Parlando del terremoto di Haiti, un amico mi ha confessato oggi, con molto imbarazzo ma altrettanta ammirevole sincerità, il fatto che non riusciva a provare alcun dolore a riguardo. Tanti morti, un numero enorme, una tragedia inenarrabile ma, orrore, solo una sensazione di estraneità, di lontananza, di "non me ne frega niente". Un'insensibilità rettiliana dal tracciato emotivo piatto ai limiti della sociopatia, ovvero dell'incapacità di provare sentimenti di solidarietà ed empatia per gli altri.
Se proprio doveva ammettere di provare qualcosa era solo la rabbia ed il fastidio per la commozione a comando indotta dai media verso esseri umani che, fino a qualche giorno prima, crepavano lo stesso ma nell'indifferenza del mondo.
"Ma ti pare possibile che, solo perchè ne sono morti a migliaia tutti assieme, dobbiamo improvvisamente accorgerci della loro esistenza?"
E' ciò che si è chiesto anche Massimo Fini nel suo articolo per il Fatto. Siamo quotidianamente addestrati all'indifferenza verso l'uomo che sta male o addirittura muore per strada, per l'operaio che perde il lavoro e dà di matto, ma se avviene la catastrofe a migliaia di chilometri di distanza con i mucchi di cadaveri sbattuti in televisione, dobbiamo sentirci improvvisamente tutti fratelli.
E' incredibile come riesca a manipolare le menti la suggestione delle immagini e delle parole. Oggi ho sentito persone normalmente intolleranti o addirittura razziste, sciogliersi di fronte all'orfanello di Haiti e fare addirittura propositi di adozione.
Mi sentirei quasi di considerare più patologico questo atteggiamento rispetto all'insensibilità provata dal mio amico.
Infatti non si capisce come ci si debba smuovere solo di fronte ai grandi numeri, diciamo dai 10.000 morti in su e non per il singolo fratello sfortunato.
In parte, a causa degli spaventosi genocidi del secolo scorso, si è formata ormai una specie di "estetica" dell'olocausto su larga scala. Si combattono addirittura battaglie ideologiche per stabilire se il mio genocidio lavi più bianco del tuo e se le mie migliaia di morti valgano meno dei tuoi milioni.
Da un punto di vista psicodinamico, ragionare di milioni di morti finisce invece paradossalmente per diluire il senso di angoscia che ci provoca normalmente il lutto singolo, quello che abbiamo provato tutti in occasione della perdita di una persona cara. Il milione di morti, siccome è difficilmente immaginabile e rappresenta un'idea quasi intollerabile, diventa un'astrazione, un concetto che si allontana dalla nostra sfera emotiva, innescando il meccanismo di difesa dal dolore che ci porta all'insensibilità.
In una società che non vuole veramente eliminare la miseria ma solo utilizzarla a scopi spettacolari, per far risaltare "quanto sono buoni i ricchi" e ridisegnare certi assetti geopolitici con gli strumenti della shock economy, è più facile manipolare le coscienze e spingerle ad agire per alleviare le sofferenze di migliaia di persone piuttosto che di un singolo individuo.
Se noi siamo milioni e mandiamo milioni di SMS da un euro avremo aiutato migliaia di persone ma non vi sarà stato alcun contatto, alcun impegno realmente emotivo tra noi e loro.
In fondo non ce ne frega nemmeno di sapere se i soldi che versiamo andranno veramente a buon fine o non finiranno piuttosto nelle tasche dei gatti e delle volpi che sappiamo esistere nel campo della cooperazione e della solidarietà. L'importante è l'atto simbolico. Con un euro ho aiutato le vittime dello Tsunami, o del terremoto di Haiti - il che è assurdo, con un euro non si fa nulla, ma me ne lavo le mani del problema a monte: la povertà endemica di quelle terre.
La sconfinata ipocrisia del Sistema stabilisce che finché si muore in modica quantità e per una malattia incurabile come la miseria, si è in numero insufficiente per scatenare gli appelli delle star dello sport, dei chitarrosi (come li chiamava Sergio Saviane) e in genere dei ricchi che ogni tanto sentono il bisogno di svuotare gli armadi degli stracci vecchi per sentirsi le buone Dame di San Vincenzo che fanno del bene ai miserabili.
I poveri sono come la serva di Totò, servono, ma solo per far risaltare la straordinaria generosità del calciatore, dell'uomo di spettacolo, del politico in auge o di quello bollito o addirittura riesumato per l'occasione che magari se la cavano solo con l'atto di presenza, l' appello filmato, il fiocchetto sul bavero e non tirano fuori neanche l'euro che noi, nel nostro piccolo, regaliamo con il messaggino.
Se proprio doveva ammettere di provare qualcosa era solo la rabbia ed il fastidio per la commozione a comando indotta dai media verso esseri umani che, fino a qualche giorno prima, crepavano lo stesso ma nell'indifferenza del mondo.
"Ma ti pare possibile che, solo perchè ne sono morti a migliaia tutti assieme, dobbiamo improvvisamente accorgerci della loro esistenza?"
E' ciò che si è chiesto anche Massimo Fini nel suo articolo per il Fatto. Siamo quotidianamente addestrati all'indifferenza verso l'uomo che sta male o addirittura muore per strada, per l'operaio che perde il lavoro e dà di matto, ma se avviene la catastrofe a migliaia di chilometri di distanza con i mucchi di cadaveri sbattuti in televisione, dobbiamo sentirci improvvisamente tutti fratelli.
E' incredibile come riesca a manipolare le menti la suggestione delle immagini e delle parole. Oggi ho sentito persone normalmente intolleranti o addirittura razziste, sciogliersi di fronte all'orfanello di Haiti e fare addirittura propositi di adozione.
Mi sentirei quasi di considerare più patologico questo atteggiamento rispetto all'insensibilità provata dal mio amico.
Infatti non si capisce come ci si debba smuovere solo di fronte ai grandi numeri, diciamo dai 10.000 morti in su e non per il singolo fratello sfortunato.
In parte, a causa degli spaventosi genocidi del secolo scorso, si è formata ormai una specie di "estetica" dell'olocausto su larga scala. Si combattono addirittura battaglie ideologiche per stabilire se il mio genocidio lavi più bianco del tuo e se le mie migliaia di morti valgano meno dei tuoi milioni.
Da un punto di vista psicodinamico, ragionare di milioni di morti finisce invece paradossalmente per diluire il senso di angoscia che ci provoca normalmente il lutto singolo, quello che abbiamo provato tutti in occasione della perdita di una persona cara. Il milione di morti, siccome è difficilmente immaginabile e rappresenta un'idea quasi intollerabile, diventa un'astrazione, un concetto che si allontana dalla nostra sfera emotiva, innescando il meccanismo di difesa dal dolore che ci porta all'insensibilità.
In una società che non vuole veramente eliminare la miseria ma solo utilizzarla a scopi spettacolari, per far risaltare "quanto sono buoni i ricchi" e ridisegnare certi assetti geopolitici con gli strumenti della shock economy, è più facile manipolare le coscienze e spingerle ad agire per alleviare le sofferenze di migliaia di persone piuttosto che di un singolo individuo.
Se noi siamo milioni e mandiamo milioni di SMS da un euro avremo aiutato migliaia di persone ma non vi sarà stato alcun contatto, alcun impegno realmente emotivo tra noi e loro.
In fondo non ce ne frega nemmeno di sapere se i soldi che versiamo andranno veramente a buon fine o non finiranno piuttosto nelle tasche dei gatti e delle volpi che sappiamo esistere nel campo della cooperazione e della solidarietà. L'importante è l'atto simbolico. Con un euro ho aiutato le vittime dello Tsunami, o del terremoto di Haiti - il che è assurdo, con un euro non si fa nulla, ma me ne lavo le mani del problema a monte: la povertà endemica di quelle terre.
La sconfinata ipocrisia del Sistema stabilisce che finché si muore in modica quantità e per una malattia incurabile come la miseria, si è in numero insufficiente per scatenare gli appelli delle star dello sport, dei chitarrosi (come li chiamava Sergio Saviane) e in genere dei ricchi che ogni tanto sentono il bisogno di svuotare gli armadi degli stracci vecchi per sentirsi le buone Dame di San Vincenzo che fanno del bene ai miserabili.
I poveri sono come la serva di Totò, servono, ma solo per far risaltare la straordinaria generosità del calciatore, dell'uomo di spettacolo, del politico in auge o di quello bollito o addirittura riesumato per l'occasione che magari se la cavano solo con l'atto di presenza, l' appello filmato, il fiocchetto sul bavero e non tirano fuori neanche l'euro che noi, nel nostro piccolo, regaliamo con il messaggino.
null'altro da aggiungere. Buona la prima
RispondiEliminaPrim
Le immagini provocano e hanno sempre provocato emozioni che nè il parlato, nè lo scritto riescono a suscitare. Gli occhi di un bambino, bianco o nero che sia, ispirano sempre tenerezza e benevolenza anche agli occhi di razzisti come noi, soprattutto in Romagna. Eh sì, perchè non c'è peggior razzista e ipocrita del buonista che da' del tu a un negro, che definisce “nero” un negroide, che rifiuta la parola "razza" per sostituirla con "tipo umano" ecc. Io invece chiamo negri i negroidi e do’ loro del Lei. E non solo perché lo ha scritto Geneviève Makaping, negra stupenda che consiglio di leggere, ma perché, tolto il colore della pelle (che equivale al colore dei capelli), sono come tutti gli altri esseri umani.
RispondiEliminaQuanto al resto condivido l'ipocrisia della solidarietà che l’autrice del post denuncia. E non sento la necessità di inviare nemmeno un centesimo ai gatti e alle volpi che nel migliore dei casi (v. Unicef ONU) impegnano il 90 % del raccattato per mantenere la propria confortevole struttura organizzativa.
E per quanto io abbia conosciuto di persona quell'isola, sebbene dalla parte di S.to Domingo, bella piena di gente spesso povera ma dignitosa e amichevole, nemmeno io provo sentimenti profondi di solidarietà ed empatia, che manifestano gli USA in particolare. Ma sono troppo vecchio per non aver visto i muri delle case rovinati dai proiettili americani a S.to Domingo. Sappiamo bene cosa c’è sotto la loro “umanità”.
Come risolverei la faccenda? Cercherei ancora per 15 giorni poi via tutti. E dall’alto, lancerei su quel che rimane di Port au Prince” calce viva, per evitare il peggio.
Date un’occhiata su Google Earth a quel che era Port au Prince. Ve ne renderete conto.
Più o meno concordo, purtroppo i morti sono morti e quindi oltre alle analisi del "si potevano limitare i danni", sarebbe meglio occuparsi dei vivi.
RispondiEliminaQuello che in questo contesto mi da un po' di fastidio sono gli appelli emotivi fatti da rappresentanti di stati ricchi, che spendono decine se non centinaia di miliardi di euro all'anno per armamenti vari, affinchè le loro masse provvedano alla bisogna dopo aver foraggiato oltre ogni limite tutti gli appetiti di politici e militari.
Tutto questo mentre qualche stato che non nominiamo ha decine se non centinaia di aziende che sottopagano i loro dipendenti Haitiani al punto che non riescono quasi a mangiare.
Che vadano a quel paese, loro e tutto lo schifo mediatico che generano.
Oggi ho sentito persone normalmente intolleranti verso gli extracomunitari e razziste verso i neri, sciogliersi di fronte all'orfanello di Haiti e fare addirittura propositi di adozione.
Certo perchè pensano a queste cose mentre sono seduti nel loro divano preferito davanti alla TV e magari ingurgitando té e pasticcini.
Sono tutte folate di multiculturalismo forzato stile bazar medio-orientale e divide et impera che personalmente detesto e aborro assieme alle parole integrazione, assimilazione, ecc. (ogni resistenza è futile, sarai assimilato ... ma da che cosa ?).
Ora però facciamo anche questa considerazione: nelle società odierne i tecnici, i ricercatori, gli studiosi e in generale le persone di buon senso equivalgono a dei fastidiosi due di picche fintanto che non sono utili per conseguire (in qualche modo) odiosi piani di dominio sociale.
Di loro ci si ricorda solo quando i loro moniti non servono più a nulla.
Ma insomma, se negli ultimi 4-5 secoli ci sono stati almeno 5 terremoti altrettanto potenti, se qualsiasi geologo poteva dire che la grande scossa ci sarebbe stata e che le conseguenze sarebbero state devastanti, occorreva un genio per capire che fare finta di niente poteva significare solo che a qualcuno in alto non potesse dispiacere una tale eventualità ?
Certo che, nonostante tutte le morie infantili dei secoli scorsi e le forti emigrazioni, la popolazione ex schiava è comunque aumentata almeno 3-4 volte oltre le possibilità massime di sostentamento dell'isola; non so quanti africani siano stati importati ma la sensazione è che si siano riprodotti parecchio.
Le conseguenze di quello che è successo, che sta succedendo e che succederà dipendono anche da una banale questione matematica di distribuzione della ricchezza correlata alle leggi della domanda e dell'offerta: se invece di 8 milioni e mezzo di abitanti ce ne fossero stati solo 850.000, quasi tutti avrebbero avuto la possibilità di rifarsi una casa decente con tanto di giardinetto e e relativi addobbi (nani, gnomi, ecc.), avrebbero (sperabilmente) avuto un salario decente, ci sarebbe stata molta meno criminalità, forse l'ambiente non sarebbe stato selvaggiamente saccheggiato tagliando e bruciando tutti gli alberi e via dicendo.
Non a caso gli abitanti originari presenti all'arrivo di Colombo erano poco più di 200.000 (naturalmente furono spazzati via in poco tempo da malattie, repressioni e troppo lavoro) e se non erano nè 20.000 nè 2.000.000 una ragione ci sarà stata.
continua ...
... continuazione.
RispondiEliminaOra il presidente del Senegal ha lanciato un'idea dicendo di voler offrire asilo agli Haitiani che desiderano provare l'ebbrezza del rimpatrio africano e qualcuno ha commentato dicendo: beh, insomma, almeno qualcuno ha offerto un'alternativa !
D'accordo, bisogna però considerare che:
1) la cosa l'ha detta un politico, che giammai si sporcherà più di tanto le mani (che sia bianco o nero al 99% non conta un fico secco) ed anzi da questa esternazione potrebbe avere il suo bel ritorno non solo mediatico ma anche monetario, considerando che gli USA vorrebbero tanto eseguire il reboot del loro sistema operativo in stallo da tempo ad Haiti mentre questa idea potrebbe intaccare la loro immagine di salvatori unici o comunque interferire con i loro piani;
2) la cosa dovrà essere messa in pratica e valutata sia da parte del Senegal che degli Haitiani i quali preferirebbero senz'altro un'altra opzione (tipo riversarsi in massa negli USA).
Oltre a questo ci si potrebbe chiedere se il Senegal sia questa gran regione ricca, fertile e disabitata e quindi adatta ad ospitare fino a 4-6 milioni di Haitiani dato che a nord confina con il Sahara e che a sensazione è soggetto/a a forte emigrazione.
In effetti, perchè mai i senegalesi emigrano in massa da quel luogo così fertile e amichevole ?
Esaminiamo le densità abitative:
- Italia, 199 ab. per kmq. (zero pianure libere), 60 milioni di ab.;
- Haiti, 307 ab. per kmq. (zero alberi), 8.5 milioni di ab.;
- Senegal, 65 ab. per kmq., quasi 13 milioni di ab.;
- Libia, 4 ab. per kmq., 6 milioni di ab.
E' evidente che se esaminassimo i soli numeri relativi alla densità abitativa, il posto più adatto dovrebbe essere la Libia; purtroppo nello "scatolone di sabbia" nessuno ci vuole andare, per il semplice fatto che manca l'acqua e reperirla non è affatto semplice.
Riguardo al Senegal le conclusioni sono due:
o ci sono delle vaste zone verdi libere e non coltivate (che non si capisce come siano sopravvissute in quel modo fino ad oggi);
o ci sono delle vaste zone NON verdi e quindi sicuramente libere e non coltivate, es. il Sahel.
In ambedue i casi gli invitati non dovrebbero farsi illusioni bensì rimboccarsi le maniche per sperare di costruire (con un adeguato supporto formativo) qualcosa di alternativo all'alienazione di un ghetto o alla schiavitù simil-lager del lavoro sottopagato.
Si, direi che il piano potrebbe funzionare se si riuscisse a riprogrammare un po' di cervelli con il motto Arbeit Macht Frei, inculcando i concetti base e gli errori da evitare assolutamente assieme a una sorveglianza sui vari gruppi per almeno 15-20 anni.
Insomma, per decongestionare a sufficienza Haiti bisognerebbe trasbordare almeno 5-6 milioni di persone in altro luogo, sperabilmente non nell'occidente corruttore e alienante.
In questo modo quelli che rimarrebbero avrebbero qualche possibilità di risistemare le zone cittadine e riconvertire le poche pianure circostanti ad un uso agricolo (non intensivo).
Concludendo, la possibilità di sistemare le cose ci sarebbe, ma i politici acconsentiranno o contrasteranno certe soluzioni ?
La sensazione è che la politica sfrutti i disastri e non abbia il minimo interesse per l'ordine sociale se non per il fatto di avere interesse ad autoconservarsi e ad incrementare il suo potere controllando il disordine e le difficoltà sociali dei i suoi sottoposti.
P.S.
Se anche ci fossero eventi naturali o meno che provocassero ogni anno un numero di morti equivalenti a quelli causati da questo terremoto, l'incremento demografico di Haiti si ridurrebbe ma non si annullerebbe (e dire che molti altri paesi del mondo, es. Nigeria, hanno incrementi molto maggiori di quelli di Haiti).
I poveri sono come la serva di Totò, servono, ma solo per far risaltare la straordinaria generosità del calciatore ...
RispondiEliminaQuesta apparentemente disinteressata generosità dei super-ricchi ha un nome: si chiama filantropia.
Più che amore per il genere umano è amore per uno scopo, un'obiettivo il cui raggiungimento, in qualche caso, richiede il miglioramento di certe condizioni di vita umana.
In effetti il potere politico-finanziario, è disturbato dai poveri che protestano e non consumano, dalle diseguaglianze eccessive negli strati sociali, proprio perchè lo limitano nell'esercizio diretto del potere pervasivo (economico-mediatico).
Una popolazione troppo povera non piace perchè non può trasformarsi in una società consumistica.
In effetti ci si può domandare: perchè Bono Vox degli U2 si è smazzato tanto negli ultimi 15 anni per perorare la causa della cancellazione del debito contratto dagli stati africani, cosa che poi è incredibilmente avvenuta ?
L'impossibilità di pagare tale debito senza richiedere la vita a centinaia di milioni di persone era già stata dedotta da molti politici africani fin dagli anni '70 ed '80 e molti di questi ci hanno lasciato le penne o politicamente o fisicamente solo per averlo pensato o detto, quindi che cavolo ci azzeccano ora Bono, il papa, la regina Elisabetta, Bush e chi più ne ha più ne metta ?
Mistero, del debito pubblico italiano o giapponese nessuno si preoccupa.
Temo per il terzo mondo, costituito da una serie di paesi culturalmente indifesi davanti alla seduzione dell'apparente benessere, dei soldi, del potere e della degenerazione ambientale.
"Come sono buoni i bianchi"
RispondiEliminaSpero che sia una citazione del film di Ferreri: lì c'era già tutto.
questo terremoto mi ricorda tanto katrina.
RispondiEliminacomunque forse il senegal "offre" qualcosa in cambio di chissà cos'altro, rimane che per me quella era una zona che qualcuno voleva liberare da tempo per una serie di motivi legati sempre all'economia e al lucro: condivido il fatto che tutti si squagliano solo davanti ad un'immagine, senza considerare che nella realtà prendono a schiaffi in faccia un ragazzino rom ai semafori, figuriamoci un negro.. qualcuno ha proposto su facebook di inviare il prossimo premio del superenalotto ad haiti anzichè rompere col messaggino, io ho proposto che in qeusto caso andrebbe devoluta anche la più sostanziosa parte che incassa lo stato italiano.. ma sono tutte utopie: la realtà è sempre più attanagliata da ipocrisie, soprattutto in questa nazione.
un mio dubbio: ancora non so perché santo domingo che sta lì attaccata non ha manco sentito la vibrazione di un tale casino..
bo, comunque inutile farsi belli cancellando un debito o inviando i carabinieri solo adesso che serve da spazzare cadaveri probabilmente per ricostruire e ai numerosi italiani che fino all'altro giorno si recavano lì per turismo sessuale vorrei dire che la colpa di tutto questo è anche loro
Parole sante!
RispondiEliminaHai perfettamente ragione.
RispondiEliminaE' la spettacolarizzazione di tutto che ci porta a fare entrare nella sfera emotiva solo alcune cose e non altre.
Pensi che la gente si commuova per i morti di Haiti ? SBAGLIATO. La gente si commuove per lo SPETTACOLO DEGLI AIUTI UMANITARI.
Tutti quei camion di viveri, gli aerei che arrivano e portano la bontà e la magnanimità del vivere occidentale, è questo che ci commuove.
Se muore un singolo, non arriva nessuno. Se muore una città, arrivano gli AIUTI, e tanto più sono spettacolari ed energici tanto più la gente si commuove (e vuole donare).
Poi, appena si spegne la TV, e lo spettacolo umanitario passa in secondo piano, ritorniamo a incazzarci per il nero che bivacca sotto casa, che non sono affari nostri anche se muore di stenti, e che ci ruba solo il lavoro.
E' l'ipocrisia della spettacolarizzazione del lutto.
@Blindsight
RispondiEliminaun mio dubbio: ancora non so perché santo domingo che sta lì attaccata non ha manco sentito la vibrazione di un tale casino ...
Non sembra ma Santo Domingo è a oltre 450 km. dall'epicentro del terremoto, mentre Port-au-Prince solo 25 km.
Diciamo che i danni visibili alle infrastrutture si sono verificati fino a 100 - 150 km. dall'epicentro.
Oltre questa distanza il terremoto è stato chiaramente percepito (si è sentito fino in Giamaica) ma non ha causato danni.
I motivi per cui i danni sono stati abbastanza circoscritti (nonostante la potenza del sisma) si devono ricercare nella dinamica della frizione fra la placca Caraibica e quella Nordamericana (probabilmente in quella zona c'è una faglia, una zona di frattura).
@ Paolo
RispondiEliminaSi, la citazione di Marco Ferreri è voluta. ;-)