Nel 2006, su Diana Spencer scrivevo:
In occasione degli anniversari di morte si dovrebbe avere più rispetto di coloro che ‘a livella rende tutti uguali, anche di fronte alla pietà ma, a quanto pare, nemmeno essere state principesse da vive impedisce che i cronisti “cannibali, necrofili, deamicisiani e astuti, e si direbbe proprio compiaciuti”, come li definiva Giorgio Gaber, si trattengano dal grufolamento.
La nota rivista “Chi”, che potrebbe fregiarsi a ragione del sottotitolo “se ne frega”, ha pubblicato con grande nocumento dei sudditi di Sua Maestà britannica le ultime immagini della principessa Diana morente. Fin dal 1997 erano girate nel profondo web foto del genere ma queste vengono venduto come quelle “origginali”. E tutto ciò per promuovere l’ennesimo libro, scritto da un certo Jean Michel Caradec'h, autore di “Diana, l'indagine criminale”. Uno il cui cognome termina apostrofo h non deve avere una vita molto facile negli uffici pubblici.
Ciò che però rende queste nuove rivelazioni sulla morte della principessa particolarmente concupite dalla stampa sono alcuni particolari a luci rosse che aprirebbero nuovi scenari sulle vere ragioni dell’incidente.
Non giriamoci tanto intorno. Il povero autista Henri Paul, come in un qualunque film pecoreccio italiano anni '70 con Alvaro Vitali, era distratto da ciò che stava accadendo sui sedili posteriori della Mercedes: Lo sciagurato allungò troppo il collo e non vide il pilone sopraggiungere, altro che Uno Bianca e servizi deviati. Gli unici servizi erano quelli idraulici che - Dio mi riperdoni - la principessa era intenta a praticare al Dodi. Questa ipotesi nascerebbe dal fatto che il fidanzato egiziano fu ritrovato con la patta slacciata.
Mah, io dico, ammesso che la faccenda sia vera, si rendono conto questi signori che pubblicando tali notizie, oltre a prolungare di qualche anno la psicoterapia dei figlioli della defunta, probabilmente stanno già offrendo lo spunto per il pornazzo di rito dal titolo “La principessa lo prende nel tunnel”?
Non giriamoci tanto intorno. Il povero autista Henri Paul, come in un qualunque film pecoreccio italiano anni '70 con Alvaro Vitali, era distratto da ciò che stava accadendo sui sedili posteriori della Mercedes: Lo sciagurato allungò troppo il collo e non vide il pilone sopraggiungere, altro che Uno Bianca e servizi deviati. Gli unici servizi erano quelli idraulici che - Dio mi riperdoni - la principessa era intenta a praticare al Dodi. Questa ipotesi nascerebbe dal fatto che il fidanzato egiziano fu ritrovato con la patta slacciata.
Mah, io dico, ammesso che la faccenda sia vera, si rendono conto questi signori che pubblicando tali notizie, oltre a prolungare di qualche anno la psicoterapia dei figlioli della defunta, probabilmente stanno già offrendo lo spunto per il pornazzo di rito dal titolo “La principessa lo prende nel tunnel”?
Che miserie! Ma ve li ricordate i funerali in diretta e in mondovisione, con il cordoglio di un intero globo terracqueo, le lacrime dei compassati inglesi che scendevano copiose ad annacquare il tè e le migliaia di fiori e pupazzetti attaccati ai cancelli di Buckingham Palace? Elton John vestito da iettatore rock che le cantava la solita canzone da requiem, non una nuova di zecca ma una sua vecchia lagna rimaneggiata per l’occasione; gli amici un po’ così in lacrime, la suocera dallo sguardo da poker. Senza contare l'ex marito al quale il subconscio faceva pensare “Già...! Ora mammà non potrà più rompermi i maroni con Camilla”. E poi il j'accuse del fratello, la sepoltura nel mausoleo e l’invocazione della canonizzazione immediata, propiziata dalla morte avvenuta quasi all’unisono con quella di Madre Teresa?
Dopo quasi dieci anni tutta questa sofferenza sembra essere finita nel dimenticatoio e il mito è stato sottoposto a demolizione controllata come una Punta Perotti qualunque. E per giunta con una bella dose di zolfo. La bella Diana, prima monica poi dimonia.
Che l’antesignana delle Sante Subito fosse in realtà una che amava rendere la pariglia ce lo suggerirono quando leggemmo che, pur giunta illibata alle nozze con il Principe Racchio si era messa velocemente in pari collezionando, si dicono, una quattordicina di amanti.
Quando venne fuori la storia dell’amante Hewitt mezza corte inglese si battè la fronte ed esclamò “Ecco a chi assomigliava il principino Henry!”. Nel suo ultimo anno di vita due scuole di pensiero si confrontarono sulle affascinanti ipotesi attorno all’ultimo amante e sulla paternità del presunto figlio che Diana si diceva attendesse: la scuola di Francoforte propendeva per il pakistano (nel senso di uomo nato in Pakistan), quella di San Francisco era invece per l’ipotesi Dodi Al Fayed. In entrambi i casi si trattava di musulmani. Assurdo pensare che la Corte inglese potesse acconsentire alle nozze.
Quando venne fuori la storia dell’amante Hewitt mezza corte inglese si battè la fronte ed esclamò “Ecco a chi assomigliava il principino Henry!”. Nel suo ultimo anno di vita due scuole di pensiero si confrontarono sulle affascinanti ipotesi attorno all’ultimo amante e sulla paternità del presunto figlio che Diana si diceva attendesse: la scuola di Francoforte propendeva per il pakistano (nel senso di uomo nato in Pakistan), quella di San Francisco era invece per l’ipotesi Dodi Al Fayed. In entrambi i casi si trattava di musulmani. Assurdo pensare che la Corte inglese potesse acconsentire alle nozze.
Il mancato suocero bottegaio di lusso Al Fayed la mena da anni con il complotto dell’MI6 e intanto vende le tazze serigrafate con le mortine dei due amanti nel suo supermercato di lusso, le quali però cominciano ad accumularsi pericolosamente tra l’invenduto.
Il vedovo consolabile si è finalmente accasato con la donna della sua vita Camilla. L’amore inossidabile ha trionfato e i due non fanno più notizia. Lei, Camilla, da carogna finita quale era dipinta, è diventata simpatica e perfino attraente, forse per qualche magia di Harry Potter. I due figlioli della morta le vogliono perfino bene e la regal suocera ha ritrovato il sorriso.
La stampa, non sapendo cosa farsene di un cadavere ormai inutile cerca di liberarsene, una rivelazione sempre più scabrosa alla volta. E la povera Diana che in fondo, dopo aver visto svanire la sua immensa ambizione di diventare la vera regina d’Inghilterra si accorse di essersi si è sbattuta tanto per niente, ora rischia o di essere equiparata a quella sciacquetta di Monica Lewinski o di essere addirittura dimenticata. “Diana chi”?
(31 agosto 2006)
Rileggendo la chiosa del mio vecchio post capisco perché a volte mi faccio realmente paura. Ecco infatti, ieri, comparire sul Twitter questo agghiacciante segno dei tempi. Vi spiego perché agghiacciante.
Detto che la dolce Ofresia probabilmente era appena nata quando la Diana Morta moriva e ci lasciava, e ciò costituisce perciò attenuante, il fatto che la più inquietante delle zie, la Zia Profe (come direbbe Il Pedante), si sia avverata, mi mette addosso una grande tristezza.
Sarà l'atmosfera da smobilitazione di una civiltà ma ogni atto di ostilità - fosse solo l'indifferenza o l'inconoscenza - verso il nostro passato mi fa sentire una sopravvissuta e ancora più vecchia di quanto io sia. Una specie di prigioniera del passato e di vecchi ricordi ammuffiti. La sensazione di viale del tramonto del resto è lo sgradevole effetto collaterale della maturità e relativa saggezza.
Un'altra cosa che mi rattrista è il fatto che, a differenza di nove anni fa quando, come avete letto, il tono delle commemorazioni non escludeva la voglia di smontare il mito e infrangere l'idolo, ridurlo alla pari con i comuni mortali, fatti di luci ed ombre e non solo circonfusi di luce divina, se non addirittura di combatterne la stucchevole perfezione costruita mediaticamente (dopo tutto si era divertita anche lei alla fine, và!), oggi Diana è stata di nuovo riportata alla monodimensione di Santità a suo tempo plasmata dagli spin doctor di Tony Blair. Furono loro infatti a coniare il termine "principessa del popolo", nient'altro che la furba riedizione della "Santa Evita" di Rice & Webber, per accaparrarsi il copyright su colei che, fosse vissuta, avrebbero cercato di far diventare la Madonninachepiange vivente del NWO.
Ieri infatti guardavo un documentario inedito sulle "nuove rivelazioni dalle interviste segrete di Diana", ed è stata sensazione di blairismo puro, oltre che esperienza quasi da apparizione mariana. Il terzo segreto di Diana, insomma.
Sparite le ombre, o semplicemente le debolezze dell'umana creatura (vivaddio), e le sconcezze iconoclaste, è tornata la Martire, la Perseguitata (perché buona e uman(itari)a) dalla Reginacattiva, dal Marito Sociopatico e Anaffettivo, da Quellaltra, dalle regole della corte, dalla Ragion di Stato e, alla fine, quasi si sentivano le catene trascinate dai fantasmi di Anna Bolena e delle altre infelici mogli di Enrico VIII.
Gli amori di Diana, gettati alle belve affamate dieci anni fa, spariti. Solo il Dodi, citato di striscio alla fine perché non si poteva proprio evitarlo. Una Diana non solo martire ma ritornata anche vergine.
La "versione di Diana" è risultata talmente di parte, vittimistica, autoassolutoria ed infantile di ritorno, da risultare francamente inverosimile. Nessun cenno, ad esempio, trattandosi di matrimonio combinato, alla nota propensione delle ambiziosissime famiglie nobili inglesi ad infilare le figlie, anche due alla volta, nei letti dei re o futuri tali, sapendo che saranno principalmente delle fattrici in eterna competizione con le amanti ufficiali e nemmeno alla eguale sfrenata ambizione delle pulzelle a diventare regine. Se i Windsor la "comprarono" al mercato delle vergini, è pur vero che i suoi la vendettero e che lei "sapeva che il suo destino era diventare regina". Credere nelle favole non è mai salutare.
E poi, parlando di strategia matrimoniale, vuoi proprio che la fanciulla non abbia commesso l'eterno errore fatale e banale delle donne sposate con chi non le ama: ovvero il "Riuscirò a cambiarlo"?
Fosse vissuta, probabilmente l'avrebbe ormai ammesso anche lei. Avrebbe riconosciuto che quando un uomo si imprinta su una certa donna non c'è verso e che le vie dei grandi amori, quale si è dimostrato quello tra Carlo e Camilla, sono misteriose. Meglio non separare coloro che non sono destinati a sopravviversi ma a morire a un giorno di distanza l'uno dall'altro, come i gemelli siamesi.
Sono cose che però si capiscono solo da vecchie, o da non più tanto giovani, se preferite. Sui cinquanta inoltrati, insomma, quando la saggezza maturata sulle mazzate ricevute per decenni comincia a farsi apprezzare come il migliore dei vini d'annata e scopri che non te ne frega più niente.
Guardando il documentario lacrimogeno ho pensato che io e la mia doppia*, viva ed invecchiata come me, potremmo sederci a sorseggiare assieme un bicchiere di quel vino, facendoci una risata sulle reciproche depressioni giovanili.
(*Quando Diana era in piena auge tutti mi dicevano che ero la sua sosia e, in effetti, oltre ad avere la stessa età ed assomigliarle fisicamente in modo assai inquietante, nemmeno io allora ero proprio il ritratto della felicità).
L'anniversario della morte di Diana tuttavia è perfetto come segno del cambiamento avvenuto in vent'anni - soprattutto se pensiamo che l'Inghilterra di allora, come appare nel video dei funerali, sembra un paese ormai scomparso, abitato com'era ancora soprattutto da inglesi - ma anche come presagio per i tempi futuri.
A questo proposito è curioso che, per la rievocazione mediatica da ventennale, si sia scelta la versione riverginazione in senso vittimista di Diana, rispetto a quella della Diana multiculti dagli amori musulmani allora osteggiati - e perfino motivo del fantomatico complotto per assassinarla - che oggi invece sarebbero di grande tendenza e da sbandierare con orgoglio globalitario.
Forse in questi tempi che stanno diventando ultra-arrabbiati contro tutto ciò che Diana era stata designata a rappresentare, visto che il buonismo piagnone ormai sta facendo volare boomerang a tutto spiano, è prevalsa la scelta di racchiudere il testimonial nella corazza protettiva del sacro e dell'empatia da moglie tradita in grado di ammansire le tricoteuses, nella certezza che, di Diana, per fortuna si parlerà al massimo fino al 1° di settembre, non oltre. Il quarto d'ora di celebrità di Andy Warhol del resto ormai sta già sotto il minuto scarso.
Il nostro destino, borghesi di merda o principesse infelici, è il "di chi parla" di Ofresia.
Per chi vuole completare l'offerta "tre per due", c'è "Racchio e Camilla, o la rivincita della carampana".
Il vedovo consolabile si è finalmente accasato con la donna della sua vita Camilla. L’amore inossidabile ha trionfato e i due non fanno più notizia. Lei, Camilla, da carogna finita quale era dipinta, è diventata simpatica e perfino attraente, forse per qualche magia di Harry Potter. I due figlioli della morta le vogliono perfino bene e la regal suocera ha ritrovato il sorriso.
La stampa, non sapendo cosa farsene di un cadavere ormai inutile cerca di liberarsene, una rivelazione sempre più scabrosa alla volta. E la povera Diana che in fondo, dopo aver visto svanire la sua immensa ambizione di diventare la vera regina d’Inghilterra si accorse di essersi si è sbattuta tanto per niente, ora rischia o di essere equiparata a quella sciacquetta di Monica Lewinski o di essere addirittura dimenticata. “Diana chi”?
(31 agosto 2006)
Rileggendo la chiosa del mio vecchio post capisco perché a volte mi faccio realmente paura. Ecco infatti, ieri, comparire sul Twitter questo agghiacciante segno dei tempi. Vi spiego perché agghiacciante.
Detto che la dolce Ofresia probabilmente era appena nata quando la Diana Morta moriva e ci lasciava, e ciò costituisce perciò attenuante, il fatto che la più inquietante delle zie, la Zia Profe (come direbbe Il Pedante), si sia avverata, mi mette addosso una grande tristezza.
Sarà l'atmosfera da smobilitazione di una civiltà ma ogni atto di ostilità - fosse solo l'indifferenza o l'inconoscenza - verso il nostro passato mi fa sentire una sopravvissuta e ancora più vecchia di quanto io sia. Una specie di prigioniera del passato e di vecchi ricordi ammuffiti. La sensazione di viale del tramonto del resto è lo sgradevole effetto collaterale della maturità e relativa saggezza.
Un'altra cosa che mi rattrista è il fatto che, a differenza di nove anni fa quando, come avete letto, il tono delle commemorazioni non escludeva la voglia di smontare il mito e infrangere l'idolo, ridurlo alla pari con i comuni mortali, fatti di luci ed ombre e non solo circonfusi di luce divina, se non addirittura di combatterne la stucchevole perfezione costruita mediaticamente (dopo tutto si era divertita anche lei alla fine, và!), oggi Diana è stata di nuovo riportata alla monodimensione di Santità a suo tempo plasmata dagli spin doctor di Tony Blair. Furono loro infatti a coniare il termine "principessa del popolo", nient'altro che la furba riedizione della "Santa Evita" di Rice & Webber, per accaparrarsi il copyright su colei che, fosse vissuta, avrebbero cercato di far diventare la Madonninachepiange vivente del NWO.
Ieri infatti guardavo un documentario inedito sulle "nuove rivelazioni dalle interviste segrete di Diana", ed è stata sensazione di blairismo puro, oltre che esperienza quasi da apparizione mariana. Il terzo segreto di Diana, insomma.
Sparite le ombre, o semplicemente le debolezze dell'umana creatura (vivaddio), e le sconcezze iconoclaste, è tornata la Martire, la Perseguitata (perché buona e uman(itari)a) dalla Reginacattiva, dal Marito Sociopatico e Anaffettivo, da Quellaltra, dalle regole della corte, dalla Ragion di Stato e, alla fine, quasi si sentivano le catene trascinate dai fantasmi di Anna Bolena e delle altre infelici mogli di Enrico VIII.
Gli amori di Diana, gettati alle belve affamate dieci anni fa, spariti. Solo il Dodi, citato di striscio alla fine perché non si poteva proprio evitarlo. Una Diana non solo martire ma ritornata anche vergine.
La "versione di Diana" è risultata talmente di parte, vittimistica, autoassolutoria ed infantile di ritorno, da risultare francamente inverosimile. Nessun cenno, ad esempio, trattandosi di matrimonio combinato, alla nota propensione delle ambiziosissime famiglie nobili inglesi ad infilare le figlie, anche due alla volta, nei letti dei re o futuri tali, sapendo che saranno principalmente delle fattrici in eterna competizione con le amanti ufficiali e nemmeno alla eguale sfrenata ambizione delle pulzelle a diventare regine. Se i Windsor la "comprarono" al mercato delle vergini, è pur vero che i suoi la vendettero e che lei "sapeva che il suo destino era diventare regina". Credere nelle favole non è mai salutare.
E poi, parlando di strategia matrimoniale, vuoi proprio che la fanciulla non abbia commesso l'eterno errore fatale e banale delle donne sposate con chi non le ama: ovvero il "Riuscirò a cambiarlo"?
Fosse vissuta, probabilmente l'avrebbe ormai ammesso anche lei. Avrebbe riconosciuto che quando un uomo si imprinta su una certa donna non c'è verso e che le vie dei grandi amori, quale si è dimostrato quello tra Carlo e Camilla, sono misteriose. Meglio non separare coloro che non sono destinati a sopravviversi ma a morire a un giorno di distanza l'uno dall'altro, come i gemelli siamesi.
Sono cose che però si capiscono solo da vecchie, o da non più tanto giovani, se preferite. Sui cinquanta inoltrati, insomma, quando la saggezza maturata sulle mazzate ricevute per decenni comincia a farsi apprezzare come il migliore dei vini d'annata e scopri che non te ne frega più niente.
Guardando il documentario lacrimogeno ho pensato che io e la mia doppia*, viva ed invecchiata come me, potremmo sederci a sorseggiare assieme un bicchiere di quel vino, facendoci una risata sulle reciproche depressioni giovanili.
(*Quando Diana era in piena auge tutti mi dicevano che ero la sua sosia e, in effetti, oltre ad avere la stessa età ed assomigliarle fisicamente in modo assai inquietante, nemmeno io allora ero proprio il ritratto della felicità).
L'anniversario della morte di Diana tuttavia è perfetto come segno del cambiamento avvenuto in vent'anni - soprattutto se pensiamo che l'Inghilterra di allora, come appare nel video dei funerali, sembra un paese ormai scomparso, abitato com'era ancora soprattutto da inglesi - ma anche come presagio per i tempi futuri.
A questo proposito è curioso che, per la rievocazione mediatica da ventennale, si sia scelta la versione riverginazione in senso vittimista di Diana, rispetto a quella della Diana multiculti dagli amori musulmani allora osteggiati - e perfino motivo del fantomatico complotto per assassinarla - che oggi invece sarebbero di grande tendenza e da sbandierare con orgoglio globalitario.
Forse in questi tempi che stanno diventando ultra-arrabbiati contro tutto ciò che Diana era stata designata a rappresentare, visto che il buonismo piagnone ormai sta facendo volare boomerang a tutto spiano, è prevalsa la scelta di racchiudere il testimonial nella corazza protettiva del sacro e dell'empatia da moglie tradita in grado di ammansire le tricoteuses, nella certezza che, di Diana, per fortuna si parlerà al massimo fino al 1° di settembre, non oltre. Il quarto d'ora di celebrità di Andy Warhol del resto ormai sta già sotto il minuto scarso.
Il nostro destino, borghesi di merda o principesse infelici, è il "di chi parla" di Ofresia.
Per chi vuole completare l'offerta "tre per due", c'è "Racchio e Camilla, o la rivincita della carampana".
Uno tra i tanti misteri che non mi so spiegare è la divinizzazione di Elton John. Che ci troverà la ggente in questo inutile musicante?
RispondiEliminahttp://ilblogdilameduck.blogspot.it/2007/07/racchio-e-camilla-ovvero-la-rivincita.html
RispondiElimina...dopo una triste giornata vado a dormire col sorriso, Grazie Barbara
ah ah ah...a guardar le foto in effetti, un "a ritroso" dell'albero io lo farei Barbara...
RispondiEliminaGrazie Barbara!
RispondiEliminaperché ce la ripropongono? Per mettere di nuovo in cattiva luce carlo? "qualcuno" continua a tentare di far "saltare" la corona direttamente da "nonna" a "nipote"?
RispondiEliminama "il babbo" è tenace, come abbiamo visto con la sua storia con la "cavalla".
ws
marco alberti parla di quel che vuoi ma almeno evita di commenti che lasciano il tempo che trovano sulla musica. Bisogna ascoltare, non le briciole che ci propone il mainstream, ma anche il resto.
RispondiEliminaChe la personalità pubblica di Elton John sia (anche perchè lui è un provocatore nato), ridicola, amante delle esagerazioni, pacchiana e da musicante di corte ed assolutamente contestabilissima non si mette in dubbio, altra cosa è la musica. Negli anni 70 era uno dei geni della melodia e del pop mondiale, può piacere o meno, trovarlo in diverse fasi tronfio e barocco, ma bisogna scindere l'uomo dall'artista spesso ispirato da una musa più intelligente.
Poi c'è da dire che i cosiddetti fan di Elton trovarono dissacratorio che la bella Candle in the wind usata nel funerale di Diana, fosse riproposta con un significato stravolto, visto che parlava di Marylin Monroe e per questo motivo che molti suoi fan hanno cominciato ad odiarla.
Gondor
Questo per dire che molti artisti sono stronzi e squallidi ma propongono grande musica, bisogna scindere la musica dall'uomo, altrimenti ritorniamo all'Italia degli anni 70, quella dove i museo rosenbach furono accusati di fascismo perchè la casa discografica mise il busto di mussolini sulla copertina e boicottati da tutti, quella super politicizzata e violenta che pochi gruppi stranieri avevano il coraggio di varcare, quella che chiamò Battisti reazionario. La musica è una cosa, la politica è un'altra.
EliminaScusate la disgressione musicale.
Gondor
a me del destino delle rampolle dell'alta società interessa ben poco....ho cose ben più serie a cui pensare. oikos
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