sabato 10 gennaio 2015

Ve la faccio vedere



Come dice Barnard, coraggio, cominciamo da noi. Ve la faccio vedere. Ci sono costretta perché, secondo l'ISTAT per bocca di Repubblica (vedi sotto), grazie all'effetto 80 euro sta crescendo il reddito delle famiglie. Dall'espressione, Padoan non sembra molto convinto, e infatti. 

Purtroppo ieri sera il presidente del consiglio Renzi dalla Gruber ha detto di peggio: "Aumentano i risparmi". Capite che, a questo punto, una è costretta a compiere certi gesti rivoluzionari. 

Io non sono esperta di tenuta quantistica delle buste paghe ma penso che chiunque, guardando la differenza tra lordo e netto nella mia busta paga di dicembre ci intraveda qualcosa come il 56,4175% a favore delle ritenute. Questo è il reddito. Per il risparmio, che Renzi da bravo piddino avvocato patrimonialista dell'élite confonde con il suddetto, le cose vanno ancora peggio.
Infatti dobbiamo considerare, a parte la tassazione feroce alla fonte sulle rendite, e non pensate ai fondi alle Cayman ma ai portafogli pieni di titoli di stato delle famiglie italiane,  la tassazione sugli immobili, classico bene rifugio, e qui sono campane da morto. Se ad un reddito di 21.000 euro e rotti annuo, e per un dipendente questo è l'unico reddito, togliete quasi 4000 euro di IMU e TARI, da dove credete che il dipendente sia andato a prendere i 4000 euro da sacrificare sull'altare dell'F24? Forse proprio dai risparmi?Poi dice che uno si butta sulla flat tax.
Qual è quindi l'effettiva pressione fiscale totale sul quel cittadino? Mi date una cifra?
Ve lo lascio come compito da fare a casa per il weekend.

P.S. Chi commenterà: "Eh, beata te che almeno un lavoro ce l'hai", "senza il bonus di Renzi avresti preso solo 1700 euro", "e ti lamenti pure?", "se vuoi tenere due immobili sfitti ti meriti le tasse", "ma perché non li vendi?", "è colpa del debito pubblico", "questo accade a vivere al di sopra delle proprie possibilità", "l'immobile ha una funzione sociale", saranno immediatamente passati per le armi.

P.S.S. Grazie a poggiopoggiolini che ha linkato questa pubblicazione della Banca d'Italia, dalla quale estraggo questa tabella. A me pare evidente che il vero problema è il crollo dei capital gains da attività reali e della ricchezza netta, non il risparmio, che noi tuttavia cominciamo a dover intaccare per pagare le varie tasse patrimoniali.




venerdì 9 gennaio 2015

Come si fa a non essere Charlie?


Di fronte ad un fatto come quello accaduto ieri a Parigi, il primo assalto terroristico di questo genere ad un giornale che io ricordi, è veramente difficile mantenere la lucidità necessaria per interpretarne il significato, tra lo stato di shock inevitabile e le varie gradazioni emotive tra rabbia, indignazione e paura che rischiano di farcela perdere del tutto. E' tuttavia paradossalmente proprio in quei primissimi momenti che, riuscendo a chiedersi semplicemente quale effetto è stato ottenuto, chi stiamo odiando di conseguenza e pensando a come ci sentiremo domani, si può sperare di non farci coinvolgere nel gioco del terrorismo e capirne le motivazioni e gli scopi.

I fatti. 

Un commando di tre terroristi fa irruzione nella sede del giornale satirico "Charlie Hebdo" mentre è in corso una riunione di redazione e apre il fuoco uccidendo almeno 12 persone e ferendone altre. Poi, durante la fuga, gli assassini uccidono a sangue freddo un altro poliziotto. 
A queste prime scarne informazioni si aggiunge presto, da parte dei media, una vera e propria trama affabulatoria dai contorni sospetti e che ricorda assai qualcosa di familiare.

Il frame. 

Innanzitutto ci viene detto che i terroristi erano islamici; lo si deduce dal fatto che abbiano gridato "Allah è grande!" durante l'assalto e abbiano dichiarato di voler vendicare l'onore del Profeta, irriso a sentir loro in alcune vignette pubblicate proprio su quel giornale.
Tutto ciò è credibile ma ciò che segue lo sarà sempre di meno. 
Non sono trascorse che poche ore dall'attentato e, nonostante i suoi autori abbiano agito a volto coperto, già emergono i nomi degli indiziati, ma bisognerebbe dire colpevoli, vista la sicurezza con la quale vengono additati all'opinione pubblica come tali. Addirittura, un sito israeliano, JSS, su imbeccata di un agente dei servizi francesi, dicono, pubblica nomi, cognomi, indirizzi, e mancano solo codici fiscali e gruppi sanguigni dei terroristi.
Viene pubblicata la fotografia del documento di identità di uno dei sospetti, dimenticato incredibilmente sul luogo del crimine. Chi è che non si porta dietro i propri documenti  - giammai quelli falsi - andando a fare un attentato? Ritorna in mente il miracoloso ritrovamento del documento intatto di Mohamed Atta tra le macerie delle due torri gemelle.
Insomma, questi erano noti a tutti i servizi, francesi e stranieri, attenzionati in tutti i modi, e nessuno è riuscito a fermarli in tempo. Come sempre. Addirittura oggi ci hanno raccontato che per tutta la giornata si sono susseguiti avvistamenti dei fuggiaschi, regolarmente riconosciuti da numerosi testimoni per il fatto di andare in giro "armati di tutto punto". Forse abbiamo visto troppi film, nei quali invece la prima cosa che fanno è gettare l'arma servita a compiere un delitto. La caccia all'uomo continua e la Francia intanto si è riempita di 88.000 agenti superaccessoriati, in una grande esercitazione di controllo poliziesco del territorio alla ricerca di tre assassini che, allo stesso tempo, compiono un'operazione militare impeccabile, alla Via Fani, per intenderci, e poi seminano documenti, impronte come dei pirla. Insomma lasciano troppe tracce, come ha fatto notare in un post il sempre acuto Gilad Atzmon, che ricorda anche ai francesi, ora piangenti sopra il cadavere della libertà di satira, il doppiopesismo riservato a quella del comico Dieudonné, marchiato invece come antisemita.

Naturalmente tutto questo, per i fautori dello sciacallettismo, è fantasia, visto che i complotti non esistono.
Permettetemi una interessante citazione dal noto testo massonico
"Perché definire "complotto" una razionale e cinica azione di potere volta a eliminare e talvolta a sterminare anche fisicamente i propri avversari? Con questo criterio, quante lotte umane per l'egemonia caratterizzate da doppio-triplogiochismi, occultamenti e dissimulazioni, dall'antichità fino ai nostri giorni, dovrebbero essere definite "cospirazioni"? Si potrà anche considerare ripugnante un simile modo di agire, ma esso rientra nella categoria ordinaria dei progetti umani a uso di chi fa parte di élite nazionali o sovranazionali, non in quella straordinaria e borderline dei complotti di cui vaneggiano e favoleggiano la gran parte dei dietrologisti." (pag. 172)

L'effetto.

Intanto sono riusciti a far spegnere la Tour Eiffel ed è una cosa clamorosa, visto che i vignettisti assassinati avevano affermato in passato che nessuna minaccia li avrebbe fatti desistere dal cessare di esprimere liberamente le loro opinioni. 
Appena dopo l'attentato abbiamo assistito alla reazione scomposta di politici che, reagendo pavlovianamente allo stimolo, si sono lasciati condurre docilmente nella trappola del razzismo, ovvero del tabu più fenomenale del politicamente corretto, per farvisi delegittimare meglio. Chi costruisce il frame attorno ad un atto terroristico sa benissimo che ci saranno politici che reagiranno nel modo esattamente previsto. Come Marine Le Pen - che almeno ha chiarito che la condanna dell'attentato deve essere diretta al fondamentalismo islamico e non all'Islam in generale - invocando però la pena di morte e in Italia Salvini, che continua imperterrito ad inveire, interpretando il ruolo assegnatogli del "leghista razzista". Dal manuale: "Come stanare gli xenofobi che si oppongono al progetto di ripopolamento kalergico dell'Europa auspicato dall'ONU". Nemmeno Farage è riuscito ad evitare il trappolone. Una tonnara, insomma.
Si dà però il caso che questi politici, oltre alla xenofobia, siano gli unici che si oppongono alla versione euro della shock economy. Come effetto collaterale dell'attentato, l'argomento euro ma soprattutto quello della deflazione in tutta l'eurozona, è finito nei trafiletti delle pagine interne e parecchi scroll in basso nelle versioni online.
Il terrorismo islamico è sempre un fenomenale specchio da puntare sugli occhi dell'opinione pubblica ed accecarla.

"Chi sto odiando adesso".

Sono stati gli islamici, dicono, ed io odio gli islamici per quello che hanno fatto. Oh, quanto li odio, cazzo! Chi non ha fatto la fantasia di sganciare, come ritorsione, un'atomica sulla Mecca ieri, alzi la mano. L'odio e la rabbia scorrono potenti in noi. L'ira, ma soprattutto la paura e lo shock ci farebbero quasi accettare quelle misure restrittive della libertà che sotto sotto stanno già pensando di imporci.  Come accadde dopo l'undici settembre quando, con una spolverata di antrace negli uffici dell'opposizione, i congressmen approvarono in tutta fretta il Patriot Act e gli americani furono meno liberi.

Che c'entra? Leggete la prosa del nostro fateprestista preferito:
"L'Occidente non si illuda che le libertà conquistate siano eterne e si ricordi che vanno riconquistate ogni giorno, senza cadere nella tentazione rozza di dividere il campo dei musulmani tra buoni e cattivi e senza solleticare e ingrassare populismi e spinte xenofobe vecchie e nuove. Risponda piuttosto con la ragione dell'Europa della sicurezza e dell'intelligence, l'allarme deve scattare in casa nostra e negli altri Paesi recidendo i ponti con le anime radicali e i loro sponsor arabi e musulmani. Risponda con gli Stati Uniti d'Europa e la forza politica del più grande mercato di consumo al mondo che decide finalmente di dire la sua non solo con la moneta unica ma anche con un esercito unico. Non si possono fare sconti e non vanno sottovalutati gli effetti di emulazione quando il metodo è sanguinario e il bersaglio diventa l'informazione, la libertà. (Roberto Napoletano - Il Sole 24 Ore
Propaganda élitista o etilista? Capito dove vogliono arrivare? Ormai sapete che gli Stati Uniti d'Europa sono un progetto di sottomissione di interi popoli ad un pensiero e ad un progetto imperialista ultranazionale che deve essere portato a termine nonostante gli scricchiolii dell'odiosa moneta unica, e proprio a causa di questi.
L'opzione salvataggio in extremis dell'euro potrebbe non escludere la violenza, anche in subappalto, a quanto pare.

Come ci sentiamo oggi.

Meno sicuri, timorosi che arrivino altri attentati nei punti chiave d'Europa, anche da noi in Italia, soprattutto quindi dove il sogno sta sgretolandosi più velocemente - e Parigi è un buon inizio - e cresce la critica ad un sistema criminale di gestione dell'economia che sta distruggendo la vita di intere generazioni. 
Tra le vittime dell'eccidio di Charlie Hebdo si è aggiunto oggi Bernard Maris, economista duramente critico dell'idolatria neoliberista, che scriveva sul giornale e a cui  Jacques Sapir dedica questo commovente ricordo
Non è un caso che tanti disegnatori, tra cui Ruben Oppenheimer e Philippe Geluck, abbiano usato oggi, per le loro vignette dedicate alla strage di Charlie, riferimenti all'11 settembre. In fondo questa guerra è iniziata allora, preceduta solo di un anno dalla dichiarazione affidata a quel manifesto "Rebuilding America's Defense" che auspicava un "evento catalizzatore" che potesse accelerare la costruzione di una perfetta macchina imperiale militare di dominio mondiale, oltre e forse perfino contro il Pentagono e le istituzioni militari convenzionali.
[…] il processo di trasformazione, anche se porterà ad un cambiamento rivoluzionario, sara’ verosimilmente un processo lungo, senza un qualche evento catastrofico e catalizzatore, come una nuova Pearl Harbour. […] (“Rebuilding America’s Defenses", 2000, pag. 51)
Macchina che, a quanto pare, dev'essere costruita anche in Europa, visto che, come scrive orizzonte48, uno studio della TNO “Sviluppo di una base tecnologica e industriale della Difesa europea”- finanziato dalla Commissione Europea  afferma: 
"Nel paragrafo 3.5.4 (pagg. 76-77) lo studio olandese ci ragguaglia sulle strategie comunicative per ottenere “l'accettazione sociale alle operazioni militari”(nell'originale viene pervicacemente usato “defence”) ; sembra che l'ossessivo progetto occidentale di creare pericoli a ogni piè sospinto sia quello che garantisca i risultati migliori.
Vi si legge, infatti, che l'accettazione sociale a operazioni di difesa potrebbe aumentare dall'accresciuta percezione di insicurezza o dalla retorica di una approvazione generale riguardo a successi in ambito militare; questi fattori porterebbero a un clima favorevole per un ulteriore rafforzamento del settore che consentirebbe budget più alti.
Viceversa se l'attuale giudizio critico dovesse aumentare, i politici potrebbero sentirsi sotto pressione e attenuare il loro impegno per le operazioni di difesa, riducendo così i bilanci e spostando l'attenzione alle operazioni umanitarie.
Assai inquietante è quello che si trova scritto poco più sotto, cito testualmente: “Se i cittadini sono scettici sulle operazioni di difesa, i bilanci sono destinati a contrarsi e il reclutamento di risorse umane diventerà più difficile. Comunque è chiaro che un nuovo attacco terroristico influenzerà fortemente l'approvazione dell'opinione pubblica per operazioni di sicurezza e difesa”.

A me pare lo stesso principio scritto dalla stessa manina. Attenti a coloro che domani si proporranno, trattati capestro alla mano, come nostri difensori dai cattivi islamici, per non dire cattivi russi e cinesi, offrendoci la privatizzazione della guerra a caro prezzo. Soprattutto a prezzo della libertà.



martedì 6 gennaio 2015

Camicie bianche della controrivoluzione


Giochino festivo epifanico che tenta di rispondere alla domanda: "Cos'è questa moda degli uomini in ammollo della politica"?
Il look del leader moderno, ggiovane e s'intende progressista (ma si, se lo è Renzi può esserlo anche Cameron) sembra proprio essere la camicia per lo più bianca, con o senza cravatta ma preferibilmente senza e con le maniche informalmente arrotolate. Di tali leader qui sotto ce ne sono ben cinque in un colpo, immortalati a corredo di un editoriale della defunta Unità pubblicato in un inquietante 8 settembre e celebrativo di una recente merenda alla Festa del PD a Bologna. L'articolo si intitolava "Per vincere le camicie dovranno sporcarsi". Vedremo a breve di che cosa.


I compagni sono, da sinistra, il segretario del Partito Socialista tedesco Achim Post,  Diederik Samson, del Partito del Lavoro olandese, Pedro Sanchez, il leader del Partito Socialista Spagnolo, "quello lì" e il primo ministro francese Manuel Valls. Quanto sono belli.  Come gli altri otto che ho raccolto nel fotomontaggio, dove c'è perfino l'Imperatore d'Occidente, tanto caruccio. Tutti rigorosamente camiciati di bianco.


A parte Cameron, nella parte dell'eccezione che conferma la regola, la maggioranza di questi omini bianchi si identifica in un'area assai ampia che comprende tutte le cinquanta sfumature di rosso della sinistra e lo rivendica con orgoglio. Il frame li presenta come leader vicini al popolo, propugnatori dei diritti umani e soprattutto capaci di cambiare le cose, riformatori, insomma dei rivoluzionari ma in senso buono, di quelli che piacciono all'élite. 
I primi "scamiciati" della storia, equivalenti ai sansculottes della Rivoluzione francese, furono i descamisados, i liberali spagnoli difensori, durante la rivoluzione del 1820, della costituzione di Cadice del 1812. I più conosciuti però sono senz'altro quelli argentini, i sostenitori del giustizialismo populista di Juan ed Evita Peron. 
Qui però sorge un problema, una forte dissonanza cognitiva. I descamisados attuali, da Renzi a Tsipras, sono acerrimi nemici proprio dei populisti, che combattono ferocemente perché, secondo loro, essi minerebbero la coesione europeista. Populisti che non c'entrano neppure niente con Peron. Sentite cosa dice Tsipras:
"In Grecia l'attesa di un mutamento politico ha già cominciato, da sola, a cambiare le cose in Europa. Il 2015 non è il 2012.
SYRIZA non è l'orco, né la grande minaccia per l'Europa, quanto piuttosto la voce della ragione. È la sveglia che desterà l'Europa dal letargo e dal sonnambulismo. Ecco perché SYRIZA non viene più considerata un grave pericolo, come nel 2012, bensì come uno stimolo al cambiamento. Da tutti?
Non da tutti. Una piccola minoranza, che trova il suo centro nella leadership conservatrice del governo tedesco, e in una parte della stampa populista, insiste nel riciclare vecchie storielle e leggende sul Grexit.
Ma così come il signor Samaras in Grecia, non riescono a convincere più nessuno. Ora che i greci hanno esperito il suo governo, riescono a distinguere le menzogne dalla verità.
Ma il popolo greco così come quelli europei non avranno niente da temere. Perché SYRIZA non vuole il crollo bensì il salvataggio dell'euro. E per i suoi Stati Membri salvare l'euro sarà impossibile, finché il debito pubblico è fuori controllo."

Seconda dissonanza: le politiche che gli uomini in ammollo difendono con le unghie e con i denti - ed essere contro l'austerità e la Troika non significa, come si è visto con Tsipras, essere contro la sua causa, ovvero l'euro - di fatto stanno distruggendo quella classe media, quei lavoratori che indossano la camicia tutti i giorni al lavoro e con i quali i leader mejo fighi del bigoncio de sinistra sembrano volersi mimetizzare. Le camicie sono sempre più sporche si, ma del sangue di lavoratori ed imprenditori.

In conclusione, questi sono politici progressisti ma difendono un progetto ultrareazionario, fanno i descamisados ma in alcuni casi attentano alle Costituzioni e all'esistenza stessa delle classi  che dicono di difendere. La dissonanza è sempre più forte, fino a farci pensare, chissà perché, di camicia in colletto, ai reati dei colletti bianchi. 
Con il sospetto ultimo che una camicia con le maniche arrotolate non faccia un leader vicino al popolo, che l'élite lo sappia ma ve lo faccia credere. 


1976

domenica 4 gennaio 2015

La vera tragedia greca


I simboli sono sempre rivelatori. Sulla moneta da un euro in Grecia c'è raffigurata la civetta della dea Atena. Il capo del partito che molto probabilmente si appresta a vincere le prossime elezioni politiche anticipate in Grecia, qualche tempo fa è venuto in Italia a fare il testimonial alle elezioni europee per una lista che se non era civetta poco ci mancava.
Io sono brutta e cattiva perché "finanzio i libri massoni" ma pure Tsipras che fa il gregario nella squadra de li mejo compagnucci della parrocchietta per mandare la figlia del "marshalliano e röpkiano Spinelli, antisindacalista imparentato con i Warburg" a scaldare lo scranno a Bruxelles, non è male.
Ah, tanto per chiarire, gentlemen. L'ultimo che mi ha detto cosa dovevo o non dovevo leggere lo hanno trovato agonizzante appeso per le palle alla statua del Nettuno nella omonima piazza. (cit. Grande Lebowska)

Parliamone pure di Syriza e della meravigliosa prospettiva di una vittoriadellasinistra, rigorosamente tutto attaccato, in Grecia. C'è un documentario dove si possono ascoltare i punti di vista di alcuni esponenti non solo del partito di Tsipras ma dei vari altri Fronti Popolari di Grecia.
Sapete che la situazione è terribile, che è un paese in preda alla depressione. Ebbene, ascoltare questi signori e pensare che rappresentano l'unica speranza di quel popolo sventurato, per non restare nelle mani di quello che è stato definito governo fantoccio della Troika da Nigel Farage (un altro che, secondo alcuni, non dovrei tanto bazzicare, come il Gioele, ndr), mi ha dato un senso di assoluto sgomento. 
Mio Dio, questi sono veramente convinti che "la sinistra", anzi LA SINISTRA andrà al governo con Syriza e bella Tsi. 


Per la verità, a sentire uno di loro, uno che sembra il sosia di Bakunin, c'è il sospetto che, dopo la vittoria, Syriza non riesca a privatizzare le banche,  a toccare il capitalismo e la proprietà privata

Say what??????? Prego? 

No, fatemi capire, compagni. Avete il raggio distruttore della Morte Nera puntato sul Partenone e parlate di eliminazione della proprietà privata?
Per il resto, il documentario è il solito rosario di parole chiave del vangelo comunista: assemblee (da indire), movimenti dal basso (da cui trarre suggerimento e spinta), cambiare le cose (senza specificare cosa e come). Come dire: noi siamo fatti per il 70 % di cose da cambiare e per il 30% di riforme.
Più gran bei proponimenti e slogan che proposte concrete, come ben sappiamo anche noi in Italia. Un satellite in orbita permanente attorno al pianeta Bisognerebbe. In generale, l'impressione di una disperante tristezza, inconcludenza, attaccamento al passato.Un esercito di ronin che ancora parlano di rivoluzioni proletarie. Rivoluzioni che verranno sicuramente, vedrete, perché la SINISTRA andrà al potere.
Vi estrapolo dal film qualche concettino: 

"La Grecia è sotto attacco ma questo servirà a far vincere la sinistra". (E' un concetto speculare al "verrà la crisi e servirà a far accettare le riforme." cfr. Prodi)

"Una sinistra che non è corrotta, che è onesta". (Questo lo conosciamo, è l'inno dell'Internazionale eccezionalista.)

"Esiste comunque una sinistra a sinistra di Syriza". (Il girone infernale della sinistra radicale è quello dove i dannati sono costretti in eterno a cercare di fondare partiti più a sinistra del loro.)

"Il vero pericolo è che la crisi possa avvantaggiare estrema destra e nazisti." (Ricatto finale: o ci votate o arriva Berlusconi, pardon, i nazisti).

"Questa in atto è una controrivoluzione conservatrice ma se la sinistra va al governo cambierà la mentalità della gente". (Un po' di pensiero magico alla Harry Potter non guasta mai.)

Ora, la sinistra di Syriza vincerà le elezioni ma, nonostante qualche giornale italiano scriva, riuscendo a rimanere serio, che "la vittoria di Tsipras è temuta in Europa", Tsipras non fa paura proprio a nessuno. Tanto meno all'élite di cui dovrebbe rappresentare il castigamatti. Oltretutto pare che perfino la Germania stia pensando di lasciare andare la carogna ormai spolpata della Grecia, per lasciarne magari le ossa da ciucciare a qualche servo.
Il bell'Alexis non fa paura perché, come scrive Jürgen Roth, in "Der stille Putsch", parla due lingue: una all'interno della Grecia e un'altra all'estero; ha frequenti contatti con politici americani, banchieri e perfino con Soros. Insomma, le due facce gli servirebbero per ottenere il potere.

E' notorio che l'euro non è una taverna del Pireo, come dice Scacciavillani. Chi vuole restare deve accettarne le regole.
Lo conferma, se qualcuno avesse ancora dubbi o pie illusioni, il principale consigliere economico di Syriza Yanis Varoufakis:
"L'uscita dall'euro non è un'opzione che un governo Syriza concepirà o utilizzerà mai come strategia di negoziazione. Mentre è chiaro e palese a tutti che la Grecia non avrebbe mai dovuto accettare di entrare nella zona euro - e che la zona euro non doveva essere concepita così come è – uscire oggi infliggerebbe grandi danni a tutti.
Allo stesso modo, la “logica” dell'attuale Memorandum sta lavorando proprio per comportare uno smantellamento dell'area valutaria: l'economia sociale dell'Italia, ad esempio, non è sostenibile attraverso le politiche che sono state imposte alla Grecia dal 2010. Per salvare la zona euro, e quindi salvare l'integrità e l'anima dell'Europa, abbiamo bisogno di un New Deal europeo. SYRIZA è determinata a dettare l'agenda per l'inizio di una conversazione su quello che questo New Deal dovrebbe essere."
Quindi Tsipras è un Frodo che non ha nessuna intenzione di andare a gettare l'euro nel fuoco del monte Fato. Secondo la metafora tolkieniana (ma perché citi quel fascista piccolo-borghese di Tolkien?) chi si opponeva alla distruzione dell'Unico Anello, ovvero dell'emblema del potere, è perché lo voleva, e quindi il potere con esso, per sé.

Non solo, ma l'unico New Deal  che mi viene in mente è quello che si basa su una politica economica di tipo espansivo keynesiano. Ce lo vedete er Bakunin, che vuole toccare il capitalismo e la proprietà privata, ammettere che per superare la degenerazione capitalistica attuale bisogna prima ritornare ad una forma accettabile di capitalismo, un ritorno alla socialdemocrazia, prima di pensare a qualcosa di diverso che non sia la decrescina felice che fa perdere i capelli? Le vie delle rivoluzioni proletarie sono infinite ma non credo che tutto il potere ai soviet e l'oriente è rosso potrebbero funzionare, ora che perfino i Castro Brothers approvano il progetto degli imperiali di aumento della cubatura di Guantanamo.

giovedì 1 gennaio 2015

Eurocomunisti


Finalmente. Qualcuno doveva pur farlo e io volentieri rilancio, perché quale giorno migliore del primo dell'anno per gettare una bella secchiata di acqua gelida in faccia a chi ancora dorme dopo i bagordi del trentun dicembre, sognando naturalmente gli Stati Uniti d'Europa Che Non Ci Sono?
Occhio ragazzi che oggi tocchiamo un altare bello grosso, un altarone, altro che altarino. Lo faccio per ricordare che in fondo il nostro amatissimo quasi ex presidente, pet communist dei triocchiuti come Kissinger, non si è svegliato così improvvisamente una mattina e bella ciao, ma il suo pensiero risponde ad una logica precisa che incarna perfettamente la parabola del partito comunista italiano: dalle stalle alle stelle e per aspera ad Aspen. Quindi non bisogna nemmeno avercela tanto e solo con lui perché è sempre stato un comunista "di destra".

Scrive Alberto Bagnai, e cito per intero la pagina 227 di "L'Italia può farcela" (il Saggiatore, 2014)
"Di Berlinguer (Enrico) tutti ricordano la tragica fine, ma non tutti ricordano l'elogio dell'austerità, che nel 1977 vedeva come una "occasione per trasformare l'Italia". Un elogio che ovviamente va calato nel contesto, che noi vediamo col senno di poi, che andrebbe interpretato secondo la solita causa del de mortuis nihil nisi bonum, che forse era un tentativo, magari tatticamente corretto (ma comunicativamente e strategicamente coronato da insuccesso), di proporre un modello alternativo a quello capitalistico, ma che nei fatti, in parole povere, implicava una richiesta di moderazione salariale (seppure per nobili fini e come parte di un nobile disegno), proprio nell'anno di maggiore avanzata del PCI. Dall'anno successivo la quota salari sarebbe scesa, e tre anni dopo la crescita dei salari reali si sarebbe arrestata. I tanti tentativi di esegesi del famoso discorso dell'Eliseo (uno fra tutti: Ciofi, 2014) dovrebbero, per completezza di informazione, essere corredati dalla Figura 21 di questo libro [a pag. 142, ndr], così, tanto per capire di cosa si stia parlando. Alla frase "l'austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo" vorrei opporre la serena constatazione del fatto che, come stiamo vedendo in questo capitolo, il sistema, nella "crisi strutturale e di fondo" ci sarebbe entrato proprio grazie alla mistica dell'austerità, della moderazione, ovviamente quella dei poveracci come me e te, caro lettore, certo non quella  delle simpatiche élite. Di questa mistica Berlinguer e Monti - sia pure in modi, tempi e luoghi diversi (ma non troppo), e con intenti ancor più diversi - hanno oggettivamente contribuito a creare il frame, il meccanismo comunicativo che la rendette socialmente accettabile a chi poi ne è stato vittima. A posteriori, mi pare difficile  negare che il discorso di Berlinguer del 1977 sia il primo anello di una lunga catena in fondo alla quale troviamo l'ode a Monti liberatore, declamata in prima pagina dell'Unità il 13 novembre 2011. Liberi, ovviamente di pensarla in modo diverso: ma ricordatevi che l'elettore ex comunista medio ha acclamato il liberatore Monti perché lo trovava "presentabile" per il suo aspetto austero. Aveva un aspetto austero anche Berlinguer, o per lo meno così lo ricordo io."
Posso confermare. Dio solo sa quanto mi costi ammetterlo ma il frame funzionò perfettamente, in quel novembre 2011, anche sulla sottoscritta. Ricordo di aver pensato qualcosa come "almeno è arrivata una destra presentabile" o giù di lì, al posto di quella alla puttanesca del bieco utilizzatore finale di povere ragazze migranti che ci aveva fatto vergognare per tutta l'estate di fronte a questo ipertrofico Super-Io europeo giudicante che ridacchiava di noi. Per fortuna la concomitanza del caso Strauss-Kahn con quello di Ruby mi era parsa sospetta, Monti mi si rivelò ben presto losco e di lì a poco avrei fatto anche il salto quantico dal rag. Spinelli agli Spinelli padri fondatori ed al sogno-incubo europeo.  Ma questo non interessa a nessuno. Torniamo al brano citato.

L'austerità personale di Berlinguer, che anch'io ricordo bene e che era vista positivamente nell'ambiente altoborghese che frequentavo perché segno inequivocabile delle sue origini nobili e garanzia di serietà, di comunista accettabile insomma, finì per significare anche un'altra cosa e la morte da sacerdote laico offerto in sacrificio sull'altare della difesa del proletariato avrebbe aggiunto una componente mistica alla percezione, alla Gestalt: l'austerità incarnava la moralità della sinistra che, all'interno del frame della questione morale (in realtà, come vedremo, moralismo) stabiliva il principio del bravapersonismo  di default dell'uomo politico comunista, dalla variante "mi su de quei che parlen no" alla Primo Greganti, fino al postpepponismo emiliano variante Prodi, Bersani e Poletti. Uomini che il famoso elettore ex comunista medio pensa non farebbero male a una mosca e per le quali metterebbe altro che la mano sul fuoco. 
In questo senso Matteo Renzi, con la sua faccia da Lucignolo anche se con l'aria un po' bischera a diluirne omeopaticamente la birbantaggine, è già il superamento di questo frame, è il testimonial di una sinistra ormai passata del tutto al lato oscuro che può permettersi di cominciare a mostrare il suo vero volto, che è così ben rappresentato fin dagli anni duemila dal sorriso quasi da Joker di Gotham City di Tony Blair.

Diciamo che il "cambiare l'Italia" di Berlinguer potrebbe quindi non essere molto diverso da quello di Matteo Renzi, anche se quest'ultimo ha sicuramente meno signorilità nel porgere il concetto e allora l'odioso mantra delle riforme non era ancora stato implementato. 
Se ripensiamo al governo di unità nazionale del 1978, al quale il rapimento e l'assassinio di Moro sembrò opporsi con la violenza del terrorismo e su mandato di interessi atlantici, dobbiamo supporre in realtà che, proprio a causa di quel sacrificio umano, non fu altro che la madre di tutte le larghe intese e servì a cementare per sempre l'Italia nello schema del gioco democratico bipolare dell'alternanza tra un partito di destra e uno di estrema destra (cit. Gore Vidal). Quello si rappresentante gli interessi delle élite sovranazionali in marcia verso la vittoria dall'alto della lotta di classe.
Non a caso non vi fu mai più tanta risolutezza e decisionismo al potere come nei giorni del partito della fermezza, formato da Partito Comunista e Democrazia Cristiana. Non a caso chi si opponeva al sacrificio di Moro allora era solamente il Partito Socialista, ovvero la forza politica che sarebbe stata spazzata via, assieme ad una visione socialdemocratica e keynesiana dell'economia e progressivamente a pezzi sempre più importanti di sovranità politica, istituzionale e monetaria nazionale, dalla furia di Tangentopoli che spianava la strada al bipartitismo fasullo in appalto all'industria della politica spettacolo ed alle arti della propaganda. Propaganda che per i vent'anni successivi, grazie ad una vera e propria macchina da guerra mediatica, avrebbe imbastito la pantomima della finta lotta tra Berlusconi e i comunisti da una parte e le bravepersone contro Berlusconi dall'altra. L'anticomunismo in assenza di comunismo vs. l'antiberlusconismo rituale.

La datazione al radiocarbonio del tradimento della sinistra e del suo passaggio in blocco agli interessi delle élite, perché mi pare si possa dire sapessero bene cosa stavano facendo, ci porta quindi ai tempi della Terza Via ed all'inquietante, con il senno di poi, concetto di eurocomunismo?
Il fil rouge che Bagnai stende tra Berlinguer e Monti, pur facendo belare di dolore e rabbia, immagino, gli innocenti agnellini della sinistra dura e pura, sembra indicarlo. Io ho dubbi anche su Togliatti, per via di tutti quegli armadi della vergogna, ma visto che parliamo dei tempi più recenti che hanno condotto, per le decisioni che furono prese allora, dal "divorzio" e dalle privatizzazioni al vincolismo, fino al club privé BSDM dell'eurozona ed alla catastrofe attuale, possiamo fermarci agli anni settanta, che sono proprio l'inizio della sperimentazione mondiale di quella shock economy che è tutt'ora l'arma vincente dell'ultracapitalismo.
La pistola fumante del tradimento è l'accettazione fin dagli anni settanta del principio dell'austerità (da imporre alle classi subalterne, s'intende) che, al di là dell'impronta decrescitista malinconica berlingueriana, visto che è imposta dall'alto, non potrà che tradursi, nelle mani dei sicari del mercantilismo e dell'ultraliberismo, nella famosa durezza del vivere del genero di Spinelli: nella contrazione dei salari, nella rinuncia alla scala mobile ed al via libera alla precarizzazione del mercato del lavoro. Dalle varie riforme Treu al Jobs Act, che ormai non parla più nemmeno italiano, tanto per essere chiari chi comanderà a breve. Tutte riforme che sono state volute dalla sinistra e certamente non ostacolate dai sindacati, se non a parole e a colpi di torpedoni e bandiere rosse da portare a Roma.

"Se non puoi svalutare la moneta sei costretto a svalutare i salari". Qualcuno di loro comincia a svegliarsi nel mezzo della fase REM in preda all'incubo. Fassina, per esempio. Lui ha capito, ora si tratta di farlo capire al famoso elettore ex comunista. Al quale perfino la massoneria ormai va dicendo apertamente che "va imputato alla principale forza politica della sinistra italiana, prima di non essersi convertita per tempo al socialismo democratico e libertario [...] allorchè Berlinguer & Company continuarono a gingillarsi in fumose prospettive anticapitaliste, anticonsumiste ed eurocomuniste [...] poi di essersi frettolosamente e maggioritariamente convertita, nelle sue transizioni da Pci a Pds Ds e Pd a una visione del capitalismo sostanzialmente neoliberistica." (Magaldi, 2014).

Si potrebbe aggiungere inoltre che la questione morale, cavallo di battaglia dell'era berlingueriana, non a caso titolo di una celebre intervista di Ugenio nostro al Segretario, con la sua demonizzazione dei partiti e della politica e, in sottofondo, autorivendicazione pelosa di bravapersonismo contro la corruzione di altri, e con il penitenziagite guarda caso rivolto a coloro che difendevano il ruolo dello Stato come controllore e rappresentante dell'interesse collettivo contrapposto al proprio eccezionalismo, ha finito per condurci, ed in perfetto orario, all'attuale politica fatta da nominati ed alzamanos, sempre meno portatori di ideali e sempre più di interessi lobbistici. Appunto al Mario Monti in missione per conto di Goldman Sachs, per giunta latore delle missive con i compiti a casa di Maestra Angela Merkel ai piccoli discoli italiani.

De mortuis nihil nisi bonum si, ma quel che è giusto è giusto e che si sappia.

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