Di fronte ad un fatto come quello accaduto ieri a Parigi, il primo assalto terroristico di questo genere ad un giornale che io ricordi, è veramente difficile mantenere la lucidità necessaria per interpretarne il significato, tra lo stato di shock inevitabile e le varie gradazioni emotive tra rabbia, indignazione e paura che rischiano di farcela perdere del tutto. E' tuttavia paradossalmente proprio in quei primissimi momenti che, riuscendo a chiedersi semplicemente quale effetto è stato ottenuto, chi stiamo odiando di conseguenza e pensando a come ci sentiremo domani, si può sperare di non farci coinvolgere nel gioco del terrorismo e capirne le motivazioni e gli scopi.
I fatti.
Un commando di tre terroristi fa irruzione nella sede del giornale satirico "Charlie Hebdo" mentre è in corso una riunione di redazione e apre il fuoco uccidendo almeno 12 persone e ferendone altre. Poi, durante la fuga, gli assassini uccidono a sangue freddo un altro poliziotto.
A queste prime scarne informazioni si aggiunge presto, da parte dei media, una vera e propria trama affabulatoria dai contorni sospetti e che ricorda assai qualcosa di familiare.
Il frame.
Innanzitutto ci viene detto che i terroristi erano islamici; lo si deduce dal fatto che abbiano gridato "Allah è grande!" durante l'assalto e abbiano dichiarato di voler vendicare l'onore del Profeta, irriso a sentir loro in alcune vignette pubblicate proprio su quel giornale.
Tutto ciò è credibile ma ciò che segue lo sarà sempre di meno.
Non sono trascorse che poche ore dall'attentato e, nonostante i suoi autori abbiano agito a volto coperto, già emergono i nomi degli indiziati, ma bisognerebbe dire colpevoli, vista la sicurezza con la quale vengono additati all'opinione pubblica come tali. Addirittura, un sito israeliano,
JSS, su imbeccata di un agente dei servizi francesi, dicono, pubblica nomi, cognomi, indirizzi, e mancano solo codici fiscali e gruppi sanguigni dei terroristi.
Viene pubblicata la fotografia del documento di identità di uno dei sospetti, dimenticato incredibilmente sul luogo del crimine. Chi è che non si porta dietro i propri documenti - giammai quelli falsi - andando a fare un attentato? Ritorna in mente il miracoloso ritrovamento del documento intatto di Mohamed Atta tra le macerie delle due torri gemelle.
Insomma, questi erano noti a tutti i servizi, francesi e stranieri, attenzionati in tutti i modi, e nessuno è riuscito a fermarli in tempo. Come sempre. Addirittura oggi ci hanno raccontato che per tutta la giornata si sono susseguiti avvistamenti dei fuggiaschi, regolarmente riconosciuti da numerosi testimoni per il fatto di andare in giro "armati di tutto punto". Forse abbiamo visto troppi film, nei quali invece la prima cosa che fanno è gettare l'arma servita a compiere un delitto. La caccia all'uomo continua e la Francia intanto si è riempita di 88.000 agenti superaccessoriati, in una grande esercitazione di controllo poliziesco del territorio alla ricerca di tre assassini che, allo stesso tempo, compiono un'operazione militare impeccabile, alla Via Fani, per intenderci, e poi seminano documenti, impronte come dei pirla. Insomma lasciano troppe tracce, come ha fatto notare in un post il sempre acuto
Gilad Atzmon, che ricorda anche ai francesi, ora piangenti sopra il cadavere della libertà di satira, il doppiopesismo riservato a quella del comico
Dieudonné, marchiato invece come antisemita.
Naturalmente tutto questo, per i fautori dello
sciacallettismo, è fantasia, visto che
i complotti non esistono.
"Perché definire "complotto" una razionale e cinica azione di potere volta a eliminare e talvolta a sterminare anche fisicamente i propri avversari? Con questo criterio, quante lotte umane per l'egemonia caratterizzate da doppio-triplogiochismi, occultamenti e dissimulazioni, dall'antichità fino ai nostri giorni, dovrebbero essere definite "cospirazioni"? Si potrà anche considerare ripugnante un simile modo di agire, ma esso rientra nella categoria ordinaria dei progetti umani a uso di chi fa parte di élite nazionali o sovranazionali, non in quella straordinaria e borderline dei complotti di cui vaneggiano e favoleggiano la gran parte dei dietrologisti." (pag. 172)
L'effetto.
Intanto sono riusciti a far spegnere la Tour Eiffel ed è una cosa clamorosa, visto che i vignettisti assassinati avevano affermato in passato che nessuna minaccia li avrebbe fatti desistere dal cessare di esprimere liberamente le loro opinioni.
Appena dopo l'attentato abbiamo assistito alla reazione scomposta di politici che, reagendo pavlovianamente allo stimolo, si sono lasciati condurre docilmente nella trappola del razzismo, ovvero del tabu più fenomenale del politicamente corretto, per farvisi delegittimare meglio. Chi costruisce il frame attorno ad un atto terroristico sa benissimo che ci saranno politici che reagiranno nel modo esattamente previsto. Come Marine Le Pen - che almeno ha chiarito che la condanna dell'attentato deve essere diretta al fondamentalismo islamico e non all'Islam in generale - invocando però la pena di morte e in Italia Salvini, che continua imperterrito ad inveire, interpretando il ruolo assegnatogli del "leghista razzista". Dal manuale: "Come stanare gli xenofobi che si oppongono al progetto di ripopolamento kalergico dell'Europa auspicato dall'ONU". Nemmeno Farage è riuscito ad evitare il trappolone. Una tonnara, insomma.
Si dà però il caso che questi politici, oltre alla xenofobia, siano gli unici che si oppongono alla versione euro della shock economy. Come effetto collaterale dell'attentato, l'argomento euro ma soprattutto quello della deflazione in tutta l'eurozona, è finito nei trafiletti delle pagine interne e parecchi scroll in basso nelle versioni online.
Il terrorismo islamico è sempre un fenomenale specchio da puntare sugli occhi dell'opinione pubblica ed accecarla.
"Chi sto odiando adesso".
Sono stati gli islamici, dicono, ed io odio gli islamici per quello che hanno fatto. Oh, quanto li odio, cazzo! Chi non ha fatto la fantasia di sganciare, come ritorsione, un'atomica sulla Mecca ieri, alzi la mano. L'odio e la rabbia scorrono potenti in noi. L'ira, ma soprattutto la paura e lo shock ci farebbero quasi accettare quelle misure restrittive della libertà che sotto sotto stanno già pensando di imporci. Come accadde dopo l'undici settembre quando, con una spolverata di antrace negli uffici dell'opposizione, i congressmen approvarono in tutta fretta il Patriot Act e gli americani furono meno liberi.
Che c'entra? Leggete la prosa del nostro fateprestista preferito:
"L'Occidente non si illuda che le libertà conquistate siano eterne e si ricordi che vanno riconquistate ogni giorno, senza cadere nella tentazione rozza di dividere il campo dei musulmani tra buoni e cattivi e senza solleticare e ingrassare populismi e spinte xenofobe vecchie e nuove. Risponda piuttosto con la ragione dell'Europa della sicurezza e dell'intelligence, l'allarme deve scattare in casa nostra e negli altri Paesi recidendo i ponti con le anime radicali e i loro sponsor arabi e musulmani. Risponda con gli Stati Uniti d'Europa e la forza politica del più grande mercato di consumo al mondo che decide finalmente di dire la sua non solo con la moneta unica ma anche con un esercito unico. Non si possono fare sconti e non vanno sottovalutati gli effetti di emulazione quando il metodo è sanguinario e il bersaglio diventa l'informazione, la libertà. (Roberto Napoletano - Il Sole 24 Ore)
Propaganda élitista o etilista? Capito dove vogliono arrivare? Ormai sapete che gli Stati Uniti d'Europa sono un progetto di sottomissione di interi popoli ad un pensiero e ad un progetto imperialista ultranazionale che deve essere portato a termine nonostante gli scricchiolii dell'odiosa moneta unica, e proprio a causa di questi.
L'opzione salvataggio in extremis dell'euro potrebbe non escludere la violenza, anche in subappalto, a quanto pare.
Come ci sentiamo oggi.
Meno sicuri, timorosi che arrivino altri attentati nei punti chiave d'Europa, anche da noi in Italia, soprattutto quindi dove il sogno sta sgretolandosi più velocemente - e Parigi è un buon inizio - e cresce la critica ad un sistema criminale di gestione dell'economia che sta distruggendo la vita di intere generazioni.
Tra le vittime dell'eccidio di Charlie Hebdo si è aggiunto oggi Bernard Maris, economista duramente critico dell'idolatria neoliberista, che scriveva sul giornale e a cui Jacques Sapir dedica questo
commovente ricordo.
Non è un caso che tanti disegnatori, tra cui Ruben Oppenheimer e Philippe Geluck, abbiano usato oggi, per le loro vignette dedicate alla strage di Charlie, riferimenti all'11 settembre. In fondo questa guerra è iniziata allora, preceduta solo di un anno dalla dichiarazione affidata a quel manifesto "Rebuilding America's Defense" che auspicava un "evento catalizzatore" che potesse accelerare la costruzione di una perfetta macchina imperiale militare di dominio mondiale, oltre e forse perfino contro il Pentagono e le istituzioni militari convenzionali.
[…] il processo di trasformazione, anche se porterà ad un cambiamento rivoluzionario, sara’ verosimilmente un processo lungo, senza un qualche evento catastrofico e catalizzatore, come una nuova Pearl Harbour. […] (“Rebuilding America’s Defenses", 2000, pag. 51)
"Nel paragrafo 3.5.4 (pagg. 76-77) lo studio olandese ci ragguaglia sulle strategie comunicative per ottenere “l'accettazione sociale alle operazioni militari”(nell'originale viene pervicacemente usato “defence”) ; sembra che l'ossessivo progetto occidentale di creare pericoli a ogni piè sospinto sia quello che garantisca i risultati migliori.
Vi si legge, infatti, che l'accettazione sociale a operazioni di difesa potrebbe aumentare dall'accresciuta percezione di insicurezza o dalla retorica di una approvazione generale riguardo a successi in ambito militare; questi fattori porterebbero a un clima favorevole per un ulteriore rafforzamento del settore che consentirebbe budget più alti.
Viceversa se l'attuale giudizio critico dovesse aumentare, i politici potrebbero sentirsi sotto pressione e attenuare il loro impegno per le operazioni di difesa, riducendo così i bilanci e spostando l'attenzione alle operazioni umanitarie.
Assai inquietante è quello che si trova scritto poco più sotto, cito testualmente: “Se i cittadini sono scettici sulle operazioni di difesa, i bilanci sono destinati a contrarsi e il reclutamento di risorse umane diventerà più difficile. Comunque è chiaro che un nuovo attacco terroristico influenzerà fortemente l'approvazione dell'opinione pubblica per operazioni di sicurezza e difesa”.
A me pare lo stesso principio scritto dalla stessa manina. Attenti a coloro che domani si proporranno, trattati capestro alla mano, come nostri difensori dai cattivi islamici, per non dire cattivi russi e cinesi, offrendoci la privatizzazione della guerra a caro prezzo. Soprattutto a prezzo della libertà.