mercoledì 30 settembre 2009

Servizietto pubblico

I due giornali di proprietà del presdelcons, "Libero" e "il Giornale", hanno lanciato una campagna per boicottare il pagamento del cosiddetto canone RAI. Non certo per strangolare Raitre e gli ultimi avamposti della sinistra in TV, visto che il provvidenziale Bonaiuti ha detto stasera al TG1 che non esiste censura, che nessuno vuole zittire nessuno, che "basta accendere la TV per sentire una decina di campane diverse" (forse lui parla della TV svizzera). Non sicuramente per azzerare Santoro, la Gabanelli, la Dandini e Fazio.

Allora, se Bonaiuti non dice le bugie come Pinocchio, perchè i giornaletti di cui sopra dicono, e qui si fa veramente fatica a restare seri, che bisogna boicottare la RAI perchè Santoro è fazioso e perchè ci sono tutti quei brutti programmi contro il presdelcons?
Mi scuso con i lettori ma devo proprio citare Vittorio Feltri, mettete a letto i bambini:
"Per quale arcano motivo devo passare del denaro agli imbonitori della sinistra che insultano coloro i quali non la pensano come loro, li diffamano e li descrivono quali nemici della democrazia? Già l’idea in sé di un abbonamento imposto ai telespettatori è assurda in un mercato basato sulla concorrenza; se poi quell’abbonamento non è legato a una scelta - come è il caso di Premium o di Sky - bensì alla sola proprietà di un televisore, non ci sto. Non ci sto perché ci sono programmi che non voglio vedere né giustificarne la messa in onda contribuendo a finanziarli."
Lo so che il relativismo è una cosa brütta-brütta che fa tanto soffrire il santo padre, ma vorrei dire ai boicottatori a pelo folto che lavorano per il re di Arcore-Prussia, che il discorso si potrebbe facilmente rovesciare. Io non pagherei più il canone perchè non sopporto il TG1 e considero Minzolini, Vespa e relative compagnie di giro dei faziosi e mi scoccia assai dover pagare i cento euri per loro, guarda un po'!

Caro (visto lo stipendio) Feltri, l'arcano motivo di cui parla si chiama democrazia. Io, per esempio, non sopporto Italia1, Retequattro e Canale5.
Ebbene, mi basta evitare accuratamente di guardarli, punto. Non mi fa piacere che milioni di italiani si spappolino i neuroni guardando ore e ore di pubblicità inframmezzata da culi-tette-culi-tette-tette-culi-maria de filippi, ma la democrazia impone che non si possa impedire ai suddetti di farlo.
Però, perlamatrioska, se io non chiedo la chiusura di "Lucignolo" per manifesta indegnità, perchè si dovrebbero chiudere i programmi di Santoro, Fazio, Gabanelli, Dandini ecc.?
Perchè sono contro il governo? Ma dove siamo, nel paese dei figli di Putin?
Per dirla tutta, non guardo nemmeno quei programmi perchè Santoro lo trovo noioso, Fazio paraculo (amo solo la Littizzetto), la Dandini mi sta sui maroni per la voce e perchè se la tira da intellettuale, e di tutti salvo solo la Gabanelli perchè è l'unica che fa le inchieste come "60Minutes".

Caro (nel senso di costoso) Feltri, la sua richiesta di rimozione del canone RAI è più pelosa di un visone di Fendi.
Innanzitutto lei gioca sull'equivoco perchè i cento euro che paghiamo all'anno non sono l'abbonamento alla RAI, come i 50 e rotti al mese per Sky, ma appunto quell'ottocentesca gabella che tassa il possesso dell'apparecchio televisivo e che, sono d'accordo con lei, non si è mai vista nemmeno nell'ultima delle Repubbliche Sovietiche. Se io acquisto un televisore perchè poi dovrei pagarne l'utilizzo? Allora perchè non succede lo stesso con il frigorifero?
Detto che è un'iniqua gabella che paghiamo anche, paradossalmente, per tenere acceso il televisore su "Studio Aperto", visto che è una tassa sul possesso dell'apparecchio, che c'entra questo con il fatto che non si deve più pagare per non dare soldi alla sinistra ed ai suoi imbonitori, come li definisce? Ribadisco, non si dovrebbe dover pagare nemmeno per Vespa, Minzolini e la Claretta Petruni, allora.
Non le piace un programma e non le basta girare canale o spegnere, come faccio io quando vedo la Parodi e le pentole di Mastrota. No, lei vuole proprio eliminare il programma ed il conduttore. Impedirgli di lavorare e guadagnarsi da vivere. Complimenti per il liberalismo.

Vogliamo dire la verità? I soldi che arrivano alla RAI dal canone sono solo una parte dei suoi introiti, visto che l'evasione dello stesso è una piaga secolare. Per il resto c'è la pubblicità. Togliendo il canone, la RAI ne avrebbe un grave danno economico, dovrebbe ridurre le spese, fare programmi più scadenti e la pubblicità, di conseguenza, si sposterebbe sulle reti Mediaset, ovvero sulle televisioni di proprietà del suo datore di lavoro, caro (ovvero oneroso) Feltri.
Il quale, già padrone del digitale terrestre grazie ad un provvedimento ad hoc che ha rifilato i decoder del fratellino nelle case degli italiani praticamente a gratis ma sui quali già ci vuole la tessera a pagamento, si appresterebbe forse a diventare l'unico padrone della TV (a parte l'avamposto degli uomini perduti La7 e la Sky di Murdoch).

Gli italiani beoti abboccano al trappolone dell'ingiusta gabella e accorrono al richiamo dell'evasione della tassa. Quale dolce musica per gente che già considera un furto il bollo auto e quando trova la multa sul parabrezza la getta nel cestino dei rifiuti. E' questo l'italiano modello che piace ai giornali infeltriti ed ai loro padroni.
Non sanno gli italioti che il futuro della TV generalista è segnato e che un domani sarà tutto a pagamento, anche Beautiful e il Grande Fratello.

Vi siete chiesti perchè la tv a gratis fa così schifo? Perchè è più dannosa dell'ecstasy per i cervellini che la guardano?
Perchè lo scopo è rendere appetibile il sistema a pagamento. Ma, ecco il colpo di scena, visto che anche sul DT e sul satellitare ormai c'è più pubblicità che sulla tv a gratis, si andrà a finire che, un domani, gli italiani ormai assuefatti alla loro dose giornaliera di stronzate inframmezzate da pubblicità, dovranno pagare per averla. Non più allo Stato ma ad un privato, il loro amato Berlusconi, diventato pusher unico di ecstasy televisiva tagliata male.

Un giornale serio avrebbe chiesto non di eliminare il pluralismo dalla RAI, ma di eliminarne la lottizzazione politica, come da tempo si auspica.
Perchè non si chiede di eliminare la pubblicità dalla RAI e farla diventare veramente un servizio pubblico come la BBC, dove la gestione dell'azienda è fatta non da dirigenti guastatori provenienti dalla concorrenza ma da professionisti dello spettacolo e basta?
In Spagna hanno tolto la pubblicità dalle reti pubbliche e gli ascolti sono aumentati. Lo ha fatto anche Sarkozy in Francia. La gente apprezza una televisione meno mercificata e più informativa. Sembra impossibile ma disintossicarsi dal film interrotto ogni dieci minuti da dieci minuti di pubblicità si può. Ci si potrebbe e anche disintossicare dall'ossessione della par condicio, dal dibattito con obbligo di Mavalà e Gasparri, dalla scemenza che "un servizio pubblico non può parlare male del governo".

Il problema è che forse una televisione più seria, veramente depoliticizzata ma in grado di offrire le più varie opinioni confidando solo nella maturità dello spettatore nel giudicarle, senza tette e culi gratuiti e insopportabile pubblicità, danneggerebbe gli interessi in conflitto del presidente del consiglio?

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giovedì 24 settembre 2009

Prima che il gallo canti

"Se abbattete i monumenti, risparmiate i piedistalli. Potranno sempre servire". (Stanisław Jerzy Lec)

"Povero Silvio!!!" (Antonio Cornacchione)

Si parla di potere pericolante con rischio di crollo imminente, di topi che iniziano già ad abbandonare la nave. Avviandosi verso la scialuppa di salvataggio, il topone Guzzantamus predice addirittura, nella sua ultima centuria, la fine del pornoduce entro la fine dell'anno.

Di falle nel Titaninvest se ne sono aperte molte e pare che ogni giorno che passa se ne aggiungano delle nuove. Resta solo da assegnare la parte dell'Iceberg.
L'incognita sul Lodo Alfano, con la Consulta che potrebbe (in un paese normale dovrebbe) dichiararlo incostituzionale il prossimo 6 ottobre; le nuove inchieste giudiziarie che indagano sull'appropriazione indebita di diritti televisivi, ingiusti profitti ed espatrio di capitali nei paradisi fiscali come le Bahamas, con i rinvii a giudizio già pronti e il sospetto che il socio occulto di Frank Agrama, l'intermediario degli intrallazzi, fosse proprio Berlusconi.
Poi, l'insofferenza se non la palese inimicizia che va raccogliendo dei paesi stranieri e soprattutto l'irritazione imperiale per i petting con Putin, nel lettone e fuori e la mania di impicciarsi di cose delicate come gli equilibri energetici.
Il Vaticano, infine, non ce la fa più a reggere il sacco ad uno che ha fatto strame dei concetti di sobrietà e pudicizia.
Gli stessi alleati sono insofferenti, insomma c'è un'aria da ultimo bunker.

Non solo gli uccelli del malaugurio sostengono che Berlusconi è un dead man walking, un morto che cammina. Non solo per l'aspetto che diventa ogni giorno più inquietante ed obitoriale a causa del progressivo smottamento dei vari lifting. Chi l'ha visto da vicino dice che è impressionante. Un mascherone saponificato dove un chirurgo pazzo ha riassemblato post-mortem gli occhi di Mao, il sorriso di Stregatto, i capelli di Zed e le orecchie di Mister Spock.

Quando parla sembra faccia fatica a trovare le parole ed hai l'impressione che lui stesso si affidi al generatore automatico di proclami di Berlusconi. Il recente flop del monologo a "Porta a porta" ha confermato che perfino come seduttore televisivo è alla frutta.

Questo nonostante i volonterosi Petruni e Minzolini compiano sforzi sovrumani per farlo apparire ogni sera al TG1 un duce di livello mondiale (siamo ormai alla falsificazione totale ) e un governante che pensa al bene del paese invece di fare i condoni fiscali su misura sapendo che tra un po' gli arriverà la tranvata dei diritti televisivi.

Detto questo, e proprio riflettendo sui suoi pretoriani e pretoriane, sui suoi numerosi fedelissimi e milioni di fans mi è venuta da pensare una cosa alquanto perfida.
La domanda che mi pongo è: ma se dovesse veramente cadere, scomparire, andare in esilio, passare a miglior vita durante il riposo del guerriero o qualunque altra opzione, quanti berlusconiani rimarrebbero in Italia?

Io scommetto quello che volete che, prima che il gallo canti, nessuno avrà mai votato Berlusconi (già adesso non ne trovate uno che lo ammetta apertamente in pubblico). Non è questione di rinnegarlo. Nessuno lo avrà mai conosciuto. "Berlusconi chi?"
Le sue protette ed i suoi leccaculi correranno a fare gli sciacqui per paura che con il tampone il RIS trovi loro ancora addosso il suo DNA. I giornalisti che ora gli fanno da drughi faranno a gara per finirlo a calci e sputi. Forse Bossi ricomincerà a dire che in fondo era un mafioso milanese e, dopo che i suoi eredi si saranno annichiliti a vicenda per quella sporca dozzina di milioni di miliardi, tra qualche anno nessuno più parlerà di lui se non con fastidio e cercando di cambiare discorso prima possibile.
Non è implausibile. E' sempre successo, con duci, ducioni e ducetti.

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martedì 22 settembre 2009

La passione di Liz

Capita a volte di vedere un film e di domandarsi: "Come diavolo ho fatto a perdermelo fino ad oggi?" A cui segue la logica risposta: "Ma certo, non è mai passato in televisione in prime time. Lo hanno sempre censurato, era un film scandalo. Al suo posto hanno dato 87 volte "Pretty Woman".
E' raro anche guardare un film ed innamorarsi perdutamente, fotogramma dopo fotogramma, dell'interprete, impegnato in una di quelle straordinarie performances che si avverano una sola volta nella carriera di un attore. Penso all'Alex di Malcolm McDowell in "Arancia Meccanica", al Nikolai di Viggo Mortensen ne "La promessa dell'assassino" ed alla prostituta Liz di Theresa Russell in questo "Whore - puttana" di Ken Russell.

Il film è del 1991 ma l'ho scoperto solo sabato pomeriggio grazie ad un DVD. Ho citato "Pretty Woman" non a caso. Il geniale regista inglese (recuperate lo straordinario "I Diavoli", se potete), lo girò proprio come risposta alla smielata falsità di un mondo dove fai la puttana e il peggiore cliente che ti tocca è Richard Gere. Un mondo dove incontri il cliente azzurro che ti sposa e ti fa pure diventare una signora dalla carta di credito illimitata.

Quella che seguiamo in "Whore" invece, narrata in prima persona dalla protagonista, è la passione cristologica di una prostituta da strada, la cronaca di un'esistenza segnata dal sacrificio che, per un puro miracolo e grazie ad un atto di amicizia, non diviene estremo.
Un film dove gli uomini in quanto clienti sono ovviamente raccontati come sono nella realtà. Alcuni buoni altri cattivi. E' tutto sommato commovente il vecchietto masochista che si fa raggiungere persino all'ospizio dal frustino di Liz. Assolutamente detestabile nella sua sadica crudeltà il pappone, interpretato da un attore dalla faccia appositamente odiosa.
Sia quando sono cattivi, sia quando sono tutto sommato solo vittime delle proprie perversioni, gli uomini non escono bene da questo ritratto di prostituta con clienti ma soprattutto quando scatenano una violenza cieca, disumana su una donna che non è più una donna ma un oggetto, un qualcosa da umiliare, picchiare, violentare, accoltellare. Sempre e comunque un qualcosa da disprezzare. La cosa peggiore della prostituzione è proprio quella: il disprezzo che ti arriva da parte di chi invece dovrebbe solo venerarti come una divinità dispensatrice di grazia.

Ciò che vediamo è reale. La vita della prostituta Liz è una vita di merda. Sposata con un gran pezzo di figo che però, troppo ubriaco, gli vomita nell'insalata preparata con amore. Un manesco che la costringe a fuggire di casa con un figlio che sarà costretta ad abbandonare. Non c'è sentimentalismo alla Matarazzo, alla "figli della colpa". Casomai quel rispetto verso la santità femminile che anche Lars Von Trier è capace di raccontare attraverso le sue tragiche femmine martiri.

Liz racconta, sempre in prima persona e guardando dritta in camera, come è finita sul marciapiede, quando ha accettato di fare sesso perchè quell'uomo le aveva offerto trenta dollari, più di quello che stava guadagnando al mese facendo la cameriera. Ecco, non è tanto la difficoltà di concepire il sesso come qualcosa di ludico ma più banalmente lo sfruttamento e le paghe da fame che ti traviano, nella nostra società.
Liz racconta dello stupro di gruppo subìto a tradimento, caricata su un furgone e poi rigettata sulla strada come un cane torturato e morente, per poi essere soccorsa da un uomo buono, capace di offrirle il suo aiuto senza chiedere nulla in cambio.
Nel suo rievocare "quanti me ne sono presi" ci ricorda qualcosa che sospettavamo, che i clienti sono convinti di riuscire a farti sempre godere ma in realtà tu non provi più niente. "Una volta mi piaceva il sesso", dice Liz.

La parte più agghiacciante del film è il racconto, anch'esso in prima persona, del pappone, della sua visione "imprenditoriale" del gestire il suo parco di ragazze. "Io mando avanti l'azienda" dice, restando serio. La scena del ristorante è quasi intollerabile per sadismo e raggiunge il surreale quando lui fa suonare la marcia nuziale per festeggiare "il primo anno che ti proteggo".



Ken Russell però, nonostante la torturi per un'ora e mezza, sta dalla parte di Theresa Russell e le regala un finale liberatorio e incredibilmente lieto, con un futuro forse finalmente di libertà.

E' ammirevole che un film come questo, di spietato realismo e sincero come una labbrata data di manrovescio, che fa l'autopsia alla prostituzione low cost - quella che gli utilizzatori finali e le loro pompadour vorrebbero nascondere per far credere che al mondo esistano solo le "ragazze immagine (che-per-carità-non-sono-mica-una-escort)", un film che si schiera apertamente dalla parte delle donne, sia stato diretto da un uomo.
Oltretutto Ken Russell che non ci stressa neppure con la faccenda del sesso ludico che ci libererebbe dalla piaga della prostituzione. Cosa volete di più?

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lunedì 21 settembre 2009

Cento scalpi di troll

Al di là della polemica su Comedonchisciotte, antisemitismo, educazione e gelminate scolastiche in ordine sparso, che qui non mi interessa di argomentare essendo già stato fatto altrove, traggo spunto da quella discussione per dire che trovo ingiusto accusare Giorgio Israel di censura se decide di selezionare i commenti che vengono lasciati sul suo blog.
Dirò di più. Sono pienamente d'accordo con lui quando dice: "Chi non è d'accordo può sempre aprirsi un blog per conto suo".

Chi parla di censura e si scandalizza perchè i bloggers moderano i commenti, parte da un equivoco di fondo e non vede il problema di principio che sottende al concetto di libertà di espressione.
L'equivoco consiste nel considerare il blog un luogo pubblico dove il blogger deve accettare qualunque tipo di reazione al suo scritto. In pratica il blogger, se seguiamo questa logica deformata, dovrebbe stare lì a prendersi gli insulti, anche i più personali e sessisti, se no è censura. Ci torneremo.
Il blog non è una gogna e neppure un luogo di tutti solo perchè è liberamente accessibile su una piattaforma che viene utilizzata a titolo gratuito. Il blog è un luogo pubblico fino ad un certo punto. Potremmo paragonarlo ad un bar dove, se entri e inizi ad insultare i clienti, a rovesciare i tavoli e a molestare le donne, vieni accompagnato all'uscita quando va bene, denunciato ai carabinieri quando le cose degenerano.
Il gestore del bar è titolare di una licenza di pubblico servizio, ti offre i tavoli, le consumazioni e la ricreazione del biliardo e delle macchinette ma ciò non significa che nel bar si possa fare tutto ciò che ci pare, compreso pisciare sui tavoli da biliardo. Se entri in un bar, come in qualunque altro luogo, devi osservare delle regole. Il gestore del bar è, dopotutto, padrone in casa propria.

La questione di principio, invece, riguarda il concetto di libertà. Libertà è non invadere l'altrui territorio, la libertà mia finisce dove comincia la tua. Poi possiamo arrivare al Giappone dove considerano sconveniente ridere in pubblico se si è in presenza di sconosciuti, perchè la nostra gioia potrebbe ferire qualcuno che è, per esempio, in lutto. Raffinatezze orientali. Troppo lontane dal nostro becerume e dalla nostra genetica maleducazione.
In Italia abbiamo un concetto molto particolare di libertà. Una libertà condizionata, più che una libertà piena. Siamo convinti che si difendano meglio le proprie idee insultando chi la pensa diversamente e se si mette mano al manganello, è meglio. Per questo continuiamo ad essere un paese profondamente incivile e lontano dalla democrazia. Non concepiamo altro che la rissa, lo scontro tra fazioni e se qualcuno tenta di ricondurci a più civili forme di dialettica gridiamo alla censura.

Se amiamo la libertà in senso totale, perchè allora non dovremmo lasciar libero un blogger di decidere se far commentare i suoi scritti senza rete da cani e porci, se applicare dei filtri o annullare del tutto la possibilità di commentare?
Come il bar ha un proprietario, anche il blogger possiede il suo blog e dovrebbe essere libero di gestirlo come gli pare, allontanando gli ubriachi molesti, se necessario.
Io non mi scandalizzo affatto se càpito su un blog dove c'è la moderazione. Non me ne ho a male se non sono accettati i commenti. Molti blogger-giornalisti fanno questa scelta. Del resto li capisco. Non sono abituati a leggere in calce ai loro articoli commenti tipo "Ma che cazzo dici, imbecille!?" come capita ogni giorno ai noi bloggers.

Sempre riguardo alla questione libertà di espressione, vorrei fare un paragone.
Il blog è la versione elettronica del Hyde Park's Corner, quel luogo di Londra dove chiunque può esprimere liberamente la propria opinione su qualsiasi argomento. La regola democratica vuole che chi parla possa dire ciò che vuole senza che chi dissente si ritenga in diritto di lanciargli addosso epiteti o uova marce. La democrazia non sta tanto nel dare la possibilità a qualcuno di parlare, quanto nel far si che chi ascolta rispetti le opinioni con le quali non è d'accordo. Sembrerà brutto citare sempre Voltaire e il suo "me possino ceca' se non rispetterò le tue opinioni" ma il succo è proprio quello.
Se qualcuno dissente da ciò che ha appena sentito, chiederà di intervenire a sua volta salendo sul palchetto e dire la sua. In serenità oppure in animata discussione ma ad armi pari. E' l"'aprirsi un blog per conto proprio" che suggerisce Israel.
Se però Mister Smith andasse ad Hyde Park e trovasse ogni giorno due energumeni che fanno buu-buu e gli gridano "idiota figlio di puttana" appena apre bocca, per principio, credete che chi li allontanasse commetterebbe una forma di censura? Non credo proprio.

Quando i miei post venivano pubblicati su LiberoBlog (non ho mai capito da chi, visto che non ero io a proporli), essendo quello un luogo ad alta concentrazione di quelli che io chiamo affettuosamente papiminkia, mi beccavo regolarmente gli insulti più pesanti, le minacce di morte anche a mezzo email e altre delicatessen. Visto l'ambientino lo trovavo normale. Non mi faceva piacere sentirmi dire certe cose ma ero io che scendevo nell'arena con i leoni. Ero io ospite in casa d'altri.
Diverso è quando, sul mio blog, apro la pagina dei commenti e vi trovo gli sfoghi di gente che al 90% non ha alcuna voglia di discutere sugli argomenti dei post ma solo di litigare. I famigerati troll, come vengono definiti in gergo.

Si fa presto a dire "devi dare la parola a tutti". Avere commentatori che regolarmente si presentano ogni giorno sotto un nick diverso, che non rispettano la semplice consegna di non restare anonimi ma di firmarsi con un nome qualsiasi e che si comportano come maniaci frustrati se non come i classici stalkers, credetemi, è snervante come avere la casa infestata dagli scarafaggi e il minimo che si possa fare, per legittima difesa, è tagliarli fuori dalla possibilità di commentare.

Io non avevo la moderazione dei commenti fino a poco tempo fa. L'ho introdotta per cercare di liberarmi di alcuni individui, due dei quali si sono identificati ormai come ospiti fissi; uno migrato dal blog di Chiaradinotte e l'altro venuto fuori chissà da quale abisso di solitudine, ai quali non interessa affatto ciò che scrivo o penso, nè tantomeno gli argomenti che tratto. A loro interessa solo la mia persona, con un tipo di approccio che un collega psichiatra potrebbe meglio descrivere in termini di psicopatologia.
Ho tenuto da parte un florilegio dei loro scritti, che vi propongo con lo spirito dell'entomologo. Ecco la mia collezione di scarrafoni.
Perché Ti hanno cacciato da MC?
Scivevi troppe stronzate con tanti errori grammaticali?
No, Ti ha fregato la Tua arrogante saccenza e la Tua ignoranza presuntuosa: un po' di umiltà, no?
Ma tanto parlar con gli asini è inutile... intanto continua a 'bannarmi', forse raggiungi un minimo di piacere...
Troppo onanismo intellettuale Ti fa male: cerca di guarire!
e ancora (l'insistenza su MC fa pensare che il troll abbia a che fare in qualche modo con il suddetto blog, chissà):
Lame sempre elegante... quale osteria frequenti?
Hanno fatto bene a cacciarti a calci in culo da MC.
Invidia o rancore per il successo altrui?
No semplice stupidità isterica!
C'è anche un signore, particolarmente galante, che si firma squalobianco e che è molto probabilmente il tenutario di un blog di estrema destra. Passa ogni tanto come le comete e si riconosce dalla predilezione per l'insulto "donna stupida", quasi una firma:
Solo ad una donna stupida poteva venire in mente di occuparsi di simili stronzate. Evidentemente non ha nulla da fare e non ha problemi esistenziali perchè se li avesse si occuperebbe di cose serie. Probabilmente soffre anche di prurito proprio alla fi...
Scommetto che verrò censurato.
Squalobianco.
Poi ci sono gli anomini, che sono sempre gli stessi due maniaci quando non si firmano filippo, manuela, patrizia, anna, giovanni, francesco ecc. oppure sono le comete di passaggio:
Cara Signora Lame Duck, Lei è l'eccezione che conferma la regola e cioè che è "Una delle tantissime donne stupide che cercano, inutilmente, di portare acqua al mulino dei comunistoidi". Se lo scordi: Agli italiani piace morire di fame ed essere privi delle più elementari forme di libertà mentre, invece, potrebbero stare bene come in Cina, in Korea del Nord, a Cuba o se, vuole, nello Yemen del Sud. Infatti in questi Paesi, lo vediamo in televisione, c'è tanto di quel benessere e tanta di quella libertà che, quasi quasi, mi verrebbe voglia di andarmene da quest'Italietta che, standosene ancorata all'occidente, ha saputo solo produrre fame e miseria. Già moltissimi italiani sono stati costretti ad espatriare in Romania,in Albania e, in genere, in tutti gli ex stati MARXISTI-STALINISTI-LENINISTI dove ci sono code chilometriche in autostrada, ipermercati, cinema,teatri, stadi ed ogni sorta di benessere e libertà. Gli italiani, peraltro, si sono fatti riconoscere subito per atti di delinquenza inqualificabile, crimini efferati, brutalità disumana (neanche la mafia Rumena era stata così violenta) e quindi, credo che sarà difficile andare in questi paradisi terrestri. Però penso che per Lei la possibilità di andarci e restarci per sempre c'è perchè a loro piacciono le zoccole come Lei.
Quando li seghi si incazzano e gli cade definitivamente la maschera:
Luridume, dov'è andato a finire il commento delle 8.32? Zoccola.
Lurida schifosa infame e puttanella da 4 soldi, ripubblica il commento delle 8.32.
e, per ultimo:
so che non “andrò in onda”, ma non importa.
Ti pare di essere una persona corretta a insultare in questo modo?
Ho molto da fare in questo periodo. Non ultimo dell'ottimo vino da 16 gradi.
Cmq ci risentiremo più avanti. Da un punto di vista etico, non dovresti censurare quelli che commentano con pensieri diversi dal tuo. E per libertà di espressione, e perchè utilizzi una rete non tua, bensì pubblica.
Sarà perchè nella realtà di corteggiatori ne hai avuti molto pochi, forse nessuno. Per questo ami circondarti di soli adoratori virtuali. Si è vero, sono fatti tuoi. Ma la tua insolenza meriterebbe ben altre risposte.
Che ne dite? E' censura o legittima difesa?
UPDATE: Abbiamo stanato gli scarrafoni! Evvai! Ecco lo scarrafone-madre, luciano61:
E brava! Ora nel Tuo calderone metti tutti: quelli con espressioni volgari come le tue e quelli educati e dissenzienti come me!E in più fai anche la vittima offesa! Su, moderaTi! E se non mi pubblichi, io sono ugualmente contento, perché non soffro di protagonismo castrato dagli altri e da MC come Te.
E una certa Mariella, che è luciano61 en travesti oppure il contadino romagnolo. A pensarci bene, visto l'uso della parola stupidità, potrebbe essere anche il fascistone carcharodon carcharias. Chissà?
Senza i troll avresti già chiuso da un pezzo con le tue trite e ritrite banalità. Ringraziali, che ti danno ancora pretesto per esternare stupidità!
Come diceva Andy Warhol, un quarto d'ora di celebrità non si nega a nessuno.
A proposito, luciano, ma cosa ti è successo? Nei tuoi primi commenti su questo blog parevi una persona normale, addirittura mi davi ragione contro MC.

Che dire... è un atto che (s)qualifica ulteriormente MC: era già capitato anche
a me...Almeno Tu dimostri maggior intelligenza ed equilibrio; meglio andare
avanti e avere sempre onestà intellettuale e coerenza.

Ciao Luciano Bubbola (un bannato doc)

Che è successo, era il tuo fratello gemello sano di mente oppure nel frattempo hai sbattuto la testa?

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giovedì 17 settembre 2009

Morire per il supermodel Karzai?

E così dovremmo continuare a morire per gli interessi della Unocal e del suo burattino-presidente-supermodel, eletto con i brogli (si parla di almeno 1.500.000 voti dubbi) e talmente arrogante da dichiarare che gli osservatori europei dovrebbero farsi i cazzi propri invece di denunciare irregolarità nello scutinio dei voti, in quelle che in teoria avrebbero dovuto essere elezioni democratiche. Bellino lui, con il berrettino di astrakhan e il paltoncino d'alta sartoria.

Dovremmo continuare a morire per difendere uno strapuntino in balconata gentilmente concessoci dal Potere Petrolifero Mondiale nel paese dove la guerra sarebbe arrivata comunque, anche senza 11 settembre, perchè era già deciso da ben prima il 2001 che là si dovessero riaprire i due rubinetti principali dello sfruttamento del popolo afghano per il bene delle multinazionali, petrolio ed oppio, chiusi a tradimento dai poco malleabili talebani, vere e proprie bisce che si rivoltarono ai loro antichi ciarlatani.

La storia vera della guerra in Afghanistan è nota per chi la vuole conoscere. La democrazia non c'entra nulla, non siamo là a portare la democrazia ma a compiere una missione affidataci dai nostri superiori imperiali.
E' una guerra di merda fatta per conquistare posizioni strategiche nello scacchiere della competizione energetica e noi facciamo le comparse, sperando di ottenere le briciole, con il rischio di morte, però.
Perchè, anche se i media ce la raccontano come una scampagnata dei soliti italiani brava ggente che vogliono tanto bene ai bambini colorati, là c'è la guerra. Si spara, si imbottiscono le auto di C4 e ci si va a far saltare addosso agli italiani che, dal loro punto di vista, non sono altro che invasori.
I militari che sono là lo sanno ma qui si fa finta di nulla, sperando che non capiti mai ciò che è capitato oggi: sei giovani uomini morti, dilaniati dall'esplosivo.
Si vive alla giornata, confidando nel solito culo italiano che ci protegge sempre. Invece no. La guerra non guarda in faccia nessuno e oggi contiamo anche noi i nostri morti.

Si è detto: ma allora che dovremmo dire delle popolazioni bombardate delle quali non frega niente a nessuno e i cui morti nessuno più conta. Giustissimo. Il problema non sono i civili e i soldati, entrambi vittime della porca guerra, il problema è la rappresentazione fasulla e fraudolenta che si fa della guerra nei nostri paesi, per coprirne le vere motivazioni. E' un problema di comunicazione e propaganda, con i giornalisti che reggono il sacco macchiandosi di complicità con i mandanti delle guerre d'interesse.
Perchè ci meravigliamo che ci abbiano sparato addosso e che ci abbiano uccisi?
Perchè il potere, attraverso i contabubbole dei telegiornali, ci avevano raccontato una storia totalmente diversa e i conti non ci tornano. Nemmeno quelli che dovrebbero misurare l'orrore della perdita di migliaia di vite umane.

Detto che troverò vomitevole qualsiasi condanna e manifestazione di cordoglio da parte di chi non ha impedito ma anzi ha avallato questa guerra e continua a difenderne le ragioni, mandando la gente a morire e ad uccidere, da Napolitano a Berlusconi; che, come al solito, troverò insopportabile la retorica dei "nostri ragazzi", ci sono cose che non vorrei sentire stasera.

Per esempio che non ce ne frega nulla di quelli che sono morti perchè muoiono anche gli operai di lavoro.
Ebbene, quelli che sono morti, non essendo fantaccini coscritti ma professionisti stipendiati delle Forze Armate, sono da considerarsi morti sul lavoro a tutti gli effetti, meritevoli del rispetto che si deve a dei lavoratori. Non vorrei sentire che sono fascisti e roba del genere.
Non vorrei sentire che vengono pagati profumatamente per andare a Kabul e quindi cazzi loro.
Lo stipendio più alto, quello di un generale, è di 7000 euro e rotti al mese netti. Infinitamente meno di un qualsiasi calciatore trombaveline che al massimo rischia il legamento crociato e non la pelle. Per non parlare dei 13.000 euro al mese che guadagnerà Renzino Bossi come "consulente" all'Expo di Milano o gli stipendi dei parlamentari. Quelli sono i veri scandali.

Non voglio sentire gli opportunismi di chi fino a ieri era a favore della guerra e stasera no perchè ci sono le mamme che piangono. Mi riferisco ai leaders politici. Se la perdita di sei nostri soldati è veramente insostenibile si prenda la decisione di ritirarsi dall'Afghanistan per evitare ulteriori disgrazie. Altrimenti si taccia. Se non per rispetto, almeno per pudore.

P.S. Detto tutto questo, trovo incomprensibile la disdetta della manifestazione di sabato a favore della libertà di stampa. E' proprio a causa della mancanza di obiettività informativa che i popoli accettano passivamente che si combattano le guerre nelle quali vanno a morire anche i loro figli.
Andavano piuttosto sospesi il campionato di serie A o la Champions League, non una manifestazione in difesa della libertà. Ma si, figùrati...

sabato 12 settembre 2009

La nostra naturale volgarità

"Non c'è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogan mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l'aratro rispetto a un trattore.
Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l'anima del popolo italiano; il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione) non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre".
(Pier Paolo Pasolini, 9 dicembre 1973)

L'orrido sketch della Marcuzzi con il wurstel non è solo l'ennesimo esempio di utilizzo finale degradante della donna in televisione. Non è nemmeno un problema di violazione della fascia protetta, visto che è andato in onda non a caso sulla laida Italia1, vero e proprio canale pornografico istituzionalizzato nell'ambito di una televisione ormai intrinsecamente oscena 24h24.
La scenetta è brutta di per sé, fa un uso pornografico della pornografia. E soprattutto è un insulto all'arte della rappresentazione della fellatio.

La simulazione di qualunque atto sessuale, la sua rappresentazione mimica o parodistica ci perturba molto di più della visione di tutti i primi piani del caso e dell'assoluta veridicità dell'atto, come avviene nel cinema hard.
Moltissime persone e, non meravigliatevi, moltissimi uomini trovano ad esempio osceni gli spot dei gelati, così pieni di allusioni orali.
Il motivo è che nella simulazione non c'è verità né naturalezza né vera disinibizione e, quel che è peggio, gli attori sono sempre consci di commettere qualcosa di proibito, di sporco, di disgustoso. Sono tremendamente imbarazzati, e si vede. L'imbarazzo è contagioso. Anche noi ci troviamo a disagio, ad un certo punto.
Nel porno, invece, gli attori fanno qualunque cosa con estrema naturalezza, dando l'idea di gradire molto ciò che stanno facendo. I migliori attori e attrici hardcore sono sempre stati quelli che trasmettevano allo spettatore l'idea di godere come porci facendo quelle cose.

Il modo in cui la Marcuzzi approccia il simil-fallo è disgustoso perchè è totalmente assurdo e innaturale. Sembra, poveretta, che debba accostarsi al pistolino di un morto, o di un animale o a qualcosa di appena amputato. Altro che gola profonda e clitoride delocalizzato. Gli fa schifo e si vede e ciò spegne automaticamente qualunque segnale erotico dovesse accendersi nello spettatore. Forse, ormai abituata a parlare solo di fase anale ed evacuativa a causa della "regolarità", ha dimenticato la gioiosa golosità e spontaneità della fase orale.
Insomma, se vi fosse l'Oscar per il pompino più brutto di tutti i tempi, per il modo più offensivo di accostarsi alla sacralità e bellezza del fallo, il premio sarebbe il suo.

Quando la rappresentazione del sesso non riesce ad eccitare, vuol dire che siamo solo di fronte alla volgarità. La volgarità disturba e spaventa, ricaccia l'eccitazione nel profondo impedendogli di sfogarsi con i fuochi artificiali.
Il porno è sgradito al potere perchè è liberatorio. La volgarità invece viene incoraggiata e spalmata ovunque come una melma maleodorante, soprattutto in televisione, affinchè non ci accorgiamo che il vero marciume viene proprio da chi utilizza la volgarità come arma di distrazione di massa.

Come aveva preconizzato Pasolini trent'anni fa, la televisione ha oggi il compito di volgarizzare tutto, di violarci l'anima rendendoci immuni all'indignazione, alla riprovazione non nei confronti del sesso ma della corruzione morale del potere. Un potere che ci considera solo puttane da utilizzare finalmente e da far cagare a comando con l'apposito yogurt.

L'unico dubbio che rimane è questo: è più oscena la Marcuzzi che spompineggia maldestramente un povero ed innocente insaccato in fascia protetta o il TG1 che pratica ogni sera per mezz'ora l'anilictus al padrone della televisione?

P.S. Il commento di Area: "Pensate sempre a male. E' un po' imbranata e non sa mangiare i Wurstel", mi ha fatto venire in mente un episodio divertente a cui ho assistito quest'estate su in montagna, a pranzo in un rifugio in Val Pusteria.
C'era questa donna, al tavolo con marito e due pischelli, alle prese con un wurstel formato gigante come si conviene in terra teutonica.
Lo teneva con due dita, pollice e indice, e con l'altra ha iniziato a spellarlo. Si, proprio così. Dopo aver praticato una rudimentale circoncisione e mantenendo nel corso dell'intera operazione l'espressione disgustata di chi sta compiendo un lavoro infame, ha usato un'orrenda violenza al povero wurstel, la cui pelle veniva strappata via a brandelli e gettata con disgusto nel piatto.
Credetemi, una scena orripilante da far arricciare le dita dei piedi.

Quando studiavo psicologia mi hanno insegnato che osservando le persone a tavola si possono capire molte cose sulla loro vita sessuale. Addirittura si consiglia di osservare attentamente la persona con la quale stiamo cenando la prima volta per capire come sarà a letto. Difficilmente ci si sbaglia. In soldoni, l'amante ideale a tavola mangia lentamente, gustando il cibo con appetito, masticandolo vigorosamente e a grossi bocconi. Non scarta che il minimo indispensabile e ama i sapori nuovi e creativi.
Guardatevi da chi trangugia mezz'etto di spaghetti in tre secondi netti, si mette a sezionare il prosciutto per preparare un vetrino con il grasso, mangia poco condito, beve acqua non gasata e fuori frigo e tocca il cibo con diffidenza.

Per tornare alla spellatrix della Val Pusteria, quale approccio potrà mai avere a letto una così con il membro maschile? Io, fossi il marito, non glielo affiderei.


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sabato 5 settembre 2009

Gli occhi e la bocca, per tacer del resto

Di cosa si può parlare quando si è troppo stanchi per impegnarsi in discorsi seri? La psicologia pugnettistica in questi casi è come il metano, ci dà una mano.
L'altro giorno mi è capitato di leggere un articolo su una di quelle famose "ricerche" che provengono regolarmente da "università americane" e promettono scoperte eccezionali nel campo dell'esegesi del comportamento umano, anzi peggio: di quello femminile. Cito pari pari dall'articolo in oggetto:
Come scelgono le donne un ipotetico partner sessuale? Non lo guardano dritto negli occhi e neppure si concentrano su fronte e profilo. Scrutano mascelle, zigomi e labbra, ne soppesano proporzioni e difetti perché il segreto dell'attrazione è tutto lì, racchiuso nella parte inferiore del volto.
Al contrario, quando il gentil sesso vuole ricavare un generico giudizio estetico, denudato da ogni valutazione sessuale, si sofferma sugli occhi, sulla fronte, sulla parte alta del naso, sulla forma della testa. Un giudizio in due tempi, un'analisi del volto diviso a metà che dimostra quanto le donne siano complicate, già dal loro primo sguardo.
Mah. A me, avrebbe detto quel simpaticone di Gino Cogliandro dei Trettrè, me pare na strunzata, ma proprio di quelle con il botto, aggiungo io.
Solo mascelle, zigomi e labbra? Non saranno state per caso studentesse di medicina specializzande del maxillo-facciale?
Così, se io, putacaso, mi beassi guardando un paio d'occhi di quelli che, se incrociano i miei, fiammeggiano le spade laser come in Guerre Stellari, vuol dire che lo faccio solo per un esercizio puramente estetico e non sessuale? Ma mi faccia il piacere!



Se vogliamo proprio fare un discorso psicologico, se vogliamo interpretare i misteri dell'attrazione, del perchè quello ci attizza tanto, mannaggia, e quell'altro non lo toccheremmo neanche con il forcone indossando guanti di lattice, bisogna tirare fuori dall'armadio la Gestalt, ovvero il principo che è l'insieme di tante parti che dà origine ad un tutto.

Più che di costanti e formule matematiche infallibili, si può parlare di POI (punti di interesse,) come quelli in presenza dei quali il tuo navigatore inizia a suonare la sirena. Possono essere due occhi dal colore assolutamente ultraterreno, oppure la bocca, la nuca, la fossetta sul mento, uno scalpo, un profilo, la corporatura, la voce, i capelli, praticamente ogni caratteristica somatica visibile. Della bellezza di una cistifellea e di una placca tibiale non ce ne potrebbe fregare più di tanto a meno che non fossimo anatomopatologhe.
Le mani sono importantissime, ad esempio. Le gambe storte, che in una donna sono un dramma, in un uomo attizzano. E non per andare assieme a visitare una mostra di farfalle esotiche.

E' una stupidaggine fare la classifica di cosa una donna guarda per prima cosa in un uomo. Prima di tutto perchè non tutte confessano che guardano il sedere e a domanda rispondono ripiegando sui più rispettabili zigomi.

A volte è un unico particolare che rende l'uomo in oggetto interessante. In altri casi, quello degli I.B. (Irrimediabilmente Boni), di loro non butteresti niente, nemmeno il calcagno, o il dente del giudizio, perchè come li rigiri trovi sempre qualcosa di arrapante, anche il modo in cui la giugulare gli attraversa il collo.
Ho detto arrapante, non esteticamente apprezzabile.
In ogni caso, anche quando è un unico particolare a fare la differenza siamo sempre interessate al tutto, alla Forma, alla Gestalt, all'insieme appunto. Non ci piace X solo per gli occhi o la bocca o le natiche, ma perchè a, b, e c assieme diventano un Tutto Irripetibile.

Per tornare alle studentesse feticiste del mastoide. Che si tratti di una ricerca inutile e farlocca lo dimostra il fatto che il campione sul quale è stata condotta, ben 50 soggetti, è ridicolo per numero e assolutamente non rappresentativo della popolazione generale. Quindi non dimostra nulla ed il risultato non è generalizzabile.
Ho paura che si stia cominciando a non distinguere più tra ricerca scientifica e sondaggio. Alla faccia dell'ipotesi nulla.

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giovedì 3 settembre 2009

Notizie del cacchio

Come se non bastasse lo spettro della vaccinazione coatta con obbligo di Tamiflu, c'è chi vorrebbe praticare lo scappellamento di massa per le supercazzole, anche quelle non prematurate.
No, grazie, la circoncisione sarà igienica ma al prepuzio siamo affezionate. E' proprio il caso di dirlo a questi signori: ma fatevi un po' i cazzi vostri!

Un noto statista mondiale del quale è proibito dire che sia dedito alla pratica dell'iniezione intrapenica denuncerà tutti coloro che insinueranno che a settantatre anni non gli si rizza.
Un modo originale e da vero uomo di Potere di risolvere i problemi di potenza: l'erezione stabilita per legge. L'erezione ad personam.
Naturalmente con divieto di scappellamento a sinistra.


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martedì 1 settembre 2009

Occhio per occhio, scalpo per scalpo

«Non andrò a veder­lo. Quando si rovescia la storia, rappresentando ebrei car­nefici e nazisti vittime, si com­mette un falso. Sia pure con la scusa dell’ironia. Ci sono stati ca­si di vendetta, ma pochissimi. Già noti. E ben diversi da come li racconta Tarantino. A lui inte­ressa solo mostrare la violenza di quell’epoca, per fare soldi: una speculazione che non mi piace». (Yehuda Bauer, storico della Shoah all’Università Ebrai­ca, 19 libri sull’argomento, con­sulente di registi (Spielberg com­preso)

Ebrei che vanno in giro a spaccare teste di nazisti con un solo colpo di mazza da baseball, che collezionano scalpi dei medesimi, provandoci pure mucho gusto a torturali come e peggio di tanti Mr. Blonde? Capisco lo sconcerto del prof e di molti altri, preoccupati che qualcuno, guardando nell'ultimo film di Quentin Tarantino la faccetta da schiaffi di Brad Pitt ed il ghigno satanico di Eli "Hostel" Roth , possa pensare: "Però, 'sti ebrei che str..."
Non credo però che la preoccupazione di Bauer si rivolga alla reputazione di fantasmi del passato, quanto piuttosto al parallelo che qualcuno potrebbe fare con episodi molto più recenti che hanno per protagonisti israeliani e palestinesi ed episodi di braccine spezzate. Un rischio che è indubbiamente da tenere in conto.

Se non fossimo cresciuti con il terrore, camminando nel campo minato della storia del Novecento, di saltare su qualche mina dicendo per esempio che chi si macchiò di crimini orrendi non furono solo i nazisti ma anche i russi, gli alleati, i giap, insomma un pò tutti, senza per questo sminuire la responsabilità di ciascuno, non proveremmo alcun disagio a pensare alla possibilità di un plotone di "basterdi" ebrei che si vendica a modo suo e alla 'ndo cojo cojo contro i poveretti, anche se nazisti, che gli capitano sotto.

La storia insegna che i ruoli di vittima e carnefice non sono mai appannaggio di un unico schieramento ma hanno piuttosto caratteristiche di intercambiabilità.
Già Roman Polanski, in quello splendido e, secondo me definitivo, film sulla Shoah che è "Il Pianista", aveva osato mostrarci ebrei buoni ed ebrei cattivi, opportunisti e pavidi: tedeschi spietati e tedeschi compassionevoli, giusti e coraggiosi. E' per questo che è una storia così incredibilmente realistica e che spacca il cuore. Non so se Polanski sia stato così efficace nel narrare quell'orrore perchè lui stesso passò bambino attraverso la notte e le nebbie ma è molto probabile.

Guardando il film di Tarantino adesso si potrebbe pensare che se il buon capitano che salva la vita del pianista commuovendosi al suono di Chopin incontrasse sulla sua strada i basterdi, per i quali lui sarebbe solo un porco nazi da accoppare, noi troveremmo la loro vendetta eccessiva e malposta e potremmo tifare per lui soffrendo per il suo scalpo. Con la conseguenza di far soffrire di riflesso anche il prof. Bauer preoccupato dall'oscillazione del concetto di vittima. Però lo ammette anche lui, ci furono casi di vendetta commessi da ebrei. "Pochissimi però", dice.

Molti anni fa, quando preparavo la mia tesi, lessi un libro che si intitolava "Occhio per occhio" di un giornalista, John Sack, reporter di guerra e scrittore. Ve ne riporto la recensione:
Tra le numerose tragedie rimosse nella storia di questo secolo, spesso si dimenticano gli eventi che seguirono la fine della seconda guerra mondiale. Nel 1945 l'esercito sovietico occupò la Polonia e parte della Germania: una regione abitata da dieci milioni di civili tedeschi. Con efficienza tipicamente stalinista, venne subito organizzato un Ufficio per la sicurezza dello Stato, col compito di iniziare una politica di denazificazione.
Oltre a polacchi desiderosi di vendicarsi, i russi reclutarono anche ebrei scampati ai campi di sterminio.
I tedeschi che finirono nei 1225 campi di concentramento erano per il 99 per cento civili che non avevano mai combattuto, compresi donne e bambini: coloro che sopravvissero alle torture, vennero spesso falciati dal tifo e dagli stenti. Le stime più realistiche calcolano dai 60.000 agli 80.000 morti. La cifra è minima, di fronte all'Olocausto del popolo ebraico: a raggelare è che nell'organizzazione repressiva stalinista trovarono un posto di rilievo alcuni di coloro che dei nazisti erano stati vittime, e che si trovarono nella posizione per applicare alla lettera la legge del taglione.

A distanza di mezzo secolo, John Sack ha ritrovato, negli Stati Uniti e in Polonia, i protagonisti di questa vicenda: li ha intervistati, ha confrontato meticolosamente le loro testimonianze, e ha scritto un libro che cerca, con grande onostà e umiltà, di rispondere a questa domanda: che cosa ha spinto persone che hanno sofferto l'inimmaginabile a passare dalla parte dei carnefici?
"Io, come ebreo che aveva condotto ricerche in Europa", scrive Sack, "sentivo di dover riferire, perché gli ebrei conservassero la loro autorità morale, che cosa avevano fatto dei comandanti ebrei. Mi aspettavo che qualcuno mi avrebbe chiesto: "Come può un ebreo scrivere un libro come questo?" e sapevo che la mia risposta sarebbe stata: "No, come può un ebreo 'non' scriverlo?"
La storia della tragedia dei profughi dei Sudeti, con le persecuzioni, le torture, gli stupri di migliaia di donne tedesche dopo la sconfitta della Germania, si intreccia con quella dei campi di internamento per tedeschi, militari e civili, imposti dagli alleati e che causarono migliaia di morti per fame. Una denutrizione, secondo alcuni studiosi, come James Bacque che ha dedicato il libro "Gli altri lager" all'argomento, scientificamente voluta come punizione per chi aveva appoggiato il regime nazista.
Per decenni la propaganda dei vincitori ha nascosto accuratamente perfino il fatto che i tedeschi furono le prime vittime della repressione e che vi fu una piccola ma eroica resistenza contro la barbarie hitleriana. Ha celato alle nostre menti sensibili le conseguenze patite, nel dopoguerra, dal popolo tedesco come ritorsione per aver appoggiato il regime di Adolf Hitler. Una vendetta particolarmente crudele, forse pari soltanto a quella patita dai giapponesi con il doppio bombardamento atomico.

A chi in Israele ha parlato di "revisionismo", a proposito degli ebrei basterdi di Tarantino si deve rispondere che revisionismo non è negazionismo. Sono cose ben diverse e di diversa dignità. Il negazionismo è pura presa di posizione, è atteggiamento delirante nei confronti di fatti inconfutabili. La negazione è un atteggiamento psicotico.
Senza la possibilità di rivedere episodi storici attraverso, ad esempio, l'acquisizione di nuovi documenti, tuttavia, non può esserci verità storica. Questo è il revisionismo buono.
Esiste una giustizia dei vincitori ed anche una storiografia dei vincitori. A me hanno insegnato che le bombe atomiche erano necessarie per far finire la guerra in Giappone. Oggi, grazie alla storiografia che non si fida della propaganda, sappiamo che ciò non era affatto vero, e che l'uso delle atomiche fu soltanto un atto di forza contro il neo-nemico Sovietico.

Che oggi sia appurato che i giapponesi compirono esperimenti di vivisezione sui cinesi, che gli americani commisero crimini sui prigionieri di guerra tedeschi, che altri gruppi di "basterdi" volevano avvelenare gli acquedotti delle città tedesche per rappresaglia, che c'erano tedeschi buoni ed ebrei cattivi, che i bombardamento di Dresda fu un crimine contro l'umanità, lo dobbiamo alla ricerca storica che è andata oltre la comodità della versione ufficiale.
Questa consapevolezza della necessità per la storia di inseguire sempre la verità non può che convincerci ancora una volta dell'obbligatorietà di imparare la lezione della storia per evitare che il male si ripeta. Perchè potremmo essere tutti coinvolti, perchè non esistono vittime e carnefici ma ognuno di noi potrebbe ricadere in una o nell'altra categoria. Perchè in guerra non vi sono mai vincitori.

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