A volte mi chiedo cosa sarebbero stati questi primi anni del nuovo secolo, nonché millennio senza la saga di Cogne.
Dunque, come in “Beautiful”, diciamo: dove eravamo rimasti? Ah si, al processo d’appello e alla requisitoria dell’accusa, che ha chiesto la conferma della condanna a 30 anni per l’unica imputata Annamaria Franzoni, madre del de cuius. La prossima settimana ci sarà l’arringa della difesa e poi la sentenza. Con un'altra mezza dozzina di puntate di “Non Aprite Porta a Porta” forse ce la caviamo prima della Cassazione.
Un aggiornamento anche sull’ipotesi dell’arma del delitto, che ora pare stabilizzarsi sul versante mestolo, oggetto non troppo poetico per un delitto ("l’ha preso a mestolate") ma efficacissimo, a quanto pare.
Rimane il mistero di dove sia finito tale utensile domestico ma con i tanti canaloni che vi sono in montagna non pare difficile immaginarlo.
Di questo caso, se mai ci sarà concesso un giorno di riporlo con cura nel dimenticatoio, ricorderemo alcune cose.
La più lampante è che, per la prima volta nella storia del crimine, un caso evidente e limpido come l’acqua fresca, da pagina uno del manuale di criminologia, capitolo figlicidio, viene fatto credere complicato e irrisolvibile al mondo intero, utilizzando mezzi economici e mediatici a profusione.
Il vero mistero è come facciano i Franzoni a non essersi ancora venduti anche le mutande per pagare le parcelle degli avvocati. Sicuramente questo fattaccio di cronaca è anche servito come fenomenale campagna mediatica contro la giustizia, come fa notare giustamente Marco Travaglio nel suo articolo “Telecamera di consiglio”. Ogni riferimento a persone, imprenditori e partiti politici è puramente casuale.
Se si hanno dei dubbi su come al 99% delle probabilità si sono svolti i fatti, conviene leggersi la timeline di quella mattina come riportata dal primo rinvio a giudizio , stilato a botta ancora calda e prima di tutte le invenzioni difensive taorminesche.
La Franzoni si alza male quella mattina. Accusa un malore che, a posteriori, sembra proprio un'aura che precede un episodio psicotico acuto (o raptus, chiamatelo come volete). Viene perfino chiamata la guardia medica che nota come la signora stesse assumendo dei farmaci per dimagrire (a volte contenenti derivati anfetaminici, e quindi stimolanti). A titolo di esempio, alcuni farmaci possono perfino scatenare vere crisi di follia, come il prednisone, un cortisonico.
Il marito comunque alle 7:30 decide di andare a lavorare lo stesso. La madre rimane in casa da sola con i due figli. Il grande si prepara per andare a scuola e poco prima di recarsi alla fermata dell’autobus gioca per un po’ nel giardino. Samuele rimane a letto. Alle 8:15 circa la madre accompagna il figlio grande al bus. Parla con l’autista. Secondo alcune recenti teorie avrebbe dovuto essere in uno stato di sonnambulismo.
Torna a casa e qui non si sa se la porta fosse rimasta aperta o chiusa. In un primo momento lei disse che ovviamente l’aveva chiusa (con tutti i mostri che giravano per Cogne) poi, dovendo sostenere la causa del rapimento alieno rettificò e disse che era rimasta aperta.
Attenzione adesso perché, secondo le ricostruzioni, tra il momento in cui Annamaria rientra in casa e scende da Samuele che piange e l’allarme dato da lei stessa trascorrono otto minuti. Immaginate una madre che scende da suo figlio, lo trova con il cervello spiaccicato sul soffitto e se ne sta lì inebetita per otto minuti, un tempo interminabile per un bambino che lotta tra la vita e la morte. Vi sono madri che hanno sollevato automobili per liberare il figlio imprigionato sotto le ruote. In otto minuti si allertano anche l’esercito e il genio pontieri.
Quando fa finalmente una telefonata non è al 118, come sarebbe logico per ogni madre che avesse trovato suo figlio massacrato da un estraneo, ma alla dottoressa di famiglia nonché psichiatra, la quale si precipita non prima di aver consigliato la donna di chiamare appunto il 118, vivaddìo.
La telefonata successiva Annamaria la fa al marito, ma non al cellulare, al fisso dell’ufficio. Parla con la segretaria e le dice di “riferire a suo marito che Samuele è morto”. Il bambino respira ancora, seppure agonizzante, ma lei, sua madre, lo dichiara già perduto. Arriva la dottoressa e in quei minuti chissà cosa accade ma comunque viene partorita la mirabolante idea che al bambino è scoppiata la testa per un aneurisma (sic). Samuele viene “medicato” e trasportato fuori all’addiaccio in attesa dell’elisoccorso, che finalmente lo trasporterà in ospedale alle 9,19.
Qualcuno si chiederà a questo punto, ma i Carabinieri dove sono? Se è stato un delitto del mostro di Cogne, scoperto dalla povera madre, le forze dell’ordine che fanno, dormono? Veramente nessuno le ha ancora chiamate, né Annamaria, né la medichessa, né il marito della Bimba.
Saranno allertate dal Dottor Iannizzi del 118 che nota subito qualcosa di strano e non si beve l’assurda teoria della testa scoppiata che va sostenendo, restando miracolosamente seria, la Dott.ssa Satragni. Sarà un infermiere del 118 a chiamare i Carabinieri, che giungeranno solo verso le ore 10 sul luogo del delitto, dove ormai sono passati cani e porci e i mestoli hanno avuto tutto il tempo di dileguarsi.
Prima di salire in macchina per seguire Samuele all’ospedale Annamaria affiderà le chiavi di casa alla vicina, quella stessa signora che poco tempo dopo sarà accusata di essere una picchiatrice di bambini e possibile bieca assassina del piccolo. Come è noto le chiavi di casa le affidiamo di solito al primo estraneo che capita, possibilmente dalla faccia feroce.
Da quel momento, dopo la certificazione della morte del povero bimbo sfortunato Samuele, ha inizio la grande campagna “salvate il soldato Annamaria” che vede impegnate truppe di terra e di mare e plotoni di avvocati aviotrasportati.
Un ingenuo carabiniere registra in caserma quella che potrebbe essere la vera confessione di Annamaria, “Ci sono madri che uccidono i figli, sa…” ma nessun Vespa ricorderà più quella frase.
Il paese di Cogne viene scosso dalla sua esistenza lenta e pallosa e diventa il paradigma del caso giudiziario, il luogo del grande mistero (che come abbiamo visto mistero proprio non è). Rennes le Chateau e Stonehenge gli fanno una pippa.
Il ciclone Annamaria per poco non spazza via tutto il paese. Dal sindaco che sembrava un po’ un Hobbit ai vicini di casa e a tutti coloro che si trovarono per disgrazia sotto il mirino dei diabolici Franzoni quando c’era da trovare un colpevole alternativo alla Bimba. Prima i visitatori della sera precedente e la loro maledizione scagliata sulla Sacra Famiglia Unita. Poi la vicina (quella alla quale si affidano le chiavi di casa della casa della Famiglia Felice), il parente un po’ scemotto della vicina, fino all’ultimo abitante e ad un turista tedesco che passava per caso per un sentiero. Immaginate perché alla fine i Franzoni hanno deciso di tornare al paesello natìo di lei?
Nel suo feudo Annamaria può perfino far credere di essere una baby-sitter ideale per tutti gli under-12. “Oggi” ci fa i servizi lacrimogeni sulla povera madre perseguitata dai giudici carogne, sui quali vigila l’avvoltoio di “Porta a Porta”.
P.S. Cosa c’entra il pendolo di Foucault, parafrasato nel titolo? Nulla, ma faceva tanto Umberto Eco.
Un aggiornamento anche sull’ipotesi dell’arma del delitto, che ora pare stabilizzarsi sul versante mestolo, oggetto non troppo poetico per un delitto ("l’ha preso a mestolate") ma efficacissimo, a quanto pare.
Rimane il mistero di dove sia finito tale utensile domestico ma con i tanti canaloni che vi sono in montagna non pare difficile immaginarlo.
Di questo caso, se mai ci sarà concesso un giorno di riporlo con cura nel dimenticatoio, ricorderemo alcune cose.
La più lampante è che, per la prima volta nella storia del crimine, un caso evidente e limpido come l’acqua fresca, da pagina uno del manuale di criminologia, capitolo figlicidio, viene fatto credere complicato e irrisolvibile al mondo intero, utilizzando mezzi economici e mediatici a profusione.
Il vero mistero è come facciano i Franzoni a non essersi ancora venduti anche le mutande per pagare le parcelle degli avvocati. Sicuramente questo fattaccio di cronaca è anche servito come fenomenale campagna mediatica contro la giustizia, come fa notare giustamente Marco Travaglio nel suo articolo “Telecamera di consiglio”. Ogni riferimento a persone, imprenditori e partiti politici è puramente casuale.
Se si hanno dei dubbi su come al 99% delle probabilità si sono svolti i fatti, conviene leggersi la timeline di quella mattina come riportata dal primo rinvio a giudizio , stilato a botta ancora calda e prima di tutte le invenzioni difensive taorminesche.
La Franzoni si alza male quella mattina. Accusa un malore che, a posteriori, sembra proprio un'aura che precede un episodio psicotico acuto (o raptus, chiamatelo come volete). Viene perfino chiamata la guardia medica che nota come la signora stesse assumendo dei farmaci per dimagrire (a volte contenenti derivati anfetaminici, e quindi stimolanti). A titolo di esempio, alcuni farmaci possono perfino scatenare vere crisi di follia, come il prednisone, un cortisonico.
Il marito comunque alle 7:30 decide di andare a lavorare lo stesso. La madre rimane in casa da sola con i due figli. Il grande si prepara per andare a scuola e poco prima di recarsi alla fermata dell’autobus gioca per un po’ nel giardino. Samuele rimane a letto. Alle 8:15 circa la madre accompagna il figlio grande al bus. Parla con l’autista. Secondo alcune recenti teorie avrebbe dovuto essere in uno stato di sonnambulismo.
Torna a casa e qui non si sa se la porta fosse rimasta aperta o chiusa. In un primo momento lei disse che ovviamente l’aveva chiusa (con tutti i mostri che giravano per Cogne) poi, dovendo sostenere la causa del rapimento alieno rettificò e disse che era rimasta aperta.
Attenzione adesso perché, secondo le ricostruzioni, tra il momento in cui Annamaria rientra in casa e scende da Samuele che piange e l’allarme dato da lei stessa trascorrono otto minuti. Immaginate una madre che scende da suo figlio, lo trova con il cervello spiaccicato sul soffitto e se ne sta lì inebetita per otto minuti, un tempo interminabile per un bambino che lotta tra la vita e la morte. Vi sono madri che hanno sollevato automobili per liberare il figlio imprigionato sotto le ruote. In otto minuti si allertano anche l’esercito e il genio pontieri.
Quando fa finalmente una telefonata non è al 118, come sarebbe logico per ogni madre che avesse trovato suo figlio massacrato da un estraneo, ma alla dottoressa di famiglia nonché psichiatra, la quale si precipita non prima di aver consigliato la donna di chiamare appunto il 118, vivaddìo.
La telefonata successiva Annamaria la fa al marito, ma non al cellulare, al fisso dell’ufficio. Parla con la segretaria e le dice di “riferire a suo marito che Samuele è morto”. Il bambino respira ancora, seppure agonizzante, ma lei, sua madre, lo dichiara già perduto. Arriva la dottoressa e in quei minuti chissà cosa accade ma comunque viene partorita la mirabolante idea che al bambino è scoppiata la testa per un aneurisma (sic). Samuele viene “medicato” e trasportato fuori all’addiaccio in attesa dell’elisoccorso, che finalmente lo trasporterà in ospedale alle 9,19.
Qualcuno si chiederà a questo punto, ma i Carabinieri dove sono? Se è stato un delitto del mostro di Cogne, scoperto dalla povera madre, le forze dell’ordine che fanno, dormono? Veramente nessuno le ha ancora chiamate, né Annamaria, né la medichessa, né il marito della Bimba.
Saranno allertate dal Dottor Iannizzi del 118 che nota subito qualcosa di strano e non si beve l’assurda teoria della testa scoppiata che va sostenendo, restando miracolosamente seria, la Dott.ssa Satragni. Sarà un infermiere del 118 a chiamare i Carabinieri, che giungeranno solo verso le ore 10 sul luogo del delitto, dove ormai sono passati cani e porci e i mestoli hanno avuto tutto il tempo di dileguarsi.
Prima di salire in macchina per seguire Samuele all’ospedale Annamaria affiderà le chiavi di casa alla vicina, quella stessa signora che poco tempo dopo sarà accusata di essere una picchiatrice di bambini e possibile bieca assassina del piccolo. Come è noto le chiavi di casa le affidiamo di solito al primo estraneo che capita, possibilmente dalla faccia feroce.
Da quel momento, dopo la certificazione della morte del povero bimbo sfortunato Samuele, ha inizio la grande campagna “salvate il soldato Annamaria” che vede impegnate truppe di terra e di mare e plotoni di avvocati aviotrasportati.
Un ingenuo carabiniere registra in caserma quella che potrebbe essere la vera confessione di Annamaria, “Ci sono madri che uccidono i figli, sa…” ma nessun Vespa ricorderà più quella frase.
Il paese di Cogne viene scosso dalla sua esistenza lenta e pallosa e diventa il paradigma del caso giudiziario, il luogo del grande mistero (che come abbiamo visto mistero proprio non è). Rennes le Chateau e Stonehenge gli fanno una pippa.
Il ciclone Annamaria per poco non spazza via tutto il paese. Dal sindaco che sembrava un po’ un Hobbit ai vicini di casa e a tutti coloro che si trovarono per disgrazia sotto il mirino dei diabolici Franzoni quando c’era da trovare un colpevole alternativo alla Bimba. Prima i visitatori della sera precedente e la loro maledizione scagliata sulla Sacra Famiglia Unita. Poi la vicina (quella alla quale si affidano le chiavi di casa della casa della Famiglia Felice), il parente un po’ scemotto della vicina, fino all’ultimo abitante e ad un turista tedesco che passava per caso per un sentiero. Immaginate perché alla fine i Franzoni hanno deciso di tornare al paesello natìo di lei?
Nel suo feudo Annamaria può perfino far credere di essere una baby-sitter ideale per tutti gli under-12. “Oggi” ci fa i servizi lacrimogeni sulla povera madre perseguitata dai giudici carogne, sui quali vigila l’avvoltoio di “Porta a Porta”.
P.S. Cosa c’entra il pendolo di Foucault, parafrasato nel titolo? Nulla, ma faceva tanto Umberto Eco.
Bhe... il caso di cogne è il giolly da sfoderare nelle arene mediatiche che parlano di attualità e politica quando c'è da coprire fatti ben più imporatnti e rilevanti per la nazione...i vari processi a berlusconi, previti (pronunciare il suo nome in Tv equivale significa essere radiati dal panorama radiotelevisivo italiano per i secoli dei secoli, vittime illustri e testimoni del fenomeno biagi,santoro e Luttazzi, le figuracce di Buttiglione, la prescrizione di andreotti condannato per rappoti con la mafia fino al 1980, i contatti mafiosi di mastella, i trans di Sircana e le beghe della sinistra. Quello di Cogne non pè assolutamente un giallo, la colpevole è nota, è un giallo invece che una vicenda così triste sia usata come ombrello per coprire beghe e problemi della politica italiana.
RispondiEliminaclap clap clap
RispondiElimina(qualche volta non hai l'impressione che per Cogne abbiano assoldato gli sceneggiatori di lost??