venerdì 28 marzo 2014

L'incoscienza felice del Sig. Coriandoli


Hanno affidato il ministero del Lavoro al presidente dell'Alleanza delle Cooperative Italiane. Wow, si emoziona il piddino, ecco finalmente la sinistra al potere! E' vero, questa è la sinistra al potere ma non è quella che pensate, cioè è proprio quella. Confusi? Capisco.
Giuliano Poletti, l'esecutore materiale del BJobAct renziano con sottofondo della cavalcata delle Valchirie è apparatchik fino al midollo. E' uno nato dall'uovo del serpentone metamorfico PCI-PDS-DS-PD  che ricorda quello che sbarra la strada a Pinocchio in uno dei passaggi più criptici e profetici del testo collodiano:
(cap. XX): "Aveva veduto un grosso serpente, disteso attraverso la strada, che aveva la pelle verde, gli occhi di fuoco e la coda appuntita, che gli fumava come la cappa di un camino. Impossibile immaginarsi la paura del burattino... Il serpente si rizzò all’improvviso, come una molla scattata e Pinocchio, nel girarsi indietro spaventato, inciampò e cadde a terra. E per l’appunto cadde così male, che restò col capo conficcato nel fango della strada e con le gambe ritte su in aria. Alla vista di quel burattino che sgambettava a capofitto con una velocità incredibile, il serpente fu preso da una tale convulsione di risa, che ridi, ridi, ridi, alla fine dallo sforzo del troppo ridere gli si strappò una vena sul petto e quella volta morì davvero."
Poletti fino all'altro giorno era appunto solo un bottegaio oscuro, poi ce l'hanno presentato sul canale ufficiale di regime della Repubblica di Salotto, quella Festa dell'Unità 24h24 che è La7, dall'appunto salottina Bi(ri)gnardi. 
Avevo le lacrime agli occhi. Sembrava uno scherzo, una parodia, una di quelle felici interpretazioni del comico Maurizio Ferrini sull'ultimo comunista. Un personaggio che si credeva estinto ormai da decenni ma che evidentemente esiste ancora o hanno rianimato mettendo assieme pezzi di cadavere del cattocomunismo da regione rossa. 
Dall'intervista barbarica è venuta fuori insomma la caricatura del compagno romagnolo con tutti i luoghi comuni incastrati perfettamente in un mosaico da far crepare di invidia Teodora di Bisanzio. Un personaggio leggendario, un supereroe provinciale ad usum piddini.

Che gioia, finalmente abbiamo conosciuto di persona il marito della Signora Coriandoli, quello del coniglio con le cozze. L'infanzia contadina a pompare l'acqua per le vacche. Il giro in bicicletta, sempre da bambino, a consegnare l'Unità e poi di corsa a servir messa. Le vacanze in campeggio a Pinarella. La golosa citazione dello gnocco fritto (che, diciamolo, è romagnolo come io sono Mick Jagger). Forse è mancata l'Orchestra Spettacolo Casadei ma il resto c'era tutto, proprio tutto. Giuro. Tutto, compresa una sensazione sconvolgente di inadeguatezza, di incoscienza felice, di turbopressapochismo provinciale. 

Quanto è innocuo e tenero un personaggione così, direte. Quanto sono al sicuro i nostri diritti di lavoratori in mano a cotanta grassa opulenza da tabaccaia felliniana. Quanto è rassicurante il clarinetto festoso con il profumo della piadina, dei cappelletti tirati a mano dalla sfoglina e la sana ebbrezza da sangiovese.
E' quello che pensano i bottegai oscuri, appunto. La tecnica acchiappapiddini del compagno bonaccione, del Don Camillopeppone che fa nostalgia e rassicura come l'orsacchiotto nel lettino. 

Casualmente a costui è stata affidata, come accennavo all'inizio, la riforma ordoliberista del mercato del lavoro. Quella che in tedesco si dice Hartz e che prevederà prima o poi, perché la Valchiria lo pretende e se non vi sarà un qualche imprevisto tale da evitare per botta di culo la catastrofe, l'attacco al cuore della base elettorale del PD, ovvero gli statali, gli umarells e le azdore, i finora protetti dall'ombrellone di partito, chiamati anche loro a contribuire al trionfo del sol dell'avvenire, oops!, al Triumph des Willens del nuovo ordine europeo made in Germany.

E' sempre valido ed in corso il dibattito filosofico sul dilemma se la sinistra si renda conto di dover prima o poi giungere al redde rationem con la sua base oppure agisca per assoluta incoscienza ed ignavia, così ben rappresentata dal paffuto ministro rossocooperativo e dai duri e puri che si fanno i sogni lucidi in compagnia delle vedove dei fautori della durezza del vivere e delocalizzando i leader dove il tallone di ferro dell'ordoliberismo ha pestato più duro. 
In ogni caso sarà interessante vedere come il serpentone riuscirà ad evitare di scoppiare dalle risate.

mercoledì 26 marzo 2014

Per Elysium



Ridete, ridete, poveri necrofori incaricati di trasportare il cadavere della sinistra al crematorio per poi spargerne le ceneri sulle rovine del nostro paese.
Avete notato come l'eternamente immusonita Garbo della CGIL si scompisci quando ha vicino i Gauleiter difensori del primato tedesco che impongono i sacrifici ai lavoratori italiani? Ricordate quanto si divertì al tavolo dei padroni con Monti, tra un astice e un "coeur d'ouvrier à la sauce suprême"?
Sapete perché irRenzi ride così, pensando alle sue riforme? Perché gli hanno promesso un posto su Elysium. Una di queste sere lo vengono a prendere con il carro trainato dai ciuchini.

Vedete, in contrasto, il teutonico Schultz apparentemente immune all'ilarità piddina che lo affianca? Non è che non comprenda il fine umorismo renziano che titilla i rigidi neuroni della sindacalessa, è che è troppo preso dalla serafica contemplazione mistica dell'ennesimo trionfo della volontà del suo paese, vero caso di psicosi latente applicata al concetto di nazione.
Ad ogni modo ce ne sarà anche per la sinistra tedesca, non dubitate. La sua idiozia ci ha regalato due nazismi e due guerre in un secolo esatto. Grazie, non dovevate, ma la prossima volta io tifo Morgenthau. Un bel ventennio di ritorno all'arcadia non vi farebbe male. E nei cofani delle Mercedes ci potete coltivare le patate.

Dice, ma sei antitedesca. Embé? Che loro sono filoitaliani, con i loro stramaledetti compiti a casa? Considerate più amichevole un black mamba o Schauble?
Sei antieuropea. Si, sempre di più e me ne vanto. L'ormai odioso "inno alla gioia" (de che?) mi da il vomito e me ne fotto se è del Ludovico Van. In culo pure a lui. Io rivoglio il mio paese e voglio uscire da questo incubo.
Ma il problema non è l'euro, come dice il direttore di un giornale, non il giornalaio sotto casa, ovvero Antonio Padellaro. No, il problema è proprio quello ma i sinistri di merda ci ridono sopra.
L'euro non è un problema nemmeno per Grillo. Ok, pazienza, si voterà Giorgia Meloni o la Lega, adesso vediamo. Peccato non poter votare Marine Le Pen. Adieu mon ami, je t'aime moi non plus.

Ma così non sei di sinistra. Ebbene, vi darò un dolore ma mi sono dimessa da sinistra. Sono l'esempio vivente che dall'essere di sinistra si può guarire.  Voi state pure a piangerci su, a rollarvi le Spinelli e a farvi i fogni lucidi con i lotofagi greci,  io sono già lontano, oltre. Se vi schiodate potete anche raggiungermi.

lunedì 24 marzo 2014

The bright side of Syd Barrett


"L'esperienza psichedelica conduce per l'appunto nelle profondità della coscienza, dove l'illuminazione e la follia giacciono l'una accanto all'altra."  Albert Hofmann, 1991


Vi sono personaggi che rimangono per tutta la tua vita nascosti sulla faccia oscura della Luna e in forma di fredde nozioni da wikipedia mentale (il fondatore dei Pink Floyd, il diamante pazzo che, bruciato dall'LSD, dovette lasciare il gruppo che in seguito però gli dedicò alcune delle sue canzoni più belle mentre lui piombava nell'oblio della malattia mentale); poi, casualmente, una sera te ne imbatti guardando un documentario in televisione, quel nome e quelle nozioni prendomo vita, movimento, suono e da quel momento capisci finalmente cosa deve aver provato Paolo di Tarso sulla via di Damasco.
L'incontro con Syd Barrett è fatale. Non ti liberi più di questo meraviglioso fantasma, che diventa ben presto l'ossessione di chi si trova di fronte un oggetto cosmico di straordinaria bellezza ed impenetrabile mistero che non ti lascia fintanto che non hai provato a conoscere tutto di lui, a spiegarlo e a rendergli giustizia. Perché, ti chiedi, non conoscevo la sua musica e sono arrivata solo oggi a scoprire un album come "The Piper at the Gates of Dawn"?
L'aver avuto sette anni nel '67 non è una giustificazione e nemmeno l'aver trascorso l'adolescenza all'oscuro dell'esistenza di qualsiasi forma di musica che non fosse quella classica perché rinchiusa nella Guantanamo di un conservatorio di musica, con il risultato di ritrovarsi a vent'anni con gusti pop musicali orrendi che taccio per pudore e che sono però riuscita a rieducare nel tempo a forza di Hendrix, Morrison e tutto ciò che musicalmente ha contato nel novecento. Credevo di aver finito, e invece Barrett è infine la tessera che mancava, la cellar door che conduce da ciò che c'era prima di lui in musica a ciò che è venuto dopo, richiudendo il cerchio. Ascoltando Barrett non solo capisci perché i Pink Floyd sono diventati grandi ma scopri il DNA dal quale sono nati, ad esempio, Bowie, il punk, Cobain, e hai modo di renderti conto di cos'era la musica prima della decadenza attuale, della musica come tortura sonora dei centri commerciali.

Non stupisca la costante ricorrenza della metafora astronomica nel riferirsi all'autore di brani come "Astronomy Domine" e "Interstellar Overdrive", legata dell'ambientazione di alcune sue esperienze lisergiche; essa è perfettamente consona ad un personaggio che è immerso in quell'immaginario collettivo anni '60 per il quale lo spazio e l'al di fuori non erano mai apparsi così a portata di mano e perché stiamo parlando di un'esistenza ad immagine e somiglianza del destino di una stella gigantesca, di una supernova che poi divenne black hole, buco nero capace però di esercitare un'attrazione irresistibile in tutti coloro che si sono trovati volontariamente o casualmente ad avvicinarvisi. Un'attrazione che va oltre il tempo e lo spazio e che ti perde per sempre nella sua contraddizione di mondo di suoni colorati e luci armoniche, illuminato da lampi di genio e abissi di disperazione dai quali rischi infine, se li guardi troppo a lungo, di fartene guardare.

Le prime vittime di questa ossessione furono gli stessi Pink Floyd, infestati a tal punto dall'ispirazione barrettiana da cercare disperatamente di esorcizzarla attraverso due dei loro concept album. Casualmente i più immortalii: "Wish You Were Here" ma soprattutto "The Dark Side of the Moon", dove qua e là compaiono frammenti, echi, ricordi, ectoplasmi del loro primo album barrettiano. Non so se si può parlare di Sindrome di Salieri per Roger Waters ma anche "The Wall" sembra l'ennesimo tentativo di un buon musicista di liberarsi dall'impari confronto  con un essere mozartiano come Syd Barrett. E tutto ciò per  ritrovarsi, nel nuovo millennio tritacarne di YouTube, con la propria opera più ambiziosa, "The Wall", mashuppata con Stayin' Alive dei Bee Gees (l'orrore... l'orrore..., povero Roger, nel senso di Waters).

Dal punto di vista musicale l'opera di Barrett è assolutamente unica. E' l'entusiasmo di scoprire una nuova specie sonora misteriosa e luminosa che vive in un lago buio in fondo alla coscienza, è entrare in un'altra dimensione di melodie aliene che pure scopri esserti perfettamente familiari. Un linguaggio armonico assolutamente comprensibile anche nei passaggi più atonali ed apparentemente destrutturati. In questo senso il brano più straordinario è sicuramente "Interstellar Overdrive" (la versione dell'album, quella che preferisco o qui in versione alternativa) dove la melodia discendente (una costante nella scrittura di Barrett) piano piano si liquefa in un flusso di musica pura e senza confini per poi riemergere in forma distorta e ricostruirsi nel riff iniziale dopo averti portato ovunque.
Oltre la pura sperimentazione, la libera associazione di suoni nei brani come "Interstellar Overdrive" vi sono le canzoni che ci accompagnano nel mondo fantastico e ancora infantile di un autore che, non bisogna dimenticarlo, all'epoca in cui le scrisse aveva solo vent'anni: "Bike", "The Gnome", "Mathilda's Mother". "Flaming" è un gioiello assoluto. Un momento di assoluta e pura contemplazione dagli echi di Glockenspiel che ci riportano al mondo fantastico del Flauto Magico.
Una menzione a parte merita l'ultimo brano di Barrett inserito in un album, il secondo, dei Pink Floyd, "Jugband Blues", prima della definitiva rottura. Un vero e proprio testamento da lasciare ai compagni, incapaci di reggere la sua personalità, la sua eccentricità e forse timorosi di vedersi sfuggire un successo oramai a portata di mano per colpa di un pazzo che si rifiutava di cantare dal vivo durante la prima tournée in America, ma che saranno costretti dal destino a non liberarsi tanto facilmente di lui: "and I'm wondering who might be writing this song". Jugband Blues è un potente sberleffo con un uso mahleriano e grottesco della musica bandistica. Un cosmico e lisergico pernacchio ad uno dei più grandi gruppi rock della storia da parte del suo fondatore.

Dopo l'esperienza con i Pink Floyd Syd Barrett torna in studio di registrazione per due album solisti, tra il 1968 e il 1970. "The Madcap Laughs" e "Barrett" contengono brani particolarissimi come "Golden Hair" una melodia struggente di otto note ripetute su un testo di James Joyce che sembra provenire da un altro mondo, il blues assolutamente folle e alla Zappa di "Maisie" o la fiaba umoristica dell' "Effervescing Elefant". Sempre di quel periodo sono "Bob Dylan Blues", uno straordinario omaggio al cantautore di "Blowing in the wind", e "Gigolo Aunt" che sembra un vestito tagliato su misura per David Bowie, il quale invece registrerà una versione nemmeno delle migliori di "See Emily Play", uno dei primi singoli dei Pink Floyd, e canterà una fin troppo impacciata ed intimorita "Arnold Layne" live nel 2007.

Dopo questi ultimi lavori e un estremo tentativo di concerto dal vivo con una band chiamata Stars, Syd abbandona per sempre la musica. La cosa può sembrare incomprensibile e folle solo a chi non sappia come la musica sia perfettamente in grado di succhiarti la vita e mandarti fuori di testa se non ucciderti, se le permetti di prendere il sopravvento, se osi metterne in discussione il ruolo di primo piano nella tua vita e se hai altri interessi che vorresti parallelamente coltivare. Syd tradiva sistematicamente la musica con la pittura, il suo vero amore. La musica è amante possessiva e fatale e non perdona. Non c'è niente di folle nell'evitare ciò che ti fa ormai solo male.
Lo sforzo compositivo è uno dei più intensi intellettualmente e, come ha sottolineato Rob Chapman nella sua bella biografia di Barrett "Una mente irregolare", il tour de force al quale fu sottoposto dopo l'esplosione del successo dei Pink Floyd, con continui concerti, esibizioni e comparsate televisive, avrebbe distrutto e mandato in esaurimento nervoso chiunque.


Negli anni settanta, anni nei quali di lui si sa ben poco, ma forse perché trascorrono senza che succeda nulla di importante, il Syd musicista lascia spazio sempre di più al Roger Keith Barrett che cerca di rimettere assieme i pezzi della sua mente irregolare, come lui stesso la definiva, provata da esperienze troppo intense e vissute tutte assieme troppo presto, tra le quali l'abuso di droghe non è stato forse l'unico elemento patogeno.
Dispiace che l'unico aneddoto riferito a quegli anni e regolarmente raccontato in tutte le interviste dai membri superstiti dei Pink Floyd, non senza una punta di vittimismo autoassolutorio e la lacrimuccia d'ordinanza, sia l'episodio al limite tra la leggenda e la realtà del Syd ormai sfigurato ed irriconoscibile che si presenta come un fantasma negli studi di registrazione durante la realizzazione di "Wish You Were Here", ispirato e dedicato, guarda un po', proprio a lui e che sparisce dopo essersi comportato in maniera da traumatizzare per sempre i poveri ex compagni. Peccato perché altre immagini successive invece non ce lo mostrano affatto irriconoscibile ma soltanto ciò che si diventa con gli anni: più grassi, stempiati e senza più la luce dei vent'anni negli occhi.

Nel 1982 Roger Keith Barrett torna a casa, a Cambridge, nella città degli stravaganti in bicicletta e dei tanti geni. La Cambridge di Isaac Newton, di Ludwig Wittgenstein e dell'inventore del primo calcolatore, il suo allievo Alan Turing, suicida con una mela avvelenata che ispirerà il visionario Steve Jobs, la città di Stephen Hawking, di John Maynard Keynes, di tre dei Monty Python (Cleese, Chapman, Idle) e dei Pink Floyd, appunto.
Le immagini ce lo mostrano ritornato ad una normalità e perfino banalità d'aspetto che possono sembrare anormali solo in questo mondo votato all'apparire ed al glamour ad ogni costo.
La storia personale di Syd Barrett, analizzata attraverso le sue azioni, perché l'intimo del suo cuore rimarrà per sempre giustamente un mistero,  così come la vera entità della sua dissociazione dalla realtà, è comunque quella di un uomo che ha dimostrato una titanica volontà di ricostruirsi e riprendere possesso della propria vita dopo aver rischiato di perdersi e per questo si è dimesso da rockstar, ha compiuto il gran rifiuto, scegliendo la tranquillità del suo nido e della sua città natale.
Non so perché ma le ultime immagini di Roger ormai anziano, a spasso in bicicletta per Cambridge, mi fanno venire in mente "l'Ultimo Imperatore" di Bertolucci, quando Pu Yi, finalmente libero dalle catene della divinità e da un ruolo sociale sempre vissuto come un peso, se ne va tranquillo per Pechino, negli abiti modesti di un cinese qualunque.

C'è un altro elemento caratteristico della personalità di Roger Barrett che rimanda ad un concetto totalmente in contrasto con il materialismo assoluto della nostra epoca. Dipingeva i suoi quadri, li fotografava e poi li distruggeva. Riusciva cioè a separarsi dalle proprie creazioni, a riconoscerne l'impermanenza.
Sembrerà paradossale dirlo ma questo, assieme al ritiro volontario nella quiete di una vita normale, sembra il percorso che solo un uomo che abbia potuto, attraverso l'esperienza lisergica, andare in profondità nel proprio sé guardando in faccia il proprio lato più oscuro, può percorrere sulla via della purificazione e dell'allontanamento dalla sofferenza e forse della guarigione. La migliore conclusione che si possa trarre dal dibattito sulla presunta follia di Barrett, mai ufficialmente diagnosticata, è racchiusa nella citazione che ho riportato dello scopritore dell'LSD Albert Hofmann, sull'illuminazione che giace accanto alla follia, e nel pensiero di Cesare Musatti, secondo il quale la psicosi è un evento che ognuno di noi può sperimentare nella propria vita; in un certo senso un evento quasi fisiologico dal quale si può anche tornare indietro, come dimostrano tanti casi di persone che dopo malattie mentali anche gravi sono guarite o per lo meno hanno trovato un loro equilibrio all'interno di esse. Sappiamo che la dichiarazione di follia è servita nei secoli come marchio d'infamia per la repressione della creatività e della diversità e che non c'è condanna peggiore che essere dichiarati ufficialmente pazzi e rimanerne marchiati anche quando ormai ne siamo usciti o tentiamo di conviverci. Solo il concepire la follia come irreversibile e la sua riduzione ad evento organico ha potuto condurre all'abominio della lobotomia come "cura" chirurgica.

Oggi, in questo mondo triste e vuoto e in quest'epoca disperata, Syd Barrett sarebbe considerato banalmente un artista multimediale. Pittore, musicista, visionario, pop star. Se avete letto fino a qui sentirete stridere questa definizione in tutta la sua inadeguatezza. Era tutto ciò ma ancora e ancora di più, all'infinito.
Ciò che è invece terribilmente vero è che avremmo un disperato bisogno dell'ispirazione di persone come Roger Keith Syd Barrett che, magari con una canzone e un guizzo di genio, riescono a squarciare il velo di tristezza che ci opprime, e che per questo quando le incontriamo sul nostro cammino ci affascinano fino alla perdizione.
C'è un fatto straordinario che rappresenta infine la vendetta postuma del vero genio che non può essere scalfito né dal tempo (ecco il senso ultimo della metafora del diamante in tutto questo discorso), né dallo stigma della morte civile e dell'apposizione della lettera scarlatta della follia, e tanto meno, in fondo, dalla propria scelta consapevole di scomparire in vita e di distruggere il proprio mandala di sabbia multicolore con un gesto della mano sperando di essere dimenticato. Questo fatto è l'incredibile numero di persone che, a quasi cinquant'anni dai suoi splendori e a quasi dieci dalla morte, avvenuta il 7 luglio del 2006, l'uomo e l'artista Roger Keith Syd Barrett ancora riesce a conquistare. Esattamente come quando da ragazzo, bello più del sole, spaccava cuori a ripetizione. Ti chiedi il perché e non riesci ancora a capire.
Magari Syd Barrett è proprio quel gatto siamese sempre al tuo fianco. "That cat's something I can't explain".


"Il ritorno ha successo. L'uscita e l'entrata avviene senza errore. L'arrivo di un amico è senza colpa. E' prossimo il ritorno sul sentiero: si ritorna al settimo giorno. E’ propizio avere ove recarsi." (I Ching, capitolo 24, Il Ritorno)

mercoledì 19 marzo 2014

Bimbi e grulli


Lo so, è allucinante ma non è un'allucinazione.


E' reale. Il leader di Bischerology tagliato male e spacciato per enfant prodige. La fanzine senza vergogna con le foto inedite e la copertina vagamente pedonecrofila con la foto da bimbo morto, porello, il giorno della comunione.
Si, è tutto vero, purtroppo, e i piddini non hanno niente da dire in proposito, suppongo. Non notano né il ridicolo né la deriva da culto della (mancanza di) personalità. Non si vergogna nemmeno la classe dei giornalisti che ormai, con questo, ha sfondato la nona porta della dannazione. Berlusconiano? Peggio.

lunedì 17 marzo 2014

Democrazia è quando popolo fischia


Eh già, le zie ricche europee e i neo-cons (nel senso francese) d'oltreoceano si sono beccati nu bello pernacchio alla De Filippo dall'orsetto crimeo, deciso a restare vicino a mamma orsa russa. 
Perché mai un referendum svoltosi in maniera regolare, a detta degli osservatori stranieri (ma diranno che quelli cinesi non valgono come i loro bambocci dell'OCSE), non debba essere rispettato nel suo risultato solo perché questo fa male al re, dovrebbe rendere chiaro all'osservatore il carattere pericolosamente sociopatico ed antidemocratico della politica estera occidentale; di questo impero ultradecadente impegnato nella quarta guerra mondiale per il nuovo secolo americano ovvero del trionfo del capitalismo assoluto e dell'instaurazione del Reich delle multinazionali. 

Non è difficile capire perché i referendum di autodeterminazione debbano essere evitati, annullati o dichiarati in fuorigioco. Perché oggi c'è la Crimea e domani, chissà, la Gran Bretagna potrebbe chiedere ai sudditi di sua maestà se desiderano dare un calcio all'Europa e la permanenza nella garrota unica dei trattati europei potrebbe venir sottoposta, nei paesi nei quali fosse previsto, a revisione mediante referendum.

Scusate, cari i miei sociopatici: il golpe ucraino della raperonzola bionda con i suoi contractor-boys vale e l'autodeterminazione del popolo crimeo a maggioranza russofila non vale? Certi pur discutibili primi ministri eletti dal popolo possono essere esautorati con un golpetto ben assestato sul coppino ed al loro posto possono venire imposti degli avventizi non eletti ma da voi nominati e sul vostro libro paga? 
E' il principio di indeterminazione applicato al concetto di democrazia. Un referendum è valido o non valido a seconda del punto dal quale lo osservi. Capisco ma non mi adeguo.
Per me, e per qualunque essere pensante e raziocinante, democrazia è quando popolo fischia.

La Fuhrerin Merkel ha notoriamente una fottuta fobia dei cani.
Guardate che gran pezzo di cagnone molto karasciò è andato ad annusarla, pora bestia.
Io co 'sto Putin tra un po' me ce fidanzo.




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