domenica 22 giugno 2025

IN DUBIO PRO LEO



Una premessa di carattere generale. Il marchio indelebile dei nostri tempi ultimi è il tradimento in tutte le sue forme, sia nei rapporti interpersonali che nella relazione tra cittadini ed istituzioni e al suo massimo livello nel rapporto tra Stato e politica. 
Restare fedeli agli ideali, ad una linea e gli uni agli altri; essere leali ad amici e sodali combattenti per la medesima causa è la nuova prova d'onore e direi di santità che pochissimi riescono a superare mentre camminano a piedi nudi ferendosi sui frantumi accuminati delle maschere che cadono al minimo soffio del vento generato dalla verità.  
Giuda appare trionfante sui megaschermi di Babilonia mentre Cristo viene tradotto dal Getsemani al carcere di Pilato, perché i miserabili sceneggiatori del presente vorrebbero riscrivere la storia del sacrificio cristico facendo scorrere i titoli di coda sul Dio sconfitto anche grazie ad apostoli addormentati e in confusione, comunque incapaci di opporsi ad un potere malvagio che in quel momento sta prevalendo. The End.

Vengo ora alla questione. E' la Cristianità intesa come civiltà, cultura e tradizione ad essere stata tradita e  fatta prigioniera in quel suo lontano undici più settembre che febbraio, e la sede impedita di Benedetto XVI, ultimo papa sicuramente legittimo, è stata la vera profezia sul futuro, l'avvertimento che si è voluto ignorare, la metafora che non si è voluta cogliere e ancora oggi si rinnega, isolando e irridendo chi ce l'ha poi rivelata.
Sono state brave le sirene a confondere con il loro canto ingannevole fedeli, intellettuali e sacerdoti convinti di poter passare indenni con la barca di Pietro tra Papato e Antipapato, perché le ossa di costoro biancheggiano ora sugli scogli. 

Il Vaticano è come un piccolo regno circondato da eserciti nemici ed altri solo apparentemente amici i quali, anche non volendo essere a tutti i costi apocalittici, sembrano proprio quelli di Gog e Magog. Anche gli anticristi si sprecano. Come in un libro giallo dove ad ogni pagina compare un possibile sospetto ma mai pienamente convincente perché provvisto di alibi nel capitolo successivo, dovremo attendere di leggere le ultime pagine per scoprire chi sia il vero colpevole.
Sempre ovviamente che questa sia davvero l'Apocalisse giovannea e non qualcosa che ne rappresenta solo un'ottima imitazione, una simulazione o esercitazione di quelle che di solito però precedono veri attentati, pandemie, catastrofi e guerre.

Nell'ipotesi che sia veramente Leone XIV o che sia antipapa Leone, è innegabile che in ogni caso Francis Prevost sia stato investito del compito di gestire la Chiesa in un momento terribile, forse il più terribile, in quel senso di apocalittica resa dei conti che stiamo vivendo e all'insegna di quel tradimento e inganno che fa saltare ogni regola di reciproca lealtà. 
Tra le sfide più importanti e pericolose di Leone XIV credo vi sia quello di mantenere ben distinto lo spirito cristiano cattolico da quello evangelico apocalittico che sta andando allegramente verso l'Armageddon con la stessa sconsiderata scelleratezza con la quale un bambino smarrito si lascia prendere per mano dal losco figuro che, con una caramella, gli ha promesso di riportarlo da mammina che lo sta aspettando.  Leone è chiamato a difendere il cattolicesimo da uno stravolgimento del messaggio cristico ancora più pericoloso e fuorviante di quello della Riforma, in quanto matrimonio contronatura tra opposti, tra vittima e carnefice, che può entusiasmare solo i traditori e chi ha rinnegato Cristo non solo tre ma innumerevoli volte e senza nemmeno bisogno del canto mattutino del gallo.

L'incognita sull'era Prevost è quindi la seguente: l'antipapato di Bergoglio è durato abbastanza per permettere ad una forma di reazione resistente interna di riorganizzarsi eleggendo un nuovo vero papa, o per annichilirla completamente consegnandola ad un altro antipapa?  La risposta risiede in quella che ho definito la nuova magna quaestio, ovvero la legittimità petrina di Leone XIV, dalla quale dipende anche la forza e l'autorità con la quale il Papa, ma solo se autentico, può influire sui destini del mondo in quanto Vicario di Cristo. 
Ora, se i nemici della Chiesa hanno pensato a suo tempo di poterle infliggere un colpo mortale piazzando un antipapa gnostico e sabotatore al posto del vero papa, proprio il coraggio del suo successore (papa o antipapa che sia) di rivelare la sede impedita di Benedetto XVI e la verità sulla sua legittimità oppure illegittimità, potrebbe essere la migliore e più devastante delle controffensive. Chissà che il nome Leone non volesse richiamare proprio il coraggio che ci vuole per affrontare il più dirompente degli scandali ma anche per dominare la forza purificatrice che deriverebbe dal suo disvelamento. 

Ecco perché non ha alcun senso pratico liquidare Leone come antipapa per mero vizio di forma, come se fossimo in tempi normali e in ballo vi fossero solo rivalità tra nobili stirpi, rivoltandosi contro chi ne ipotizza invece la legittimità come possibilità, non come certezza.  In tempi eccezionali per combattere il male le contromisure non necessariamente potrebbero limitarsi alle regole codificate. Le guerre si sono vinte anche grazie a chi ha decifrato i codici del nemico e a chi ha tirato fuori al momento opportuno l'arma segreta. 
Confesso che mi risulta inspiegabile anche il rifiuto a priori dell'idea che la Chiesa dell'istituzione possa aver cercato, in quest'ottica resistente, di riappropriarsi del proprio potere in questi dodici anni di antipapato attraverso una figura simile a quella dell'"amministratore apostolico" già prevista per altro dal Codice di diritto canonico in ambito diocesano. 

Liquidare Leone come antipapa senza offrirgli il beneficio del dubbio di legittimità, condannandolo in assenza di prove certe che nessuno finora possiede e trattandolo da nemico e non da sorprendente prezioso alleato significa unirsi al delirio di chi sventola l'alibi del Concilio, addirittura tira in ballo la Riforma Gregoriana, la "Chiesa di Satana" e in concreto finisce per non offrire alcuna soluzione in alternativa alla depressione della resa incondizionata. Senza contare che proprio questo atteggiamento facilita l'indulgere della Chiesa nel noto vizio del troncare e sopire, che sarebbe ora di combattere una volta per tutte, soprattutto da parte di voi sacerdoti. Soprattutto voi che sapete.

Forse è più facile invece prendersela con chi da laico ha diseppellito una questione vergognosa come l'impedimento di un Papa che sarebbe stata di competenza del clero denunciare, essendo oltretutto in ogni sacra stanza il proverbiale segreto di Pulcinella. Registriamo infatti come Andrea Cionci, da giornalista d'inchiesta che - oops! - conduce per davvero inchieste, sia diventato il capro espiatorio di ogni contraddizione clericale e venga addirittura additato come colpevole della perdita di quelle anime che per altro erano già sfuggite ai loro pastori da anni e da ben prima di Bergoglio. 

Coraggio, ormai manca solo la verità su Leone XIV perché quella sulla sede impedita di Benedetto XVI e sull'antipapato di Bergoglio è stata portata alla luce con fatiche disumane e attende solo l'ufficializzazione formale. 
L'ipotesi dell'inganno e del tradimento da parte della gerarchia cattolica è sempre da tenere in conto ma se una qualche volontà, divina o terrena, o il semplice destino stessero conducendo inesorabilmente Prevost-Leone verso la pubblica Rivelazione della triade sede impedita - antipapato - propria legittimità, non potremmo e dovremmo assolutamente lasciarlo solo ma supportarlo in ogni modo in questo compito gravoso e pericoloso, soprattutto trovando il modo di sollecitarne attivamente l'azione rivelatrice, visto che i cattolici hanno il diritto-dovere di difendere  attivamente la sede apostolica. 
Se i portatori di verità e giustizia devono comunque essere sempre protetti, anche Prevost diventerebbe allora, che piaccia o no, un Leone da non consegnare.

lunedì 9 giugno 2025

TRENTA GIORNI DA LEONE

 

21 giugno 2024 - Il card. Pietro Parolin inaugura la sede della CCEE a Roma.
 Al suo fianco il futuro Papa Leone XIV Robert Francis Prevost.

Trenta giorni da leone per Prevost. Per l'esattezza trentadue giorni da papa Leone XIV trascorsi senza particolari scossoni come si confà a chi sta ancora metabolizzando la nomina a Romano Pontefice, per giunta avvenuta in una situazione peculiare e drammatica, ossia al termine della notte dei dodici anni di antipapato seguito alla detronizzazione di Benedetto XVI, con in sospeso la non certo trascurabile questione aperta della validità della propria elezione. 

Questione fondamentale che tuttavia è nota solo a chi in Vaticano ha sempre saputo ma facendo finta di non sapere e all'esterno a chi, praticamente a mani nude, ha dovuto faticosamente farsi strada tra occultamenti, ostracismi, cattivi giochi ai quale non dover fare buon viso e lottando contro una cristallina volontà di insabbiamento del più grave scandalo della storia della Chiesa provocato dagli stessi poteri che hanno dichiarato guerra all'Umanità intera. 

Tra gli infiniti meriti che un giorno dovranno essere riconosciuti a Joseph Ratzinger, il principale sarà quello di avere posto la questione ultima della legittimità del Potere e di averci avvertito della facilità con la quale un potere non fondato su un diritto divino è in grado di usurpare governi e uffici per perseguire scopi diversi da quello del bene comune e finanche il Male assoluto.  In questa lezione magistrale di un Papa tra i più grandi della Storia c'è anche l'ammonimento nei confronti di una troppo scontata fiducia in ciò che si autodefinisce democrazia. 

Ecco perché la legittimità petrina di Leone XIV è la nuova Magna Quaestio. 
Nonostante gli indizi a suo favore siano attualmente numerosi - che senso avrebbe infatti ripristinare i segni esteriori del papato se fosse stato eletto l'ennesimo antipapa? - la validità canonica dell'elezione di Leone per mano dei soli cardinali pre-2013 dovrà essere asseverata più prima che poi con un atto di assoluta trasparenza da parte della Santa Sede. Ne va della credibilità non solo del Papa ma di tutta la Chiesa che negli ultimi tempi sembra avere faticosamente iniziato quella "risalita" che un noto cardinale non certamente bergogliano in una recente conferenza ha confermato essere in corso.
Dato che non abbiamo motivo di non credere a sua Eminenza, è comunque realistico ricordare che le forze che vollero Bergoglio non sono affatto sconfitte e tantomeno espulse dal Vaticano. 
Leone in questi primi tempi deve muoversi con circospezione mediando tra chi gli richiede attestati di continuità con Francesco e chi sta operando per facilitargli l'uscita in sicurezza dai dodici anni horribiles. I nemici sono ancora lì dentro e se Leone fosse vero Papa legittimo, dotato di munus petrino e dei poteri che ne derivano, potrebbero non essere così amichevoli nei suoi confronti. 
In tal caso vogliamo tutti far superare a Leone i primi trentatré giorni di regno e far sì che sia lui, con la sua saggezza ed autorevolezza, a disvelare finalmente il mistero dietro l'usurpazione del trono di Pietro ai danni di Joseph Ratzinger.  Non è escluso che il senso profondo del suo munus possa essere proprio questa Rivelazione, questa Apocalisse.

Ma veniamo alle faccende più terrene, alla reazione a Leone XIV da parte del popolo cattolico che è rimasto esposto per anni al fuoco mediatico di copertura dell'antipapato del buon, anzi ottimo papa Francesco. 
Partiamo dalla maggioranza che non immagina che un Papa possa essere soggetto ad un colpo di stato come uno statista qualunque né tantomeno che si possa fare un Papa mentre l'altro non è morto, diversamente da ciò che recita il noto proverbio e per il quale infine antipapa è parola obsoleta da ritrovare solo nei polverosi archivi della Chiesa dei secoli passati. 
Ebbene, questo popolo ha accettato a scatola chiusa colui che gli è stato presentato come "il nuovo Papa" perché era "il nuovo Papa". 
Ovviamente non riuscendo ancora a cogliere alcuna differenza tra il Francesco degli ultimi tre anni, che durante la S. Messa restava seduto in un angolo, scuro in volto e pietosamente "tagliato" nel momento della consacrazione per evitare che si notasse la sua estraneità alla celebrazione, e Leone XIV di nuovo pienamente operativo nelle sue funzioni di celebrante e mostrato ai fedeli senza più censure. 

Decisamente più interessante è la posizione di coloro che, venuti a conoscenza dell'illegittimità di Bergoglio e avendola denunciata attivamente, invece di optare per il dubbio ed invocare la necessaria trasparenza a riguardo, senza alcuna prova o certezza che potrebbe venire solo da un atto ufficiale della Santa Sede, propugnano la teoria dell'illegittimità, diciamo, ereditaria di Leone. Il dubbio è sempre lecito ma qui si cade in un curioso fenomeno. Dopo la morte fisica di Bergoglio, sembra che non si abbia il coraggio di lasciarlo andare per sempre verso il destino che Dio ha previsto per lui, con il rischio che possa sopravvivere come Eggregoro, come forma pensiero ancora in grado di far danni.  Il migliore rimedio esorcistico in questo caso è richiedere a gran voce l'atto di trasparenza a chi di dovere su Leone XIV, per chiudere subito la questione e non trascinarla nuovamente per anni. Gli strumenti per riconoscere gli antipapi stavolta li abbiamo e non abbiamo paura di usarli.

Spenderei ora gli ultimi spiccioli di attenzione verso il mondo tradizionalista, questo blocco settario granitico-farisaico inamovibile dal 1958, per il quale chiunque si affacci dalla loggia delle benedizioni, papa o antipapa, fino a Robert Francis Prevost compreso, non può più essere considerato legittimo per il peccato originale del Concilio Vaticano II. La questione della legittimità canonica e del valido conclave non interessa loro minimamente e del resto essi stessi definiscono la situazione della Chiesa come "senza soluzione", nonostante invochino un papa della tradizione "che li confermi nella fede".  Viene il dubbio che perfino Nostro Signore alla sua seconda venuta verrebbe appellato di modernista, eretico e postconciliare. Essi nel frattempo peccano di superbia accusando di eresia tutti i papi dagli anni '60 in poi.  A che serve questa posizione?  Quale alternativa può mai offrire oltre ad un provvidenziale stallo messicano in forma di assist a tutto ciò che di devastante è stato fatto alla Chiesa, inclusi i dodici anni di Bergoglianesimo, equiparando di fatto il dialogo tra le religioni al culto della Pachamama e l'adamantina teologia di Ratzinger ai meme di Luce, la mascottina dolce? Leggere le analisi di Radio Spada de Foco su Leone XIV è per l'ennesima volta sconfortante.

In questo novero di sedevacantismo senza pudore, ecco l'ultima trovata del "Salvate il soldato Viganò" da parte degli amici e del MAGA cattolico rappresentato dal solito americano che fa finta di non saper parlare l'italiano, i quali lanciano appelli e petizioni (!) a Papa Leone XIV affinché perdoni l'arcivescovo ribelle. 
La posizione di Viganò è prettamente politica, anche riguardo all'ostilità nei confronti del segretario di Stato Parolin per i famosi accordi con la Cina.  
Viganò tuttavia fu scomunicato la scorsa estate per scisma, non solo per non riconoscere l'autorità di Francesco ma l’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II. Non si percepiscono errori in questa decisione, seppur antipapale.
E poi nell'equazione c'è un parametro illogico. Se la scomunica proveniva da un papa postconciliare illegittimo, perché un altro papa postconciliare illegittimo dovrebbe essere in grado di sanare legittimamente la questione? La finiamo di tirare papa Leone XIV per la mozzetta, visto che "tene che ffa' ", come disse l'indimenticabile cardinale di Napoli Sepe alle suorine di clausura?

Quali sarebbero i meriti di Viganò tali da meritare il perdono? Egli ha detto peste e corna di Bergoglio, lo ha definito "non-papa e anti-papa" ma evitando accuratamente di spiegare perché e rifugiandosi anche nelle ultime affermazioni in quella ridicola invalidità per vizio di consenso che serve unicamente ad evitare di dare il dovuto credito al gesto apocalittico di Benedetto XVI, il quale è stato da lui ripetutamente definito eretico e modernista nonché autore del Papato Scomposto, vera e propria interpretazione teologico-teratologica del suo gesto cristico, divulgata senza problemi su siti e social compiacenti. Un conto è denunciare un antipapa, un altro è ergersi a giudici degli ultimi legittimi e perfino santi Vicari di Cristo ai quali si deve solo obbedienza.

Chi meriterebbe senza dubbio la piena riabilitazione e cancellazione della riduzione allo stato laicale sarebbe piuttosto don Fernando Maria Cornet, colpito dalla sanzione per aver scritto un libro documentatissimo sull'invalidità della rinuncia di Benedetto XVI e dell'elezione di Bergoglio, dove ha rivelato quella faccenda della sparizione del certificato di diaconato dell'ex arcivescovo di Buenos Aires che potrebbe suffragare ipotesi clamorose sulla evidente astensione forzata di Bergoglio dal celebrare la S. Messa. 

Tornando a Viganò, la sua reazione all'elezione di Leone XIV è stata molto meditata ma non pare scostarsi dal giudizio riservato ai suoi predecessori. L'implacabile livella viganiana così si è espressa il 24 maggio scorso, riportata in un articolo di Aldo Maria Valli

«La conferma di un eretico notorio alla cattedra di San Gallo in Svizzera; la nomina di una suora come segretario di Dicastero in linea con la nomina di una Prefetta da parte di Bergoglio; i ripetuti richiami ai documenti ereticali del predecessore e al Concilio Vaticano II; le dichiarazioni su ecumenismo e sinodalità e infine l’accettazione della frode climatica pongono Robert Francis Prevost in evidente e inquietante continuità con il predecessore, e non saranno certo la stola e la mozzetta a cambiare la realtà».


Come volevasi dimostrare. Perseverare autem diabolicum.


sabato 17 maggio 2025

A PADRE FARE', UNA FILIALE PEER REVIEW



Devo anch'io una risposta a padre Giorgio Maria Faré perché, nella sua diretta serale di giovedì scorso sul suo canale "Veritatem facientes in Caritate", sono stata chiamata direttamente in causa nella querelle seguita alla pubblicazione il 12 maggio del suo video intitolato "Extra Omnes: risposta ad Andrea Cionci". Video che avevo seguito in diretta e che mi aveva lasciata allora molto perplessa, per le ragioni che di seguito esporrò. 

Quel video era stato poi commentato dal conduttore Arturo Ferrara e da Andrea Cionci stesso nel corso della diretta del 14 maggio sul canale YouTube "AltrementiTV" di Ferrara - alla quale partecipavo anch'io - dedicata alla "prima settimana di Leone XIV" . Arturo Ferrara, anch'egli tirato in ballo perché da intervistatore aveva chiesto a Cionci di rispondere alle contestazioni a lui rivolte contenute nel video di padre Giorgio, ha già risposto da parte sua.

In quell'occasione avevo ribadito nei commenti, rispondendo ad un ascoltatore, il disagio provato nei confronti del video del 12 maggio di padre Faré, perché mi era parso un processo, per giunta alle intenzioni, in assenza sia dell'imputato che dell'avvocato della difesa e andato avanti per 2 ore e 19 minuti nonostante avesse la sentenza già scritta e depositata. 
Padre Giorgio si è detto stupito di questo mio commento e mi ha invitata ad intervenire, quindi ora mi sento in dovere di argomentare il mio pensiero ma in modo più approfondito, a maggior ragione dopo aver potuto anche analizzare il testo che in quel video lui lesse e commentò, e che mi ha chiarito ulteriormente le idee.

Accingendomi ad una filiale peer-review della dispensa pubblicata da padre Giorgio Maria Faré, definita studio scientifico, quindi di mia competenza, astenendomi tuttavia dalla valutazione delle sue obiezioni finali sull'interpretazione della "sede vacante", di competenza dei canonisti, dall'analisi del lavoro rilevo immediatamente alcune criticità metodologiche. 

1) La prima, da allerta rossa, è che il MUTAMENTO (o CAMBIAMENTO) DELLA POSIZIONE del dottor. Cionci  viene DATO  PER CERTO fin dai titoli e dalle premesse della dissertazione. Certezza che, nel prosieguo della trattazione, non verrà mai suffragata da prove documentali.



 2) Seconda criticità. Come si legge nel primo paragrafo dello scritto e viene affermato dallo stesso padre Giorgio nella presentazione del relativo video, la MOTIVAZIONE che avrebbe reso addirittura necessario lo studio di un presunto (ma qui dato per certo) "cambiamento di posizione del dott. Cionci" viene fatta derivare da una non meglio specificata esigenza proveniente da un numero imprecisato di persone che hanno contattato padre Giorgio negli ultimi tempi per email, WhatsApp e altro.  Un'esigenza che possiamo quindi supporre essere scaturita, in mancanza di dati ulteriori e certi sulle sue ragioni specifiche, da mere impressioni e sensazioni; non esclusi, ipotizziamo, fraintendimenti, mera vis polemica ed altro ancora. Se non viene dimostrato che l'impressione del lettore circa il cambiamento di posizione di chiunque era corretta, trattasi di una sua pura congettura. 

3) Riguardo a quale precisa POSIZIONE del dottor Cionci si riferisca lo studio, essa viene individuata da padre Faré in un presunto slittamento dalla posizione definita del RIGORE CANONICO (o VIA CANONICA) a quella denominata del "REGGENTE", da lui ascritta al campo della narrativa.  


[Nota] Questo brano del testo di padre Giorgio Maria Faré potrebbe contenere un'insinuazione e cioè che il cambiamento riguardi anche il fondamento della sede impedita di Benedetto XVI, che non è mai stato ripudiato da Andrea Cionci. 

In estrema sintesi, secondo la VIA CANONICA il superamento della crisi derivante dalla sede impedita di Benedetto XVI e dall'antipapato di J.M. Bergoglio, secondo quanto sempre affermato da Andrea Cionci, può avvenire solo attraverso un conclave valido convocato secondo le norme della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis. Per il ripristino di un legittimo pontefice non sono contemplate  soluzioni alternative a quella canonica, come ad esempio attraverso elezioni per acclamazione popolare o mediante investiture divine su base profetica. 

L'ipotesi del REGGENTE si basa sull'osservazione dei segni della progressiva spoliazione di Francesco delle sue prerogative papali da parte di una Chiesa dell'Istituzione che avrebbe contenuto il potere dell'antipapa, arrivando poi, alla sua morte, ad organizzare il ripristino della legittima linea petrina attraverso un conclave ristretto ai soli cardinali di nomina pre-2013, quindi canonicamente valido secondo la UDG. 

Ricordo che la figura della reggenza è ipotetica, soprattutto nella sua eventuale funzione POSITIVA nei confronti del superamento dell'impasse antipapale. Tuttavia se ritorniamo con il pensiero ai tempi del travagliato pontificato di Benedetto XVI dovremmo ricordare come lui stesso si lamentasse di essere sottoposto ad una forma di controllo interno alla Curia che gli lasciava ben poco spazio di manovra e di fatto lo aveva posto in una pre sede impedita. Questo potere che "rimane anche se i papi passano" è plausibilmente sempre esistito e sempre esisterà, come esiste nelle istituzioni laiche della politica.

Tornando alla questione del CAMBIAMENTO DI POSIZIONE di Andrea Cionci, padre Faré pensa di averla dimostrata considerando la via canonica e quella della reggenza come antitetiche e mutualmente escludentesi. Tuttavia Andrea Cionci non ha mai ripudiato la via canonica in favore di un'adesione fideistica a quella della reggenza, che considera correttamente un'ipotesi ancora da studiare e verificare ed in ogni caso complementare ma subordinata a quella della via canonica. 

4) Altra criticità. Riguardo alla raccolta dei dati che potrebbero dimostrare il presunto cambiamento di posizione, (ma ha ancora senso raccoglierli se il cambiamento viene dato per certo a priori?), non vengono forniti esempi concreti estrapolati da testi o video di Andrea Cionci, né viene proposta un'analisi comparativa tra il pensiero antecedente del dott. Cionci e quello attuale, per individuarne eventuali differenze SIGNIFICATIVE
A questo punto citerò io direttamente Andrea Cionci con le relative fonti. 

Vediamo il "prima", ovvero la posizione precedente alla primavera 2025, indicata da padre Faré come inizio del cambiamento di posizione. Facendo una ricerca sul canale Codice Ratzinger con la parola chiave "via canonica", estraggo questo esempio:

Podcast dell'11 novembre 2024 intitolato "Risposta all'amico Diego Fusaro: cultura per il Logos, ma la strada canonica è vincente" dove si parla della via canonica come unica via percorribile per il ripristino della legittima linea petrina.
Di esempi ve ne sono innumerevoli altri ma il concetto si ritrova ribadito soprattutto nel documento sintetico e riassuntivo "STUDIO CANONICO SULLA SEDE IMPEDITA" scaricabile sempre dal canale Codice Ratzinger, redatto a cura del gruppo di studio di canonisti e latinisti collaboratori di Andrea Cionci, dove si legge, tra l'altro, a pag. 23:
"Dalla morte di Benedetto XVI, a nessun altro che non sia eletto da un valido conclave, con cardinali di nomina legittima (pre 2013), si può trasmettere il munus petrino.".

Vediamo ora il "dopo", il presunto CAMBIAMENTO DI POSIZIONE. 

a) Nel primo podcast pubblicato sul suo canale appena dopo l'elezione di Leone XIV  l'8 maggio 2025 dal titolo "Plausibile che Leone XIV sia un vero papa. Graduale svelamento: occhio al cerimoniale",  Andrea Cionci affermava:

"Queste sono solo prime impressioni a caldo. Sono contento perché al 75% credo che la legittima successione petrina sia stata restaurata. 
Finché non arriva una prova inequivocabile del fatto che Leone XIV sia stato eletto dai veri cardinali non posso considerarlo al 100% un legittimo papa. Però credo che se è un legittimo papa gradualmente farà verità con la saggezza di un padre."

Siccome su quel 75% si è creata una tragedia, mi si permetta un po' di pedanteria. Immaginiamo l'elezione del pontefice come il risultato del lancio di una moneta, che può solo dare "Papa (testa)" o "Antipapa (croce)", con entrambe le possibilità date ovviamente al 50%. La moneta è stata lanciata ma noi non sappiamo se sia uscita testa oppure croce. A questo punto possiamo attribuire un valore di probabilità qualsiasi tra 1% e 100% ai due possibili risultati, basandoci su nostri propri criteri di valutazione basati su parametri soggettivi e oggettivi. Qui Andrea Cionci attribuisce a questa valutazione personale un valore percentuale del 75% in favore del risultato "Papa (testa)", che potrebbe variare in più o in meno in seguito al riscontro di ulteriori fattori oggettivi pro o contro la legittimità canonica di Leone XIV.

Torniamo alle fonti.

b) Nell'intervista su Byoblu, Leone XIV ripristina la successione petrina? ripresa sul canale Codice Ratzinger il 9 maggio, Cionci afferma:
"Il mio è un cauto ottimismo sul fatto che Leone XIV possa essere un legittimo pontefice e che sia stato eletto dai 25 cardinali elettori di nomina pre2013 perché appunto ricordiamo che solamente l'elezione da parte dei veri cardinali lo renderebbe un vero papa con il munus Petrino, questa investitura di origine divina che è fondamentale per i cattolici..."

c) Nell'intervista a Stefano di Radio Radio, L'elezione del nuovo papa Leone XIV del 9 maggio, Cionci altresì afferma: 
"...il punto è sempre quello: lui [Leone XIV] il Munus ce l'ha o non ce l'ha: è un vero papa o non è un vero papa e questo dato ve lo può fornire solo lui stesso divulgando i verbali della sua elezione e facendo sapere al mondo che lo hanno votato, come mi auguro, solamente i 25 cardinali aventi diritto.  [...] C'è un dogma che si chiama dell'indefettibilità della Chiesa che dice che la successione petrina sarà perpetua ma questa successione avviene solo in un conclave regolare, non avviene in conclavi inciucio, in pastette in cose che vanno contro la legge perché se si va contro il diritto canonico si va contro il diritto divino."
d) Anche nel podcast Domande ricorrenti sulla legittimità di papa Leone XIV del 9 maggio, dove per altro si osserva l'inizio di una campagna di commenti negativi che lo accusano di avere "cambiato idea", Andrea Cionci riafferma gli stessi concetti, ovvero l'assoluta necessità di trasparenza e di certezza sulla legittimità dell'elezione canonica di Leone XIV.

5) A sostegno della veridicità della tesi del presunto CAMBIAMENTO DI POSIZIONE di Andrea Cionci, padre Giorgio Faré porta come prova a carico i dati di un florilegio di 16 commenti estratti dal canale "Codice Ratzinger" che proverebbero il sentiment mutato negativamente dei suoi follower. Se si verifica sui rispettivi video, si scopre che i commenti negativi sono comunque in misura minoritaria rispetto a quelli positivi e di sostegno. Una scelta di 16 commenti prelevati a random, tutti negativi, creano l'illusione fallace di un dissenso omogeneo che nella realtà non viene riscontrato. Quella della "rivolta dei follower" è quindi un'altra pura congettura che contribuisce a smontare l'impianto complessivo del "processo a Cionci" che è destinato al non luogo a procedere.

A margine, mi si conceda un'osservazione sui commenti sui social. Non so da quanti anni padre Giorgio pratichi Internet, suppongo non da poco. Io da quasi trent'anni e da quasi venti ho un blog sul quale ho potuto osservare quattro tipologie di commentatori: i fan che ti danno sempre o quasi ragione, i critici che ti danno contro sempre; i troll, ovvero i provocatori puri e semplici e infine i flamers, ovvero coloro che si divertono o sono incaricati di creare ed alimentare una polemica. 
Non attribuirei quindi valore probatorio a questi commenti che nascono anche dietro l'ombrello protettivo dell'anonimato. 

Riguardo ai bias.  Quello "cognitivo" che viene posto all'origine della presunta volontà di Andrea Cionci di far quadrare a tutti i costi l'ipotesi della reggenza in una sorta di trama letteraria (allusioni alla nota accusa di voler emulare Dan Brown?) può essere escluso in quanto la via canonica continua ad essere l'unica via percorribile sostenuta dall'autore.

Piuttosto, riallacciandomi all'esempio del sondaggio sui commenti negativi di cui sopra, e a quello invece plebiscitario in senso positivo riscontrato quando padre Giorgio ha chiesto in diretta se fosse stato "aggressivo" nella "risposta" ad Andrea Cionci, dove tutti hanno risposto "no, padre, assolutamente", io rilevo un bias molto noto nell'ambito della ricerca psicometrica, il bias di desiderabilità sociale, al quale accennerò brevemente - approfittando dell'occasione - perché è diventato assai frequente osservarlo sui social media. 
Se si chiede ai propri follower un giudizio potenzialmente negativo sulla propria persona, essi si sentiranno in obbligo invece di confermare la propria fedeltà rispondendo secondo quello che ritengono il vero desiderio dell'intervistatore, ovvero quello di essere confermato nella propria bontà.  Questo bias, che è lo spauracchio del compilatore serio  di domande per i sondaggi d'opinione, nasce quando la domanda dell'intervistatore non viene posta in modo neutro ma manipolatorio, finendo per orientare la risposta. Chiedere "Cosa ne pensa di questo sindaco?" o "Cosa ne pensa di questo sindaco ladro" significa ottenere una maggioranza di cittadini che considereranno il proprio sindaco un ladro, senza che egli lo sia necessariamente per davvero e senza che essi stessi magari lo pensino. Le implicazioni propagandistiche di un uso malandrino di questo bias sono facilmente immaginabili.

Un'ultimissima nota sul tema delle fonti di un giornalista d'inchiesta (consulenti compresi) e di come non sia sempre possibile pretendere di conoscerne a tutti i costi l'identità. Allo stesso modo in cui gli inquirenti non sono tenuti a rivelare l'identità dei loro informatori, il principio della riservatezza delle fonti opera a protezione di esse e di chi svolge l'inchiesta. Naturalmente la professionalità del giornalista garantisce, attraverso il suo nome e la sua reputazione, la serietà della conduzione dell'inchiesta.

Concludendo, tornando allo studio di padre Giorgio Maria Faré, alla luce dei dati documentali qui riportati sul prima e dopo il presunto cambiamento di posizione del dottor Cionci - dati che respingono l'ipotesi del cambiamento (ovvero il passaggio dalla via canonica alla via letteraria) e viste le problematicità di tipo metodologico riscontrate nello studio in oggetto, si può affermare che questo cambiamento non sussiste, non essendo mai avvenuto.

Con i miei più rispettosi ossequi a padre Farè, che cordialmente saluto.


mercoledì 14 maggio 2025

COME USCIRE DALL' INDETERMINAZIONE DI PAPA SCHROEDINGER X (NEL SENSO DELL'INCOGNITA)

 


Giovedì 8 maggio il conclave seguito alla dipartita di Jorge Mario Bergoglio, al quarto scrutinio del secondo giorno ha eletto come suo successore e 267° papa della Chiesa Cattolica il cardinale statunitense Robert Francis Prevost, nome prescelto Leone XIV. Elezione a sorpresa perché il nome del cardinale originario di Chicago non era dato tra i più papabili.
Vista l'immediata accettazione entusiastica di Leone XIV da parte dell'immensa audience servita dai media, vi sono le premesse per un papato di successo che, vista la volubilità e la tendenza allo zapping mentale della folla, entro la prossima settimana avrà già fatto dimenticare quello del buon papa Francesco. 

Fin dalla sua primissima uscita sulla loggia delle benedizioni nel giorno della Madonna di Pompei e di Michele Arcangelo, Leone XIV è apparso come "Il Papa", indossando tutti i paramenti pontificali inclusi lo stolone degli ultimi pontefici e perfino quella mozzetta rossa che Francesco aveva invece evitato (o che gli era stata negata). Ha esordito con "la pace sia con voi" del Cristo risorto, ha recitato l'Ave Maria e impartito la benedizione urbi et orbi finalmente per intero, completando quella mutilata da Bergoglio la scorsa Pasqua. 
Un'immagine che ha dato il senso del "ritorno del Papa", ponendosi in evidentissimo contrasto con quella di Francesco il quale, negli ultimi tempi, era parso incarnare una figura  progressivamente sempre più svuotata ed evanescente, una sorta di papa Stregatto di cui alla fine è rimasto solo il nome, "Franciscus" tristemente inciso su una lapide. Ciò che restava, più che di un Papa, di un Non Papa, o  Antipapa. 
Nel tardo pomeriggio dell'otto maggio insomma sembrava che se Leone Papa+ e Francesco Antipapa- si fossero incontrati in quel momento avrebbero potuto annichilire l'Universo.

Tutto a posto, quindi? I bei tempi della confusione antipapale di Bergoglio e delle pachamame intronizzate sono finiti? 

Non è così semplice affermarlo con certezza perché il fenomeno Leone XIV appare non ancora perfettamente delineato ma in divenire, mutevole perché i segnali che ne provengono sono contrastanti. Il discorso troppo perfetto per essere stato buttato giù nel poco tempo intercorso tra l'elezione e l'uscita sulla loggia. L'omaggio reiterato al suo "predecesor" (però dovuto) e quell'accenno alla sinodalità e alla continuità con Francesco, forse anch'esse dovute ma in grado di risvegliare in noi un trauma ancora troppo recente.

Un Papa vero quindi, espressione della Chiesa che si riappropria della sua massima figura o solo "Il Papa", il quinto arcano maggiore dei tarocchi, o addirittura il "prevosto giudice" del 7° grado del rito scozzese come già rivendicano i figli della Vedova, che della Chiesa vorrebbero dimostrare il persistente stato di occupazione?
Per risolvere il dubbio contano i verbali, non i rogiti pubblicati su YouTube, con tanto di dichiarazione che Leone è successore di Francesco*; non contano i pettegolezzi dei cardinali che, in omaggio al "papa matematico" stanno dando letteralmente i numeri su quanti hanno votato, chi e come: qualcosa sulla quale per altro, prima di entrare in conclave, hanno giurato di mantenere il segreto perpetuo e che in teoria dovrebbero essere scomunicati latae sententiae per questo chiacchiericcio. 

Un Papa che potrebbe essere contemporaneamente Papa e Non Papa ci imprigiona nel paradosso quantistico del gatto ma l'indeterminazione può in realtà essere superata facilmente dalla cara vecchia meccanica newtoniana. 

La soluzione forse è troppo semplice e, nonostante sia in bella mostra da anni, raccontata in tutti i modi, per menti sopraffine e per dummies, non la si vuole vedere. 
La questione che pesa come un macigno megalitico su Leone XIV - lo stesso che pesava su Francesco Senza Numero - è una sola ed è la legittimità della sua elezione. Ovvero bisogna vedere se un conclave con l'autorità conferitagli dalla Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis del 1996 e composto secondo i suoi dettami, ovvero solo da cardinali elettori di nomina pre 2013, ha espresso un Papa legittimo, oppure se un conclave dove ha votato anche un solo cardinale elettore di nomina antipapale post 2013 ha solo cambiato il cavallo eleggendo un altro antipapa. 
Non vi è altro modo per uscire dall'indeterminazione. Munus o non munus, Tertium non datur. Non contano le qualità umane di Prevost, conta la prova del possesso del munus, l'ordalia che nei tempi ultimi è destino debba toccare ai romani pontefici. 

Ciò che non è ancora stato capito, e che si esprime nell'assoluta sciocchezza tanto cara ai cattotrad: "Ratzinger ci ha cacciato in un bel casino", è che nella UDG e nel motu proprio "Normas nonnullas" del febbraio 2013, Benedetto XVI ha inserito nel sistema una password non craccabile a doppia autenticazione. La prima parte la inserisce la Costituzione, l'altra lo Spirito Santo, il quale, se viene eletto un antipapa, non si scomoda e l'accesso viene negato. 
Bisogna capire questo punto fondamentale, che rappresenta il congegno perfetto grazie al quale i due Vicari di Cristo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno messo in sicurezza il principio secondo il quale se giungesse un antipapa o un'intera linea di antipapi, essi sarebbero comunque condannati all'illegittimità in radice. E ovviamente, essendo antipapi, se volessero modificare le regole che li rendono tali, non ne avrebbero l'autorità, non potrebbero ottenere la password per farlo legittimamente. 

La motivazione escatologica di questo congegno di ispirazione divina è che qualsiasi manifestazione anticristica che volesse insediarsi sul trono di Pietro non potrebbe farlo se non mentendo, imbrogliando e falsificando e perciò si renderebbe riconoscibile dall'utilizzo dell'inganno. Possiamo dire che le leggi umane in questo caso diventano strumento al servizio della volontà di Dio, il quale lascia che si manifesti il Male ma soltanto per un tempo determinato, fermo restando il principio dell'indefettibilità della Chiesa e del "non praevalebunt" pronunciato da Cristo stesso. 

Si, ma vallo a spiegare a coloro che sostengono che dopo Pio XII nessun papa sia valido, perché  sull'indefettibilità della Chiesa Cristo ci ha mentito come un Demiurgo malvagio e pasticcione qualsiasi. Oppure a coloro che evitando di nominare sede impedita e antipapato ma buttandola sul più rassicurante perché materialistico e stercodemoniaco "fattore SWIFT", scendendo freschi come delle rose dal treno locale in ritardo di dodici anni finalmente arrivato in stazione, ricominciano a scrivere auspicando" che venga finalmente detta la verità" sulla vicenda del 2013 che portò alla declaratio di Benedetto XVI. Ben arrivati, eh?
Se ora, tra i casi possibili A (linea petrina ristabilita) e B (proseguimento della linea antipapale), ci fosse per disgrazia toccato un altro antipapa, la colpa ricadrà su coloro che hanno impiegato tutto il loro tempo per perdere tempo. 

La questione della certezza del munus petrino del pontefice è  fondamentale perché riguarda anche in generale la legittimità del Potere che si esercita sui popoli. Se permettiamo che venga eletto un governo o un presidente grazie a brogli, che un altro si faccia eleggere con la mossa di Pisistrato, che un altro ancora venga delegittimato da un intervento esterno che gli annulla la vittoria perché non è gradito a qualche entità sovranazionale indeterminata, e se la geopolitica o varie consorterie sono in grado di occupare le istituzioni religiose, è veramente finita.
E' pur vero che la democrazia liberale si sta rivelando, più che un sistema proumano, un simulacro di libertà esposto all'idolatria del popolo in attesa di sostituirlo con il totalitarismo ben più utile alle élite, ma la questione della legittimità del potere dev'essere rivendicata e  difesa con le unghie e i denti finché abbiamo fiato in corpo. 

Trattenendo il munus e portandolo con sé in sede impedita Papa Benedetto XVI scongiurò il paradosso, la singolarità di un antipapa usurpatore eletto con il munus petrino. L'unico modo per impedire che il conclave della "primavera cattolica" avesse luogo a papa morto (magari assassinato) o abdicatario, era invalidarlo con la sede impedita scelta volontariamente. Quel conclave invalido del 2013 e convocato frettolosamente poté produrre quindi solo un gattino cieco, un antipapa.
Finché questa verità non sarà rivelata, in senso apocalittico, tutto ciò che da lì è derivato rischia di essere nullo e invalido e di proseguire sulla linea antipapale.
Accetterà Leone XIV la sfida di fugare per sempre ogni dubbio sulla legittimità delle istituzioni della Chiesa, Egli compreso, accogliendo la supplica a togliere i sigilli dalla Verità e a rivelarla al mondo? Mons. Gaenswein nell'ultima intervista ha dichiarato che ora "occorre chiarezza dottrinale" e che "la confusione di questi anni dev’essere superata".
Vorrà, chi possiede documenti di papa Benedetto relativi alla sua declaratio e sicuramente il suo testamento rendere finalmente noti questi documenti?


* Mi fa giustamente notare Andrea Cionci, che ringrazio, che sul rogito pubblicato Leone XIV non viene definito successore di Francesco ma viene certificato che Leone XIV "è stato eletto canonicamente e che tutto ciò si è svolto in conclave nel Palazzo Apostolico Vaticano dopo il trapasso di Papa Francesco di felice memoria". (traduzione prof. Corrias).

sabato 26 aprile 2025

IL MORDKOMPLOTTISMO DI LIBERO

Dopo essersi Liber-ato con un click dell'intero archivio del suo collaboratore per otto anni fino al 2024 Andrea Cionci, compresa quella sua gigantesca inchiesta sulle dimissioni di Benedetto XVI che in questi giorni di bulimia vaticana avrebbe potuto fornire infiniti spunti di riflessione ai lettori avidi di vicende papali, che fa Libero? Mi indulge nel più prevedibile complottismo? Ma come, prima vi Liber-ate dell'"inchiesta gomplottista" per fare i primi della classe e poi mi sparate a bruciapelo un titolone da feuilletton collocato non già in appendice ma addirittura a tutta pagina e vergato dal megadirettore galattico in persona? E su cosa, poi,  su qualcosa di obiettivamente inesistente?

"Il mistero del Camerlengo e dell'orologio del Papa". Gaston Leroux scansati che dobbiamo smontare subito il Mordkomplott di Bergoglio basato su presunte discrepanze nell'orario della morte tra l'annuncio ufficiale affidato al Camerlengo e le dichiarazioni rilasciate ai giornali dal medico del Gemelli che aveva avuto in cura Bergoglio. Ricostruendo i fatti come riportati dal medico, Francesco, sveglio o già in coma, comunque non in buone condizioni, attira l'attenzione del suo assistente personale verso le 5:30. Costui allerta il medico che giunge a Santa Marta nel giro di 15-20 minuti. Facciamo che siano a quel punto le 6:00. Il medico si accorge dell'ictus e, come dichiarerà nell'intervista, si tratta di un evento che può condurre il paziente alla morte nel giro di un'ora. Cosa che quindi potrebbe essere avvenuta verso le 7:00.

Ora, è consuetudine che, se il medico interviene a breve distanza dall'exitus, l'ora del decesso possa coincidere con l'orario della constatazione del decesso, ovvero l'orario in cui il medico redige materialmente il certificato di morte. Prima di ciò viene eseguito anche il tanatogramma il cui tracciato deve registrare l'assenza di attività elettrica residua, confermando il decesso, e per questa procedura occorrono almeno venti minuti per legge. Per cui, l'orario certificato delle 7:35 è compatibile con la versione ufficiale, come si direbbe nel mondo del debunking. 

Quindi se il mistero "che fa discutere i Sacri Palazzi" è tutto qui, non vi è alcun mistero. I tempi tornano, come i conti e diversamente da ciò che accadde con Giovanni Paolo I, sul cui orario di morte la discrepanza tra diverse ipotesi fu di diverse ore, variando secondo le testimonianze, tra le 22.30 e le 5.30 del mattino successivo. Qui si tratta di differenze di pochi minuti e suggerire anche inconsciamente un parallelo con la fine di Papa Luciani, più giovane e non certamente affetto dalla cartella clinica di Bergoglio, non ha alcun senso. Anche perché poi abbiamo visto gli effetti dell'ictus sulla testa di Bergoglio in quei due vasti ematomi parietali non coperti dal trucco forse proprio per confermare e rendere visibile a tutti la causa di morte.

Si, è vero. Ammetto che sulle prime anch'io mi ero meravigliata della repentina dipartita di Francesco. Il fatto è che l'avevamo visto in quell'ultimo incontro con JD Vance, con l'accoglienza un po' sforzata e lo scambio di doni non certo papali ma porti con lo spirito franceschino di sempre; poi l'avevamo visto impartire quella benedizione mozza con un fil di voce e senza nemmeno un segno della croce degno di questo nome fino al culmine di quell'ultimo giro trionfale d'onore in mezzo alla gente che probabilmente è stato il momento più gratificante per una persona così attenta alla comunicazione e al contatto con il pubblico. Dopo una giornata veramente particolare, forse davvero troppo intensa, bum, la notizia. 

In realtà ci si dimentica che a quella veneranda età e nelle specifiche condizioni di salute di Francesco, probabilmente tirate allo spasimo da quello che qualcuno ha definito un vero e proprio accanimento terapeutico per portarlo, diciamo così, vivo fino a Pasqua, si è legati ad un filo sempre più sottile e labile.

Piuttosto, ora che la memoria di Francesco è definitivamente affidata alla Storia che deciderà quale posto debba occupare nelle vicende terrene della Chiesa, concentriamoci sul futuro, sul Conclave e sulle grandi questioni irrisolte che dovrebbero interessare in primo luogo i giornali. 

Bergoglio fu papa legittimo o antipapa? Benedetto XVI fu costretto alle dimissioni dalla più  micidiale entrata a gamba tesa della storia nelle vicende della Chiesa da parte del potere mondano massonico? Benedetto XVI riuscì a conservare il tuo titolo di vicario di Cristo rendendo nullo e invalido il suo successore? Queste sono domande le cui risposte possono influire non solo sul futuro della Chiesa ma di noi tutti. 

Un giornale veramente libero e che non ha paura della Verità (quella vera, non la testata rivale) e nemmeno della pluralità del giornalismo, ripubblicherebbe subito l'inchiesta di Cionci nei suoi punti più salienti da qui al Conclave, aprendo finalmente sul mainstream il dibattito sulle dimissioni di Benedetto XVI che si trascina da dodici anni, come ben sa Antonio Socci. Una questione sulla quale bisogna finalmente fare chiarezza. Un giornale così renderebbe un servigio all'informazione e al suo paese, ed eviterebbe di perdersi forse lo scoop del secolo, aggiudicandosi invece quello dell'epic fail, della figuraccia, da qui a Giove e oltre l'infinito.

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