Salvador Dalì, Corpus Hypercubus (Crocifissione), 1954, olio su tela, 194,4 x 123,9 cm., New York, The Metropolitan Museum of Art |
Dopo un lungo silenzio, ieri mons. Carlo Maria Viganò è tornato sul canale ufficiale di Exsurge Domine con un intervento che, riascoltato più volte e anche trascritto, risulta più disturbante e difficilmente concepibile di un ipercubo cosmico, di un tesseratto quadridimensionale. Tanto che mi ha ricordato, per associazione, la celebre opera "Corpus Hypercubus" di Salvador Dalì.
Il rimando al surrealismo non è casuale, come vedremo. Alludendo all'annosa questione della rinuncia di Benedetto XVI, Viganò definisce infatti surreali quelle "teorie inconsistenti e non suffragate da alcuna prova che hanno fatto presa su tantissimi fedeli ed anche su sacerdoti, aumentando la confusione e il disorientamento." Egli non nomina apertamente la sede impedita di Benedetto XVI e neppure esprime solidarietà a quei sacerdoti che, pur avendo ricevuto la sua stessa accusa di scisma, stanno subendo un tormento peggiore del suo da parte di colui che per tutto il video si evita accuratamente di chiamare antipapa. Quasi che fosse un'entità innominabile.
Le teorie saranno surreali ma per il noto meccanismo psicologico della proiezione, Viganò finisce per indulgere proprio nel gioco surrealista del "cadavere eccellente" che consiste nel creare con carta e matita un testo o un'immagine con un lavoro di gruppo in cui però ogni partecipante ignora i contributi degli altri. Con il risultato di ottenere figure bizzarre e mostruose al di sopra della realtà e, nel caso di questo video, un monstrum canonico con la testa di mons. Bux, le braccia di mons. Gaenswein, il tronco di una sedicente fidatissima assistente di Ratzinger e le gambe del card. Brandmuller, dal titolo "Il papato scomposto".
Qui però si rileva un primo paradosso temporale nell'ipercubo viganiano.
Nel 2014 solo Antonio Socci aveva pubblicato un libro sull'argomento dei due papi e non esisteva ancora l'inchiesta Codice Ratzinger di Andrea Cionci, partita nel 2020, e nemmeno si era ancora pronunciato don Minutella sulla questione dell'antipapato di Bergoglio.
Ora, se mons. Bux era a conoscenza fin dal 2014 della verità sulle modalità della rinuncia di Benedetto XVI, perché nel 2018 in un'intervista ad Aldo Maria Valli , proponeva di:"...esaminare e studiare più accuratamente la questione relativa alla validità giuridica della rinuncia di papa Benedetto XVI?"
Perché non rivelare egli stesso la verità?
Stupisce che Viganò definisca farisaica difesa del Segreto Pontificio il probabile mantenimento di un riserbo sulla questione magari imposto proprio da Benedetto XVI, il quale non rassicurò parimenti i propri fedeli che gli scrissero più volte chiedendogli di sciogliere i dubbi sulla sua rinuncia, rispondendo loro che non era proprio possibile incontrarli né rispondere a tali domande. Evidentemente perché non poteva, sia per sede impedita che per questioni relative alle vere motivazioni della sua rinuncia.
Il disegno del pupazzetto surrealista prosegue con la "fidatissima collaboratrice di Benedetto XVI" che in una conversazione telefonica del 2020 conferma a Viganò "l'intenzione del Papa più volte reiterata di ritirarsi a vita privata nella sua dimora bavarese senza mantenere né il nome apostolico né le vesti papali".
Benissimo. Per quale motivo Benedetto XVI avrebbe voluto dimettersi? Nessuna ipotesi medica ha retto all'evidenza della sua lunga sopravvivenza da papa emerito in condizioni psicofisiche tali da non giustificare una rinuncia per malattia o decadimento mentale. Altre motivazioni - nostalgia per il fratello, per la madrepatria, per la cucina bavarese - non sarebbe compatibile con la profonda devozione di Joseph Ratzinger a Cristo ed alla missione da lui affidatagli. Quindi siamo dalle parti del puro chiacchiericcio che però avrà una sua motivazione quando vedremo il disegno completo.
Proseguiamo. Mons. Gänswein - che ricordo è l'esecutore testamentario di Ratzinger e quindi ha ricevuto precise istruzioni dal papa circa cosa rivelare e cosa tenere segreto dopo la sua morte - viene tirato in ballo da Viganò come colui che, assieme al segretario di Stato, avrebbe convinto papa Benedetto XVI a restare comunque in Vaticano dopo la rinuncia perché, tenetevi stretti: "Joseph Ratzinger cercava di mantenerne alcuni aspetti [del papato NdR] che gli garantissero protezione e prestigio, siccome l'allontanamento fisico dalla sede Apostolica poteva apparire come una forma di disapprovazione della linea di governo della Chiesa imposta dalla Deep Church bergogliana."
State cominciando a intravedere dove voglia andare a parare mons. Viganò?
Gli ultimi tratti al mostriciattolo eccellente li verga il cardinale Brandmüller il quale, anch'egli in vena di confidenze, sempre nel 2020 confida a Viganò "che il professor Joseph Ratzinger elaborava la teoria del papato emerito e collegiale con il collega Carl Rahner negli anni '70 quando entrambi erano giovani teologi."
Vediamo quindi nell'insieme questo disegno ormai ultimato, cercando di riassumere in estrema sintesi la teoria surreale - quella si - di Viganò come nemmeno il grande regista surrealista spagnolo Luis Buñuel avrebbe potuto rappresentarla in un film.
Bene. Joseph Ratzinger era in pratica il capo della Spectre. Il suo vero nome era Ernst Stavro Blofeld. Non solo modernista ma agente del turbohegelismo sintetico e membro in sonno della mafia di San Gallo.
Egli convinse i cardinali del conclave 2005 a farsi eleggere papa promettendo all'arcivescovo di Buenos Aires, suo vecchio amicone, di dimettersi nel giro di qualche anno in suo favore. Anzi, no. Perché dimettermi? Facciamo quel doppio papato modernistah di cui favoleggiano da anni i sedevacantisti, così impazziscono. Si, dovrò restare in Vaticano ma, stai tranquillo, non ti disturberò affatto. Per rendere la cosa della rinuncia ancora più credibile farò una telefonatina a chi so io per far bloccare il circuito SWIFT, così sembrerà il frutto di un colpo di stato esterno. Farò credere a tutti di essere il buon papa conservatore difensore della messa vetus ordo ma in realtà preparerò le cose per poter "consegnare la sede di Pietro al suo demolitore" (Viganò dice proprio così).
Monsignore vorrebbe quindi convincerci che le teorie "consistenti e suffragate da prove" non si basano sulla Universi Dominici Gregis ma sulla programmazione di Netflix.
La cosa tragica è che questa teoria di mons. Viganò è quella sposata da anni dai sedevacantisti che, lo ricordo, non riconoscendo alcun papa valido dopo Pio XII, sono di fatto eretici e scismatici, checché ne dicano essi stessi, rimasti silenti per tutti i pontificati postconciliari raccogliendo prebende, onori e nomine arcivescovili, salvo scatenarsi nel vilipendio post mortem dell'ultimo valido Vicario di Cristo, approfittando della ricreazione loro concessa dall'antipapa che sprezzantemente chiamano "l'argentino", confermando la loro eresia ma senza mostrare il coraggio di chiamarlo antipapa Bergoglio. Complimenti vivissimi.
Mi è rimasto un solo dubbio alla fine dell'intervento di Viganò. Esso si ricollega ad un'idea che mi frulla da tempo in testa. Nella descrizione della rivoluzione permanente hegeliana che, penetrata nella Chiesa, avrebbe finito per secolarizzare la trasmissione del munus petrino riducendola alla dinamica politica dell'alternanza tra destra e sinistra purché non si cambi nulla, è prevista anche l'ipotesi di un prossimo doppio antipapato modernista? Un altro bel pasticcio canonico dove al Giovanni XXIV della linea bergogliana sangallina, magari un cardinale Zuppi, verrebbe contrapposto un altro finto conservatore, finto buono in realtà in perfetto accordo con i demolitori della sede di San Pietro, accompagnato da uno stuolo di finti oppositori bravi a tenere buoni i cattolici, offrendo loro più cappe magne e più investiture profetiche in cambio del sopire, troncare, troncare e sopire l'unica logica spiegazione delle dimissioni di Joseph Ratzinger?
Visto che la soluzione canonica all'usurpazione antipapale non viene nemmeno presa in considerazione dal monsignore e che l'appello termina con la dichiarazione dell'impossibilità di uscire dall'ipercubo senza provocare l'implosione dell'Universo, verrebbe da pensarlo, pur facendo peccato.
Se il grande padre Occam potesse scrivere una lettera da inviare a Viganò come definitiva rivelazione sulle dimissioni di papa Benedetto gli vergherebbe un semplice bigliettino: "Perché, o sedevacantisti, non usate il mio rasoio?"