giovedì 27 ottobre 2016

Ricordando l'italiano Enrico Mattei


Bascapè non sembra un nome da provincia lombarda, anche se è quello di un antico casato di feudatari del pavese. E' più un nome esotico, africano, coloniale; ricorda, per assonanza, Macallè, l'illusione imperiale italiana, gli imperatori etiopi. 
A Bascapè morì, il 27 ottobre del 1962, l'imperatore italiano del petrolio, Enrico Mattei. Pioveva a dirotto quella sera, ma il "Morane Saulnier" proveniente dalla Sicilia e diretto a Milano non si avvitò e cadde a causa delle intemperie. Esplose in volo, come raccontò subito un testimone che poi ritrattò per paura e in seguito si portò nella tomba la verità della palla di fuoco che aveva visto, mentre la figlia otteneva già da subito un ottimo posto di lavoro all'ENI.
L'aereo esplose a causa di un sabotaggio, di un attentato, come ha ormai stabilito l'inchiesta riaperta negli anni novanta dal sostituto procuratore  di Pavia Vincenzo Calia. L'ultima delle tante che da mezzo secolo cercano di risolvere uno dei primi misteri d'Italia e della strategia della tensione.
Mattei era imperatore e con molti nemici e congiurati, fuori e dentro la città proibita e ideale del mondo ENI. I nemici che si fanno di solito i ribelli, gli alfa, quelli troppo orgogliosi per obbedire sempre e rinunciare alla propria visione per compiacere l'interesse altrui, tranne quello comune. Era di quei dominanti che, quando sono costretti  ad affrontarne altri, sanno che dovranno combattere fino all'ultimo sangue.

Sono trascorsi cinquant'anni da Bascapè ma da quanto diversa ci appare l'Italia di Mattei da quella di oggi sembrano trascorsi anni luce.
L'Italia del cane a sei zampe, di Cortemaggiore "la potente benzina italiana", era un paese dove lo Stato non era ancora una parolaccia impronunciabile. Esisteva lo Stato, non il sistema paese, entità proteiforme che ormai nasconde soprattutto l'interesse privato e delle servitù clientelari, a scapito di quello collettivo.
Il laissez faire e l'ultraliberismo erano in minoranza rispetto ad una concezione economica ancora predominante che prevedeva ancora il primato dell'interesse generale, potremmo dire una sorta di etica della spinta al benessere per tutti.

Mattei aveva una visione, come si dice oggi con un termine assai abusato. La visione bruciante del petrolio, dell'energia che muove il mondo e le altre stelle. Una visione industriale ma soprattutto politica.
Prende in gestione l'AGIP subito dopo la seconda guerra mondiale, nel momento in cui si pensa di chiuderla, di svenderla perché improduttiva, o perché la perdita della sovranità impone al nostro paese anche di dismettere gli asset strategici. Vi ricorda niente?
Cocciutamente, servendosi abbondantemente della politica del dopoguerra, che conosce dal di dentro grazie al suo passato di partigiano bianco, Mattei salva l'AGIP e la trasforma in ENI, la più importante azienda statale italiana. Statale. Anni luce.
Corruzione, tangenti e politica. Mattei, per sua stessa ammissione, "saliva sul taxi", ovvero si serviva dei partiti, pagava la corsa e scendeva. Pagava tutti, senza favoritismi, bianchi, rossi e neri.
Oggi, grazie alla mistica dell'Onestà, di cui il M5S è solo l'ultimo dei cantori, l'argomento della corruzione è impiegato come passepartout per interpretare qualunque fatto storico italiano, soprattutto per denigrare la Politica fatta dai politici di mestiere di una volta, finendo per arrivare a riscrivere il passato in chiave etica e non storica.
Secondo recenti rivelazioni di intelligence inglese, ad esempio, perfino il delitto Matteotti del 1924 sarebbe riconducibile ad un affaire di corruzione, ad uno scandalo petroli ante litteram, che coinvolgeva il regime fascista e perfino persone vicinissime a Mussolini. Secondo questa versione, sembra che Matteotti stesse per denunciare la corruzione del regime in parlamento e che sia stato eliminato prima che potesse parlare.
La corruzione come neo peccato originale invece non è che uno dei normali epifenomeni dello scambio di favori tra il profitto e chi si frappone ad esso, in ogni luogo ed epoca ma soprattutto nel mondo capitalista e in quello post-capitalista dove, ancor più che al tempo di Mattei, il profitto è diventato una variabile a tendenza esponenziale senza più limiti oggettivi.

La visione di Mattei era l'indipendenza energetica italiana. Indipendenza, quindi riconquista della sovranità nazionale. Due cose che all'Italia erano negate a causa di vecchi debiti di guerra calda e a nuovi vincoli ed alleanze da guerra fredda. L'Italia era considerata alla stregua di un protettorato. Il cane a sei zampe di Mattei a cuccia però non ci voleva stare. Troppe zampe per poter restar fermo. Se Mattei intreccia alleanze con i paesi energeticamente emergenti, propone contratti a loro favorevoli, spariglia le carte alle Sette Sorelle, le multinazionali del petrolio - cerca il profitto, sicuramente - lo fa sempre per il progetto dell'indipendenza energetica dell'Italia attraverso la sua grande industria statale ENI. Sempre in nome di una visione che non è di un singolo, dell'imprenditore, del privato, ma di un popolo, collettiva.
Intendiamoci. Mattei non è un santo, anche se è morto martire. A volte bluffa, bara sui dati del petrolio che riesce a trovare trivellando la Pianura Padana. I suoi pozzi non sono ricchi come quelli del Texas ma lui fa scrivere sul "Giorno", il suo giornale aziendale, quindi disposto a dargli sempre ragione, che a breve l'Italia galleggerà su un mare di oro nero. Per certi versi è sulla linea dei grandi imprenditori corsari italiani.
Per difendere l'ENI sarebbe disposto a  tutto. L'ENI, non sé stesso. Infatti non si tira indietro neppure quando capisce che la sua visione spregiudicata lo porterà all'inevitabile redde rationem con il mondo che spinge in una nuova direzione.

Una delle cose che più sorprendono il lettore che legga la biografia di Mattei e che marca la differenza con l'attualità, è scoprire che era ricco, si, ma della ricchezza di un capitano di industria di allora. Un povero, quindi, in confronto ai CEO dei nostri tempi, dalle buonuscite milionarie in dollari sempre più spesso totalmente immeritate perché ricavate da aziende ridotte in macerie dalla politica del profitto per il profitto.
Se Enrico tornasse in mezzo a noi penso che farebbe molta fatica a capire il concetto di stock option e i milioni di euro di stipendio annuale di un CEO nonostante la società sia in procinto di fallimento, per non parlare della scarsa affezione che quel tipo di volonterosi carnefici del capitalismo sembra dimostrare alle aziende e soprattutto ai loro dipendenti.

Chi poteva volere allora la testa di Mattei? Il gioco dell'individuazione dei possibili mandanti va avanti anch'esso da cinquant'anni. 
Le compagnie petrolifere cosiddette "sette sorelle", per punirlo della sfacciata pretesa di indipendenza e riottosità verso le regole del commercio energetico, vedi le condizioni troppo vantaggiose che il presidente dell'ENI concedeva ai produttori del terzo mondo a danno delle compagnie stesse anglo-franco-americane?
Il governo americano, vista la spregiudicatezza con la quale Mattei dichiarava di voler sottoscrivere accordi energetici con i paesi arabi e l'Unione Sovietica, infrangendo la consegna di subalternità atlantica dell'Italia? O il governo inglese, come suggerito da recenti rivelazioni contenute in documenti desecretati di intelligence, allarmato dalla concorrenza dell'Italia di Mattei sui territori petroliferi ad interesse britannico?
Mattei fu una vittima del risiko della guerra fredda, eliminato con una operazione in nero, nei giorni dei Missili di Cuba, magari approfittando dello stato di crisi per accelerare un piano già predisposto da tempo? 
La pista dell'OAS, sulla base delle minacce del terrorismo francese di destra effettivamente giunte a Mattei negli ultimi giorni della sua vita è quella meno convincente, anche a causa dei legami ambigui dell'organizzazione terroristica con l'atlantismo eversivo, che riportano quindi sempre alla stessa matrice.
La pista "americana" è da alcuni storici considerata poco probabile a causa del buon rapporto che alla fine Mattei era riuscito a stabilire con l'amministrazione Kennedy e che era in procinto di ufficializzare con un viaggio di distensione negli Stati Uniti dopo gli aspri contrasti del passato. Secondo alcuni studiosi, JFK avrebbe addirittura voluto Mattei come premier a capo dell'Italia, una sorta di anticipazione dei tycoon e imprenditori a capo degli stati, tendenza consolidatasi solo molto tempo dopo nella politica mondiale. In ogni caso, però, poco più di un anno dopo, anche il presidente Kennedy cadrà vittima di un attentato, eseguito a regola d'arte ed anch'esso catalogato come black op, e commesso nello stato tradizionalmente più petrolifero e ribelle d'America. Il Texas dove una certa famiglia Bush già poneva le basi per l'esecuzione della sua futura opera al nero.

C'è anche l'ipotesi della congiura di palazzo, del complotto politico interno con l'appalto alla mafia della logistica dell'attentato. Un affare in gran parte italiano, insomma, del quale beneficiarono sicuramente anche gli interessi atlantici e forse fu da questi avallato se non ispirato. Un intreccio di interessi politici, personali e di potere all'interno dell'ENI, con la creatura di Mattei che, alla fine, gli si ritorce contro. 
E' l'ipotesi criptata da Pier Paolo Pasolini nel romanzo postumo e incompiuto "Petrolio", dove nella figura del protagonista l'autore allude pesantemente ad Eugenio Cefis, il successore di Mattei alla guida dell'ENI e personaggio assai discusso non solo in relazione a questo mistero italiano.
Politica, strategia ed energia, allora come oggi, sono elementi di un sistema in equilibrio precario e assai delicato, sempre pronto ad incrinarsi. L'assassinio di Mattei è atto sicuramente politico, strategico e legato agli interessi dell'energia, allora quasi totalmente ancora legata al petrolio. 
In un preciso momento, quando il corso della storia stava cambiando drammaticamente, dirigendosi verso un modello di capitalismo che ambiva ad arrivare alla totale depravazione attuale, Enrico Mattei divenne scomodo perché rappresentava il passato e un modello antitetico e vincente che doveva essere eliminato con gli uomini che ne erano stati i protagonisti. Forse, quando il vento cominciò a spirare sempre più forte in quella direzione, non ci fu nemmeno bisogno di dare l'ordine.

Eugenio Cefis, l'uomo nero dell'ENI e secondo la leggenda il vero capo di quella consorteria occulta di gestione del Potere che chiamiamo per convenienza P-qualcosa, (come la P2), era colui che disse, nei primi anni sessanta: "E' inutile, il golpe in Italia non si fa con le sciabole e i carri armati ma con il controllo dei media: giornali e televisioni". Un profeta, ma non solo.
In uno suo discorso ai cadetti dell’Accademia Militare di Modena il 23 febbraio 1972, pubblicato nel bimestrale L’Erba Voglio col titolo "La mia Patria si chiama Multinazionale"egli delinea in maniera straordinariamente agghiacciante il futuro che ci avrebbe atteso e che si è puntualmente avverato. L'articolo di Eugenio Orso che lo riassume propone ad esempio questi passaggi significativi:
pag. 11: “fino a quando il nostro continente sarà frammentato in diversi stati, fino a quando la multinazionalità potrà essere identificata con uno o due paesi d’origine, cioè con i paesi delle società madri, le iniziative delle affiliate della multinazionale dovranno sempre combattere un certo clima di diffidenza e sospetto dovuto al fatto che i loro centri decisionali più importanti sfuggono al controllo del potere pubblico locale”.
pag. 15: “se i controlli statali creano vincoli eccessivi agli investimenti e alle operazioni in un Paese, la società multinazionale può comunque agire potenziando le sue attività in altre aree geografiche e disinvestendo dal Paese in cui si sente troppo contrastata”.
pag. 16: “la difesa del proprio Paese si identifica sempre meno con la difesa del territorio ed e probabile che arriveremo anche ad una modifica del concetto stesso di Patria …
C'è tutto e c'è, come scrive Orso, la consapevolezza che non avremo scampo. Siamo prigionieri nella villa dove i potenti potranno abusarci senza limiti, in modo inenarrabile e senza che alcuno arrivi a salvarci. E' "Salò", che Pasolini concepisce dopo aver letto quel testo. Sade e il capitalismo del futuro.
C'è bisogno di rimarcare che Mattei, pur con tutti i suoi difetti e peccati, non avrebbe mai potuto sopravvivere al mondo che sarebbe venuto? Uno che non avrebbe mai anteposto l'interesse "dell'Europa" a quello del suo paese e tanto meno avrebbe ambito a morire per un'entità astratta e malevola, che non avrebbe accettato di vedere l'Italia smontata e svenduta pezzo per pezzo al mercato degli schiavi dove si barattano interi popoli? Non ha alcuna importanza chi ha ordinato l'esecuzione, per non dire chi l'ha eseguita. Quello di Mattei fu un sacrificio propiziatorio.

L'Italia è diventata solo più spregiudicata e cinica, rimanendo però la serva che è sempre stata, perché i "Mattei" che potrebbero emanciparla non ci sono più. Il capitalismo è tornato quello spietato delle origini, con l'aggravante che, avendo scoperto la formula magica per moltiplicare il denaro all'infinito, invece di sognare la piena occupazione e il benessere per tutti, delocalizza e impone rigore e sacrifici umani sull'altare del suo unico dio, perché quello è l'unico modo per rinnovare ogni volta la magia della moltiplicazione.
Questo necrocapitalismo non riesce più a far nascere uomini come Enrico Mattei ma solo a clonare i Cefis. Ed Enrico Mattei, certamente, questo mondo non avrebbe sopportato di vederlo.

21 commenti:

  1. Drain the swamp. It's full of trolls.

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  2. anche Napolitano se fosse morto negli anni 90, oggi lei,proprio lei @Barbara, lo ricorderebbe, ripensando al celebre discorso contro la moneta unica nel dicembre del 78, come un patriota vero, che,se fosse stato ancora vivo, MAI, avrebbe permesso la spoliazione dell Italia,

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    1. Napolitano è colui che applaudì i carri armati in Ungheria. Paragone fallimentare.

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    2. Pare proprio che il blog abbia acquistato notevole visibilita'.

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    3. Già, attenzionata dai segaioli a dieci euro+panino con mortazza al giorno del PD.
      Ciao Sensi, salutame assoros.

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  3. POCHE ORE PRIMA DEL TERREMOTO, MATTARELLA A GORIZIA AVEVA SANTIFICATO LA UE E DICHIARATO ECCESSIVE LE CRITICHE AI SUOI VINCOLI(CHE PER INCISO SONO PROPRIO LA CAUSA CHE IMPEDISCE OGNI COSA: LA CRESCITA, L'OCCUPAZIONE, LA RICOSTRUZIONE,LA PREVENZIONE,LE POLITICHE INDUSTRIALI,IL RISPETTO DEI DIRITTI FONDAMENTALI) http://www.ilgiornale.it/news/politica/mattarella-tifa-europa-basta-critiche-modello-seguire-1323997.html

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  4. Video imperdibili (questo dovrebbero insegnare a scuola, sin dalle medie):

    Il Caso Mattei, con un mitico Volonte'
    https://www.youtube.com/watch?v=11f27ZwQb4w

    Il vero Mattei: La parabola del gattino
    https://www.youtube.com/watch?v=NfdGw6ylmKs

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  5. Anonimo16:42

    Splendida riflessione.
    Mattei l'Italia l'amava e per l'Italia aveva combattuto e combatté fino alla morte. I loschi Cef(f)is dell'industria di oggi manco sanno che fu, la Resistenza.

    Fartzilla

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  6. Grazie Barbara, è bello che qualcuno si ricordi di onorare i migliori tra i nostri compatrioti.

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  7. il nostro centro studi la segue sempre su twitter: lei che odia gli stranieri(quelli poveri ovviamente) RT al 96% personaggi con nome e cognome esteri al 3,5% razzisti italiani vari, allo 0,5 chiunque ha un ruolo pubblico e una certa visibilità. Non credo che Mattei sarebbe stato orgoglioso di lei.

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  8. Anonimo17:58

    Mattei, insieme al CAF e pochi altri è stato uno dei pochissimi uomini di Stato che l'Italia del dopoguerra ha avuto.
    Molto azzeccato il tuo richiamo al M5S: se dovessimo seguire la loro idea di politica, Mattei andava sbattuto in gattabuia, Cefis fatto presidente della Repubblica.

    PS: noto che le teste di cazzo sono in aumento.


    Matteo

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    1. @Matteo

      ci sarebbe ancora in Italia qualche grand commis di Stato con idee valide in grado di guidarlo verso un recupero della prosperità perduta.
      Penso a Nino Galloni, Paolo Savona e certamente anche altri di cui ignoro il nome.
      Ma li tengono in disparte, troppo scomodi e pericolosi per "il progetto" in corso di realizzazione.

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    2. Anonimo11:27

      Forse, ma non dobbiamo dimenticare che Mattei non era solo un patriota, ma un patriota COMPETENTE nel suo settore.
      Galloni è un pazzoide che asserisce che se una banca ti presta 100 euro, sui medesimi FATTURA 100 euro più interessi, indi non ha nessun tipo di credibilità ed è sostanzialmente ridicolo, oltre che essere un immigrazionista di ferro.

      Savona mi piace ma è una persona tremendamente ambigua e legata a tutta una serie di consorterie che francamente mi inquietano.
      Il fatto che ora come ora sia anti euro per me è la prova che esiste una parte, minoritaria ma consistente della massoneria nazionale che si mantiene ancora sulla vecchia linea risorgimentale.


      Matteo

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  9. ma ANTONIO SOCCI, puntualmente da lei RT , lo ha capito che si trattava di venti donne e un paio di bimbi? o crede che a Gorico abbiano respinto un barcone con a bordo un migliaio di Masai Killer? ma è cosi difficile chiedere scusa e dire a tutti "Ci siamo sbagliati, erano solo donne e bambini"?

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    1. Ma te ne vai affanculo?

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    2. Intanto le "signore" nigeriane intervistate non hanno chiarito affatto dove e come avevano trovato le risorse per il viaggio...conoscendo un poco come funziona il sistema migratorio femminile dalla Nigeria, possiamo ragionevolmente supporre che siano state chiamate da qualche "mama" pronta ad usare l'onda migratoria per rifornire il mercato italiano della prostituzione di elementi freschi.
      Mia sorella le aveva sul pianerottolo, in pieno centro di Firenze, ognuna riceveva i clienti nella propria camera, finché un assassinio rimasto insoluto, non ha fatto chiudere il disgustoso commercio. Mia sorella ricorda ancora la puzza indescrivibile che usciva da quell'appartamento nonché il sangue che sgocciolava sul pianerottolo e sulle scale.....e non poteva neppure cambiare alloggio perché la casa era di sua proprietà ed,ovviamente invendibile a causa del vicinato.
      Secondo lei, che aveva avuto purtroppo modo di studiarle da troppo vicino, a queste donne piaceva il mestiere che facevano, la ritenevano una attività economica normale come tante altre....

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  10. La storia di Mattei mi ricorda in modo molto chiaro quanto noi italiani non si riesca a creare un nucleo di una certa grandezza, compatto, risoluto e dalle idee chiare, capace di formare una "testuggine" impenetrabile tale da difendere i suoi uomini migliori.
    Ci fosse stato un gruppo simile, a livello nazionale intendo, a quell'aereo non si sarebbe avvicinato nessuno,

    Le comunità hanno diverse grandezze, e solo una comunità (qualsiasi dimensione essa abbia, o in qualsiasi modo la si voglia chiamare) consapevole riesce a difendere i suoi membri e la propria cultura dalle aggressioni estranee.

    Lo so, son cose scontate e banali.
    Ma la verità dei fatti ci dice che solamente in pochi, attualmente (per quanto si possa dilatare questo termine), riescono a capire cose così semplici.

    Senza questo tipo di comunità non si conclude nulla.

    E' per questo che mi fanno incazzare quegli intellettuali che non riescono a reggere un'opinione differente dalla loro, confondono il consenso totalitario con la condivisione dei più importanti principi di base.

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  11. Anonimo22:34

    Credo che da quel tipo di comunità - degli anni '50 e '60 , in sostanza l'Italia del dopoguerra - siano
    usciti uomini come Mattei, ma non solo lui; paradossalmente erano diversi e migliori anche i politici di "Tribuna politica" di quegli anni. Sarà sicuramente un'osservazione banale e scontata, ma un certo benessere che non sempre è sinonimo di qualità della vita è bastato per esaltare l'egoismo di base, la cura del proprio 'particulare' e considerare lo Stato come antagonista.
    Del resto la Costituzione non viene più letta nelle classi dell'obbligo e la gita scolastica alla tomba di Dante è roba da foto color seppia.
    **
    L'attenzione al blog da parte di un componente della famiglia Trump forse è un successo :-)))

    lr

    PS Bene il memoriale senza retorica di un italiano di valore.

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    1. Non intendo come "produzione genetica", intendo proprio come produzione culturale, che sarebbe quella che ti fa capire di avere una persona capace e di valore che deve essere difesa 24h su 24 e ovunque essa si trovi.
      E far capire tutto questo a una gran parte della popolazione è una questione culturale, che purtroppo non può essere inoculata o inculcata in quattroequattrotto.

      E la generazione che va dai sedicenni ai trentenni attuale non è che abbia avuto ottimi esempi.

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  12. La fine di Mattei mi ricorda quella più recente ma altrettanto controversa di Christophe de Margerie, amministratore delegato della Total e personaggio parimenti scomodo. E' forte la sensazione che in entrambi i casi si sia voluta punire la rivendicazione di uno spazio di sovranità economica nazionale.

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