domenica 6 maggio 2012

Sesso e possesso


Stamattina leggevo questo appello per l'adozione di un codice etico per la stampa che deve riportare i casi di "femminicidio". Al di là della definizione di "femminicidio" che non mi convince affatto:
"Femminicidio è quel tipo di violenza con la quale viene colpita una donna per il solo fatto di essere donna; si tratta di violenza sessuata, fisica, psicologica, economica, normativa, sociale e religiosa, che impedisce alla donna di esercitare appieno i diritti umani di libertà, integrità fisica e morale." 
rimango perplessa anche sui punti di questo codice. Ne riporto qui solo due, invitandovi comunque alla lettura completa dell'articolo.
1. I giornalisti e le giornaliste devono mettere in evidenza la motivazione di genere (svalorizzazione simbolica, discriminazione economica e sociale) come causa profonda della violenza contro le donne. Essi devono fare buon uso delle informazioni di casi studio e statistiche disponibili, sia quando segnalano casi di violenza contro le donne sia quando danno notizia di casi di sfruttamento sessuale e della prostituzione, collocando le notizie in un contesto più ampio che riveli la motivazione di diseguaglianza a cui sono sottoposte le donne che ne soffrono e tutte le vittime che sono femminilizzate (discriminate come se fossero donne – ad esempio omosessuali, transessuali).
4. I giornalisti e le giornaliste devono in ogni modo evitare di usare l’equazione “odio uguale amore” e mai utilizzare frasi che possano giustificare in qualche maniera simbolicamente la violenza come gesto sconsiderato o addirittura “folle” e quindi non del tutto legato alla responsabilità individuale. Da evitare in senso assoluto anche il presentare la violenza sessuale, domestica, e il femminicidio come amore passionale incontrollato con frasi dal vago sapore romanzato e romantico (follia d’amore, pazzia d’amore, amore e sangue) – La violenza e l’omicidio sono i più gravi crimini che si possono compiere contro un altro essere umano donna o uomo.
Ciò che mi spaventa di questo codice presunto etico, oltre alla sua ignoranza della psicologia e psicopatologia umane, è il suo voler ridurre un fenomeno complesso ad un semplice fatto di definizione, il suo voler inquadrare l'omicidio delle donne in uno schema di ortodossia politica dove bisogna usare le chiavi di lettura approvate dal comitato centrale.
Per dare la "libertà alle donne" infatti, se non ho capito male, bisogna limitare la libertà di espressione, imbavagliando la stampa o costringendola a scrivere secondo l'ortodossia del politically correct. Qualcosa di sempre mostruoso. Perché oltretutto, secondo questo pensiero magico, il definire il femminicidio in maniera ortodossa da parte dei giornali contribuirebbe addirittura a limitarlo.
Occorre inoltre, secondo il codice, cancellare per decreto l'intera gamma delle passioni umane che comprendono, mi dispiace per le madri costituzionaliste, anche l'odio; rendere queste passioni irrilevanti e punire un reato per se, senza prendersi la briga di indagarne le motivazioni. Un abominio giuridico.
Si dovrebbe negare, pur parlando di esseri umani, l'esistenza di relazioni affettive problematiche tra individui - e spiego alle leguleie che il termine affettività include anche sentimenti negativi come il possesso, l'invidia, la gelosia; negare la valenza patogena di tali relazioni per ridurre tutto ad un fatto politico, di principio.
La libertà delle donne, infine, passerebbe attraverso la loro definitiva separazione dall'uomo, deresponsabilizzazione e clausura in un recinto di protezionismo a tutti i costi dove, ovviamente, le donne non possono essere mai a loro volta colpevoli perché se no crolla tutta la baracca abusiva già pericolante.

Quando chiesi tempo fa ad alcune femministe se riuscissero ad inquadrare nel concetto di "femminicidio" il delitto di Sarah Scazzi, ovverosia un delitto maturato in un contesto familiare dove le donne sono la parte dominante e  tutta una serie di sentimenti ad alto tasso di estrogeni aveva provocato la morte di una ragazzina, non ho mai avuto risposta. 
Non ho avuto risposta perché un "femminicidio" probabilmente commesso da altre femmine in concorso è, a quanto pare, qualcosa che non rientra nello schema del "femminicidio" come "delitto di genere" dove la donna viene uccisa "solo in quanto donna"  e da un uomo che agisce non in quanto assassino ma in quanto uomo. Questo almeno è il concetto che si vorrebbe incidere nella pietra, chiudendo ogni ulteriore discussione su quella che è una piaga della società e che richiede quindi un approccio sociologico un tantino più approfondito.
Dispiace che un movimento potente ed importante come quello femminista si sia fatto alla fine intrappolare nell'atteggiamento piagnone e nel modus operandi tipico delle minoranze prepotenti, quelle che se sbagli le parole quando parli di loro o fai notare i loro difetti, sei un  bestemmiatore da schiacciare. In questo caso sarei, credo, una donna che odia sé stessa.

Se la morte di una donna viene ridotta sempre ad un fatto binario uomo-donna, ad un atto di guerra tra i sessi, avulso dalle sue motivazioni macrosociali insomma, si otterrà una dichiarazione di belligeranza continua uomo vs. donna che, basandosi su questioni di ortodossia, difficilmente potrà mai arrivare al ristabilimento della pace. Insomma una situazione tipo Coloni vs. Palestinesi dove i coloni, in questo frangente, non sono sempre e prevedibilmente gli uomini.
E' una politica che crea divisione tra i soggetti che, uniti, potrebbero fare molto male al sistema e quindi il potere ha interesse che restino divisi da qualcosa di infinito come la guerra trentennale al terrorismo oppure, in questo caso, la guerra dei generi. Divide et impera. Strano che le ragazze non se ne siano ancora accorte.
Considero quindi i termini "femminicidio" e "delitto di genere"  forzature ideologiche che nascondono il vero cuore del problema della violenza in aumento non solo sulle donne ma sui bambini, sugli omosessuali - che non vengono colpiti in quanto femminilizzati (che sciocchezza) ma in quanto omosessuali - sui diversi per razza e religione, su tutti quelli che portavano un triangolo colorato nei lager, sui poveri e soprattutto sui lavoratori. Le vittime di "lavoratoricidio" dall'inizio dell'anno sono già 170, per inciso. 

In Argentina hanno di recente  inserito nel codice penale un'aggravante per i delitti commessi da persone che erano legate alla vittima da vincoli di parentela o sentimentali. Mi pare giusto e ragionevole. Nello stesso decreto è stata inserita una definizione di "violenza di genere" che è più discutibile perché ideologica e compiacente verso il femminismo politico ma comunque l'impianto complessivo del provvedimento sottolinea correttamente il focus che dovrebbe essere studiato al fine di comprendere il fenomeno dell'aumento delle morti violente a danno delle donne: si uccide perché si considera la vittima una PROPRIETA'. Il senso di possesso tra amanti, tra coniugi, tra famigliari, tra dipendente e datore di lavoro, perfino tra amici. E' quello stesso senso di possesso e di potere di vita e di morte sui deboli che ha fondato per secoli l'istituzione famigliare. In quel caso erano i figli ad essere vittime di "bambinicidio". I figli li si poteva violentare in ogni modo, fisicamente e psicologicamente, da parte delle madri e dei padri, e perfino ucciderli.  Quel "t'ho fatto, ti disfo" che quelli della mia età ancora si sono sentiti dire tante volte da mamme esasperate alle quali si era improvvisamente sturato l'inconscio. 

Nessuno nega che vi sia un allarme violenza. L'aumento statistico delle morti femminili - che sono solo la punta dell'iceberg di violenze e soprusi quotidiani più nascosti - ha però più probabilmente una motivazione sociologica che di genere e potrebbe non essere affatto legata ad una presunta e congenita malvagità maschile ma essere correlata direttamente ad un disagio esistenziale più generale.
Azzardo che, in tempi di incertezza su ciò che è veramente nostro e di nostra proprietà, visto che siamo costantemente depredati del lavoro, della capacità di sostentarci e infine della libertà, seppure in modo molto subdolo, il disporre della vita di qualcuno che riteniamo una cosa di nostra proprietà dando ad esso la morte, potrebbe essere una reazione patologica, un modo per alleviare la frustrazione di chi ha paura un domani di non essere più possessore di nulla. Gli uomini potrebbero essere maggiormente sensibili a questa frustrazione, essendo stati per secoli indiscussi proprietari dei membri delle loro famiglie e non solo, anche di schiavi, lavoratori e altri sottomessi.
L'emancipazione femminile ha contribuito a mettere in discussione questo principio di predominio maschile nella proprietà degli altri esseri umani - diversi per razza o sesso - andando a scardinare le fondamenta dell'istituzione familiare e delle relazioni interpersonali e per qualche anno si è pensato di aver rifondato la società in modo più giusto, suddividendo i compiti e le responsabilità tra maschi e femmine, anche nel mondo del lavoro.
L'ultraviolenza del capitalismo neoliberista che ha reintrodotto lo schiavismo come modo di produzione, l'utilizzo dello shock and awe come arma psicologica di dominio sulle masse e le ricorrenti crisi economiche che minano le ultime certezze dell'individuo, gettandolo nella disperazione, nell'angoscia da retrocessione sociale e nel nichilismo, sono in grado di cancellare decenni di conquiste e di provocare questo aumento di violenza, di cui le donne sono ormai troppo spesso le vittime d'elezione. La macelleria femminile è solo un reparto della macelleria sociale globale, insomma.

Non occorre quindi misurare le parole con il nonio ai giornalisti per paura di offendere le donne. Non dobbiamo farci condizionare dalle trappole ideologiche che oggi sono solo strumenti di distrazione di massa dal cuore del problema: viviamo in tempi prerivoluzionari e occorre svegliarci per agire. Occorre smetterla con la guerra di genere, avere la forza di urlare, uomini e donne assieme, che la società che provoca la violenza che ci fa ammazzare tra di noi e questa crescente insostenibile diseguaglianza che ci fa regredire culturalmente e socialmente al medioevo, noi non la accetteremo più. 

6 commenti:

  1. siam, ovvero silvano amadori15:33

    Occorre smetterla NON con la guerra di genere, ma occore CANCELLARE IL GENERE.
    Non esistono più uomini e donne. Siamo del genere umano. Basta con queste discriminazioni

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  2. Adetrax23:38

    Brava, ottimo post.

    E' notevole l'idea che l'accentuazione esasperata dell'antagonismo femminista possa essere favorita e sfruttata dal potere (assieme a molti altri mezzi) per suo esclusivo vantaggio.

    Le società moderne sono sottoposte a molte influenze socio-mediatiche più o meno sottili accompagnate dalle relative correnti di pensiero; un esempio potrebbe essere quello esposto da "siam" (primo commento).

    Circa le uccisioni, bisogna considerare che, purtroppo, non tutte le persone si comportano allo stesso modo ... ci sono dei soggetti che o non reagiscono sempre in maniera equilibrata al prolungarsi di situazioni difficili o ritenute - a torto - per loro insostenibili, oppure ci sono (in numero molto minore) soggetti raziocinanti ma che seguono / assorbono ideologie deviate e deprecabili e si comportano di conseguenza.

    Insomma ogni dinamica che porta ad un omicidio (femminile / maschile) è una storia a se stante e come tale dovrebbe essere analizzata per poter riconoscere degli elementi chiave su cui eventualmente intervenire a livello sociale.

    Quest'analisi di dettaglio è raramente presente nelle notizie giornalistiche e questa mancanza non aiuta di certo a far capire le dinamiche più comuni.

    Va anche detto che le storie di violenza, stalking, ecc. sono spesso colpevolmente sottovalutate da giudici, polizia, ecc. quindi la cosa importante sarebbe quella di saper discernere correttamente in modo da poter riconoscere subito le situazioni potenzialmente pericolose al fine di agire preventivamente con la dovuta decisione.

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  3. Strano che proprio i post che più io condivido, siano così poco commentati: sarà troppo consenso o troppo dissenso a trattenere i tuoi commentatori abituali? Ai posteri l'ardua sentenza... :-D
    Per quanto mi riguarda, sono profondamente convinto che sulle parole, su ciò che diciamo e che quindi finiamo col pensare, si combatte la battaglia più importante, e così quando qualcuno propone un nuovo termine, sono molto diffidente.
    Ho anche scritto un post a proposito dell'omofobia, un altro neologismo il cui uso trovo così ambiguo da risultare del tutto negativo.
    Non so se hai letto qualcosa sul blog della Lipperini, dove un certo homequest o qualcosa del genere argomenta abbastanza bene contro l'uso del termine femminicidio.

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  4. il post è così bello e così esauriente(ne ho letti altri sull'argomento ma nessuno così incisivo) che son stanco di fare i complimenti a Lame,quindi volevo evitare di fare un commento inutile ma vengo tirato per i capelli(pochi) e alla fine lo faccio ugualmente ;-)

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  5. E' una tesi molto interessante.
    Se ho capito bene la violenza sarebbe la risposta emotiva alla perdita di beni e tenore di vita.

    Mi piacerebbe sapere se esistono statistiche che confermano l'aumento o la diminuzione di questo tipo di delitti in coincidenza di cicli economici e cambiamenti sociali.

    Se i dati ti danno ragione, dovresti subito pubblicare la cosa, l'argomento è di estremo interesse, e tu scrivi molto bene; potresti avere un discreto successo...

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  6. Anonimo19:40

    " avere la forza di urlare, uomini e donne assieme, che la società che provoca la violenza che ci fa ammazzare tra di noi e questa crescente insostenibile diseguaglianza". Da sottoscrivere.
    Tuttavia, bisogna tenerne conto, vi sono diversi tipi di violenza e possesso che alcune (?) donne sono in grado di mettere in atto per i "propri" interessi. Costoro che si sono "emancipate" (hanno portato la prevaricazione gratuita maschile dall'altra parte della coppia) in siffatta modalità non portano nulla di buono portando alla frammentazione, duplicazione, famigliare avantaggiando la globalizzazione della violenza e divisione, fin dal nucleo dal quale dovrebbe nascere la vita e custodirla.

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