuire l’Eucaristia preferibilmente nella mano (e la mano del fedele);

  • sintomi influenzali: non partecipi alle celebrazioni chi ha sintomi influenzali e chi è sottoposto a isolamento perché positivo al COVID-19;

  • igiene ambienti: si abbia cura di favorire il ricambio dell’aria sempre, specie prima e dopo le celebrazioni. Durante le stesse è necessario lasciare aperta o almeno socchiusa qualche porta e/o finestra. I luoghi sacri, comprese le sagrestie, siano igienizzati periodicamente mediante pulizia delle superfici con idonei detergenti;

  • acquasantiere: si continui a tenerle vuote [erano state svuotate fin dall'inizio dell'emergenza, ndr];

Segnalo, a mo' di botto finale, questo articolo del 9 giugno 2020 su Holyart, un sito di vendita online di articoli religiosi che celebrava "il ritorno alla S. Messa insieme ma in sicurezza".

Orbene, proprio quell'acqua benedetta che allora fu tolta d'imperio da ogni acquasantiera del regno delle tenebre, con la Chiesa che, come abbiamo visto, non fece praticamente opposizione,  vi ritorni ora gelida in forma di secchiata in faccia assieme a questa domanda che da ieri mi frulla in capo: "La messa una cum OMS era valida e lecita?"

A fronte di tutto quanto avete letto, un inconfondibile tanfo di blasfemia non può non avervi ammorbato le narici leggendo dell'Eucaristia da prendere letteralmente con le pinze che, cito dal sito Holyart
"...diventano strumento indispensabile per il ministro, per evitare rischi di contagio. [...] sono leggere, maneggevoli e non rompono l’ostia.
Non bisogna pensare che l’utilizzo di questo strumento possa contaminare la sacralità della cerimonia eucaristica.
Anzi, è proprio acquisendo comportamenti virtuosi, che preservano noi e gli altri dal contagio, che dimostriamo in modo ancora più efficace il nostro impegno e la nostra fede".

Capito?

Infine la cancellazione di tutte le misure ecclesiali anti-coronavirus, comprese quelle sui dispositivi di protezioni, fu ufficializzata con la lettera della CEI dell'8 maggio 2023, seppure i vescovi diocesani potessero ancora «disporre o suggerire alcune norme precauzionali come l’igienizzazione delle mani prima della distribuzione della Comunione o l’uso della mascherina per la visita ai malati fragili, anziani o immunodepressi». 

Tre anni di lontananza dei fedeli dai sacramenti, di loro sostituzione prima con la "comunione spirituale" e le messe online e poi con quell'altra comunione senza la quale non si poteva né comprare né vendere, non passano senza lasciare vittime sul campo.
Ecco quindi, da indegna peccatrice ma assoluta sostenitrice del potere salvifico e non certo patogeno del corpo di Gesù Cristo, cosa che solo a sentirla ipotizzare mi fa bollire il sangue, rivolgo a chi potrà rispondermi alcuni miei dubia sorti dalla rievocazione di quel periodo tremendo.

1) Disinfettare le mani prima di maneggiare la particola, implica forse che il corpo di Cristo possa essere contagioso o contagiarsi a sua volta trasmettendo il contagio? Può l'emblema della Salvezza diventare strumento di perdita della salute fino alla perdita della vita?

Il rovello afflisse già allora alcuni raffinati teologi, ma sentite cosa rispose don Roberto Repole alla domanda:

Forse abbiamo un'idea un po' soprannaturalistica della salvezza, che ha poco a che fare con la concretezza della nostra vita?

R. - Penso di sì. E in questo senso forse quello che stiamo vivendo è un'opportunità per cogliere davvero che cosa significhi che il Dio con cui abbiamo a che fare ha preso fino in fondo la nostra carne. È una carne che in questo momento può essere malata e dunque anche i sacramenti sono gesti che hanno a che fare con questa carne malata. Dobbiamo riconoscere che abbiamo a che fare con un’umanità che è infettata e che quindi potrebbe rendere quei gesti qualcosa di diverso da ciò che sono, cioè portatori di salvezza. Non possiamo pensare a un Dio che porti la salvezza mentre porta la malattia.

Siete svenuti? Proseguiamo.

2) Come è possibile pensare che si sia potuto somministrare l'Eucaristia con i guanti di lattice e con le pinze senza invalidare la celebrazione solo perché la particola era comunque di grano e vi era l'intenzione da parte del sacerdote di compiere la transustanziazione? Tutte quelle imposizioni che hanno di fatto stravolto la liturgia possono aver invalidato il sacramento per la blasfemia aliena che portavano all'interno della celebrazione?  Si può escludere che quelle disposizioni fossero imposte proprio a fine di blasfemia e sacrilegio? Nessun sacerdote si è domandato se non stesse per caso commettendo qualche atto illecito?
Oppure si può veramente sostenere che anche in quelle condizioni aberranti, quindi in qualunque circostanza di fatto i sacramenti siano sempre e  comunque validi?

3) E' possibile che, dopo cinque anni da quell'abominio della celebrazione, nessuno nella Chiesa tra i parroci e i vescovi abbia pensato di fare ammenda per la cessione di sovranità all'entità anticristiana? Si è davvero potuti tornare alla normale celebrazione della Santa Messa come se nulla fosse accaduto senza riconoscere che vi era stata una profanazione e una rottura che richiedevano di riconsacrare e purificare le Chiese? Praticando anche qualche sano esorcismo sui dispenser non già di grazia ma di quel gel disinfettante fetente e appiccicoso, vero e proprio apporto ectoplasmatico di origine sospetta che sostituiva l'unico disinfettante infallibile per i diavoli, ovvero l'acqua santa?

4) Se non onorare il precetto domenicale equivale a commettere peccato mortale, come è stato possibile che la Chiesa, sospendendolo, abbia permesso che i fedeli incorressero in massa in quel peccato, per giunta su imposizione di un potere non religioso come quello dell'OMS? La celebrazione una cum OMS era dunque valida? L'imposizione di una legge che i giuristi stessi definirono anticostituzionale ha potuto costituire valido e giustificato motivo di esenzione dai sacramenti?

5) Sarebbe stata possibile sotto Benedetto XVI pienamente regnante e non in sede impedita la resa incondizionata della Chiesa a quello stupro sanitario liturgico? O era piuttosto necessario un buon Papa Francesco che, come tocco finale, elevasse la sua sinistra lode all'atto d'amore non già di Dio Padre ma delle case farmaceutiche? Francesco che però, poco dopo la fine dell'emergenza perse inspiegabilmente il suo diritto a celebrare la S. Messa? Benedetto XVI può aver garantito fino alla sua morte la protezione sulla Chiesa derivante dal suo munus petrino? 

6) E' giusto infine ignorare il fatto che le celebrazioni di quel periodo possano aver indotto il dubbio ed allontanato dai sacramenti proprio quei fedeli che maggiormente hanno avuto contezza della blasfemia che si stava perpetrando e che, vedendo come la Chiesa di Francesco non l'abbia mai rinnegata, ritengono che nemmeno il ritorno alla normale celebrazione dei sacramenti ne garantisca la liceità e perfino la validità?

Ecco un altro bel compito per il prossimo vero Papa dell'unica Chiesa Romana, Cattolica e Apostolica: riparare all'affronto compiuto durante quelle "messe" in scena, pronunciandosi ex catedra sulle circostanze che possono influire su liceità e validità dei sacramenti e tranquillizzare i fedeli a riguardo. Quel tristo periodo della nostra storia recente, non a caso benedetto all'incontrario dall'antipapato gnostico, ha lasciato profonde ferite anche nel rapporto tra i ministri e i fedeli e non si può fingere che esse abbiano smesso di sanguinare solo perché si fa finta che nulla sia accaduto e si è tornati a celebrare nella normalità. Forse insieme ma non certo in sicurezza tale da non poter ancora temere di potersi perdere l'anima. 



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