"...e mentre ch'ei stette in quella corte, ogni cosa andò di bene in meglio; ma essendo egli usato a mangiar cibi grossi e frutti selvatichi, tosto ch'esso incominciò a gustar di quelle vivande gentili e delicate s'infermò gravemente a morte, con grandissimo dispiacere del Re e della Regina, i quali dopo la sua morte vissero sempre sotto una vita trista e infelice.
I medici non conoscendo la sua complessione, gli facevano i rimedi che si fanno alli gentiluomini e cavalieri di corte; ma esso, che conosceva la sua natura, teneva domandato a quelli che gli portassero una pentola di fagiuoli con la cipolla dentro e delle rape cotte sotto la cenere, perché sapeva lui che con tal cibi saria guarito; ma i detti medici mai non lo volsero contentare. Così finì sua vita con questa volontà, colui ch'era tenuto un altro Esopo da tutti, anzi un oracolo, e fu pianto da tutta la corte, e il Re lo fece seppellire con grandissimo onore, e quei medici si pentirono di non gli aver dato quant'esso gli addimandava nell'ultimo, e conobbero che egli era morto per non l'aver essi contentato. E il Re, a perpetua memoria di questo grand'uomo, fece scolpire nella sua sepoltura in lettere d'oro i seguenti versi in forma d'epitaffio..." [Le sottilissime astutie di Bertoldo, 1606]
Ieri Beppe Grillo poteva essere contestato con un filo di gas sul reddito di cittadinanza e la sua impraticabilità da vincolo esterno, oltre che sull'affinità elettiva con il filogermanesimo piddino che spiega l'attrazione fatale verso le riforme tipo Hartz, alle quali appunto assomiglia il reddito di cittadinanza.
Invece, siccome ha osato dire ciò che è noto da almeno quarant'anni e che qualcuno non vuole sentirsi dire, e cioè che la medicina è subalterna ai voleri ed alle necessità di profitto dell'industria ed ha inoltre peccato di lesa baronia, è diventato quello che "non vuole salvare la vita alle mamme". A questo link trovate un'ottima e documentata ricostruzione della polemica, ovvero di come, dalla solita strumentalizzazione delle parole altrui e dalla volonterosa disponibilità dell'esercito dei passivi della rete a reagire emotivamente agli stimoli della propaganda, è nato l'attacco concentrico dei filomammografisti al comico che denunciava in realtà il problema del conflitto di interessi in medicina e quello squisitamente tecnico dei falsi positivi e falsi negativi. Come ha giustamente commentato qualcuno, peccato che tali argomenti vengano lasciati ai comici che magari li gettano nel pentolone dove rimestano la loro ribollita di battaglie giuste e furbate da gatekeepers.
Così, se vogliamo parlare non da comici e nemmeno da medici, se no i medici soffrono la sindrome da sconfinamento, potrei raccontare la mia esperienza diretta di "paziente" e di come io sia diventata scettica fino alla sindrome da evitamento riguardo ad una prevenzione di massa che, a mio modesto parere, tende a trattare le donne più come numeri - per non dire cavie - che come persone.
Nel giugno del 2010 vengo chiamata dal progetto screening per eseguire la mia prima mammografia. Il referto non mi viene consegnato subito ma vengo avvisata che verrò chiamata nel caso si rendano necessari ulteriori accertamenti. Ai primi di settembre ricevo una lettera dove mi spiegano che c'è "un'opacità" da controllare e mi fissano l'appuntamento per la metà del mese, non nella mia città ma nel capoluogo di provincia. Per telefono non mi spiegano, come scoprirò il giorno dell'esame, che "era un semplice controllo di routine" e che come me erano state richiamate molte altre donne, per cui trascorro quindici giorni in uno stato d'animo di notevole ansia e preoccupazione.
Il giorno del secondo esame (settembre 2010) mi fanno una mammografia parziale del seno sinistro, un'ecografia e poi mi dicono di attendere in sala d'aspetto. Dopo quattro ore mi consegnano una lettera con il referto e mi programmano un controllo a sei mesi. Chiedo le lastre, per farle vedere al mio ginecologo di fiducia, ma mi spiegano che sono a disposizione negli archivi, se il medico lo desidera. Io, come paziente, non ricevo nulla in mano e mai mi verrà consegnata alcuna immagine a corredo del referto. A differenza, per dire, di quando si fa una semplice lastra al polso, per la quale ti forniscono tanto di CD.
A marzo 2011 ritorno per il controllo, sempre al lato sinistro, altre sei immagini ed altro referto, dopo lunghissima attesa, con le solite microcalcificazioni ed opacità "probabilmente benigne". Tuttavia, a sei mesi dovrò fare la mammografia completa. Chiedo se tutte queste mammografie ravvicinate siano consigliabili e mi rispondono che sono assolutamente sicure, perché si tratta di "immagini parziali". Sicurissime anche se prima di fartela ti chiedono se hai dei nevi sul seno o se sei incinta.
In previsione della quarta mammografia in un anno parlo con il mio medico curante e anche lui si dice perplesso della reale necessità, visti tutti i referti fino a quel momento benigni, di tali e tanti controlli ravvicinati.
A settembre 2011 faccio la mammografia bilaterale ma, all'annuncio preventivo che il successivo controllo sarà ancora a sei mesi chiedo alla tecnica che sta eseguendo l'esame di riferire alle dottoresse che non ho intenzione di continuare a farmi irradiare così spesso e che questa è anche l'opinione del mio medico.
La tecnica riferisce e, dopo dieci minuti di attesa, invece delle tre-quattro ore, esce la dottoressa che mi mette in mano un foglio dove c'è scritto che è tutto a posto e che "ci vediamo tra tre anni".
Lascio passare tre anni, nonostante mi richiamino regolarmente ogni anno e nel maggio del 2014 faccio di nuovo la mammografia bilaterale. La dottoressa alla quale racconto della raffica di mammografie in un anno - senza parlare del traumatismo dell'esame in sé che comprime tessuti molto delicati - dice che, se lo preferisco, questa eventualmente si può alternare all'ecografia, sicuramente non invasiva.
Questa volta mi richiamano in luglio, quindi dopo appena due mesi, proponendomi un'altra mammografia parziale, questa volta per un'opacità sul lato destro. Mi presento e chiedo, in alternativa, come suggerito anche dalla dottoressa del controllo precedente, che mi facciano solo un esame ecografico, anche perché ho appena perso mio padre e sono psicologicamente provata dal lutto subito e non ho bisogno di ulteriori angosce.
La dottoressa di quella mattina mi si rivolge con le seguenti parole: "Signora, lei non sa cosa sta rischiando. Non sa a quante donne ogni giorno troviamo il tumore, che si può scoprire solo con la mammografia. Io le faccio l'ecografia solo per uno scrupolo professionale ma sappia che se rifiuta la mammografia non potrà più essere ammessa allo screening gratuito."
Cosa vuoi rispondere, quando sei lì, mezza nuda e in balia della grande sapienza del taumaturgo per immagini? Puoi solo chiedere, come un'imbecille qualsiasi, se tutte quelle radiazioni non siano pericolose. "Ma lei lo sa che una giornata al mare è più pericolosa di una mammografia?" fu la risposta.
Ci hanno riprovato ad ottobre, a chiamarmi per telefono per un appuntamento ed ho detto loro che mi lasciassero in pace, che se voglio la mammografia me la faccio a pagamento dove pare a me e dove mi trattano da persona e non da vacca pazza. Mi hanno scritto anche quest'anno ma ho cestinato la lettera e così farò con le prossime.
Questa è la prevenzione della "mammografia che assarvalavita" come l'ho vissuta io. Un'esperienza traumatica, irrispettosa e a tratti degradante per l'atteggiamento terroristico che viene tenuto da questa classe medica nei confronti di una malattia "con la quale non si scherza" e che non può essere curata che con i loro mezzi, che ultimamente comprendono addirittura, la mastectomia preventiva. Fatevela voi, io scelgo diversamente.
Si diceva del problema dei falsi positivi. Una ricerca effettuata nel 2013 dal Nordic Cochrane Center, come parte di un progetto multinazionale di indagine sugli effetti delle cure mediche sulla salute (quella che Ivan Illich chiamava già negli anni settanta la nemesi medica rappresentata dall'esplosione delle malattie iatrogene), ricerca le cui conclusioni sono riassunte in questo opuscolo, sostiene che:
"L'analisi delle prove suggerisce che per ogni 2000 donne invitate allo screening mammografico sull'arco di 10 anni si eviterà ad una sola donna il decesso a causa del cancro al seno mentre 10 donne sane saranno "sovra-diagnosticate" come aventi un cancro al seno. Si stima che questa sovra-diagnosi darà luogo a 6 tumorectomie e a 4 mastectomie in più rispetto al dovuto: risulta inoltre che 200 donne rischieranno danni psicologici importanti relativi all'ansia scatenata dalle ulteriori indagini per le sospette anormalità della mammografia. La percentuale di donne che sopravviverà dopo 10 anni sarà pari al 90.2% se non fa lo screening mammografico mentre sarà del 90.25% se avrà fatto lo screening mammografico. Questa differenza è sufficiente per rischiare l'eventualità di danni significativi?"
Opinioni, si dirà, controbilanciate da altri studi che giurano e spergiurano sulla assoluta necessità di irradiare con radiazioni assolutamente innocue per i seni ma pericolose per i nevi che sono sui seni, al fine di "salvare le nostre mamme" (ho letto anche questo, ieri). E che, magari, offuscano altre forme di prevenzione come l'autopalpazione e la visita ginecologica periodica, assai più utili ai fini diagnostici?
La domanda però è se sia ancora lecito chiedersi se chi raccomanda l'una o l'altra pratica diagnostica sia totalmente libero da conflitti di interessi che provengano da industrie interessate alla vendita di qualcosa o semplicemente all'acquisizione di sempre nuovi clienti, pardon, malati. Credo sia ciò che chiedeva il comico e che, casualmente, chiedo anch'io.
P.S. Mi segnalano (grazie Paulecci!!) questo link ad un articolo apparso sul New York Times dove, tra l'altro, si dice che la Svizzera avrebbe l'intenzione di limitare l'uso della mammografia a scopo diagnostico preventivo a causa dei dubbi sulla sua reale efficacia e del problema dei falsi positivi. La ricerca nominata dal NYT è apparsa sul BMJ ("British Medical Journey", mica "il Monello", with all respect) che si intitola: "Too much mammography."
“Buona festa di cuore a tutte le mamme. E una preghiera alle donne italiane: votate per chi vi pare, scegliete i leader che preferite, ma non ascoltate quei presunti politici che giocano a fare i medici. Con i tumori non si scherza, non evitate la mammografia”. (Matteo Renzi, ieri)
La Prevenzione e' argomento su cui c'e' una fatwa di isterismo di massa che impedisce ogni ragionamento razionale.
RispondiEliminaSulla questione degli screening di massa e sui falsi positivi consiglio lo splendido libro "
Quando i numeri ingannano. Imparare a vivere con l'incertezza" di Gerd Gigerenzer, Raffaello Cortina editore.
Gerd Gigerenzer e' direttore del Max Planck Institute for Human Development e dello Harding Center for Risk Literacy in Berlin. Non proprio uno de passaggio.
Uno dei più grandi problemi della specie umana: la creazione di strutture "too big to fail".
RispondiEliminaNon entro nel merito della scientificita' o meno della soluzione mastectomia, perche' non e' il mio campo. Rimango in superficie, quindi, noto che tra uomini senza palle, donne senza tette, uomini travestiti da donna, ma con la barba, donne travestite da uomo, ma senza la barba... per non parlare delle interruzioni volontarie della gravidanza e tutto il cucuzzaro, la questione dell'eguaglianza estetica sembra piu' importante di tutto il resto. Sara' anche un businness, ma nessuno mi toglie dalla testa che si tratti di uno dei soliti esperimenti di ingegneria psico-sociale alla Tavistock. Naturalmente i metodi sono quelli classici del behaviorismo d'antan: punizione, premio; quindi: paura, soddisfazione. Non ho nemmeno nozioni elementari di psichiatria o psicologia, ma mi pare che costringere le donne a vedere le proprie tette come un pericolo le allontani dalla maternita'. Un po' come accade all'uomo quando viene costretto ad occuparsi piu' del proprio deretano che del proprio pisello. Sara' anche un ragionamento tortuoso, il mio, ma ha una sua logica che altrimenti non si troverebbe.
RispondiEliminaG.Stallman
Il problema, da quanto capisco, non sono i "presunti politici che giocano a fare i medici", ma i medici che giocano a fare gli uomini d'affari (e i politici alla Renzi che gli danno man forte).......
RispondiEliminaUn saluto a tutti e complimenti per il blog,
RispondiEliminati leggo da diversi mesi, da quando sono capitato in questo blog da un link di goofynomics.
Condivido moltissimo di quanto scrivi, ma all'inizio di questo post trovo una frase che non mi torna:
"sull'affinità elettiva con il filogermanesimo piddino che spiega l'attrazione fatale verso le riforme tipo Hartz, alle quali appunto assomiglia il reddito di cittadinanza". Proprio non riesco ad associare il reddito di cittadinanza (che non fa scendere il costo del lavoro sotto una certa soglia) con le riforme Hartz che invece hanno come obiettivo la riduzione del costo del lavoro. Un caro saluto a tutti.
https://storify.com/borghi_claudio/reddito-di-ignoranza
Eliminaandrea
Sulla questione degli screening e dei falsi positivi ci sarebbe da dire anche a livello statistico
RispondiEliminaP.S. A scanso di equivoci da parte degli squilibrati della pirreviù..
Questi screning di massa non sono prevenzione, sono solo un modo per trovare nuovi malati in modo da alimentare il Sistema, che sta diventando sempre più vorace.
RispondiEliminaSe lorsignori volessero fare veramente prevenzione, dovrebbero insegnarci, sin da piccoli, ad adottare comportamenti e stili di vita sani in maniera da *evitare* di ammalarci, ripeto, EVITARE.
Non mi sembra di vedere tutto questo impegno in tal senso. Chissa come mai.....
Barbara, un saluto da un tuo concittadino
andrea
per Attilio
RispondiEliminaCredo che con un reddito di cittadinanza sia comunque dovere del cittadinousuifruitore
rispondere a certe chiamate di lavoro per non perderlo. va da se che queste chiamate saranno per lavori sottopagati.