venerdì 8 agosto 2025

Il nocciolo della quaestio e la nube purpurea sul Vaticano


Immagine generata da IA Grok


Piano piano, unendo tutti i puntini, si incomincia ad individuare nel mondo cattolico uno schema che iniziò a delinearsi almeno da dicembre 2024, quando la salute di Bergoglio aveva iniziato a declinare tra ricoveri, sparizioni e riapparizioni a sorpresa - clamorosa quella  in poncho, fino all'ultimo giro trionfale in papamobile proprio il giorno prima della scomparsa avvenuta il 21 aprile del 2025.
Uno schema che preparava accuratamente il dopo Bergoglio non come momento atteso di disvelamento della verità ma di occultamento e cancellazione definitiva di prove e costruzione di altre fasulle. 
Di negazione dell'evidenza e di omertà assoluta sul segreto più inconfessabile della storia della Chiesa: la rinuncia nulla e invalida di Benedetto XVI e la sua sede impedita.

Il clima di  timore reverenziale che ancora oggi Bergoglio ispira all'interno del Vaticano, destino affine a quello dei tiranni passati a miglior vita, dimostra che egli sembra essere rimasto "in forma diversa" a presidiare quello che fu per dodici anni il suo regno assoluto ed incontrastato. E ciò accade perché evocandolo continuamente come l'"amato predecessore" e l'"amato papa Francesco" di fatto non lo lasciano andare. Cosa inspiegabile perché oltretutto la folla dei fedeli, che è femmina, lo ha già sostituito con il papa americano.  

Non guardate male i bergogliani, però, perché non sono loro a trattenerlo ma il variopinto mondo tradizionalista che sulla carta aveva osteggiato Bergoglio ma in realtà mai ha osato definirlo antipapa - che è termine tecnico, per altro, non necessariamente denigratorio, essendovi stati antipapi santi.  Un mondo tradizionalista che ancora oggi infligge sonore bacchettate a chi osa ricordare come il buon papa Francesco fosse capace di azioni malvagie. 
In effetti la scomparsa fisica di Francesco ha obbligato il clero conservatore ad uscire dalla zona di conforto che gli aveva offerto il papa eretico ma non troppo, ovviamente modernista quanto basta per poter continuare a fingersi tradizionalisti duri e puri, attribuendo ogni male più ai papi postconciliari che lo avevano preceduto che a lui, e con quel pizzico di zolfo che insaporiva il tutto rendendolo colpevolmente peccaminoso, restando su quel vertiginoso confine precario tra beatitudine e dannazione. 

Bergoglio giustificava inoltre certe pretese di primogenitura e rivendicazioni di verginità teologica che poi, morto lui, sono inevitabilmente crollate nel bluff che erano sempre state. Vanità, attitudine al compromesso ed al voltafaccia, se non al tradimento vero e proprio, sono vizi clericali che l'antipapato di Bergoglio ha rivelato come il Luminol steso sulla scena di un delitto. 
Se Benedetto XVI intendeva purificare la Chiesa, bisogna dire che Francesco ha svolto perfettamente il ruolo che gli era stato assegnato dal disegno divino. 

Un timore reverenziale manzoniano nei confronti del risveglio della propria coscienza ha reso quindi di fatto gli autocertificati "veri cattolici"  i migliori amici dell'usurpatore e i fedeli custodi del suo innominabile segreto e del relativo scandalo, ricoperto per dodici lunghi anni da un silenzio di piombo.  E pensare che subito dopo il 2013 chiunque andasse per caso in Vaticano poteva trovare chi spontaneamente gli raccontava che il papa Benedetto XVI era "prigioniero"  - condizione identificata in seguito da Andrea Cionci come sede impedita, e che "quello là" (Francesco) era un usurpatore vendicativo capace di licenziare in tronco i dipendenti solo perché erano stati fedeli collaboratori di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II: facendolo con la stessa noncuranza con la quale avrebbe poi estirpato la vigna di Castel Gandolfo del predecessore, facendo piangere l'anziano Papa Ratzinger. Si, queste sono malvagità, reverendi padri. 

Ebbene, venendo allo schema al quale mi riferivo all'inizio esso è ormai delineato da tutta una serie di manovre mediatiche, paradossalmente non di stampo bergogliano ma tradizionalista, tese a sigillare per sempre la verità sulla questione della sede impedita di Benedetto e dell'usurpazione del trono petrino, ricoprendola con un sarcofago di cemento pari a quello che racchiude il reattore esploso il 26 aprile 1986 a Chernobyl.

Hanno atteso il nuovo conclave ma, subito dopo l'elezione di Leone XIV, papa dubius in attesa di conferma o ribaltamento del risultato, si sono cominciati a notare, con progressione implacabile e tempistiche inequivocabili, una serie di riposizionamenti da parte di chi aveva pur appoggiato la rivelazione del vero significato escatologico e purificatorio del gesto di papa Benedetto XVI. Ovvero quello di porsi in sede impedita per continuare a fungere da katéchon e compiere un atto di riparazione per la Chiesa occupata dalle forze gnostiche che l'avevano profanata

Come se lo scandalo dell'usurpazione del 2013 non fosse stato abbastanza grave, il fatto è che la scomparsa del katéchon a seguito della morte di Benedetto ne aveva creato uno ancora più grave, rappresentato dal silenzio della Chiesa sul fatto che il "papa" Francesco con il quale si celebrava in unione non aveva mai ricevuto il munus e tantomeno lo aveva avuto ora in eredità dal suo predecessore. Dal 1° gennaio 2023, chiunque esercitasse in pratica il ministerium, Francesco o un amministratore apostolico, il munus era comunque ritornato a Gesù Cristo e nessuno in terra poteva rivendicarlo.  

E' questo il doppio scandalo e la vergogna che dovevano essere evitati da chi sapeva e probabilmente aveva sempre saputo, quindi era necessario demolire tutto l'impianto della sede impedita e tentare di ripartire dalle dimissioni di Ratzinger, validandole falsamente a posteriori per legittimare inevitabilmente anche Bergoglio. Tanto si sarebbe potuto sempre dire, come affermato dal cardinale Ruini in quest'articolo del 27 aprile 2025, che "Il pontificato di Benedetto XVI è stato insidiato dalla sua scarsa attitudine a governare". Il ritorno del Ratzinger sbadato e pasticcione che non passa mai di moda. Una catastrofe teologico-canonica paragonabile appunto al risultato delle manovre sconsiderate compiute dai tecnici della centrale che finirono per provocare l'incidente nucleare.

Tra i liquidatori della Chernobyl vaticana che si stanno sacrificando incuranti delle radiazioni  provenienti dal nocciolo della quaestio che inevitabilmente esploderà comunque, o per la famosa "bomba di luce" della verità sulle dimissioni di Benedetto XVI o per l'emersione di rivelazioni  devastanti su Bergoglio, una menzione particolare la merita mons. Nicola Bux, più volte definitosi collaboratore prima del cardinale e poi del papa Ratzinger. 

Bux ha finalmente partorito in un libro a quattro mani con Vito Palmiotti intitolato "Realtà e utopia nella Chiesa" la famosa lettera ricevuta da Benedetto XVI nel 2014 da lui già sbandierata in diverse occasioni, ad esempio in un'intervista del dicembre scorso sul canale Visione TV, come prova definitiva dell'inconsistenza della tesi della sede impedita.
Lettera che, nonostante il sicuramente non spontaneo cancan mediatico e la relativa lapidazione di Andrea Cionci - unica voce rimasta a non riempire di improperi e sberleffi uno dei più grandi papi della storia e a volerne difendere la memoria del sacrificio,  non contiene alcuna clamorosa rivelazione e si è già sgonfiata nel ballon d'essai che è evidentemente sempre stata. 

Tuttavia, sempre nell'intervista del dicembre scorso di Toscano, mons. Bux non parlava di singola lettera sulla questione delle dimissioni ma di carteggio, ovvero di uno scambio di lettere con Benedetto sull'argomento e rivelava che anche mons. Viganò era al corrente del carteggio. Se di tale prezioso materiale è stata pubblicata solo una missiva dove non si parla affatto di abdicazione - al contrario di ciò che hanno titolato certe bettole di comari beghine, e che non dimostra assolutamente nulla, dobbiamo attenderci altre clamorose lettere ad orologeria in un inutile e snervante tira e molla teso ad allontanare invano l'esplosione del reattore o era tutto qui lo scoop talmente clamoroso da dover attendere la morte di due papi per essere divulgato?
Ah, se siete curiosi di leggere la lettera dovrete acquistare il libro, a proposito di  "Cionci vuole solo fare i soldi con i libri".
Un'ultima nota a margine sul trucco mediatico di annunciare con i tromboni in un titolo un contenuto che poi non si riscontra nel testo dell'articolo. Lo fanno perché la gente si ferma al titolo. In secondo luogo, vige la falsa convinzione che "se una cosa viene annunciata come vera, deve esserlo per forza". Soprattutto se viene pubblicata in un libro stampato. Questa è la propaganda.

In ogni caso ogni inutile e pretestuosa polemica sull'affaire Bux può essere pietosamente chiusa sul davanti con la spilla da balia dell' articolo del 2018 pubblicato sul blog di Aldo Maria Valli "Duc in Altum", dove il prelato dimostrava di non escludere affatto l'ipotesi dell'invalidità della rinuncia di Benedetto XVI, invocando addirittura la necessità di uno studio sull'argomento. Studio poi eseguito da Andrea Cionci ma che per qualche motivo dev'essere rigettato assieme all'ipotesi originaria di invalidità della rinuncia stessa. I misteri delle cattedrali. Ecco la citazione dall'articolo:


Ripeto, è un articolo del 2018. E come faceva mons. Bux ad avere dei dubbi sulla validità giuridica della rinuncia di papa Benedetto XVI nel 2018 se la lettera autografa del papa emerito che svelava tutta la verità era in suo possesso già dal 2014?  Era sul tavolo e non l'aveva notata, come la lettera del racconto di E.A. Poe?

A proposito di mons. Viganò, oggi egli ha pubblicato una preghiera per la liberazione della Chiesa, definendo Leone XIV imprigionato da catene ed invocando l'aiuto divino per la sua liberazione.
Forse Leone XIV (anche lui impedito?) per liberarsi dalle catene avrebbe bisogno, oltre alle preghiere, anche di qualche prelato che con coraggio prendesse un paio di tenaglie e scendesse nell'arena ad aiutarlo. Magari ammettendo finalmente l'impedimento di Benedetto XVI che farà esplodere la verità e ripulirà le coscienze. Ma si sa che il coraggio è meglio lasciarlo ai laici.


lunedì 28 luglio 2025

Siamo già al principio di iperrealtà?

Immagine generata da Grok

 

Accolgo l'invito dell'amico Andrea Cionci ad approfondire il discorso sul rapporto tra principio di piacere e principio di realtà, che lui tratta in uno dei suoi ultimi podcast.

L'argomento è assai stimolante e mi ha ricordato la mia analisi personale di formazione quando esso ne rappresentava il leit-motiv a causa della mia resistenza ad accettare il principio di realtà del dover considerare l'analisi come un lungo e doloroso percorso sulla strada impervia della crescita e non una piacevole passeggiata magari agevolata da troppo comode scorciatoie. La funzione formativa dell'analisi al fine dell'accettazione del principio di realtà l'ho compresa solo molti anni dopo averla conclusa quando, da bambina capricciosa del "tutto mi è dovuto e subito", ho raggiunto infine la ragionevolezza unita alla pazienza, strategia, determinazione e precisione millimetrica di un cecchino.

Per comprendere che nasciamo individui dominati dal principio di piacere basta osservare i bambini come reclamano a suon di urla e strepiti la soddisfazione dei loro bisogni primari. Usciti dall'infanzia siamo però tenuti ad acquisire la capacità di accettare la frustrazione che nasce appunto dall'impatto con il principio di realtà del non poter sempre soddisfare e subito le pulsioni e i desideri. E' un processo normale e assolutamente necessario che comunque si può realizzare, per nostra fortuna e purtroppo per gli psicoterapeuti,  anche senza andare in analisi. 

E' unicamente attraverso l'utilizzo di strategie cognitive superiori che la frustrazione, da rabbia e sofferenza, si trasforma in  progettualità per l'ottenimento di ciò che vogliamo per il nostro bene, nel rispetto delle esigenze altrui perché uno degli scopi del crescere è uscire dall'egocentrismo infantile - che purtroppo nel narcisismo patologico adulto rimane incistato nell'eterna insoddisfazione e senza possibilità di cura.
Imparare a ragionare prima di agire è l'unico modo per trarre il massimo profitto dalle pulsioni naturali della nostra natura umana, concentrando le nostre energie sul soddisfacimento di quelle veramente necessarie alla nostra realizzazione di persone adulte.

Il desiderio d'altra parte non può e non deve essere puramente represso perché resta comunque ciò che alimenta l'azione. Pensiamo alle passioni che determinano le nostre scelte di vita, non solo nel campo delle relazioni amorose e in quello degli studi e del lavoro ma soprattutto delle arti alle quali ci applichiamo. Le muse ci offrono la loro inspirazione solo in cambio dell'offerta continua in sacrificio della nostra energia vitale, che solo la passione può rifornire e rinnovare. Mio padre diceva che la scultura richiedeva uno sforzo fisico pari all'allenamento sportivo più duro e ogni musicista sa quanto sangue richiedano Euterpe ed Erato prima di concederti il piacere del virtuosismo e della padronanza dello strumento per lasciarti libero di dedicarti totalmente a quello sublime dell'interpretazione. 

Ecco quindi la passione unita alla disciplina, allo sprezzo del sacrificio di sé. L'esperienza più nobile che possa toccare all'Uomo perché in quel momento di perfetta unione con Dio che è l'accettazione del dono dell'arte, Egli lo rende partecipe di un granello della sua forza creatrice.  
Il desiderio deve essere domato come un cavallo affinché possa condurci alla vittoria nelle varie battaglie della vita. Se diventiamo spade d'acciaio è perché veniamo letteralmente forgiati dal martello dell'esperienza sull'incudine della frustrazione.

Principio di piacere e principio di realtà non devono quindi essere visti come espressioni di forze contrapposte ma complementari. Le quali, se bilanciate ed armonizzate infine in una personalità consapevole e matura, realizzano l'Uomo e la Donna, superando la limitatezza del maschio e della femmina. Questo continuo processo di trasformazione, di progressione cromatica wagneriana tra le emozioni e le loro conseguenze non si esaurisce con il raggiungimento della maturità ma prosegue tutta la vita, ogni volta stimolato dalle esperienze positive e negative che viviamo, comprese le mutazioni di prospettiva, i cambi di tonalità e le soluzioni armoniche inaspettate.

Non si può non accennare infine al ruolo fondamentale dei genitori in questo nostro processo di uscita  dall'infanzia del tutto subito. Essi sono coloro che ci offrono i modelli ai quali ispirarci e conformarci. Entrambi sono i primi somministratori di gratificazione e frustrazione proprio per abituarci al si e al no. 
La nostra infernale società familicida vuole cristallizzare ognuno di noi in  un eterno bambino al quale venga continuamente detto "fa ciò che vuoi" da quelle che sono delle atroci parodie delle figure parentali, dispensatrici di diritti inutili a fronte della somministrazione di sempre nuove frustrazioni dei bisogni materiali e spirituali essenziali. Eliminata la famiglia come nucleo fondativo della società non viene solo eradicata la civiltà che comprende tradizione, cultura e religione, ma viene cancellato l'Uomo.  Ce ne rendiamo conto? 

L'ovvia conseguenza, per venire al tema dell'attuale cattoanarchia, è che se manca il Papa è perché manca il Padre.  Il Papa è il Padre. Il Papa è il vicario di Cristo, che è anche Dio e Padre. La Grande Madre andina non può sostituire il Padre ma può impedirne il ritorno. 
Se manca il Papa-Padre possono esserci preti che sostengono che "se si vuole davvero qualcosa, quel qualcosa poi si avvera" (quello che il mio analista definiva il pensiero magico di chi vuole negare il principio di realtà). Possono esserci fedeli che confondono la fede con la manipolazione religiosa di gruppo, che è offerta di soddisfazione rapida ma a caro prezzo del desiderio di spiritualità in assenza di un vero ed unico Pastore legittimo. Se ne rendono conto gli una cum purchessìa che la questione è un tantinello più tragica di quanto sembri e che è il caso di svegliarsi? Mi rivolgo anche rispettosamente a Leone XIV.
Ricordo che il principio di realtà dell'attacco alla transustanziazione potrebbe arrivare da un momento all'altro come un fulmine, e poi i pianti e i lamenti non servirebbero più. 
Vedo un grande titolo all'orizzonte: "Vale la pena di sacrificarsi per i cattolici?"

L'ultima considerazione me la ispira l'immagine che ho commissionato per questo post a Grok, il motore IA di "X", al quale ho chiesto di mostrarmi Tommaso d'Aquino, Isaac Newton e Steve Jobs che guardano una mela. L'associazione mi era venuta considerando che la storia dell'Umanità è scandita dalla costante presenza simbolica di questo frutto. Saltando l'ovvio imprinting di Eva, la mela ritorna nella teologia (Tommaso e il principio di realtà come ricordato da Andrea Cionci), nella Scienza (Newton e la forza di gravità, il motore dell'universo, "l'amor che move il sole e l'altre stelle") fino a Steve Jobs, il fondatore di Apple, famoso per il motto "Stay hungry, stay foolish", ovvero "siate affamati, siate folli" ma che questo interessante articolo propone di tradurre diversamente in "siate bramosi di conoscenza restando sempre un po' irrazionali". 

In effetti la citazione, che Jobs trasse dalla cultura alternativa dei suoi tempi, debitrice netta dell'irrazionale ed edonistica psichedelia di Albert Hofmann scopritore dell'LSD e di Timothy Leary, sembra invocare più il principio di piacere che quello di realtà. E potrebbe ricollegarsi anche al lato irrazionale alchemico-magico dello scienziato Newton, designando alla fine come mente più razionale dei tre proprio Tommaso. La Religione è quindi Il Logos, a differenza della Scienza? E ovvio, visto che proprio in questa immagine frutto della cosiddetta Intelligenza Artificiale, quindi di una macchina messa a punto dalla scienza applicata alla tecnica, essa ha inserito un elemento irrazionale e straniante: quella mela sospesa, come sollevata in aria dal pensiero magico del matto Jobs.
Matto nel senso dei tarocchi, ovviamente. Quella figura esoterica che si avventura nell'ignoto, senza paura, con uno sguardo pieno di curiosità e apertura  verso i misteri della natura e dell'Uomo.

L'IA cerca quindi di manipolare semplicemente la realtà o di spingerci a rielaborarla ex novo attraverso un principio di iperrealtà? 

Caro lettore,  quella mela in aria è assurda: se non sei d'accordo devi spegnere il computer.



domenica 20 luglio 2025

I social nuocciono gravemente a sacerdoti e fedeli? Ulteriore risposta a padre Giorgio Maria Faré




Sono debitrice di una risposta a padre Giorgio Maria Faré perché nella sua live del 16 luglio intitolata "Don Minutella e A. Cionci: facciamo un po' di chiarezza...!" mi ha tirata in ballo trascinandomi nell'ennesima alluvionale campagna di denigrazione a mezzo video che dal 12 maggio scorso, un po' chiamandolo per nome e un po' appellandolo con il termine impersonale di "qualcuno", egli sta dedicando con frequenza e minutaggio impressionanti ad Andrea Cionci. 

Parlerò più avanti del carattere estremamente tossico di questa campagna, visto che possiedo i titoli e la competenza professionale di psicologa ed esperta in comunicazione per farlo.
Sbrigo quindi velocemente la pratica che dimostrerà infondate, pretestuose e totalmente da rigettare le accuse che mi vengono mosse nel suddetto video e mi dedicherò piuttosto più approfonditamente ad un'analisi delle dinamiche che emergono da episodi come questi.
 
Nella prima citazione dedicatami padre Giorgio mi rimprovera aspramente per una frase del mio recente articolo "Hic Sunt Leones (un po' troppi)" dove, secondo lui, l'avrei citato impropriamente associandolo agli altri Leoni dei quali parlo nel testo e intimandomi pertanto di non citarlo più "fuori contesto", non essendo io autorizzata a farlo. Ah, invece fare insinuazioni di disonestà intellettuale su altre persone non richiede l'autorizzazione da parte degli interessati? Rimandandovi all'articolo completo nel caso foste interessati a leggerlo, riporto qui la citazione incriminata:

"[...] il Leone come simbolo cristico divenuto emblema delle predicazioni di padre Giorgio Maria Faré - il quale considera Prevost un antipapa per motivi procedurali canonici [...]

Padre, io che non ho affatto "dimenticato Bologna", conservo una felpa, una maglietta e una sciarpa con raffigurati l'emblema del Leone che campeggia alle sue spalle durante le sue live e il motto della sua omelia del 16 ottobre: "Non consegnerò il Leone".  Mi scuso se ho volgarmente pensato trattarsi di merchandising, visto che tali oggetti erano posti a disposizione dei partecipanti al convegno. Prendo quindi atto che lei non ha mai voluto sfruttare l'immagine del Leone - che io per altro correttamente avevo associato a Cristo - anche se poi stranamente arriva a rivendicarne una sorta di primogenitura accusando me e Andrea Cionci di essere "invidiosi" di tale primato. Padre, davvero, io sono basita.

La seconda citazione di padre Giorgio riguarda una pura congettura ma piuttosto malevola che coinvolge non solo me ma Andrea Cionci e l'amico Arturo Ferrara di "Altrementi", secondo la quale non avremmo più realizzato un'intervista a don Cornet già programmata, insinuando che lo si sia fatto con malizia. Nei giorni del conclave, io, il dott. Cionci e don Fernando Cornet partecipammo ad una prima trasmissione invitati da Arturo Ferrara. Era previsto che don Cornet partecipasse anche alle successive trasmissioni - in tutto furono tre, se non sbaglio - ma ricordo bene che don Cornet, come confermatomi da Arturo Ferrara, declinò gli inviti successivi per suoi impegni, rimandando la disponibilità ad altra futura occasione. 

Don Cornet sa che gli ho sempre rinnovato l'invito a partecipare alle mie trasmissioni. Anche perché io sono stata la prima in Italia ad avere l'onore di dargli voce, dedicandogli due interviste sull'Orizzonte degli Eventi che furono poi riprese sul canale di Andrea Cionci, proprio per amplificarne al massimo la copertura, visto che il mainstream, che il dott. Cionci tentò di interessare alla questione prima che le interviste venissero pubblicate, ignorò completamente il caso di un sacerdote scomunicato solo per aver scritto un libro. Esistono quindi giornalisti e giornalisti.
Il mio affetto per don Cornet non è mai cessato e se i rapporti si sono in qualche modo raffreddati a me dispiace ma penso che chi ha messo gli uni contro gli altri in questa situazione sia stato proprio chi sta accusando me, Cionci e Ferrara di averlo fatto. Un caso di scuola di proiezione e triangolazione, come dirò in seguito.
Aggiungo che anche padre Giorgio è stato da me invitato fin dal dopo 13 ottobre sul mio canale ma che l'intervista fu sempre rimandata perché lui mi spiegò che preferiva prima realizzare interviste su canali esteri, come il John-Henry Westen Show

Ecco, per quanto riguarda me personalmente la risposta finisce qui ma dato che padre Giorgio al minuto 1:45:45 del video "Extra Omnes: risposta ad Andrea Cionci" del 12 maggio, che è stata la Pearl Harbor di questa guerra mediatica, dice: "Di fronte a affermazioni pubbliche bisogna essere disponibili a osservazioni pubbliche soprattutto quando va di mezzo la salus animarum", occupandomi della salute delle menti è mio dovere pronunciarmi sul carattere tossico dell'utilizzo dei social a scopo denigratorio, che alla fine si configura come esercizio di violenza psicologica non meno grave di quella esercitato di persona. Anzi, ancora più grave perché agita di fronte ad una platea potenzialmente sconfinata di spettatori.

Torno quindi alle campagna che ha preso di mira Andrea Cionci e che si sta svolgendo sul canale Veritatem in facientes caritate. 
Padre Giorgio, in un mio precedente articolo-risposta a lei dedicato dopo Pearl Harbor, avevo già accennato al "disagio provato nei confronti di ciò che mi era parso un processo, per giunta alle intenzioni, in assenza sia dell'imputato che dell'avvocato della difesa e andato avanti per 2 ore e 19 minuti nonostante avesse la sentenza già scritta e depositata." 
Ecco, il carattere inquisitorio del processo si è poi confermato nel corso delle ultime settimane, essendo esso arrivato ad una durata complessiva di più di 13 ore e minacciando di proseguire ad oltranza, come lei ha già annunciato.

Ogni nuova udienza di questo processo sta cominciando a scandalizzare non più solo me ma sempre più persone, per il fatto che queste live sembrano catechesi ma poi all'ascolto si rivelano tutt'altro, ovvero una continua imbarazzante denigrazione ad personam, apparentemente giustificata da motivazioni di correzione dottrinale su questioni di fede, le quali però non dovrebbero di certo concretizzarsi in una forma di pubblica denigrazione
Questa dissonanza cognitiva acuisce il senso di scandalo, di turbamento per chi le ascolta, che deve pure sentire chi le pronuncia rimproverare il destinatario che preferisce non farlo. O dovrebbe egli  masochisticamente utilizzare le sue live come cilicio virtuale? 

Chiunque di noi appaia su uno schermo diventa automaticamente parte della società dello spettacolo e in preda al rischio costante del situazionismo più estremo; ed essendo questa società ormai posseduta dal Male, lo schermo del computer o televisivo assume la stessa funzione dello specchio di potersi trasformare in portale, lasciando entrare nella nostra esistenza, nella nostra mente e nella nostra anima, oltre a quelle benevole, ogni tipo di influenze malevole. La tastiera del computer può trasformarsi nella tavola Ouija, se creiamo le condizioni per l'evocazione di dinamiche tossiche di relazione sociale nelle quali le entità diaboliche trovano il loro nutrimento. Le ammonizioni di padre Amorth in questo senso furono sempre profetiche.

A causa del noto nefasto periodo del domicilio coatto punitivo i  rapporti umani sono inevitabilmente migrati sempre di più dalla vita reale a quella virtuale e in particolar modo sui social, con conseguenze che potrebbero essere state devastanti, visto il proliferare di tutti i fenomeni psicopatologici legati all'interazione a distanza ed all'isolamento, soprattutto quelli passivo-aggressivi di tipo narcisistico. 
Le tre fasi dell'abuso narcisistico sono sempre più riconoscibili anche nelle relazioni sui social: bombardamento d'amore per catturare la preda, seguito da denigrazione (gaslighting) e isolamento della preda dai suoi amici (triangolazione), scarto della preda dopo averla distrutta psicologicamente (depersonalizzazione). 
Siamo diventati nostro malgrado tutti potenziali manipolatori e manipolati da tecniche utilizzate anche nella tortura, nate per piegare la volontà non già delle svenevoli signorine strette nel busto ma degli uomini più forti e resistenti per soggiogarli nella dittatura della disumanizzazione.

La Rete - che non è quella di Pietro - ci fa regredire a fasi precristiane di comportamento. I rapporti sociali vengono ricostruiti in rete sullo schema di piccoli gruppi a carattere tribale e a me questo scegliere una vittima da immolare per essere sbranata in gruppo ricorda i rituali pagani di sacrificio. Sacrifici mimati ma le cui conseguenze si avvertono fisicamente e moralmente come vere ferite nella carne. Siamo cristiani o aztechi o druidi? 
Perché il problema non è solo chi guida il gruppo ma coloro che assistono, commentano, infieriscono, partecipano al pasto sentendosi approvati ed autorizzati a farlo dal capo. Anzi, mettendosi in luce di fronte al capo per perfidia e violenza, in questo caso verbale, per evitare di diventare essi stessi vittime, sperando che il capo li premi con la grazia della sua benevolenza. 
Ancora una volta si riscontra lo schema del narcisismo nel quale gli attori di queste dinamiche di gruppo vengono definite "scimmie volanti", con un riferimento alla fiaba del "Mago di Oz".

Padre Giorgio, li ha letti i commenti che i suoi fedeli mi hanno dedicato in chat mentre lei mi rimproverava? Per non parlare di quelli che riservano all'imputato durante le udienze del processo. Le donne come sempre possono essere le peggiori e non è un caso. Soprattutto i commenti non differiscono da quelli che si leggono sui canali di altri sacerdoti definiti settari. Sono identici. Stesse tecniche, stesse modalità, stessa ferocia che mi chiedo da dove derivino, visto che, spento il computer, oscurato lo specchio, chi le mette in pratica ritorna come se niente fosse a pregare e a considerarsi un buon cristiano, anzi migliore di coloro che non sbandierano ai quattro venti la loro fede ma la conservano pudicamente nel loro foro interno.

E' dal periodo oscuro della virologocrazia che anche i rapporti tra fedeli e sacerdoti sono ormai migrati sulla Rete e forse occorrerebbe una pausa di riflessione sulle conseguenze che ciò ha avuto nel dilagare di fenomeni che di cristiano hanno ben poco. E' forse necessario essere laici per accorgersene?
Il momento in cui la Chiesa si prestò come volonterosa crocerossina addetta alla disinfezione del corpo di Cristo fu purtroppo decisivo come punto di non ritorno dalla barbarie del non essersi opposti, dell'aver ceduto e non aver protetto i fedeli. E questo per la solita paura delle conseguenze e per la tendenza al solito troncare e sopire.
Come non si può dimenticare la limitazione della propria libertà civile, da cristiani non si può soprassedere sulla chiusura delle chiese, sull'isolamento degli infermi privati dei conforti religiosi perfino in fine vita e sulla dispensa di fatto dal precetto domenicale e dagli altri sacramenti sospesi dalla fine di febbraio al 18 maggio 2020 ma con il ritorno alla piena normalità liturgica solo due anni dopo. Senza contare l'aver imposto il distanziamento sociale nel luogo in cui anticamente si accoglievano gli appestati e i perseguitati di ogni sorta. 
Questi misfatti pesano sulla Chiesa più ancora che sulla classe politica e non sono ancora stati da essa riconosciuti come la sottomissione al male che rappresentarono. Per cui tutto questo giudicare in punta di fioretto i laici della pagliuzza senza aver fatto ammenda della trave risulta ancora una volta scandaloso alle orecchie dei piccoli.

L'effetto del lento avvelenamento mercuriale dell'inganno nato dal commissum non rivelato apertamente da chi di dovere ha fatto maturare la sfiducia nei confronti dell'Istituzione: non palese ma percepita inconsciamente, a livello subliminale, dalla generalità dei fedeli e ahimè dai sacerdoti, ed è la cosa più devastante che il misfatto del 2005 e poi il colpo di stato del 2013 ci hanno lasciato.  Un macigno ciclopico che solo una volontà e forza leonine potranno rimuovere dal cammino verso la riconciliazione. 
Quella che Leone XIV ha ricevuto in eredità è una Chiesa frammentata, dispersa, in preda al nichilismo e all'anarchia, dove vige la stessa indisciplina di quelle classi scolastiche rette da professori troppo timorosi e incapaci di farsi valere con l'autorevolezza e dove, in un Colosseo invertito, i cristiani sbranano i leoni che pur lottano per essi. Temo che i dodici anni di bergoglianesimo abbiano letteralmente macinato in un tritacarne gnostico la fede ma anche la psiche dei sacerdoti i quali, privati anch'essi del katéchon, quel katéchon che ancora non si fa sentire e non palesa chiaramente il suo ritorno, se avvenuto, sembrano tormentati dalle lusinghe della fama, della popolarità e dei demoni del narcisismo, dimenticando il dovere dell'empatia, che non è il buonismo fasullo del todos todos, ma l'amore per il prossimo di Cristo. Io non voglio che venga fatto al mio prossimo ciò che non vorrei che fosse fatto a me, per ciò devo intervenire.

L'empatia per giunta non è un'esclusiva dei cristiani. La cultura giapponese, che attribuisce al rispetto degli altrui sentimenti e valori un'importanza fondamentale, stabilisce che sia riprovevole gioire troppo evidentemente alla presenza di estranei, perché tra questi potrebbe esserci qualcuno che in quel momento sta soffrendo per qualsiasi motivo, fisico o morale, e la nostra gioia potrebbe acuire la sua sofferenza. Non è il wokismo del "mi sento offeso" ma empatia e rispetto, espressi in punte di raffinatezza a noi decisamente sconosciute e che forse la contaminazione occidentale di quel nobile popolo sta provvedendo a smantellare come da noi viene fatto per ogni retaggio di civiltà classica.

Per fortuna però, allontanandosi dallo specchio delle nostre brame, si riesce ancora a stabilire dei rapporti sani con persone reali che conservano gelosamente la normalità nei propri comportamenti e che la rete ha solo permesso che si mettessero in contatto. Persone per le quali esistono dei valori non negoziabili come l'amicizia, che non è solo la disponibilità per la mangiata e la festa ma il sostegno, la difesa e la lealtà in ogni momento, soprattutto in quelli difficili come quelli che stiamo vivendo. 


"Ci sono persone che si dedicano alla coltivazione dei fiori solo per poterne strappare i petali."
Yukio Mishima



LE FONTI

"Don Minutella e A. Cionci: facciamo un po' di chiarezza...!"   dal min. 1:10:23 al min. 1:13:33 e dal min. 1:45:24 al min. 1:47:17.





martedì 1 luglio 2025

HIC SUNT LEONES (UN PO' TROPPI)


Ho ritrovato per caso, nella versione letta e commentata da Andrea Cionci sul suo canale, un mio vecchio articolo del dicembre scorso contenente un ritrattino del cattolicesimo romano che ritengo essere ancora molto attuale. 
Ciò che notavo allora era una situazione di caos pressoché totale. Cito: 
"Una Babele abitata da para-gnostici, dove ognuno si sente ormai libero di esprimere la propria carica eretica e creatività scismatica [...] e la disobbedienza al Papa è il prerequisito per una gigantesca transizione di genere verso la gnosi, comprendente  l'individuazione di un "demiurgo malvagio" che, nel caso dei tradizionalisti, è sempre il papa precedente."
Un quadro drammatico che però rientrava benissimo nella logica dell'antipapato dissolutorio bergogliano. Ora però Jorge Mario Bergoglio non è più e formalmente abbiamo Leone XIV, pontefice in formazione, destinato a diventare stella luminosa, se Papa, o pianetino spento, se ennesimo antipapa. 
In attesa di dirimere la questione della legittimità, occorrerebbe riservare comunque a Leone XIV rispetto, se non altro - lo ribadisco - per non doversi amaramente pentire un domani di aver rinnegato il vero Vicario di Cristo, mentre si può sempre essere  giustificati del fatto di essere stati tratti in inganno in buona fede da un antipapa. 
E invece il trauma Bergoglio - che agisca in maniera cosciente o meno in chi lo vive - sta facendo sì che non solo non si obbedisca ai papi precedenti ma non si riesca più a riconoscere ed obbedire ad alcun papa che ci venga presentato, vero o illegittimo che sia, per una forma di neo-antipapismo di matrice protestante di cui forse non ci rendiamo ancora conto. Se questa tendenza dovesse prendere piede e consolidarsi, sarebbe un colpo fatale assestato al cuore della Chiesa cattolica, e chi orchestrò il colpo di stato del 2013 lo sapeva assai bene.

Sicuramente Leone XIV è percepito come papa legittimo dalla stragrande maggioranza dei cattolici, quella che di solito non si fa domande, ma noto che tra coloro che  in questi anni hanno vissuto più da vicino il travaglio dell'antipapato, Leone viene percepito come falso a prescindere, in automatico antipapa perché successore di antipapa e indegno di credito e fiducia per una sorta di pregiudizio in radice. Paradossalmente in questi primi cinquanta giorni egli viene trattato con severità assai maggiore di quella riservata a Bergoglio nei tredici anni del suo semiregno. 

La mancanza di rispetto e di riconoscimento dell'autorità papale in sé, come istituzione, a volte assume toni inquietanti, come mostrano le immagini del tizio che, dopo averlo ben mirato, ha scagliato un orsacchiotto in testa a Prevost, spostandogli la papalina, mentre la sicurezza inseguiva le farfalle in una piazza dove,  anni fa, ad un Papa fu sparato da distanza ravvicinata. Dopo l'imprudenza del biscottino accettato dalla mano di un bimbo innocente, Papa Leone è un po' troppo in balia dell'anarchia che sembra regnare in Vaticano, per lo meno riguardo alla sicurezza personale del suo primo cittadino. Anche questa è disobbedienza al Papa, come quando un professore troppo mite viene deriso e sbertucciato da una classe di monelli ingestibili. 
E' ora che Leone sfugga al safari organizzato a suo danno, riprenda in mano la situazione finché è in tempo ed inizi ad assestare qualche bella zampata per marcare finalmente il territorio rivelandoci al più presto la verità sulla sua elezione e riconoscendo al contempo il sacrificio di Benedetto XVI. Permanendo l'incertezza, pur con tutte le migliori intenzioni, non sarà mai rispettato come si conviene al Papa.

Un altro fenomeno di questi giorni è la proliferazione dei "Leoni", dei Doppelgänger del Leone Re che stanno francamente tramutando il mondo in una savana. Donald Trump raffigurato come un leone, Israele identificato con il leone e via ruggendo. 
In ambito cattolico se  ne possono identificare almeno tre: oltre al Leone papa Prevost e il Leone come simbolo cristico divenuto emblema delle predicazioni di padre Giorgio Maria Faré - il quale considera Prevost un antipapa per motivi procedurali canonici - da ieri si è aggiunto il Leone di Maria, mutazione finale di don Alessandro Maria Minutella nel Grande Prelato delle profezie. 

Dopo essersi a lungo negato alla tentazione dell'autoinvestitura ed aver assicurato che mai lo avrebbe fatto a chi fin troppo generosamente gli ha fatto credito per anni offrendogli una fiducia rivelatasi poi mal riposta e restituita in interessi di irriconoscenza e malanimo, ieri in quel di Monza lo sventurato rispose "alla volontà dei fedeli" e si è  fatto "riconoscere Grande Prelato dai confratelli, i quali ora dovranno considerarlo come unica guida indicata da niente meno che Dio stesso. 
Dispiace come per tutte le occasioni mancate della Storia - i suoi libri sono teologicamente ben scritti - ma diciamo che dopo una lunga ed estenuante lotta tra personalità, il Grande Prelato ieri ha preso definitivamente il sopravvento su don Alessandro. 

Difficile ipotizzare la reazione della Santa Sede ad una manifestazione che è iniziata con un attacco frontale all'autorità di Leone XIV, definito "papa artificiale" di una falsa chiesa di Satana, per finire con l'apoteosi autoreferenziale di qualcuno che fu già scomunicato due volte, seppure da un antipapa; la sobrietà dei raduni del Piccolo Resto non attira certamente l'attenzione mediatica come la pacchianeria degli ori e stucchi palmariani ma in ogni caso il fai da te cattolico del crearsi le proprie chiese, ovunque si manifesti, necessiterebbe urgentemente di una seria regolamentazione, prima che gli ultimi lapilli dell'eruzione bergogliana strinino il pelo ai leoni e li tramutino in statue di lava non più in grado di ruggire unicamente in nome di Cristo.

domenica 22 giugno 2025

IN DUBIO PRO LEO



Una premessa di carattere generale. Il marchio indelebile dei nostri tempi ultimi è il tradimento in tutte le sue forme, sia nei rapporti interpersonali che nella relazione tra cittadini ed istituzioni e al suo massimo livello nel rapporto tra Stato e politica. 
Restare fedeli agli ideali, ad una linea e gli uni agli altri; essere leali ad amici e sodali combattenti per la medesima causa è la nuova prova d'onore e direi di santità che pochissimi riescono a superare mentre camminano a piedi nudi ferendosi sui frantumi accuminati delle maschere che cadono al minimo soffio del vento generato dalla verità.  
Giuda appare trionfante sui megaschermi di Babilonia mentre Cristo viene tradotto dal Getsemani al carcere di Pilato, perché i miserabili sceneggiatori del presente vorrebbero riscrivere la storia del sacrificio cristico facendo scorrere i titoli di coda sul Dio sconfitto anche grazie ad apostoli addormentati e in confusione, comunque incapaci di opporsi ad un potere malvagio che in quel momento sta prevalendo. The End.

Vengo ora alla questione. E' la Cristianità intesa come civiltà, cultura e tradizione ad essere stata tradita e  fatta prigioniera in quel suo lontano undici più settembre che febbraio, e la sede impedita di Benedetto XVI, ultimo papa sicuramente legittimo, è stata la vera profezia sul futuro, l'avvertimento che si è voluto ignorare, la metafora che non si è voluta cogliere e ancora oggi si rinnega, isolando e irridendo chi ce l'ha poi rivelata.
Sono state brave le sirene a confondere con il loro canto ingannevole fedeli, intellettuali e sacerdoti convinti di poter passare indenni con la barca di Pietro tra Papato e Antipapato, perché le ossa di costoro biancheggiano ora sugli scogli. 

Il Vaticano è come un piccolo regno circondato da eserciti nemici ed altri solo apparentemente amici i quali, anche non volendo essere a tutti i costi apocalittici, sembrano proprio quelli di Gog e Magog. Anche gli anticristi si sprecano. Come in un libro giallo dove ad ogni pagina compare un possibile sospetto ma mai pienamente convincente perché provvisto di alibi nel capitolo successivo, dovremo attendere di leggere le ultime pagine per scoprire chi sia il vero colpevole.
Sempre ovviamente che questa sia davvero l'Apocalisse giovannea e non qualcosa che ne rappresenta solo un'ottima imitazione, una simulazione o esercitazione di quelle che di solito però precedono veri attentati, pandemie, catastrofi e guerre.

Nell'ipotesi che sia veramente Leone XIV o che sia antipapa Leone, è innegabile che in ogni caso Francis Prevost sia stato investito del compito di gestire la Chiesa in un momento terribile, forse il più terribile, in quel senso di apocalittica resa dei conti che stiamo vivendo e all'insegna di quel tradimento e inganno che fa saltare ogni regola di reciproca lealtà. 
Tra le sfide più importanti e pericolose di Leone XIV credo vi sia quello di mantenere ben distinto lo spirito cristiano cattolico da quello evangelico apocalittico che sta andando allegramente verso l'Armageddon con la stessa sconsiderata scelleratezza con la quale un bambino smarrito si lascia prendere per mano dal losco figuro che, con una caramella, gli ha promesso di riportarlo da mammina che lo sta aspettando.  Leone è chiamato a difendere il cattolicesimo da uno stravolgimento del messaggio cristico ancora più pericoloso e fuorviante di quello della Riforma, in quanto matrimonio contronatura tra opposti, tra vittima e carnefice, che può entusiasmare solo i traditori e chi ha rinnegato Cristo non solo tre ma innumerevoli volte e senza nemmeno bisogno del canto mattutino del gallo.

L'incognita sull'era Prevost è quindi la seguente: l'antipapato di Bergoglio è durato abbastanza per permettere ad una forma di reazione resistente interna di riorganizzarsi eleggendo un nuovo vero papa, o per annichilirla completamente consegnandola ad un altro antipapa?  La risposta risiede in quella che ho definito la nuova magna quaestio, ovvero la legittimità petrina di Leone XIV, dalla quale dipende anche la forza e l'autorità con la quale il Papa, ma solo se autentico, può influire sui destini del mondo in quanto Vicario di Cristo. 
Ora, se i nemici della Chiesa hanno pensato a suo tempo di poterle infliggere un colpo mortale piazzando un antipapa gnostico e sabotatore al posto del vero papa, proprio il coraggio del suo successore (papa o antipapa che sia) di rivelare la sede impedita di Benedetto XVI e la verità sulla sua legittimità oppure illegittimità, potrebbe essere la migliore e più devastante delle controffensive. Chissà che il nome Leone non volesse richiamare proprio il coraggio che ci vuole per affrontare il più dirompente degli scandali ma anche per dominare la forza purificatrice che deriverebbe dal suo disvelamento. 

Ecco perché non ha alcun senso pratico liquidare Leone come antipapa per mero vizio di forma, come se fossimo in tempi normali e in ballo vi fossero solo rivalità tra nobili stirpi, rivoltandosi contro chi ne ipotizza invece la legittimità come possibilità, non come certezza.  In tempi eccezionali per combattere il male le contromisure non necessariamente potrebbero limitarsi alle regole codificate. Le guerre si sono vinte anche grazie a chi ha decifrato i codici del nemico e a chi ha tirato fuori al momento opportuno l'arma segreta. 
Confesso che mi risulta inspiegabile anche il rifiuto a priori dell'idea che la Chiesa dell'istituzione possa aver cercato, in quest'ottica resistente, di riappropriarsi del proprio potere in questi dodici anni di antipapato attraverso una figura simile a quella dell'"amministratore apostolico" già prevista per altro dal Codice di diritto canonico in ambito diocesano. 

Liquidare Leone come antipapa senza offrirgli il beneficio del dubbio di legittimità, condannandolo in assenza di prove certe che nessuno finora possiede e trattandolo da nemico e non da sorprendente prezioso alleato significa unirsi al delirio di chi sventola l'alibi del Concilio, addirittura tira in ballo la Riforma Gregoriana, la "Chiesa di Satana" e in concreto finisce per non offrire alcuna soluzione in alternativa alla depressione della resa incondizionata. Senza contare che proprio questo atteggiamento facilita l'indulgere della Chiesa nel noto vizio del troncare e sopire, che sarebbe ora di combattere una volta per tutte, soprattutto da parte di voi sacerdoti. Soprattutto voi che sapete.

Forse è più facile invece prendersela con chi da laico ha diseppellito una questione vergognosa come l'impedimento di un Papa che sarebbe stata di competenza del clero denunciare, essendo oltretutto in ogni sacra stanza il proverbiale segreto di Pulcinella. Registriamo infatti come Andrea Cionci, da giornalista d'inchiesta che - oops! - conduce per davvero inchieste, sia diventato il capro espiatorio di ogni contraddizione clericale e venga addirittura additato come colpevole della perdita di quelle anime che per altro erano già sfuggite ai loro pastori da anni e da ben prima di Bergoglio. 

Coraggio, ormai manca solo la verità su Leone XIV perché quella sulla sede impedita di Benedetto XVI e sull'antipapato di Bergoglio è stata portata alla luce con fatiche disumane e attende solo l'ufficializzazione formale. 
L'ipotesi dell'inganno e del tradimento da parte della gerarchia cattolica è sempre da tenere in conto ma se una qualche volontà, divina o terrena, o il semplice destino stessero conducendo inesorabilmente Prevost-Leone verso la pubblica Rivelazione della triade sede impedita - antipapato - propria legittimità, non potremmo e dovremmo assolutamente lasciarlo solo ma supportarlo in ogni modo in questo compito gravoso e pericoloso, soprattutto trovando il modo di sollecitarne attivamente l'azione rivelatrice, visto che i cattolici hanno il diritto-dovere di difendere  attivamente la sede apostolica. 
Se i portatori di verità e giustizia devono comunque essere sempre protetti, anche Prevost diventerebbe allora, che piaccia o no, un Leone da non consegnare.

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