Giusto un anno fa, in questo post, raccontavo le vicissitudini della piccola azienda Miranda srl nel passaggio da una compagnia telefonica all'altra, alla ricerca di un piano tariffario più a buon mercato e delle peripezie della sua instancabile segretaria amministrativa, Signora Genoveffa, nota in ufficio come Lady Rottweiler a causa della sua teutonica affidabilità ed efficienza.
Ci sono stati degli sviluppi, nella vicenda, che è interessante divulgare, a perenne ludibrio della telefonia mobile italiana, gestita in alcuni casi da veri e propri avventurieri.
Fino alla fine dell'anno scorso, la Signora Genoveffa non poteva lamentarsi del contratto di telefonia mobile aziendale stipulato con la società Burp: bollette dimezzate rispetto a quelle di Bip, la tariffa più bassa in assoluto per minuto di chiamata, intercom gratuito e bonus sulle tasse governative.
Si, certo, a volte la copertura in certe zone lascia a desiderare, la comunicazione procede a singhiozzo ma, come si dice, a caval quasi donato...
Tutto bene quindi fintantoché l'azienda dove lavora Genoveffa non decide di cambiare intestazione societaria. Da Miranda srl a Miranda & Miranda snc.
Per quasi tutti i contratti di utenza accesi con la vecchia società non vi sono problemi per effettuare il subentro della nuova. Luce, gas, acqua, rifiuti urbani, telefonia fissa. Superata un'iniziale difficoltà dell'operatore di call center nel fare mente locale e capire che sia Miranda che Miranda & Miranda appartengono allo stesso proprietario, (chi chiede il subentro e chi ne dà il benestare sono quindi la stessa persona), c'è chi esegue la modifica dell'intestazione del contratto online e chi richiede di fornire la visura camerale ma nel complesso tutto procede bene. A parte le dozzine di minuti spesi con il cordless appiccicato all'orecchio in ascolto della musichina d'attesa.
Tutto ok tranne che con Burp, il gestore di telefonia mobile di Miranda srl. L'odissea omerica inizia a gennaio. Il primo risponditore afferma addirittura che non è possibile (?) effettuare subentri.
Alle proteste di Genoveffa ed ai "mavalà e macosadice", costui si ravvede e dice che "si, si può fare, però..." e qui parte una sfilza di richieste di documenti, da inviare per raccomandata. Burp non ha una modulistica già pronta, come ad esempio TelefonItalia, quindi bisogna arrangiarsi.
Genoveffa copia quella di Telefon e invia il tutto. Passano due mesi e riceve una lettera dove Burp si dispiace di non aver potuto accogliere la richiesta perchè la pratica manca diella necessaria documentazione. Genoveffa richiama Burp e questa volta, per la prima volta, si sente richiedere di inviare loro "il nuovo contratto". Quale nuovo contratto? Questo è un subentro, non un nuovo contratto. Il pischello dall'altra parte insiste, senza il nuovo contratto non ci sono santi.
Genoveffa ha quindi la brillante idea, giusto per interfacciarsi con qualcuno in carne ed ossa, di rivolgersi all'agente che le aveva fatto firmare il contratto a suo tempo. Si reca nel negozio dove sa che lui lavora part-time e chiede aiuto. La sua reazione è quella di colui al quale hai appena chiesto un prestito di 10.000 euro. "Ah, ma cosa mi dici. Però, sai, purtroppo non lavoro più per Burp".
Ok", insiste Genoveffa, "ma con te venne anche quella tua collega, come si chiama, Cunegonda!" "Oh, si, ti do il numero, prova a chiamarla. Io però, sai, non voglio più sapere nulla di Burp".
Genoveffa inizia a farsi l'idea che Burp non abbia un parco di agenti molto affezionati alla ditta. Ne ha conferma quando prova ad inviare una mail a Cunegonda e a chiamarla per telefono.
"No, guardi, io non lavoro più per Burp, anzi, mi faccia la cortesia di non rompermi le scatole con quei bastardi".
Sembra di essere in quegli horror dove il protagonista scopre a metà film di aver avuto a che fare fino a quel momento con dei fantasmi, incarnatisi nella sua mente malata.
La nostra ritelefona a Burp e chiede di farsi dare dei nominativi di agenti in servizio. Quattro nominativi: la prima la manda subito affanculo e la seconda sembra addirittura spaventata e prende le distanze da Burp (anche loro non ci lavorano più); il terzo non risponde e il quarto ha un numero inesistente.
Ennesima telefonata di una stremata Genoveffa al call center di Burp.
Dopo essere stata sballottata da un operatore all'altro come la classica patata bollente, alla fine trova un ragazzo molto gentile che le spiega cosa deve fare.
"Guarda, tu fai una fotocopia del contratto originale e invialo per raccomandata. Vedrai che la pratica andrà a buon fine". Genoveffa esegue e resta in attesa. Passano altre due settimane e arriva un'altra lettera che dice che la pratica non può essere evasa per documentazione incompleta. La fotocopia non era leggibile, bisogna rifarla ricalcandoci sopra. Passano altri giorni. Telefona Burp: "Mi scusi ma l'IBAN non ci risulta corretto" (dopo che le fatture di un anno erano risultate correttamente pagate proprio tramite quell'IBAN).
Per farla breve, dopo altre sei-sette telefonate, raccomandate, incazzature e urli per telefono finalmente, alla fine di maggio, dopo 4 mesi, il subentro va a buon fine. Almeno così afferma il 245.789° operatore chiamato.
Disgustata da Burp, alla quale vuole farla pagare, Genoveffa accetta la corte di un simpaticissimo agente di Bip (il vecchio gestore di Miranda) che, capitatogli in negozio per caso, con una manovra di accerchiamento a base di testosterone e parlantina, la convince a tornare all'ovile. Il ragazzo è proprio simpatico. Come si presenta premette che "sono tutti dei manigoldi" (i gestori di telefonia mobile) però lui cerca di fare l'interesse del cliente. Sarà.
C'è un problema però. Il contratto stipulato con Burp ha appena un anno di vita. Ci sarà una penale da pagare. Beh, Bip ti rimborsa la penale. Il furbo agente ha un atroce dubbio e chiama Burp. "Scusi, sono Pietro Gambadilegno (si spaccia per il titolare di Genoveffa), legale rappresentante di Miranda & Miranda. So che è andato a buon fine il subentro. Mi fate pagare la penale se per caso, eventualmente, putacaso volessi cambiare gestore?"
Qui, state bene attenti, si va sul surreale. Il callcenterista di Burp risponde che "si, pagherebbe la penale, anzi quella doppia, perchè con il subentro ripartono i 48 mesi." I 48 mesi sono il periodo entro il quale non puoi cambiare gestore telefonico in Italia se non a prezzo di un costoso pizzo, di una vera e propria estorsione. Alla faccia di Bersani, suppongo.
Taglio corto per non annoiarvi: secondo il simpatico agente di Bip, Gambadilegno dovrebbe ricevere da Burp una richiesta di penale da pagare di ben 400 euro. 100 euro a numero, raddoppiati perchè Burp la differenza tra subentro e nuovo contratto proprio non la capisce.
La storia non ha ancora avuto un termine. Ieri a Genoveffa ha telefonato una signorina di Bip. Sono spiacenti di non aver ancora potuto portare i due numeri su Bip perchè Burp sostiene che "non sono attivi". "Ma come, se mi sta telefonando proprio su uno dei due numeri!" La signorina concorda che sono cose dell'altro mondo.
Genoveffa sta aspettando che i due numeri sequestrati vengano liberati e che arrivi la famosa penale da 400 euro per scatenare contro Burp tutte le associazioni di consumatori della galassia. Se si renderà necessario passare al lato oscuro della Forza, si farà anche quello.
Scommetto che non avete trovato difficoltà ad immedesimarvi nella protagonista di questa storia. La butto lì: siamo sicuri che, potendo i consumatori usufruire dell'istituto della class action, questi gestori truffaldini potrebbero continuare a vessare i clienti a questo modo?
Per ora accontentiamoci di una fart action. Accogliamo con un sonoro vento di culo le eventuali proposte commerciali che dovessero giungerci per telefono dalle compagnie telefoniche che ci hanno disgustato.
Resto in attesa dei vostri commenti e, se possibile, del racconto di disavventure ancora peggiori di quella di Genoveffa con Burp. Anzi Fart, che fa rima con vento.
Ci sono stati degli sviluppi, nella vicenda, che è interessante divulgare, a perenne ludibrio della telefonia mobile italiana, gestita in alcuni casi da veri e propri avventurieri.
Fino alla fine dell'anno scorso, la Signora Genoveffa non poteva lamentarsi del contratto di telefonia mobile aziendale stipulato con la società Burp: bollette dimezzate rispetto a quelle di Bip, la tariffa più bassa in assoluto per minuto di chiamata, intercom gratuito e bonus sulle tasse governative.
Si, certo, a volte la copertura in certe zone lascia a desiderare, la comunicazione procede a singhiozzo ma, come si dice, a caval quasi donato...
Tutto bene quindi fintantoché l'azienda dove lavora Genoveffa non decide di cambiare intestazione societaria. Da Miranda srl a Miranda & Miranda snc.
Per quasi tutti i contratti di utenza accesi con la vecchia società non vi sono problemi per effettuare il subentro della nuova. Luce, gas, acqua, rifiuti urbani, telefonia fissa. Superata un'iniziale difficoltà dell'operatore di call center nel fare mente locale e capire che sia Miranda che Miranda & Miranda appartengono allo stesso proprietario, (chi chiede il subentro e chi ne dà il benestare sono quindi la stessa persona), c'è chi esegue la modifica dell'intestazione del contratto online e chi richiede di fornire la visura camerale ma nel complesso tutto procede bene. A parte le dozzine di minuti spesi con il cordless appiccicato all'orecchio in ascolto della musichina d'attesa.
Tutto ok tranne che con Burp, il gestore di telefonia mobile di Miranda srl. L'odissea omerica inizia a gennaio. Il primo risponditore afferma addirittura che non è possibile (?) effettuare subentri.
Alle proteste di Genoveffa ed ai "mavalà e macosadice", costui si ravvede e dice che "si, si può fare, però..." e qui parte una sfilza di richieste di documenti, da inviare per raccomandata. Burp non ha una modulistica già pronta, come ad esempio TelefonItalia, quindi bisogna arrangiarsi.
Genoveffa copia quella di Telefon e invia il tutto. Passano due mesi e riceve una lettera dove Burp si dispiace di non aver potuto accogliere la richiesta perchè la pratica manca diella necessaria documentazione. Genoveffa richiama Burp e questa volta, per la prima volta, si sente richiedere di inviare loro "il nuovo contratto". Quale nuovo contratto? Questo è un subentro, non un nuovo contratto. Il pischello dall'altra parte insiste, senza il nuovo contratto non ci sono santi.
Genoveffa ha quindi la brillante idea, giusto per interfacciarsi con qualcuno in carne ed ossa, di rivolgersi all'agente che le aveva fatto firmare il contratto a suo tempo. Si reca nel negozio dove sa che lui lavora part-time e chiede aiuto. La sua reazione è quella di colui al quale hai appena chiesto un prestito di 10.000 euro. "Ah, ma cosa mi dici. Però, sai, purtroppo non lavoro più per Burp".
Ok", insiste Genoveffa, "ma con te venne anche quella tua collega, come si chiama, Cunegonda!" "Oh, si, ti do il numero, prova a chiamarla. Io però, sai, non voglio più sapere nulla di Burp".
Genoveffa inizia a farsi l'idea che Burp non abbia un parco di agenti molto affezionati alla ditta. Ne ha conferma quando prova ad inviare una mail a Cunegonda e a chiamarla per telefono.
"No, guardi, io non lavoro più per Burp, anzi, mi faccia la cortesia di non rompermi le scatole con quei bastardi".
Sembra di essere in quegli horror dove il protagonista scopre a metà film di aver avuto a che fare fino a quel momento con dei fantasmi, incarnatisi nella sua mente malata.
La nostra ritelefona a Burp e chiede di farsi dare dei nominativi di agenti in servizio. Quattro nominativi: la prima la manda subito affanculo e la seconda sembra addirittura spaventata e prende le distanze da Burp (anche loro non ci lavorano più); il terzo non risponde e il quarto ha un numero inesistente.
Ennesima telefonata di una stremata Genoveffa al call center di Burp.
Dopo essere stata sballottata da un operatore all'altro come la classica patata bollente, alla fine trova un ragazzo molto gentile che le spiega cosa deve fare.
"Guarda, tu fai una fotocopia del contratto originale e invialo per raccomandata. Vedrai che la pratica andrà a buon fine". Genoveffa esegue e resta in attesa. Passano altre due settimane e arriva un'altra lettera che dice che la pratica non può essere evasa per documentazione incompleta. La fotocopia non era leggibile, bisogna rifarla ricalcandoci sopra. Passano altri giorni. Telefona Burp: "Mi scusi ma l'IBAN non ci risulta corretto" (dopo che le fatture di un anno erano risultate correttamente pagate proprio tramite quell'IBAN).
Per farla breve, dopo altre sei-sette telefonate, raccomandate, incazzature e urli per telefono finalmente, alla fine di maggio, dopo 4 mesi, il subentro va a buon fine. Almeno così afferma il 245.789° operatore chiamato.
Disgustata da Burp, alla quale vuole farla pagare, Genoveffa accetta la corte di un simpaticissimo agente di Bip (il vecchio gestore di Miranda) che, capitatogli in negozio per caso, con una manovra di accerchiamento a base di testosterone e parlantina, la convince a tornare all'ovile. Il ragazzo è proprio simpatico. Come si presenta premette che "sono tutti dei manigoldi" (i gestori di telefonia mobile) però lui cerca di fare l'interesse del cliente. Sarà.
C'è un problema però. Il contratto stipulato con Burp ha appena un anno di vita. Ci sarà una penale da pagare. Beh, Bip ti rimborsa la penale. Il furbo agente ha un atroce dubbio e chiama Burp. "Scusi, sono Pietro Gambadilegno (si spaccia per il titolare di Genoveffa), legale rappresentante di Miranda & Miranda. So che è andato a buon fine il subentro. Mi fate pagare la penale se per caso, eventualmente, putacaso volessi cambiare gestore?"
Qui, state bene attenti, si va sul surreale. Il callcenterista di Burp risponde che "si, pagherebbe la penale, anzi quella doppia, perchè con il subentro ripartono i 48 mesi." I 48 mesi sono il periodo entro il quale non puoi cambiare gestore telefonico in Italia se non a prezzo di un costoso pizzo, di una vera e propria estorsione. Alla faccia di Bersani, suppongo.
Taglio corto per non annoiarvi: secondo il simpatico agente di Bip, Gambadilegno dovrebbe ricevere da Burp una richiesta di penale da pagare di ben 400 euro. 100 euro a numero, raddoppiati perchè Burp la differenza tra subentro e nuovo contratto proprio non la capisce.
La storia non ha ancora avuto un termine. Ieri a Genoveffa ha telefonato una signorina di Bip. Sono spiacenti di non aver ancora potuto portare i due numeri su Bip perchè Burp sostiene che "non sono attivi". "Ma come, se mi sta telefonando proprio su uno dei due numeri!" La signorina concorda che sono cose dell'altro mondo.
Genoveffa sta aspettando che i due numeri sequestrati vengano liberati e che arrivi la famosa penale da 400 euro per scatenare contro Burp tutte le associazioni di consumatori della galassia. Se si renderà necessario passare al lato oscuro della Forza, si farà anche quello.
Scommetto che non avete trovato difficoltà ad immedesimarvi nella protagonista di questa storia. La butto lì: siamo sicuri che, potendo i consumatori usufruire dell'istituto della class action, questi gestori truffaldini potrebbero continuare a vessare i clienti a questo modo?
Per ora accontentiamoci di una fart action. Accogliamo con un sonoro vento di culo le eventuali proposte commerciali che dovessero giungerci per telefono dalle compagnie telefoniche che ci hanno disgustato.
Resto in attesa dei vostri commenti e, se possibile, del racconto di disavventure ancora peggiori di quella di Genoveffa con Burp. Anzi Fart, che fa rima con vento.
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La società per la quale lavoro ha cambiato ragione sociale e forma societaria, passando da semplice ditta individuale ad Srl, con l'ingresso di nuovi soci.
RispondiEliminaQuando mi hanno risposto che non era possibile procedere ad un semplicissimo e banale subentro, pensavo di aver trovato il call centerista impreparato, invece no. Non è possibile farlo.
Mi arrivano fatture intestate alla vecchia società con partita iva ormai chiusa alla camera di commercio.
Ovviamente, ho pensato di tornare al vecchio gestore. Nessun problema, posso farlo ma...non conservando la vecchia numerazione. Vale a dire un dramma per l'azienda.
La società alla quale faccio riferimento è un importantissimo gestore italiano ed europeo. Infatti, a differenza della Sig Genoveffa, io sono circondato da agenti quasi personali pronti a risolvere qualsiasi problema. Tranne questo inspiegabile subentro.
Il rapporto tra chi vende e chi acquista servizi è ormai oltre il surreale. Come molti altri aspetti della nostra esistenza, ormai.
RispondiEliminaMi ci sto divertendo parecchio. Telefonata di ieri. Sul cellulare.
Operatore: Buongiorno.
Io: Buongiorno.
Operatore (con l’aria scazzatissima, e di chi è stato verosimilmente già mandato a quel paese molte volte): Sono Peppino, e la chiamo per conto della KWY al fine di proporle una soluzione innovativa e vantaggiosa per lei. Ha un telefono fisso?
Io: Si
Operatore: Con quale gestore?
Io: breve silenzio mentre mangio una ciliegia.
Operatore: XYZ?
Io: No
Operatore: Mi dice il gestore?
Io: Sono obbligato?
Operatore: Buongiorno
Clic
@ Frankie Palla
RispondiEliminaGuarda, con Telecom per il fisso non ho avuto alcun problema, nemmeno con Hera rifiuti ed acqua, Enel luce e gas. Anzi, quando ho telefonato a Hera per chiudere il contatore in un'unità locale dismessa mi hanno consigliato loro di scegliere il subentro perchè "non avrei pagato il costo di chiusura del contratto".
Quello che non capisco è come sia possibile che la compagnia telefonica Burp (che fa rima con vento) non preveda l'ipotesi di subentro. Secondo me i callcenteristi ed affini ci fanno, più che esserci.
@ Gianni
io sono molto più triviale. Quando mi chiedono con insistenza con quale operatore sono, di solito rispondo: "E a lei che cazzo gliene frega?" Si spaventano e riagganciano.
Ad ogni modo, in risposta a queste telefonate, la supercazzola è infallibile.
Per essere ancora più chiaro, la società telefonica che non prevede il subentro del quale parlavo, si chiama Vodafone, mica Pappa&Ciccia.
RispondiEliminaCome ti ho detto, si trattava di un cambio di ragione sociale, per cui abbiamo dovuto fare il subentro per qualsiasi tipo di utenza, senza riscontrare nessun problema, anzi, come dicevi, in alcuni casi ci è stato addirittura consigliato dagli operatori di turno. Tranne Vodafone.
Inoltre, non forniscono nessuna giustificazione. Dopo mesi di telefonate, l'unica risposta avuta è:"mi dispiace ma non esistono modelli Vodafone per questa operazione".
Mi riferisco anche io ad una rete telefonica fissa. Come ho già detto, siamo anche impossibilitati a cambiare gestore, in quanto non sarebbe possibile tenere la stessa numerazione.
Perchè non è possibile conservare la stessa numerazione? Anche questa sembrerebbe una operazione banale. Il motivo è semplice, Vodafone, così come altri operatori, utilizza non una linea tradizionale ma delle chiamate Voip(tecnologia che rende possibile effettuare una conversazione telefonica sfruttando una connessione Internet), per cui, per l'eventuale nuovo gestore, quel numero è fittizio, non esiste, quindi non può mantenerlo in essere.
ATTENZIONE, chiedere al gestore che subentra la formula esatta per disdire il contratto dell'altro gestore o la signora, con le palle,si vedrà recapitare anche le bollette del precedente gestore con l'importo del solo canone. Non basta chiedere il subentro, occorre, appena si è sicuri di essere passati al nuovo gestore disdire il il contratto e ogni altro tipo di rapporto con lettera raccomandata A.R.
RispondiEliminaQuesto di solito i gestori non lo dicono anzi assicurano di fare tutto loro ma non è così.
Un saluto Vanda
@ Frankie Palla
RispondiEliminatecnicamente, se non ti schiodano la pratica, è "interruzione di pubblico servizio".
@ Vanda
grazie dell'informazione. Purtroppo non siamo ancora riusciti a portare due numeri sul nuovo gestore. Appena fatto scateno l'inferno.
Scusate ma questo modulo per il subentro?
RispondiEliminahttps://155.libero.it/area155/155FaiDaTe/155/moduli/MODULO2691.PDF