domenica 20 luglio 2025

I social nuocciono gravemente a sacerdoti e fedeli? Ulteriore risposta a padre Giorgio Maria Faré




Sono debitrice di una risposta a padre Giorgio Maria Faré perché nella sua live del 16 luglio intitolata "Don Minutella e A. Cionci: facciamo un po' di chiarezza...!" mi ha tirata in ballo trascinandomi nell'ennesima alluvionale campagna di denigrazione a mezzo video che dal 12 maggio scorso, un po' chiamandolo per nome e un po' appellandolo con il termine impersonale di "qualcuno", egli sta dedicando con frequenza e minutaggio impressionanti ad Andrea Cionci. 

Parlerò più avanti del carattere estremamente tossico di questa campagna, visto che possiedo i titoli e la competenza professionale di psicologa ed esperta in comunicazione per farlo.
Sbrigo quindi velocemente la pratica che dimostrerà infondate, pretestuose e totalmente da rigettare le accuse che mi vengono mosse nel suddetto video e mi dedicherò piuttosto più approfonditamente ad un'analisi delle dinamiche che emergono da episodi come questi.
 
Nella prima citazione dedicatami padre Giorgio mi rimprovera aspramente per una frase del mio recente articolo "Hic Sunt Leones (un po' troppi)" dove, secondo lui, l'avrei citato impropriamente associandolo agli altri Leoni dei quali parlo nel testo e intimandomi pertanto di non citarlo più "fuori contesto", non essendo io autorizzata a farlo. Ah, invece fare insinuazioni di disonestà intellettuale su altre persone non richiede l'autorizzazione da parte degli interessati? Rimandandovi all'articolo completo nel caso foste interessati a leggerlo, riporto qui la citazione incriminata:

"[...] il Leone come simbolo cristico divenuto emblema delle predicazioni di padre Giorgio Maria Faré - il quale considera Prevost un antipapa per motivi procedurali canonici [...]

Padre, io che non ho affatto "dimenticato Bologna", conservo una felpa, una maglietta e una sciarpa con raffigurati l'emblema del Leone che campeggia alle sue spalle durante le sue live e il motto della sua omelia del 16 ottobre: "Non consegnerò il Leone".  Mi scuso se ho volgarmente pensato trattarsi di merchandising, visto che tali oggetti erano posti a disposizione dei partecipanti al convegno. Prendo quindi atto che lei non ha mai voluto sfruttare l'immagine del Leone - che io per altro correttamente avevo associato a Cristo - anche se poi stranamente arriva a rivendicarne una sorta di primogenitura accusando me e Andrea Cionci di essere "invidiosi" di tale primato. Padre, davvero, io sono basita.

La seconda citazione di padre Giorgio riguarda una pura congettura ma piuttosto malevola che coinvolge non solo me ma Andrea Cionci e l'amico Arturo Ferrara di "Altrementi", secondo la quale non avremmo più realizzato un'intervista a don Cornet già programmata, insinuando che lo si sia fatto con malizia. Nei giorni del conclave, io, il dott. Cionci e don Fernando Cornet partecipammo ad una prima trasmissione invitati da Arturo Ferrara. Era previsto che don Cornet partecipasse anche alle successive trasmissioni - in tutto furono tre, se non sbaglio - ma ricordo bene che don Cornet, come confermatomi da Arturo Ferrara, declinò gli inviti successivi per suoi impegni, rimandando la disponibilità ad altra futura occasione. 

Don Cornet sa che gli ho sempre rinnovato l'invito a partecipare alle mie trasmissioni. Anche perché io sono stata la prima in Italia ad avere l'onore di dargli voce, dedicandogli due interviste sull'Orizzonte degli Eventi che furono poi riprese sul canale di Andrea Cionci, proprio per amplificarne al massimo la copertura, visto che il mainstream, che il dott. Cionci tentò di interessare alla questione prima che le interviste venissero pubblicate, ignorò completamente il caso di un sacerdote scomunicato solo per aver scritto un libro. Esistono quindi giornalisti e giornalisti.
Il mio affetto per don Cornet non è mai cessato e se i rapporti si sono in qualche modo raffreddati a me dispiace ma penso che chi ha messo gli uni contro gli altri in questa situazione sia stato proprio chi sta accusando me, Cionci e Ferrara di averlo fatto. Un caso di scuola di proiezione e triangolazione, come dirò in seguito.
Aggiungo che anche padre Giorgio è stato da me invitato fin dal dopo 13 ottobre sul mio canale ma che l'intervista fu sempre rimandata perché lui mi spiegò che preferiva prima realizzare interviste su canali esteri, come il John-Henry Westen Show

Ecco, per quanto riguarda me personalmente la risposta finisce qui ma dato che padre Giorgio al minuto 1:45:45 del video "Extra Omnes: risposta ad Andrea Cionci" del 12 maggio, che è stata la Pearl Harbor di questa guerra mediatica, dice: "Di fronte a affermazioni pubbliche bisogna essere disponibili a osservazioni pubbliche soprattutto quando va di mezzo la salus animarum", occupandomi della salute delle menti è mio dovere pronunciarmi sul carattere tossico dell'utilizzo dei social a scopo denigratorio, che alla fine si configura come esercizio di violenza psicologica non meno grave di quella esercitato di persona. Anzi, ancora più grave perché agita di fronte ad una platea potenzialmente sconfinata di spettatori.

Torno quindi alle campagna che ha preso di mira Andrea Cionci e che si sta svolgendo sul canale Veritatem in facientes caritate. 
Padre Giorgio, in un mio precedente articolo-risposta a lei dedicato dopo Pearl Harbor, avevo già accennato al "disagio provato nei confronti di ciò che mi era parso un processo, per giunta alle intenzioni, in assenza sia dell'imputato che dell'avvocato della difesa e andato avanti per 2 ore e 19 minuti nonostante avesse la sentenza già scritta e depositata." 
Ecco, il carattere inquisitorio del processo si è poi confermato nel corso delle ultime settimane, essendo esso arrivato ad una durata complessiva di più di 13 ore e minacciando di proseguire ad oltranza, come lei ha già annunciato.

Ogni nuova udienza di questo processo sta cominciando a scandalizzare non più solo me ma sempre più persone, per il fatto che queste live sembrano catechesi ma poi all'ascolto si rivelano tutt'altro, ovvero una continua imbarazzante denigrazione ad personam, apparentemente giustificata da motivazioni di correzione dottrinale su questioni di fede, le quali però non dovrebbero di certo concretizzarsi in una forma di pubblica denigrazione
Questa dissonanza cognitiva acuisce il senso di scandalo, di turbamento per chi le ascolta, che deve pure sentire chi le pronuncia rimproverare il destinatario che preferisce non farlo. O dovrebbe egli  masochisticamente utilizzare le sue live come cilicio virtuale? 

Chiunque di noi appaia su uno schermo diventa automaticamente parte della società dello spettacolo e in preda al rischio costante del situazionismo più estremo; ed essendo questa società ormai posseduta dal Male, lo schermo del computer o televisivo assume la stessa funzione dello specchio di potersi trasformare in portale, lasciando entrare nella nostra esistenza, nella nostra mente e nella nostra anima, oltre a quelle benevole, ogni tipo di influenze malevole. La tastiera del computer può trasformarsi nella tavola Ouija, se creiamo le condizioni per l'evocazione di dinamiche tossiche di relazione sociale nelle quali le entità diaboliche trovano il loro nutrimento. Le ammonizioni di padre Amorth in questo senso furono sempre profetiche.

A causa del noto nefasto periodo del domicilio coatto punitivo i  rapporti umani sono inevitabilmente migrati sempre di più dalla vita reale a quella virtuale e in particolar modo sui social, con conseguenze che potrebbero essere state devastanti, visto il proliferare di tutti i fenomeni psicopatologici legati all'interazione a distanza ed all'isolamento, soprattutto quelli passivo-aggressivi di tipo narcisistico. 
Le tre fasi dell'abuso narcisistico sono sempre più riconoscibili anche nelle relazioni sui social: bombardamento d'amore per catturare la preda, seguito da denigrazione (gaslighting) e isolamento della preda dai suoi amici (triangolazione), scarto della preda dopo averla distrutta psicologicamente (depersonalizzazione). 
Siamo diventati nostro malgrado tutti potenziali manipolatori e manipolati da tecniche utilizzate anche nella tortura, nate per piegare la volontà non già delle svenevoli signorine strette nel busto ma degli uomini più forti e resistenti per soggiogarli nella dittatura della disumanizzazione.

La Rete - che non è quella di Pietro - ci fa regredire a fasi precristiane di comportamento. I rapporti sociali vengono ricostruiti in rete sullo schema di piccoli gruppi a carattere tribale e a me questo scegliere una vittima da immolare per essere sbranata in gruppo ricorda i rituali pagani di sacrificio. Sacrifici mimati ma le cui conseguenze si avvertono fisicamente e moralmente come vere ferite nella carne. Siamo cristiani o aztechi o druidi? 
Perché il problema non è solo chi guida il gruppo ma coloro che assistono, commentano, infieriscono, partecipano al pasto sentendosi approvati ed autorizzati a farlo dal capo. Anzi, mettendosi in luce di fronte al capo per perfidia e violenza, in questo caso verbale, per evitare di diventare essi stessi vittime, sperando che il capo li premi con la grazia della sua benevolenza. 
Ancora una volta si riscontra lo schema del narcisismo nel quale gli attori di queste dinamiche di gruppo vengono definite "scimmie volanti", con un riferimento alla fiaba del "Mago di Oz".

Padre Giorgio, li ha letti i commenti che i suoi fedeli mi hanno dedicato in chat mentre lei mi rimproverava? Per non parlare di quelli che riservano all'imputato durante le udienze del processo. Le donne come sempre possono essere le peggiori e non è un caso. Soprattutto i commenti non differiscono da quelli che si leggono sui canali di altri sacerdoti definiti settari. Sono identici. Stesse tecniche, stesse modalità, stessa ferocia che mi chiedo da dove derivino, visto che, spento il computer, oscurato lo specchio, chi le mette in pratica ritorna come se niente fosse a pregare e a considerarsi un buon cristiano, anzi migliore di coloro che non sbandierano ai quattro venti la loro fede ma la conservano pudicamente nel loro foro interno.

E' dal periodo oscuro della virologocrazia che anche i rapporti tra fedeli e sacerdoti sono ormai migrati sulla Rete e forse occorrerebbe una pausa di riflessione sulle conseguenze che ciò ha avuto nel dilagare di fenomeni che di cristiano hanno ben poco. E' forse necessario essere laici per accorgersene?
Il momento in cui la Chiesa si prestò come volonterosa crocerossina addetta alla disinfezione del corpo di Cristo fu purtroppo decisivo come punto di non ritorno dalla barbarie del non essersi opposti, dell'aver ceduto e non aver protetto i fedeli. E questo per la solita paura delle conseguenze e per la tendenza al solito troncare e sopire.
Come non si può dimenticare la limitazione della propria libertà civile, da cristiani non si può soprassedere sulla chiusura delle chiese, sull'isolamento degli infermi privati dei conforti religiosi perfino in fine vita e sulla dispensa di fatto dal precetto domenicale e dagli altri sacramenti sospesi dalla fine di febbraio al 18 maggio 2020 ma con il ritorno alla piena normalità liturgica solo due anni dopo. Senza contare l'aver imposto il distanziamento sociale nel luogo in cui anticamente si accoglievano gli appestati e i perseguitati di ogni sorta. 
Questi misfatti pesano sulla Chiesa più ancora che sulla classe politica e non sono ancora stati da essa riconosciuti come la sottomissione al male che rappresentarono. Per cui tutto questo giudicare in punta di fioretto i laici della pagliuzza senza aver fatto ammenda della trave risulta ancora una volta scandaloso alle orecchie dei piccoli.

L'effetto del lento avvelenamento mercuriale dell'inganno nato dal commissum non rivelato apertamente da chi di dovere ha fatto maturare la sfiducia nei confronti dell'Istituzione: non palese ma percepita inconsciamente, a livello subliminale, dalla generalità dei fedeli e ahimè dai sacerdoti, ed è la cosa più devastante che il misfatto del 2005 e poi il colpo di stato del 2013 ci hanno lasciato.  Un macigno ciclopico che solo una volontà e forza leonine potranno rimuovere dal cammino verso la riconciliazione. 
Quella che Leone XIV ha ricevuto in eredità è una Chiesa frammentata, dispersa, in preda al nichilismo e all'anarchia, dove vige la stessa indisciplina di quelle classi scolastiche rette da professori troppo timorosi e incapaci di farsi valere con l'autorevolezza e dove, in un Colosseo invertito, i cristiani sbranano i leoni che pur lottano per essi. Temo che i dodici anni di bergoglianesimo abbiano letteralmente macinato in un tritacarne gnostico la fede ma anche la psiche dei sacerdoti i quali, privati anch'essi del katéchon, quel katéchon che ancora non si fa sentire e non palesa chiaramente il suo ritorno, se avvenuto, sembrano tormentati dalle lusinghe della fama, della popolarità e dei demoni del narcisismo, dimenticando il dovere dell'empatia, che non è il buonismo fasullo del todos todos, ma l'amore per il prossimo di Cristo. Io non voglio che venga fatto al mio prossimo ciò che non vorrei che fosse fatto a me, per ciò devo intervenire.

L'empatia per giunta non è un'esclusiva dei cristiani. La cultura giapponese, che attribuisce al rispetto degli altrui sentimenti e valori un'importanza fondamentale, stabilisce che sia riprovevole gioire troppo evidentemente alla presenza di estranei, perché tra questi potrebbe esserci qualcuno che in quel momento sta soffrendo per qualsiasi motivo, fisico o morale, e la nostra gioia potrebbe acuire la sua sofferenza. Non è il wokismo del "mi sento offeso" ma empatia e rispetto, espressi in punte di raffinatezza a noi decisamente sconosciute e che forse la contaminazione occidentale di quel nobile popolo sta provvedendo a smantellare come da noi viene fatto per ogni retaggio di civiltà classica.

Per fortuna però, allontanandosi dallo specchio delle nostre brame, si riesce ancora a stabilire dei rapporti sani con persone reali che conservano gelosamente la normalità nei propri comportamenti e che la rete ha solo permesso che si mettessero in contatto. Persone per le quali esistono dei valori non negoziabili come l'amicizia, che non è solo la disponibilità per la mangiata e la festa ma il sostegno, la difesa e la lealtà in ogni momento, soprattutto in quelli difficili come quelli che stiamo vivendo. 


"Ci sono persone che si dedicano alla coltivazione dei fiori solo per poterne strappare i petali."
Yukio Mishima



LE FONTI

"Don Minutella e A. Cionci: facciamo un po' di chiarezza...!"   dal min. 1:10:23 al min. 1:13:33 e dal min. 1:45:24 al min. 1:47:17.





martedì 1 luglio 2025

HIC SUNT LEONES (UN PO' TROPPI)


Ho ritrovato per caso, nella versione letta e commentata da Andrea Cionci sul suo canale, un mio vecchio articolo del dicembre scorso contenente un ritrattino del cattolicesimo romano che ritengo essere ancora molto attuale. 
Ciò che notavo allora era una situazione di caos pressoché totale. Cito: 
"Una Babele abitata da para-gnostici, dove ognuno si sente ormai libero di esprimere la propria carica eretica e creatività scismatica [...] e la disobbedienza al Papa è il prerequisito per una gigantesca transizione di genere verso la gnosi, comprendente  l'individuazione di un "demiurgo malvagio" che, nel caso dei tradizionalisti, è sempre il papa precedente."
Un quadro drammatico che però rientrava benissimo nella logica dell'antipapato dissolutorio bergogliano. Ora però Jorge Mario Bergoglio non è più e formalmente abbiamo Leone XIV, pontefice in formazione, destinato a diventare stella luminosa, se Papa, o pianetino spento, se ennesimo antipapa. 
In attesa di dirimere la questione della legittimità, occorrerebbe riservare comunque a Leone XIV rispetto, se non altro - lo ribadisco - per non doversi amaramente pentire un domani di aver rinnegato il vero Vicario di Cristo, mentre si può sempre essere  giustificati del fatto di essere stati tratti in inganno in buona fede da un antipapa. 
E invece il trauma Bergoglio - che agisca in maniera cosciente o meno in chi lo vive - sta facendo sì che non solo non si obbedisca ai papi precedenti ma non si riesca più a riconoscere ed obbedire ad alcun papa che ci venga presentato, vero o illegittimo che sia, per una forma di neo-antipapismo di matrice protestante di cui forse non ci rendiamo ancora conto. Se questa tendenza dovesse prendere piede e consolidarsi, sarebbe un colpo fatale assestato al cuore della Chiesa cattolica, e chi orchestrò il colpo di stato del 2013 lo sapeva assai bene.

Sicuramente Leone XIV è percepito come papa legittimo dalla stragrande maggioranza dei cattolici, quella che di solito non si fa domande, ma noto che tra coloro che  in questi anni hanno vissuto più da vicino il travaglio dell'antipapato, Leone viene percepito come falso a prescindere, in automatico antipapa perché successore di antipapa e indegno di credito e fiducia per una sorta di pregiudizio in radice. Paradossalmente in questi primi cinquanta giorni egli viene trattato con severità assai maggiore di quella riservata a Bergoglio nei tredici anni del suo semiregno. 

La mancanza di rispetto e di riconoscimento dell'autorità papale in sé, come istituzione, a volte assume toni inquietanti, come mostrano le immagini del tizio che, dopo averlo ben mirato, ha scagliato un orsacchiotto in testa a Prevost, spostandogli la papalina, mentre la sicurezza inseguiva le farfalle in una piazza dove,  anni fa, ad un Papa fu sparato da distanza ravvicinata. Dopo l'imprudenza del biscottino accettato dalla mano di un bimbo innocente, Papa Leone è un po' troppo in balia dell'anarchia che sembra regnare in Vaticano, per lo meno riguardo alla sicurezza personale del suo primo cittadino. Anche questa è disobbedienza al Papa, come quando un professore troppo mite viene deriso e sbertucciato da una classe di monelli ingestibili. 
E' ora che Leone sfugga al safari organizzato a suo danno, riprenda in mano la situazione finché è in tempo ed inizi ad assestare qualche bella zampata per marcare finalmente il territorio rivelandoci al più presto la verità sulla sua elezione e riconoscendo al contempo il sacrificio di Benedetto XVI. Permanendo l'incertezza, pur con tutte le migliori intenzioni, non sarà mai rispettato come si conviene al Papa.

Un altro fenomeno di questi giorni è la proliferazione dei "Leoni", dei Doppelgänger del Leone Re che stanno francamente tramutando il mondo in una savana. Donald Trump raffigurato come un leone, Israele identificato con il leone e via ruggendo. 
In ambito cattolico se  ne possono identificare almeno tre: oltre al Leone papa Prevost e il Leone come simbolo cristico divenuto emblema delle predicazioni di padre Giorgio Maria Faré - il quale considera Prevost un antipapa per motivi procedurali canonici - da ieri si è aggiunto il Leone di Maria, mutazione finale di don Alessandro Maria Minutella nel Grande Prelato delle profezie. 

Dopo essersi a lungo negato alla tentazione dell'autoinvestitura ed aver assicurato che mai lo avrebbe fatto a chi fin troppo generosamente gli ha fatto credito per anni offrendogli una fiducia rivelatasi poi mal riposta e restituita in interessi di irriconoscenza e malanimo, ieri in quel di Monza lo sventurato rispose "alla volontà dei fedeli" e si è  fatto "riconoscere Grande Prelato dai confratelli, i quali ora dovranno considerarlo come unica guida indicata da niente meno che Dio stesso. 
Dispiace come per tutte le occasioni mancate della Storia - i suoi libri sono teologicamente ben scritti - ma diciamo che dopo una lunga ed estenuante lotta tra personalità, il Grande Prelato ieri ha preso definitivamente il sopravvento su don Alessandro. 

Difficile ipotizzare la reazione della Santa Sede ad una manifestazione che è iniziata con un attacco frontale all'autorità di Leone XIV, definito "papa artificiale" di una falsa chiesa di Satana, per finire con l'apoteosi autoreferenziale di qualcuno che fu già scomunicato due volte, seppure da un antipapa; la sobrietà dei raduni del Piccolo Resto non attira certamente l'attenzione mediatica come la pacchianeria degli ori e stucchi palmariani ma in ogni caso il fai da te cattolico del crearsi le proprie chiese, ovunque si manifesti, necessiterebbe urgentemente di una seria regolamentazione, prima che gli ultimi lapilli dell'eruzione bergogliana strinino il pelo ai leoni e li tramutino in statue di lava non più in grado di ruggire unicamente in nome di Cristo.

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