"Chi si deve mettere in viaggio per lunghe percorrenze, come dal Nord alla Sicilia o viceversa, farebbe bene a munirsi di panini e coperte, o almeno di un maglione in più nel caso in cui dovesse saltare la rete elettrica e quindi il treno fermarsi con la possibilità di una interruzione del riscaldamento all'interno del convoglio e di un accumulo di ritardi."
(Mauro Moretti, amministratore delegato FS)
Ho frequentato treni e stazioni da pendolare sulle tratte Faenza-Cesena e Faenza-Bologna ogni giorno per cinque anni, quando studiavo all'Università. Al mattino treno alle 7:40, come nella canzone di Battisti e alle 18:00 quello del ritorno. Faenza - Castel Bolognese - Imola - Castel S. Pietro - Varignana - Mirandola - Bologna. Tutte le santissime fermate.
Di quei tempi non ricordo particolari disagi, se non quelli endemici di un paese che non è più riuscito, dopo la dipartita del Duce, a far arrivare i treni in orario: ritardi e sovraffollamento.
Ogni lunedi, ad esempio, c'era il problema del rientro dei fuorisede dal weekend trascorso a casa. Ore 14:00, assalto tipo Freccia del Punjab. Un treno vecchio, di quello con gli scompartimenti stile Orient-Express. Ogni volta, immancabilmente, ti toccava fare il viaggio in piedi o seduta sui seggiolini a misura di sedere di puffo nel corridoio. Domanda di rito al controllore: "Perchè il lunedì, sapendo che il treno si riempie all'inverosimile di studenti, le FFSS non predispongono un paio di carrozze in più?" Risposta con alzata di spalle oppure con un laconico "perchè non ce ne sono".
Delle ferrovie ricordo inoltre la puzza che ti rimaneva addosso quando eri costretta, per mancanza di posti liberi altrove, ad infilarti nelle camere a gas per fumatori e ovviamente i già accennati biblici ritardi. "Informiamo i sigg. viaggiatori che l'interregionale proveniente da Lecce, atteso in stazione alle ore 18:15, per prolungato ritardo, viaggia con circa 80 minuti di ritardo."
Di disagi veri e propri ne ricordo, per fortuna, pochi.
Una volta si ruppe il treno in aperta campagna. Dovettero mandare un'altra motrice a trainarci misericordiosamente fino alla successiva stazione.
Un'altra volta, a causa di un'alluvione, si allagarono i binari a Forlimpopoli e quindi fummo trasportati via autobus da Cesena a Forlì e poi caricati su un treno successivo. Tre ore di ritardo sulla tabella di marcia. Tra parentesi, non c'erano ancora i telefonini e quindi non c'era modo di avvertire casa che si sarebbe fatto tardi. Decisamente altri tempi.
La mia seconda volta a Vienna viaggiai in modalità quasi fantozziana. Dieci ore in una poltroncina striminzita, senza poter allungare le gambe e con il riscaldamento spento. Tenendo conto che era il 1° gennaio, una goduria.
Tutto sommato sono stata fortunata se tutto il disagio della mia carriera di viaggiatrice delle FFSS si riduce a questi pochi episodi. In confronto a ciò che sta succedendo ultimamente nelle ferrovie sempre più apparenza e meno sostanza, privatizzate nel senso che le controlloresse hanno il bel foularino simil-hostess ma i sedili li puoi trovare imbottiti di cimici, la manutenzione è un costo da eliminare e su tutto aleggia un insopportabile classismo.
Siamo tornati, con le fanfaronate della Freccia Rossa ai treni per i signori di qua e i treni per i poveretti, quelli destinati ai pendolari, di là. Se il classismo è considerato un vecchio arnese ottocentesco, in ferrovia è ancora un must.
Due anni fa andai a Roma e vidi la differenza tra la sala d'attesa per i passeggeri di prima classe extralusso supervip e quella normale, per le seconde classi e le prime normali non vip. Perfino i bagni erano diversi dagli altri. In questi c'era perfino la carta. Ci infilammo per sbaglio nella saletta riservata e le signorine alla reception ci fecero notare che i nostri biglietti non s'intonavano con l'ambiente.
In questi giorni, per un po' di neve, si è visto quanto debole sia la capacità di Trenitalia di fronteggiare l'emergenza e quanto sia poggiata sulla managerialità-spettacolo la sua gestione di un servizio pubblico in concessione.
I disagi patiti dai viaggiatori non hanno scusanti. Non parlerò anch'io, per fare un impietoso paragone, delle ormai mitiche ferrovie finlandesi, visto che ne ha già parlato egregiamente il sempre ottimo Lorenzo Cairoli. Lascio piuttosto la parola ai ferrovieri, a coloro che vivono dal di dentro tutta la problematica del settore.
(Mauro Moretti, amministratore delegato FS)
Ho frequentato treni e stazioni da pendolare sulle tratte Faenza-Cesena e Faenza-Bologna ogni giorno per cinque anni, quando studiavo all'Università. Al mattino treno alle 7:40, come nella canzone di Battisti e alle 18:00 quello del ritorno. Faenza - Castel Bolognese - Imola - Castel S. Pietro - Varignana - Mirandola - Bologna. Tutte le santissime fermate.
Di quei tempi non ricordo particolari disagi, se non quelli endemici di un paese che non è più riuscito, dopo la dipartita del Duce, a far arrivare i treni in orario: ritardi e sovraffollamento.
Ogni lunedi, ad esempio, c'era il problema del rientro dei fuorisede dal weekend trascorso a casa. Ore 14:00, assalto tipo Freccia del Punjab. Un treno vecchio, di quello con gli scompartimenti stile Orient-Express. Ogni volta, immancabilmente, ti toccava fare il viaggio in piedi o seduta sui seggiolini a misura di sedere di puffo nel corridoio. Domanda di rito al controllore: "Perchè il lunedì, sapendo che il treno si riempie all'inverosimile di studenti, le FFSS non predispongono un paio di carrozze in più?" Risposta con alzata di spalle oppure con un laconico "perchè non ce ne sono".
Delle ferrovie ricordo inoltre la puzza che ti rimaneva addosso quando eri costretta, per mancanza di posti liberi altrove, ad infilarti nelle camere a gas per fumatori e ovviamente i già accennati biblici ritardi. "Informiamo i sigg. viaggiatori che l'interregionale proveniente da Lecce, atteso in stazione alle ore 18:15, per prolungato ritardo, viaggia con circa 80 minuti di ritardo."
Di disagi veri e propri ne ricordo, per fortuna, pochi.
Una volta si ruppe il treno in aperta campagna. Dovettero mandare un'altra motrice a trainarci misericordiosamente fino alla successiva stazione.
Un'altra volta, a causa di un'alluvione, si allagarono i binari a Forlimpopoli e quindi fummo trasportati via autobus da Cesena a Forlì e poi caricati su un treno successivo. Tre ore di ritardo sulla tabella di marcia. Tra parentesi, non c'erano ancora i telefonini e quindi non c'era modo di avvertire casa che si sarebbe fatto tardi. Decisamente altri tempi.
La mia seconda volta a Vienna viaggiai in modalità quasi fantozziana. Dieci ore in una poltroncina striminzita, senza poter allungare le gambe e con il riscaldamento spento. Tenendo conto che era il 1° gennaio, una goduria.
Tutto sommato sono stata fortunata se tutto il disagio della mia carriera di viaggiatrice delle FFSS si riduce a questi pochi episodi. In confronto a ciò che sta succedendo ultimamente nelle ferrovie sempre più apparenza e meno sostanza, privatizzate nel senso che le controlloresse hanno il bel foularino simil-hostess ma i sedili li puoi trovare imbottiti di cimici, la manutenzione è un costo da eliminare e su tutto aleggia un insopportabile classismo.
Siamo tornati, con le fanfaronate della Freccia Rossa ai treni per i signori di qua e i treni per i poveretti, quelli destinati ai pendolari, di là. Se il classismo è considerato un vecchio arnese ottocentesco, in ferrovia è ancora un must.
Due anni fa andai a Roma e vidi la differenza tra la sala d'attesa per i passeggeri di prima classe extralusso supervip e quella normale, per le seconde classi e le prime normali non vip. Perfino i bagni erano diversi dagli altri. In questi c'era perfino la carta. Ci infilammo per sbaglio nella saletta riservata e le signorine alla reception ci fecero notare che i nostri biglietti non s'intonavano con l'ambiente.
In questi giorni, per un po' di neve, si è visto quanto debole sia la capacità di Trenitalia di fronteggiare l'emergenza e quanto sia poggiata sulla managerialità-spettacolo la sua gestione di un servizio pubblico in concessione.
I disagi patiti dai viaggiatori non hanno scusanti. Non parlerò anch'io, per fare un impietoso paragone, delle ormai mitiche ferrovie finlandesi, visto che ne ha già parlato egregiamente il sempre ottimo Lorenzo Cairoli. Lascio piuttosto la parola ai ferrovieri, a coloro che vivono dal di dentro tutta la problematica del settore.
Lettera aperta ai viaggiatori:Se non bastasse la voce dei ferrovieri, per capire lo stato in cui versa il servizio ferroviario italiano ci sono poi gli ormai leggendari servizi di "Report". Soprattutto sullo smantellamento dell'infrastruttura che permetteva controlli regolari da parte di una manutenzione affidata non a terzi ma a personale ed officine interni. Smantellamento nel nome del Dio assoluto della privatizzazione: "tagliare i costi". Tagliare tutto tranne lo stipendio dei supermanager. Di coloro che, non contenti di non saper assolutamente affrontare un'emergenza, impegnati come sono a pensare solo agli utili, invece di migliorare il servizio, si travestono da buontemponi e vanno a schiaffeggiare i viaggiatori in partenza sul locale per Empoli. "Buon viaggio, signore!"
“Quanto è successo non è addebitabile, se non in minima parte, al maltempo quanto piuttosto a scelte tecniche e gestionali errate.
Vogliamo chiedere pubblicamente scusa, a nome di tutti i ferrovieri, alle migliaia di pendolari e viaggiatori per i disagi e i disservizi subìti in questi giorni. Ma soprattutto vogliamo esprimere il nostro imbarazzo per l'atteggiamento poco rispettoso, al limite dell'offensivo, tenuto dai vertici aziendali.
Siamo vittime insieme a voi degli stessi disagi e spesso anche oggetto delle legittime proteste, perché accomunati a chi, contro ogni logica, ha presentato l'inverno e la neve nel nord Italia come "evento imprevedibile" e ha manifestato una indifferenza al limite dell'offensivo.
La causa principale non è addebitabile, se non in minima parte, alla "emergenza maltempo" quanto piuttosto a scelte tecniche e gestionali errate, oltre che alla scarsa considerazione per gli utenti. Per questo non ci pare giustificato il rifiuto dei rimborsi. La riduzione degli addetti in tutti i settori, la saturazione delle capacità di treni e linee (comprese le nuove tratte AV, costate tanto alla collettività, in termini economici, ambientali e di vite umane), la copiosa propaganda e la promessa di prestazioni inverosimili hanno generato aspettative che non possono ragionevolmente essere soddisfatte. Il mito del profitto ferroviario e di una ferrovia fatta di lustrini rossi si è impantanato in quattro dita di neve.
Siamo orgogliosi di lavorare in una azienda che si ammoderna ma ci dissociamo quando gli investimenti, pagati con i soldi di tutti, vengono concentrati solo su un settore a danno della generalità della popolazione. La pubblicità non basta a far marciare i treni, sicuri, puliti ed in orario.
Lavoriamo in un "gruppo" pieno di amministratori delegati, "manager" e dirigenti che hanno rinunciato al loro ruolo di iniziativa e controllo e che hanno scelto la strada più semplice: obbedire sempre, in silenzio, anche di fronte a scelte oggettivamente sbagliate e dannose. Noi ferrovieri "semplici" che pur con tutti i nostri limiti, garantiamo giorno e notte la regolarità del servizio ferroviario, siamo mortificati nel vedere sciupato il nostro lavoro e infangata in questo modo l'immagine della nostra azienda.
L'amministratore delegato Mauro Moretti, invece di chiedere scusa e prendere adeguati provvedimenti, non escludendo neanche le proprie dimissioni, ha attaccato tutti, viaggiatori, giornali, macchinisti, fino ad arrivare alla inverosimile richiesta di dotarsi di coperte e panini! Come ha detto il ministro Matteoli, forse si tratta di una persona sotto stress.
Auspichiamo che dopo quanto accaduto in questi giorni lo Stato riprenda le redini di questo importante servizio pubblico facendolo funzionare nell'interesse della collettività e non di creative scelte di mercato. (La rivista "ancora In Marcia!")
Le privatizzazioni sono interpretate solo come opportunità di arricchimento per gli amici del grembiulino e i risultati si vedono.
RispondiEliminaFra l'altro quando queste cose non funzionano spunta Bersani che dice: "questo succede perchè non c'è vera concorrenza" e pare che questo luminoso ed esaustivo pensiero debba essere la sola risposta al fenomeno (naturalmente sottobanco si fanno sforzi immensi per mantenere i monopoli de facto o al massimo dei cartelli societari).
In queste condizioni ci dovrebbe essere perlomeno un efficiente servizio di controllo super partes per far capire agli homoungous di turno quando superano i limiti della decenza ed è il caso che pongano rimedio, purtroppo tutto questo o manca o latita parecchio dato che anche questi meccanismi sono gestiti / controllati dal giro dei furbetti.
Premesso che storicamente le ferrovie italiane hanno spesso avuto bilanci in perdita, è del tutto ovvio che certi servizi (trasporti pubblici, acqua, elettricità, ecc.) dovrebbero essere considerati prioritari per la società civile e non sottoposti alla logica del puro profitto, bensì al massimo del bilancio in parità.
Negli anni '90 anche l'Inghilterra privatizzò i servizi ferroviari con risultati
disastrosi.
Insomma ci sono questi giri di "furbetti del quartierino" che, dopo aver fatto di tutto per rendere inefficienti i servizi di uno stato, indicano come unica soluzione la via della privatizzazione.
Ovviamente l'acquisizione di questi servizi la fanno i loro amichetti e gli amici degli amici con l'obiettivo di fare palate di soldi a ogni costo (anche licenziando e riducendo all'osso i servizi) in modo da poter aumentare sempre di più il divario economico fra gli oligarchi e la plebe.
Mi pare che, per ora, in Finlandia le ferrovie, le forniture di acqua ed elettricità siano ancora statali e quindi non esattamente in balia del primo arricchito che vuole speculare ulteriormente su un servizio di primaria utilità.
Che sia questa la differenza fra un delirio manageriale e un servizio decente ?
Non è un caso se negli anni '60 e '70 le differenze salariali fra classe dirigente e lavoratori erano in media comprese fra 2 e 20 volte, mentre oggi sono nettamente aumentate e possono arrivare anche a 100 o addirittura 500 volte tanto.
Infine un ultimo pensiero: la priorità assoluta data all'alta velocità ha veramente rotto le scatole; cioè siamo nella stessa condizione di un pirla che per comprare un auto di lusso da 30.000 euro si permette di non pagare le bollette, si toglie il pane di bocca e si lagna perchè ha stabilito di comprare l'auto in un tempo brevissimo (perchè se ci impiega troppo tempo non è più alla moda) e per questo deve soffrire.
Allora visto che per l'alta velocità, in certe tratte, si sono sostenuti costi di oltre 3 volte quelli preventivati (e si sa anche perchè data l'elevata infiltrazione di partecipazioni miste mafiose-piramidali opportunamente infarcite di utili inetti) si fa fatica a non imbracciare il forcone quando qualcuno dice certe cose senza contraddittorio e senza neanche scusarsi.
Purtroppo la morale è sempre quella, in questi casi l'unica risposta efficace è quella che li tocca finanziariamente.
Il consumatore deve diventare attivo e punire ferocemente, ovvero senza alcuna pietà, qualsiasi fregatura che dovesse ricevere, anche e soprattutto astenendosi dal consumo e quindi dal finanziamento dei prodotti o servizi scadenti.
ecchissenefrega degli utenti !!!
RispondiEliminail popolino?son tutti dei coglioni che meritano solo di essere prosciugati dei loro denari.
le loro opinioni?idee da mandare al macero.
non capiscono un cazzo di profitto e per forza di cose c'e' chi deve pensare per loro.
http://it.peacereporter.net/articolo/19518/La+privatizzazione+della+Difesa