"Non c'è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogan mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l'aratro rispetto a un trattore.
Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l'anima del popolo italiano; il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione) non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre".
(Pier Paolo Pasolini, 9 dicembre 1973)
"Quando il brutto, l'orrido, vengono venerati come fossero bellezza, possiamo dire di vivere in una cultura all'ultimo stadio di decadenza e depravazione. " (Paul Joseph Watson)
Youtube non è solo il ricettacolo di verbosi nientologi convinti di avere una missione nel mondo, ovvero quella di offrirci l'ennesimo inutile video autoreferenziale, ma è luogo ove riscoprire, vedere e rivedere testimonianze del passato e scovare interessanti spunti di riflessione sull'attualità che mai passerebbero nel “tubo” tradizionale. Un tubo sempre più indigerente, che rigurgita contenuti stereotipati e afflitti da un grado mostruoso di contaminazione propagandistica monoideologica.
E' proprio compiendo questa ricerca di opinioni diverse e contrarie, che sono giunta ad un piccolo gioiello delle teche RAI, alla trasmissione intitolata “Io e...” ed alla sua puntata dedicata a Pier Paolo Pasolini ed alla
“Forma della città”. Nei pochi minuti di quella breve lezione di vita e di estetica tenuta a pochi mesi dalla sua tragica morte, Pasolini affronta il problema della città a misura d'uomo e del suo rapporto con la modernità, fornendoci alcuni sconcertanti momenti di precognizione del nostro miserrimo presente. Di fronte alla città di Orte, egli ci fa notare come un edificio popolare costruitovi accanto nel dopoguerra ne rovini completamente la forma, presentandosi come elemento di assoluta rottura dell'armonia architettonica dell'insieme. Ma è di fronte a Sabaudia, città edificata durante il regime fascista, che Pasolini ci sorprende ancor più, affermando che la sua impressione, osservando la città che altri intellettuali definirebbero ridicola e supponente nella sua retorica imperiale, è quella di una città comunque a misura d'uomo, “popolata da persone comuni, da famiglie normali”.
Il fascismo, afferma Pasolini, non è in fondo riuscito ad incidere sulla realtà italiana fino a stravolgerne il carattere. Lo dimostra l'aspetto comunque “nostro”, familiare, di Sabaudia. Ora, dice riferendosi in quel momento agli anni settanta, sta succedendo il contrario. Il vero fascismo della civiltà dei consumi, distruggendo le varie realtà particolari, sta in effetti distruggendo l'Italia, in modo così rapido che ci stiamo accorgendo che non c'è più niente da fare.
La figura magra, nervosa ed infreddolita del poeta che si allontana sulle dune, in realtà lasciandoci per sempre, è un'immagine che rappresenta un assoluto senso di perdita.
I poeti non sono coloro che scrivono poesie ma coloro che dimostrano di avere il vizio di predire il futuro, di vedere in anticipo dove stiamo andando a finire. I poeti, doni a noi graziosamente concessi dagli dei, non vanno confusi con gli intellettuali che, nella versione odierna, sono oramai ridotti a far parte di un clero (secondo la definizione del filosofo marxista eretico Costanzo Preve), che, assieme a quello universitario al quale è affidato il compito pedagogico, è asservito e prostrato ai piedi dell'ideologia e del pensiero unico ed impegnato a servire non già e non più il metodo scientifico ma quella neoreligione assolutista che è Lascienza. Quella che crea miti inesistenti come il riscaldamento globale per nascondere e giustificare l'opera scellerata dei prometei che credono di poter imbrigliare le forze della natura al fine di provocare i disastri sui quali si fonda la loro economia all'insegna dell'immiserimento generalizzato e globalizzato. Che, sotto forma di medicina, impone trattamenti sanitari obbligatori perché ha perso la capacità di curare e soprattutto di aiutare il corpo a guarire da solo.
Un totalitarismo che si esprime, come bene aveva visto Pasolini, nel consumismo, ma ancora più nell'immersione del popolo in un costante bagno di bruttura, depressione e mancanza di speranza. Le nostre città non solo sono sempre più brutte, sporche e cattive ma tendono a perdere i loro caratteri distintivi per diventare tutte uguali, impersonali, popolate da gente troppo diversa e obbligata a convivere pur nella concessione del potersi ignorare, in quell'omologazione che annienta le diversità mentre paradossalmente proclama di venerarle.
Città decadenti e tenute in uno stato volontario e colposo di abbandono e disfacimento, oppresse da architetture che inducono angoscia e depressione, invece che quella letizia profonda che in ogni epoca è derivata all'Uomo dall'osservazione del “bello” e dell'armonia delle forme e dei colori. A questo proposito, sempre Youtube mi ha offerto la visione di un altro filmato, intitolato
“WhyModern Architecture SUCKS” (Perché l'architettura moderna fa schifo) realizzato da Paul Joseph Watson, giornalista indipendente di Breitbart News. L'analisi è qui assai interessante perché, partendo dal punto di riferimento della rivoluzione modernista di Le Corbusier per giungere all'affermarsi del brutalismo, ovvero probabilmente del peggio che la mente umana abbia mai potuto concepire in termini architettonici, Watson sostiene che la vera e propria demolizione dell'esistente di intere città concepite secondo quella “forma” di cui parlava Pasolini, per sostituirla con mostruosità di cemento prima e di acciaio e vetro in seguito, ha rappresentato l'ennesimo atto di aggressione ai nostri danni da parte di questo totalitarismo sicuramente capitalista, seppur post, ma dagli inconfondibili influssi realsocialisti.
Gli esempi di architettura brutalista in grado di, appunto, brutalizzare qualunque senso estetico, sono innumerevoli.
Come non pensare, di fronte a quest'opera di Zaha Hadid, ad una gigantesca cavalletta aliena nell'atto di divorare il nostro passato?
E che dire di questa sorta di globulone blu in procinto di fagocitare le case di un tranquillo quartiere borghese?
Qual è stato il senso di sconciare il quartiere di Montparnasse a Parigi con questa roba?
Questo è il municipio di Boston, non una delle dimore di Nicolae Ceausescu. Lo scrittore americano James Kunstler lo ha definito un luogo per visitare serenamente il quale “non esiste abbastanza Prozac al mondo”.
Il brutalismo è stato il mezzo con il quale dalla “casa” a misura d'uomo si è giunti al “casermone” dove confinare in appartamenti sempre più piccoli, anonimi e promiscui la classe operaia, segregandola nelle periferie nelle quali poi si sarebbero iniettate dosi sempre più massicce di degrado e multisubculturalismo.
Le famigerate “Vele” di Scampia, in realtà capolavoro assoluto del brutalismo. L'avreste mai detto?
L'alienazione architettonica è anche responsabile dell'eliminazione della piazza come luogo naturale di aggregazione tra simili, attraverso la sua sistematica occupazione e utilizzo come bivacco da parte di “estranei”. La piazza viene sostituita da quei templi profani del consumismo che sono i centri commerciali, dove merci sempre più brutte, di qualità scadente e dai colori e fogge oltremodo volgari e deprimenti ci vengono proposte al suono di una musica anch'essa così brutta da diventare tortura sonora. Quasi come se anche il momento di svago per lo shopping dovesse essere controllato e guidato secondo il copione che prevede l'immersione nell'angoscia e nell'alienazione. Non so voi, ma io considero ormai i negozi delle piccole Guantanamo, a causa della tortura sonora che vi viene praticata. Non è solo questione di volume elevato ma di insopportabile estraneità, alienità della musica che ci viene imposta.
Forse non sapete che tutta la musica commerciale attuale, chissà perché affidata quasi interamente a voci femminili di rara sgradevolezza e sguaiatezza, è composta e prodotta da una cerchia di tre o quattro individui e quindi è inevitabilmente sempre uguale a sé stessa. Uno studio ha dimostrato che il livello dei testi della musica pop tende sempre di più pericolosamente verso
l'idiozia.
Il suo ruolo è unicamente quello di riempire un vuoto - l'assenza di cultura - con il nulla culturale, imbottendolo con i versacci satanici delle dive e divette ansiose di scioccare il borghese, non potendo agire nient'altro, azzerati la creatività e il talento, che quella particolare forma di disturbo mentale che è la disinibizione frontale, ovvero il non aver più freni inibitori perché una lesione o una intossicazione chimica ci hanno fottuto il cervello. Qualcosa di molto simile alla lobotomia praticata non molto tempo fa dalla psichiatria politicamente rieducativa. Ogni loro gesto è volutamente estremo ed il più possibile volgare, perché lo scopo è ancora una volta quello di essere offensivi, di aggredire il senso estetico fino a far accettare l'annichilimento del bello e della purezza per sostituirli con il brutto e il sordido fino a pretendere di imporre il brutto come forma di bellezza.
Occorre ricordare anche lo stato attuale e desolante dell'Arte. Basti pensare all'assenza, alla scomparsa dell'arte figurativa, dei quadri da appendere alle pareti, quelli dipinti dai pittori, nelle bibbie dell'interior design, dove l'arte è sostituita da poster con immagini dozzinali o adesivi murali con frasi fatte e si celebra il trionfo dell'astrattismo fine a sé stesso come massima concessione alla decorazione artistica di casa propria.
La devastazione è sempre più evidente ma finché ne parliamo noi babyboomers, ormai sulla soglia della vecchiaia, possono sembrare discorsi da vecchi, appunto. Da nostalgici della propria interpretazione personale ed idealizzata del passato vissuto quando si era giovani, magri e belli. Spensierati magari no ma sicuramente circondati da un mondo meno disfunzionale, ritardato e votato all'autodistruzione. Un'epoca in cui si viveva nell'incubo atomico, ovvero si poteva rischiare di morire per un pulsante premuto, ma non si sarebbe certo potuto prevedere di doversi un giorno difendere dai "nostri", votati alla nostra distruzione e a quella di un'intera civiltà per sostituirla con il suo contrario, ovvero la regressione alla barbarie.
Noi vecchi ci rendiamo conto, dunque, che non vi è più cultura ma il suo contrario, ma forse non tutto è perduto se si possono trovare attorno a noi i segni di una qualche forma di ribellione nei confronti di questo attacco senza precedenti alla propria civiltà. Una ribellione che può esprimersi anche, ci pensavo quest'estate guardando il concerto di Vasco Rossi in TV, pur sconciato dall'insopportabile commento riempitivo pedagogico istituzionale, nelle tante persone che finalmente hanno potuto cantare assieme la stessa vecchia canzone di un cantante nostro, che parla in italiano e non in “uo-uo-uo” come le cantantucole di Guantanamo, e di cose nostre e comuni, osando perfino nominare ciò che rischia di diventare proibito anche solo pensare. “Colpa d'Alfredo” è sovversivo ormai tanto quanto il “pom-pom-pom” di Radio Londra.
Un altro video di Paul Joseph Watson,
“TheTruth about Popular Culture” anch'esso disponibile su Youtube, è dedicato alla scomparsa della controcultura giovanile. Dice Paul:
"La cultura pop attuale ha raggiunto livelli di disumanizzazione, volgarità, vacuità, idiozia e gusto del grottesco come mai era accaduto nella storia. Il fenomeno si è particolarmente evidenziato negli ultimi venticinque anni.
Il postmodernismo si prefigge lo scopo di cancellare la distinzione tra cultura alta e cultura popolare, mirando a plasmare la società a sua immagine. Se ci fate caso, dall'architettura all'arte, alla musica, all'intrattenimento televisivo, è un trionfo di orrido, di grottesco, di osceno, il cui scopo è minare alle fondamenta la civiltà occidentale. La televisione, ad esempio, non fa che mostrare continuamente famiglie distrutte, maschi emasculati e giovani affetti da edonismo narcisistico e nihilista, pretendendo con ciò di rappresentare la realtà e fornire il modello al quale dovremmo tutti uniformarci.
Il comportamento bizzarro e deviante è legittimato dalla cultura dominante televisiva fino, ad esempio, all'esaltazione delle perversioni, financo la pedofilia. Tuttavia questa liberazione non provoca felicità ma il suo contrario. E' ormai provato e lo afferma uno studio scientifico del 2010, che più televisione si guarda, più si diventa depressi, ansiosi ed obesi.
L'attuale cultura popolare è ipersessualizzata. Anche la pornografia diventa sempre più oltraggiosa e deviata. Non è difficile rendersi conto che il richiamo alla sessualità dei messaggi proposti è decisamente più gratuito rispetto al passato e per nulla liberatorio ma rappresentante una sessualità ritualizzata e fine a sé stessa dove l'esaltazione della promiscuità e dell'infedeltà conduce a livelli maggiori di infelicità e solitudine."
Il senso di vuoto, disperato abbandono e anestesia dei sentimenti che è così ben descritto nell'ultimo film di Stanley Kubrick "Eyes Wide Shut", film su Eros ma dominato da Thanatos e straordinario messaggio di avvertimento a chi è allenato a leggere tra le righe.
Il rovesciamento dell'Eros in istinto di morte e distruzione serve a ridurre l'individuo a cellula indistinta che forma una massa di individualità senza radici, cultura e punti di riferimento; il fango con il quale devono essere plasmati i non-individui del nuovo millennio.
Analizzando l'industria dello spettacolo, Watson afferma:
"La volgarità ha sostituito il talento. Le star, le celebrità diventano tali quanto più in basso sono capaci di scendere nella scala del ludibrio al quale sottopongono loro stesse. Il narcisismo è l'unico valore di riferimento e quello da trasmettere al pubblico. Bisogna diventare una celebrità in sé e per se, non al fine di poter esprimere una qualunque capacità artistica e creativa.
Le star, d'altra parte, sono prigioniere di un meccanismo che le obbliga ad uniformarsi all'unico modello post-culturale di vacuità, nel quale ogni diversità od originalità, per non dire talento, sono vietati, pena l'emarginazione e la perdita della posizione dominante raggiunta. Il risultato di questa oppressione è una cultura popolare assolutamente sterile.
Guardiamo alla musica. Sempre i soliti autori che scrivono sempre le stesse canzoni per le stesse quattro o cinque star. Perché pensate che tutto suoni uguale, ripetitivo, con il medesimo ritmo elettronico e la stessa diarrea verbale che costituisce i testi delle canzoni. La musica non è mai stata mai così indistinta e i testi più uguali e demenziali. Gli ultimi venticinque anni non hanno prodotto nemmeno un autentico nuovo movimento nella musica pop. I giovani che dagli anni Cinquanta agli Ottanta avevano potuto veicolare la propria ribellione in movimenti come il rock, la psichedelia, fino al punk, al grunge, al goth, ora sono condannati a crescere con in sottofondo musica rappresentante il nulla.
I giovani sono stati privati della musica come mezzo tradizionale per esprimere la propria ribellione per essere invece rinchiusi nel ghetto delle "identità".
Un aspetto particolare di questa cultura dell'assenza di cultura è rappresentato dal movimento Gangsta e Hip Hop, secondo il quale il modello per i giovani afroamericani dovrebbe essere il criminale da strada, violento e barbarico, che ha mille volte più probabilità di essere fatto secco da un altro afroamericano, altrettanto violento ed imbarbarito, più che da un poliziotto, ma che viene sobillato alla guerra razziale contro "i bianchi". Un modello creato dai razzisti elitari per imprigionare il talento dei neri e dove il rap, ovvero la regressione alla lallazione autistica sostituisce, distruggendola, l'immensa cultura musicale afroamericana del rag, jazz, soul, blues, funk che aveva dominato il secolo scorso e che ne era stata la colonna portante. Dietro la maschera del politicamente corretto che attribuisce ai bianchi cresciuti nel mito di Charlie Parker e Jimi Hendrix un inesistente suprematismo, la narrazione suonata al contrario dell'élite auspica un ritorno degli afroamericani e, in Europa, degli africani ivi deportati, al modello del "negro da piantagione". Orco da usare, assieme all'islamico radicalizzato, come armi contro l'odiata democrazia occidentale.
Per fortuna esiste un movimento in fortissima crescita, all'interno della comunità afroamericana, fatto di giovani e no, che si oppone a questo sordido razzismo fatto di buonismo tagliato con il male, al quale occorrerà dedicare una riflessione a parte e che spero spiegherà perché siamo potuti finire da Jimi Hendrix a Bello Figo.
Tornando al video di Paul, gli effetti del condizionamento nichilista sono devastanti perché eliminano alla radice il dissenso la cui gestione, tradizionalmente e in ogni epoca, è affidata in primis ai giovani ed al loro naturale senso di ribellione.
"Gli studenti in passato creavano controcultura, che poi, generalizzandosi, diveniva cultura pop. Ora gli studenti sono impegnati nel politicamente corretto, nel virtue signaling e negli studi gender mentre vengono imprigionati nei social media. Non esiste controcultura perché i giovani sono forzati alla conformità ed all'omologazione dell'unica postcultura dominante.
I ragazzini sono talmente sazi perché ingozzati di cultura dell'intrattenimento che non hanno tempo per creare la loro controcultura, di esprimere le loro idee ma rigurgitano solo ciò che vomitano loro nel cervello le celebrità. Ed è per questo motivo che questi ragazzini sono tutti uguali. C'è individualismo ma non individualità."
L'attacco alla civiltà passa quindi attraverso la distruzione del senso estetico.
"L'Arte contemporanea celebra l'orrido e tutto ciò che è contrario al concetto di bellezza. Un escremento dentro un sacchetto di plastica diventa un'opera d'arte da esporre in un museo.v Allo stesso tempo ai veri capolavori d'arte figurativa del passato vengono cambiati i titoli, affinché essi non suonino "offensivi". Le rappresentazioni teatrali sono passate da Shakespeare e Oscar Wilde alla pura azione vuota della volgarità e della demenzialità.
Per come si è strutturata, la cultura pop attuale rappresenta una vera minaccia alla civiltà occidentale, tanto da diventare uno dei pretesti per giustificare il radicalismo islamico."
In effetti, quando i radicalisti islamici ci definiscono una civiltà degenerata, come dar loro torto? Il problema è che non si può sostituire una civiltà che ha stabilito, come fine di un lunghissimo percorso, il principio di democrazia, con la regressione al fondamentalismo religioso ed alla pre-democrazia. Non vi è salvezza se non all'interno della cultura democratica che, dispiace per i finti antirazzisti e falsi amici delle culture "altre", è una conquista dell'Europa e della cultura fondata sulle radici greco-romane e giudaico-cristiane. Ovvero tutto ciò che un'élite folle e fuori controllo sta facendo di tutto per distruggere con ogni mezzo culturale ed economico.
Conclude Paul Joseph Watson:
"Dobbiamo promuovere la nascita di un nuovo Rinascimento culturale che torni a celebrare la bellezza, il talento e l'esaltazione delle conquiste della creatività umana. Il conservatorismo sarà il nuovo movimento rivoluzionario."
Non potrei essere più d'accordo. E forse lo sarebbe anche Pasolini.
(Articolo pubblicato su Puntozero n. 7, Nexus Edizioni)